giovedì 12 settembre 2013

Ancora su Destra e Sinistra

 Claudio Martini

L'ultimo post di Fabrizio ha riscosso un meritato successo. Evidentemente ha toccato alcune corde sensibili dell'animo di molti nostri lettori. Molti di essi, è evidente, appartengono alla schiera di coloro i quali un tempo credevano, in un modo o nell'altro, nella Sinistra, e che poi sono stati da essa "traditi". In fondo anche chi scrive su questo blog appartiene a tale categoria. Generalmente la reazione al tradimento è la rabbia, e questi casi non fanno eccezione: il più delle volte i commenti sono carichi di rabbia e disprezzo verso il PD e la sinistra politica; e come dar loro torto?
Tuttavia, come notava almeno un lettore, forse questa rabbia unidirezionale, rivolta esclusivamente verso Sinistra, è almeno in parte fuori bersaglio.
Il fatto è che questa rabbia, che a livello di elaborazione intellettuale si riflette nella constatazione dell'esaurimento della dicotomia destra-sinistra, trova la sua origine nella mutazione genetica unilaterale della Sinistra. Con "unilaterale" intendo che ad essa non si è associata un'analoga trasformazione da parte della Destra; questa è rimasta più o meno identica, mentre l'altro polo vedeva stravolta la propria identità. In altre parole, quando diciamo che Destra e Sinistra sono identiche, non intendiamo dire che entrambe si sono trasformate fino a "fondersi" in qualcosa di diverso e ulteriore; constatiamo invece che la Sinistra è diventata una nuova Destra. E così ci ritroviamo con due Destre, che danno vita a quel che alcuni definiscono "monopartitismo competitivo". È da qui che dobbiamo ripartire: dalla trasformazione della Sinistra in Destra, avvenuta in buona parte senza rinunciare agli orpelli e ai nominativi del passato.
La morte (o la mutazione genetica) della Sinistra in Europa è un fatto notevole nella storia del pensiero filosofico e politico, un fatto attorno al quale le ricerche non sono ancora a uno stato avanzato. Di sicuro, per descrivere il fenomento non aiuta la categoria del "tradimento": se il 90% dei dirigenti, degli intellettuali,  dei militanti e degli elettori della Sinistra approva e sostiene questa trasformazione in nuova Destra non si può dire che essi commettano una qualche forma di tradimento. La Sinistra di cui vale la pena parlare è quella realmente esistente; e quel 90% è il "legittimo titolare" della "ditta" costituita dalla Sinistra realmente esistente. Prendiamone atto, e pace.
Si pone un interrogativo: ma allora ha senso continuare a utilizzare la dicotomia Destra-Sinistra per leggere la realtà?


 La risposta è necessariamente complessa. Di sicuro non la si può usare per individuare le differenze tra le due ali dell'establishment per poi cercare di mobilitare forze per promuovere una delle due ali. Questa operazione è interamente sussumibile nelle iniziative di propaganda del monopartitismo competitivo. Ma ci sono altri modi in cui la dicotomia può tornare utile, se non altro per non cadere in errori potenzialmente tragici.

Destra e Sinistra, come categorie, possono essere lette come idealtipi metafisici, oppure come "nomi propri" di movimenti politici e culturali realmente esistenti. Noi oggi assistiamo alla non coincidenza dell'idealtipo "Sinistra" con la Sinistra realmente esistente. Ciò ha come conseguenza da un lato l'attacco all'idea stessa di Sinistra, a mio avviso completamente fuori bersaglio; e dall'altro il ricorso alla nozione di "tradimento" da parte di quel 10% che non si rassegna.

