venerdì 1 giugno 2012

Vedere la proboscide ma non l'elefante, ovvero noi e l'Unione Europea

Il marchio d'origine del nostro europeismo è anti-italiano. Abbiamo cofondato l'Europa comunitaria in quanto scommettevamo che fosse il contrario del poco efficiente Stato nostrano. Per decenni abbiamo sacrificato ad una fede europeistica di commovente santità. Main in Italia si è davvero discusso di Europa e di Euro prima di questa crisi.

(Lucio Caracciolo, Italia Kaputt Mundi, Limes 6/2011)

Claudio Martini

Introduzione

Troppo spesso chi condivide con gli autori di questo blog l'idea che l'Euro sia una sciagura da cui liberarsi al più presto si mostra piuttosto indulgente nei confronti dell'Unione Europea. Ci sono persino autori, come l'economista Luciano Vasapollo, che propongono di uscire dalla moneta unica, ma di proseguire con la UE (per non parlare di Grillo). In generale sembra diffusa una visione secondo la quale l'Euro è sì un progetto "imperiale" finalizzato a favorire gli stati più forti e a smantellare il modello sociale europeo, ma che le stesse imputazioni non possano essere contestate alla UE. Eppure l'euro non rappresenta il lato peggiore dell'UE, ma solo il più evidente.  La critica dell'Euro e quella della UE dovrebbero andare di pari passo. Anzi, la parola d'ordine "fuori dall'Euro" può valere solo in quanto figura retorica, esattamente come sineddoche (la parte per il tutto), dato che l'Euro è davvero una "sottosezione" di quel fantasmagorico gioco a incastri che è la normativa europea. è ora che gli anti-euro comincino a prendere di petto l'intera costruzione europeista: e per prima cosa è necessario definire meglio proprio quest'ultimo aggettivo. Lasciatemi dunque fare questa premessa sul "concetto" e di Europa unita e sul suo grado di realismo politico.




Ma chi vuole l'Europa unita?

Mi è capitato di chiedere conto ad un economista genovese, il professor Franco Praussello, fervente sostenitore dell'unificazione politica del continente, delle sorprendenti dichiarazioni di Mario Monti in tema di Europa; dichiarazioni che mi aspettavo avrebbero costituito una doccia fredda per tutti i fautori dell'unità europea. Ma il professore Non si è mostrato per nulla stupito, e mi ha rivelato una distinzione di cui fino allora non sospettavo l'esistenza: “Mario Monti non è un federalista. Mario Monti è un europeista. Gli europeisti non vogliono davvero l'Europa federale che noi desideriamo, perché mirano a sfruttare i vantaggi derivanti dalla costruzione dell'UE per rafforzare la sovranità degli Stati”. Stupito gli chiesi: “quindi gli europeisti si possono definire dei nazionalisti mascherati?” “Be' sì, in un certo senso sì”.

Questo breve scambio mi ha dato di che riflettere. La prima ovvia osservazione, che non ho sollevato di fronte al professore, è che mentre gli europeisti occupano tutti i maggiori posti di potere e responsabilità nelle istituzioni comunitarie e nazionali, i federalisti costituiscono uno sparuto gruppo di intellettuali assistito da buone intenzioni e affetto da grandissime velleità. La seconda invece consiste nel rendersi conto che i primi a non volere l'unità politica dell'Europa sono propri i vertici europei. Ma allora se non esiste un movimento popolare che chieda più Europa (e l'evidenza empirica nega che esista), e nemmeno i vertici politici/finanziari/tecnocratici (ormai è una melassa indistinguibile) la vogliono, non resta nessun soggetto sociale, dominate o subalterno che sia, a patrocinare l'istanza dell'Europa federale.

In questo quadro l'idea dell'”Europa Unita” si configurerebbe come sciagurato specchietto per allodole euro-entusiaste che, anelando la pace sul continente e la solidarietà fra i popoli gettano loro stessi e il loro paese nelle braccia di un “meccanismo infernale” (copyright Ferruccio De Bortoli) fondato sulla competizione spietata tra i lavoratori europei. Ormai gli unici a credere seriamente agli Stati Uniti d'Europa appartengono a nicchie marginali e sognanti, la cui illusione è ben esemplificata da questo capolavoro di arte figurativa, frutto della creatività della sezione di Albenga del Partito Comunista dei Lavoratori:
Del resto se davvero ci fosse da qualche parte l'idea di una vera federazione europea i temi all'ordine del giorno sarebbero ben diversi da quelli odierni. Ad esempio, si parlerebbe di quale dovrebbe essere la normativa unica europea sul mercato del lavoro. Oppure sull'ordinamento scolastico, o magari su quello giudiziario. Invece nel 2012 non esiste nemmeno un Codice della Strada europeo (però esiste un'unica normativa sui movimenti di capitale. Facciamoci delle domande). Non si tratta di questioni di second'ordine, Aspetti della vita associata come il diritto di famiglia, l'organizzazione delle strutture sanitarie, quella delle forze dell'ordine ecc definiscono le comunità politiche e gli Stati assai meglio delle questioni meramente economiche. Se nessuno solleva (o ha mai sollevato) la questione è perché nessuno ha (o ha mai avuto) interessa a sollevarla. Valga un esempio.

Per anni il gruppo di potere raccolto attorno a Berlusconi ha cercato di raggiungere due fondamentali obiettivi: limitare l'indipendenza della Magistratura e rafforzare i poteri dell'Esecutivo. Per fare questo ha proposto più volte il superamento del principio di obbligatorietà dell'azione penale contenuto nell'art 112 della Costituzione e varie forme di “premierato”, fino all'ultima trovata di trasformarci in una repubblica presidenziale.

Bene.

