lunedì 26 marzo 2012

La baby-sitter dell'INPS

di Fabrizio Tringali

La riforma del lavoro contiene anche altre norme oltre a quelle che riguardano l'articolo 18 e i licenziamenti facili.
Alcune di esse vengono spacciate come provvedimenti "a favore delle donne" e indirizzate a "conciliare vita familiare e lavoro".

Una delle proposte del governo, rispetto alla quale nessun sindacato ha finora opposto rifiuto, mostra come le proposte presentate come favorevoli ai lavoratori siano in realtà non solo del tutto funzionali alle esigenze delle imprese, ma addirittura capaci di risvolti agghiaccianti per la vita delle lavoratrici e dei lavoratori. Eccola qua: "voucher per servizi di baby-sitting".
In base a questa norma, i genitori lavoratori possono decidere di non usufruire della maternità/paternità facoltativa, che consente di avere a disposizione 10 mesi per stare insieme al neonato, ed in cambio ottenere dei voucher con cui pagare servizi di baby-sitting erogati dall'INPS.

Non vi è dubbio sul fatto che l'istituto della maternità/paternità facoltativa presenti problemi: infatti coloro che ne usufruiscono, percepiscono dall'INPS solo il 30% del loro stipendio (e solo fino al compimento del terzo anno del figlio, dopo non percepiscono più nulla).
Con la proposta del governo, però, non si favorisce un accoglimento più umano del nuovo nascituro (cosa che si sarebbe potuta ottenere alzando la soglia di stipendio versato dall'INPS almeno al 50%), bensì si incentiva solo ed esclusivamente il rientro al lavoro del genitore lavoratore una volta terminato il periodo di assenza per maternità obbligatoria (3 mesi dopo la nascita), nonostante sia chiaro a chiunque che 3 mesi di vita sono un'età troppo precoce perché il bimbo non veda più i genitori, per tutto il giorno, e resti con una persona estranea.

Ma come possono le organizzazioni che dovrebbero rappresentare le lavoratrici ed i lavoratori, accettare una norma del genere? Si tratta chiaramente di un provvedimento favorevole alle aziende, che ottengono il rientro al lavoro del genitore, e scaricano i costi sul settore pubblico. I lavoratori invece, ottengono di essere privati della possibilità di poter restare, almeno un po', con i proprio figli.
Questa è la classica elemosina vergognosa e disumana destinata a chi non è ricco.
Chi non sarà abbastanza "ricco" da potersi almeno permettere di percepire, per diversi mesi, solo il 30% dello stipendio, sarà costretto a far crescere i figli neonati dalla baby-sitter dell'INPS.

1 commento:

  1. E’ la stessa storia dell’emancipazione della donna degli anni 70. Il modello di sviluppo degli ultimi 30 anni si basa proprio sul portare fuori la mamma dalla famiglia, perché questa possa lavorare tanto e quindi raddoppiare la capacità di consumo della famiglia. Intanto il bambino può essere cresciuto da una sconosciuta e così offrire del reddito ad un’altra persona. Inoltre, la mamma non potrà più allattare al seno se non per 6 mesi e quindi comprare quei buoni prodotti artificiali che si trovano al supermercato e che rendono facile la vita dei genitori obbligati a lavorare, prima per permettersi la casa al mare e l’auto di lusso, oggi per pagare il mutuo e il carburante. Galbraith già negli anni 50 parlava di società opulenta e di una economia orientata solo al consumo. Le persone non vengono più considerate per le loro idee, valori, bisogni, ma solo dei numeri a cui vendere prodotti di consumo.

    RispondiElimina