Quando il militante (o ex militante) di Sinistra denuncia il tradimento dei valori da parte dei dirigenti del PD, sta confrontandola concretezza delle scelte politiche di quei dirigenti con la "purezza" dell'idealtipo. Si tratta della riduzione della categoria a "etichetta", con la quale noi operiamo un giudizio ex post sui fenomeni e sui soggetti della politica, ascrivendoli volta per volta alla Destra oppure alla Sinistra. Può essere utile per orientarsi, e infatto questo modo di "etichettare", a seconda della vicinanza o meno da uno dei due idealtipi, è di uso comune, e non sembra prossimo al tramonto. Ma nel momento in cui la Destra e la Sinistra realmente esistenti sono identiche, perché la Sinistra ha deciso di assomigliare alla Destra, il gioco dell'etichettatura non può certo servire a incidere nel dibattito politico-culturale; al massimo può essere ricondotto (sussunto) alle iniziative di propaganda di cui sopra.

Concentriamoci allora sui movimenti realmente esistenti. È essenziale comprendere quale sia il contesto nel quale è avvenuta la fusione Destra-Sinistra. Il contesto è quello del capitalismo assoluto, che ha vinto le proprie contraddizioni e si ritrova solo sulla scena. Nel quadro della normalizzazione capitalistica dell'Europa post-1989, Destra e Sinistra unite hanno proceduto allo smantellamento progressivo delle conquiste della civilità occidentale, che si riassumono nel termine Stato, più alcuni aggettivi: Stato democratico, Stato sociale, Stato di diritto, Stato costituzionale...
Il capitalismo assoluto è entrato nelle nostre vite sopratutto attraverso l'Unione Europea. È dunque quello eurounitario il contesto nel quale Destra e Sinistra hanno finito per sovrapporsi- dando vita, nei fatti, alla doppia Destra.

Non è un caso che sia andata così. Il processo eurounitario non è il cantiere della costruzione di un nuovo, grande Stato, ma un meccanismo di smantellamento della struttura statale in quanto tale. Lo abbiamo già ricordato. Nel 2009 la Corte costituzionale definì l'UE uno Staatenverbund, che si puà tradurre in "ente di collegamento tra Stati". Questo Verbund è lo strumento a disposizione del Capitale per lo smantellamento dello Stato. Distrutto lo Stato viene meno il contenitore della moderna dialettica politica, ossia in primo luogo la distinzione Destra-Sinistra. I movimenti politici che vi si riconoscono non hanno altra attività che la prosecuzione di tale smantellamento (che a noi poi viene spontaneo etichettare come "di Destra").

La dicotomia Destra-Sinistra troverà nuova linfa solo nella lotta al Verbund, o meglio nel confronto su quale sia il modo migliore per superarlo. Se il Verbund è la negazione della dialettica politica, il suo superamento non può che avvenire sul terreno di quella dialettica. Ne abbiamo già parlato (punto 2). Uscita da destra o da sinistra? Uscita attraverso i nazionalismi, oppure per un nuovo internazionalismo?
Cambi flessibili per tutti, o moneta comune? Sono questi i temi del futuro, sul terreno dei quali sarà possibile rinverdire la dicotomia Destra-Sinistra e restituire dignità alla politica.