In Francia il Pubblico Ministero non ha l'obbligo di esercitare l'azione penale, dovendo attenersi alle indicazioni che periodicamente gli giungono dal suo Ministro della Giustizia, mentre il Presidente della Repubblica, eletto dai cittadini, ha un influenza decisiva (fino a identificarsi) con il Governo. Se queste due semplici regole fossero state adottate, mediante riforma Costituzionale, durante uno qualsiasi dei governi Berlusconi, tutte le Sinistre, Repubblica e l'Espresso, la stra-grande maggioranza dell'intellighenzia nazionale avrebbe gridato al colpo di Stato. Ciò dimostra che questi temi hanno la capacità di suscitare un vivace dibattito. Eppure se davvero desideriamo l'Europa unita uno di questi modelli lo dovremo pur adottare, se non vogliamo creare un inedito Stato privo di un ordinamento costituzionale-giudiziario unificato. In questo e altri campi, con quali criteri si adotterà un modello piuttosto che l'altro?
Perché nessuno ne discute?
Perché nessuno ne ha mai discusso, in sessant'anni di europeismo?
Forse perché, appena si approfondiscono le cose, emerge con chiarezza che l'ipotesi di unione politica è del tutto campata per aria e nessuno la sostiene seriamente?

A noi appare con cristallina evidenza che l'ultima cosa che gli eurocrati vogliono è un Europa unita. E non tanto perché sarebbe d'ostacolo ai loro interessi, ma proprio per la natura utopica e inconsistente della proposta stessa. Basterebbe riflettere. Uno degli argomenti più forti di chi “vuole l'Europa” è l'idea che gli italiani abbiano bisogno di un “vincolo esterno” per guarire le loro storiche piaghe nazionali, come la corruzione, l'incultura, o lo scarso senso civico. Dove possiamo andare, si dice, con una classe dirigente fra cui spiccano i Lusi, i Cuffaro, i Penati e i Cosentino?
Ora, a parte che

a) considerare gli italiani sostanzialmente non in grado di autogovernarsi è sintomo di un malcelato razzismo;

b) i mali che affliggono il nostro paese derivano in buona parte dalla mancanza di “sentimento comunitario” dei cittadini come delle élite, e di conseguenza denigrare la propria comunità (l'Italia) con l'intento di sostituirla con un'altra al di là da venire (l'Europa) non sembra una grande strategia;

c) che sono proprio i partiti di Lusi, Cuffaro, Penati e Cosentino a fungere da “cavalieri serventi” della UE, e non si capisce per quale ragione un corrotto dovrebbe attivamente sostenere un progetto politico che tendenzialmente restringe (dicono) gli spazi di corruzione;

La ragione principale per cui l'argomento non sta in piedi ce la spiega Eraclito.

Una e la stessa è la via all'in sù e la via all'in giù. (frammento 60 Sulla Natura)

Come una strada è una salita per chi la guarda dal basso ed è una discesa per chi la guarda dall'alto, così il disprezzo per la propria condizione che gli italiani nutrono è sì un incentivo, agli occhi di questi ultimi, a entrare in Europa , ma allo stesso tempo è un deterrente a farli entrare agli occhi degli altri popoli europei. Se è vero che la corruzione è la causa del declino economico dell'Italia, perché la Germania dovrebbe avere interesse a federarsi con un paese corrotto e declinante? Se la Calabria è affetta da un morbo che nemmeno i suoi abitanti possono curare, cosa spingerà la Normandia ad associarvisi? Per quale motivo uno svedese dovrebbe accettare di diventare concittadino di Silvio Berlusconi?

Così come l'abbattimento di certe barriere, come quelle doganali, ne ha eretto di ben più alte e robuste tra i popoli europei (vedi l'impressionante astio che nutrono i greci verso i tedeschi), così gli argomenti che premono per un'Europa politica portano con se tali e tante questioni da rendere impraticabile la strada dell'unificazione politica dell'Europa.

Un progetto assurdo, quindi, velleitario e trascurato, nei fatti, da tutti i più importanti agenti sociali e politici del continente. Un progetto che funge da arma di distrazione di massa mentre si mettono i lavoratori europei in concorrenza tra loro, si abbattono salari e condizioni di vita, si rovesciano governi e si acquisiscono aziende strategiche, in una frase: si consolida il il disegno imperialistico dei paesi del centro ai danni della periferia.

Perché vale la pena studiare l'UE

E se ci sbagliassimo?
Se invece in un futuro non troppo lontano ci attendesse quell'Europa politica che qui giudichiamo impossibile e illusoria?
E se nascesse davvero, non potremo noi intuirne i lineamenti analizzando le regole dell'Europa che c'è, e cioè dell'Unione Europea?

Nei prossimi giorni mi dedicherò proprio a questo, all'analisi dei trattati europei e del loro rapporto col nostro ordinamento nazionale. Non sarà un resoconto esaustivo e completo, ma riguarderà soltanto i punti cardine dell'attuale costruzione europea, con l'ambizione di riuscirne a cogliere anche le conseguenze pratiche. Molto si è parlato, e giustamente, di Euro. Diamo un'occhiata anche al resto: a come vengono fatte le leggi europee, come funzionano, come si atteggiano nei confronti di quelle italiane e che ricadute hanno sull'economia nazionale.
Smontata quindi l'Europa che non c'è, e che probabilmente non ci sarà mai, affrontiamo ora l'Europa che c'è, l'Unione Europea.






2 commenti:

  1. Chi non sa giustificare l'UE in ambito economico ripiega sempre sul politico. E'il complesso di inferiorità dei "non addetti al lavoro". Sembra quasi che per evitare di cadere nella mera ideologia... ci cadano lo stesso.

    RispondiElimina