In questo senso non aiuta un certa tendenza al "frontismo" emersa negli ultimi tempi. Mi riferisco alla necessità, denunciata da molti, di far "fronte comune" contro il nemico di Bruxelles. Qui bisogna intendersi sulle parole. Se far "fronte comune" significa leggersi e comprendersi al di là degli steccati ideologici, senza scartare in via pregiudiziale gli autori etichettabili in un modo che non ci piace, rassicuratevi: questa si chiama Civiltà. Se invece si tratta di realizzare improbabili accrocchi partitici, magari sotto la minaccia della crisi che avanza e della casa che brucia, allora si può rispondere in due modi: in primo luogo ammazzare il dibattito nel nome dell'emergenza, annullando di fatto la dialettica democratica, è roba che fanno i Monti e i Van Rompuy, e sarebbe meglio lasciargliela; in secondo luogo l'unione non fa sempre la forza. In uno dei miei primi scritti si trova:
"Pensare che unire tra loro differenti paesi possa servire a renderne più efficace l'azione è come sperare che legando lo stesso palo alle caviglie di un gruppo di corridori questi possano correre più veloce. La compattezza, la coesione interna è un valore molto più grande delle mere dimensioni, almeno nell'ambito della politica internazionale; popoli dalle aspirazioni e dagli interessi diversi possono raggiungere i propri obiettivi solo agendo con flessibilità e in accordo con la propria vocazione, non dando vita ad unioni affollate, elefantiache e contraddittorie."
 Sostituite ai termini "paesi" e "popoli",  tradizioni, dottrine e gruppi politici e il concetto è chiaro. "Unire" (in che termini non è dato sapere) Destra e Sinistra non può servire a renderle più forti, ma a farle inciampare l'una nell'altra.
L'unico tipo di collaborazione possibile tra la Destra e la Sinistra, o meglio tra la nuova Destra e la Sinistra che nascono dalla lotta al Verbund, è il rifiuto dell'una di allearsi con le forze dell'Establishment per schiacciare l'altra. Ma se una delle due facesse qualcosa del genere negherebbe semplicemente sé stessa, venendo ricondotta al rango (subalterno) di fianco sinistro o destro delle forze che servono il Verbund.
In ultima analisi, per rendere un buon servizio al ripristino della dialettica democratica la cosa migliore è impegnarsi in uno dei due corni della dicotomia Destra-Sinistra, dicendo chiaramente in cosa crede e cosa vuole, senza infingimenti e confusioni. Ricordando sempre che di Destra e Sinistra ha senso parlare quando sono possibili scelte politiche; scelte che sono semplicemente negate nell'attuale contesto della UE.


49 commenti:

  1. Guarda però che se il tuo nemico è l'UE, chi è nemico della UE è un tuo alleato: è più larghe sono le tue alleanze, meglio è per te, peggio per il nemico.
    Non sarà gradevole, ma è il primo assioma della scienza politica. Il cattolicissimo cardinale Richelieu, nel corso della Guerra dei Trent'anni fra potenze cattoliche e protestanti, per difendere la Francia dalle mire egemoniche della cattolicissima casa d'Asburgo si alleò con le potenze protestanti.
    Allearsi non significa starsi simpatici o andare d'accordo su tutto, significa combattere contro lo stesso nemico.
    Sconfitto il nemico, gli alleati possono benissimo diventare o ritornare nemici; e anche nel corso della lotta comune, le divergenze possono essere asperrime.
    Nel corso della resistenza antifascista, le formazioni azzurre e rosse giunsero al punto di spararsi addosso; nel corso della lotta per l'indipendenza italiana, cavurriani e mazziniani giunsero al punto di mettersi le bombe sotto il sedere e di condannarsi a morte. Con ciò, Francesco di Borbone non era "diversamente indipendentista", né Pavolini "diversamente antifascista", e la cosa non fu mai persa di vista da chi li aveva scelti come nemico.
    Va benissimo che una formazione antiUE persegua "il nuovo internazionalismo" o la "moneta comune", e che un'altra persegua le sovranità e le monete nazionali: va benissimo a patto che sia chiaro a tutti che l'unica pregiudiziale che vige è quella contro il nemico (UE, euro) e non quella contro l'alleato che la pensa diversamente da te. Se invece entrano in campo le pregiudiziali antidestra ("mai allearsi col FN, immondi fascisti xenofobi, sono uguali anzi peggiori di Monti") o antisinistra ("mai con i comunisti livellatori, sodomiti e nemici della libertà, sono uguali anzi peggiori di Monti") non si fa un passo avanti, e al nemico si toglie anche disturbo di sconfiggerci, perché ci si sconfigge da soli.
    Se il fronte comune non si forma, si perde, e punto. Quali saranno le parole d'ordine di questo fronte dipenderà dai rapporti di forza tra le sue componenti. In base a questi rapporti di forza (di cui non fa parte solo il peso numerico della base, ma anche l'intelligenza politica dei dirigenti) le varie formazioni antieuro/UE giungeranno a un compromesso fra posizioni diverse.
    Chi invece si rifiuta al confronto e al compromesso, di fatto favorisce il nemico.

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    1. Interessante. Ho l'impressione di averti già risposto, ma togliamoci il dubbio. In consa consisterebbero, all'atto pratico, queste "alleanze" e questi "compromessi"?

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  2. Buonasera Roberto, solo un paio di cose, ciò che scrive è ragionevole tuttavia la parte finale mi trova in parziale disaccordo con la sua ricca argomentazione, vorrei precisare che in questa risposta non ci sono riferimenti a partiti politici ma a culture politiche.

    Sul confronto ha perfettamente ragione, dissento sul compromesso. Come parte di una certa cultura politica io al massimo posso arrivare a sospendere certe convinzioni. a patto che l'altro faccia lo stesso, e si potrebbe pervenire ad una alleanza, però assai fragile. Potrà ben capire che il sottoscritto con una certa destra sovranista può essere solo d'accordo sul fatto che dobbiamo tornare ad essere uno stato degno di questo nome, meglio che niente. Fine.
    Questo se il discorso si limita alla fuoriuscita dalla UE.
    Se si va a considerare l'euro qui il discorso diviene, a mio parere ovviamente, assai dolente. Purtroppo sono personalmente convinto che, riguardo all'uscita dall'euro, esistano una uscita da destra ed una uscita da sinistra. Una uscita da destra, per ovvi motivi, per uno del popolo come me non cambia la vergognosa situazione attuale e nel caso fosse proposta sarei costretto a rompere il patto di "sospensione" per potermi battere per una uscita da sinistra dall'euro. La stessa cosa presumo valga per l'altra parte.
    Tanto ber buttarla sullo scherzoso: sarebbe una specie di governo Letta tra sovranisti nel quale chi rompe il patto non è un delinquente. Però, addio alleanza e fine dei giochi.

    Saluti

    Massimo.

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  3. La ringrazio per la replica cortese e articolata. Quando parlo di compromesso intendo, molto semplicemente, che forze politiche e culturali diverse che si alleano contro un nemico comune possono farlo soltanto se giungono a definire alcuni obiettivi di fondo accettabili per tutti, rinunciando ciascuno a rivendicare il suo programma massimo, il perseguimento del quale viene rinviato a data da destinarsi, e comunque dopo la (eventuale) vittoria contro il nemico comune: il compromesso politico è, sostanzialmente, questo.
    Naturalmente, il compromesso risulterà più favorevole alle forze più grandi e più abili all'interno dell'alleanza.
    Non entro nel merito della questione "uscita da destra, uscita da sinistra". Lei ha certamente presente le posizioni rispettive di chi la pensa come lei (ad esempio Brancaccio) e di chi la pensa diversamente (ad esempio Bagnai). Non intendo discuterne qui.
    Per ipotesi, diciamo che la posizione di Brancaccio sia plausibile e giusta, e cioè che esistano davvero due possibili uscite dall'euro, da destra e da sinistra.
    Il punto che mi interessa chiarire è questo, che provo a illustrarle con una semplice domanda: per lei, "uscire da destra" è meglio, peggio o uguale rispetto a restare nell'euro?nell'euro? Se lei ritiene che "uscire da destra" sia peggio che restare nell'euro, o che sia uguale a restare come stiamo; e se ritiene che, formando un fronte comune con "le destre sovraniste", sia impossibile influenzarne le politiche e gli obiettivi in modo da spostarli almeno parzialmente nella direzione da lei desiderata, allora lei sarà contrario ad allearsi con esse.
    E' una posizione logica: però, la conseguenza immediata e inevitabile è che, rifiutando l' alleanza e il compromesso con il suo avversario (i sovranisti), lei favorisce il suo nemico (euro e UE). Veda lei se le sembra una buona idea.
    C'è una analogia storica interessante, che le ricordo. A cavallo fra gli anni Venti e Trenta del secolo scorso, il Comintern elaborò la linea dei "socialfascismi", secondo la quale i partiti socialdemocratici e democratico -borghesi delle democrazie capitaliste erano definiti come nemici dei comunisti allo stesso titolo dei fascismi veri e propri. Seguendola, i partiti comunisti rifiutarono ogni alleanza, politica e parlamentare, con i partiti borghesi di centro e di sinistra.
    La lettura politica del Comintern non era destituita di ogni fondamento, anzi: come ricorderà, il partito socialdemocratico tedesco aveva appena represso nel sangue i moti spartachisti, e i socialisti italiani, scegliendo di "non aderire né sabotare" l'intervento nella IGM, lo avevano di fatto permesso.
    Però, la linea dei "socialfascismi" diede un sostanziale, e forse indispensabile aiuto alla presa del potere dei fascismi in Italia e in Germania.
    Accortisi dell'errore, i dirigenti del Comintern fecero una svolta di 180° e vararono la linea di "Fronti Popolari". Intanto, però, i fascismi avevano preso il potere.
    Insomma: costruire una alleanza tra forze che hanno cultura politica diversa non è facile, e a volte addirittura penoso. Però, se non si vuole aver perso prima ancora di cominciare a combattere, conviene provarci.

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  4. Vedo che lei ha correttamente citato uno dei miei economisti di riferimento, ciò vuol dire che Brancaccio è ascoltato, anche se magari non completamente accettato o apprezzato, e questo lo prendo come un buon segno.
    Cercherò di dividere la mia visione dei danni causati dall'euro in due fronti, quello di "chi c'ha i soldi" (perdoni il toscanismo) e di chi se li guadagna lavorando.

    La prima: "una visuale capitalistica".
    Nella euro-zona attualmente sono presenti diversi "capitalismi" ne esiste almeno uno centrale e svariati periferici. Quello centrale ha la forza e la NECESSITA' di divorarsi quelli periferici. Quelli periferici non ci stanno, capiscono che l'unica alternativa per sopravvivere è uscire dall'euro e lo fanno uscendo da destra: zero tutele per la gente, cento tutele per il capitale periferico. Per il popolo non cambia nulla se non una generica speranza di ripresa.

    La seconda: "Bisogna pensare alla gente" (il famoso 99%).
    facciamo, ad esempio, che si raggiunga la consapevolezza che le misure draconiane di austerità, con la scusa del risanamento dei conti, non hanno altro scopo che non quello di atomizzare all'inverosimile una società, disintegrare lo stato di diritto, con lo scopo di venderla al peggior offerente (socialmente palando) o miglior offerente (economicamente parlando), una perdita secca di potere d'acquisto e di benessere che si cominciano ad intravedere solo adesso in Grecia. Allora si chiude con euro ed UE (la seconda, nell'uscita da destra, non è detto che sia così automatica) si tutela il potere d'acquisto della gente e ci si orienta verso il mercato interno, si sanano trent'anni di spremitura sociale e si vede di ripartire cercando di risolvere le immancabili difficoltà. E' per questo che penso che Brancaccio abbia ragione perché vedo che l'euro sta danneggiando sia i capitalismi periferici che noi, il popolo. Ne segue, per me naturalmente, che l'uscita dovrà essere OBBLIGATORIAMENTE svantaggiosa per una delle due parti e questo sarà stabilito dalla modalità (destra o sinistra) con la quale verrà eseguita.
    Questo in estrema sintesi.

    Cordialità.

    Massimo.

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  5. Vorrei far notare, tanto per richiamare la memoria storica, che il "tradimento", che personalmente chiamerei abiura, ai suoi valori sociali e politici forti e fondanti compiuta dalla c.d. sinistra, non è faccenda che riguarda solo il Pd (e alleati) o, ancor prima, il Pds, e nemmeno la situazione confusionaria e il "si salvi chi può" creati dall'emblematico crollo del muro di Berlino, ma risale a molto prima, a quando il Pci aveva cominciato a professare un'ideologia che con la sinistra - ma diciamo meglio: con la critica dell'economia politica marxista - non c'azzeccava più nulla. Certo, per chi è nato, poniamo, negli anni Ottanta, è in un certo senso naturale che veda la parte finale dello smottamento, ma un'analisi politica di più ampio respiro dovrebbe risalire a "fatti" che sono iniziati nel dopoguerra: l'appiattimento a tutto campo dell'allora comunismo al parlamentarismo; la collaborazione - o compromesso storico - tra Pci e Dc e la strategia del primo volta a prendre il potere cedendo via via in modo irreversibile pezzi consistenti della sua identità politica; la scelta d'assomigliare sempre più al "nemico" varando politiche clientelari e di bottega - cioè la vulgata "il fine giustifica i mezzi"; la ricerca di nuovi alleati e referenti nel campo occidentale (esemplificata nell'emblematico viaggio di Napolitano in Usa del '78); gli accordi sotto banco con i "poteri forti" e il "doppio discorso", da un lato falsamente rivoluzionario alla sua base politica per tenerla buona raccontandogli le frottole dell'Urss come patria del socialismo, e dall'altro totalmente accodiscendente e collaborativo verso il capitalismo italiano, produttivo e poi finanziario, in cui la "sinistra" si è progressivamente identificata fino ad arrivare all'attuale, completa identificazione. Mi pare questa, molto sinteticamente, la metamorfosi storica della sinistra italiana, che ha volutamente abiurato alla sua identità storica, per cui mi chiedo: destra e sinistra de che? L'unica cosa di sinistra che è rimasta alla """sinistra""" italiana è la disposizione spaziale dei seggi in Parlamento occupati dagli alien che per convenzione o opportunismo si autoproclamano "di sinistra".

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    1. Appunto. Le radici dell'attuale trionfo del capitalismo assoluto vanno cercate nella controrivoluzione neoliberista avviata negli anni '70 e ben descritta, tra gli altri, da Streeck. Controrivoluzione che è stata accompagnata dalla mutazione della sinistra, in Italia come in tutto il mondo. Curiosamente l'attuale Unione europea è stata concepita proprio in quel periodo.

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  6. @Claudio
    Perché secondo te il cambio flessibile sarebbe di "destra" e la moneta comune di "sinistra"? Ho capito male? Mi sembra una forzatura.
    D'altronde di moneta comune parlano intellettuali molto diversi come Lordon come De Benoist. E lo stesso discorso si può fare per il cambio flessibile.

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    1. Più che una forzatura è una semplificazione. Ma non è sbagliata. Storicamente, l'apologia dei cambi flessibili, e con sé l'idea che il prezzo delle valute debba essere determinato dalle sole forze del mercato, appartiene alla tradizione monetarista e liberista, da Friedman in giù.

      Dopodiché, io non mi soffermerei troppo sul lato "monetario" della questione. Non è stato il cambio fisso in sé a distruggerci, ma la politica dei redditi tedesca. Il primo è solo una pre-condizione perché la seconda ci possa fare male. Dovremmo concentrare l'attenzione, più che sulla forma valutaria che assumono le contraddizioni tra le economie nazionali, sulle origini di tali contraddizioni.

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    2. Storicamente nel dibattito cambio-flessibile Vs fisso dovremmo aggiungere anche l'opposizione del PCI allo SME espressa nel celebre discorso di Napolitano alla camera. Ma al di là dell'aspetto storico mi sfugge quale dovrebbe essere di fatto l'elemento che rende la moneta comune più "di sinistra" del cambio flessibile. Ho letto critiche da sinistra alla "moneta comune" - ad esempio questa - ma non ho ancora visto critiche da sinistra al cambio flessibile.

      Sulla rilevanza della politica dei cambi nel deterioramento dell'economia io noto ad esempio che:
      1) l'Argentina non ha fissato il cambio con la Germania, eppure il disastro è stato comunque creato da differenziali d'inflazione e debito estero.
      2) c'è chi sostiene (Savona ad es.) che l'econmia del sud italia sia stata fortemente danneggiata da un cambio sfavorevole col nord reso rigido dall'unificazione italiana, pur partendo da una posizione di vantaggio.
      2) c'è una letteratura economica sul cosiddetto "ciclo di Frenkel" che sostiene che le politiche monetarie "sbagliate" possono determinare da sole la crisi e il degrado economico.

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  7. Grazie della replica. Certo, ho letto Brancaccio, non ho pregiudizi, chiunque abbia qualcosa di serio da dire in materia è il benvenuto.
    Però, come le esponevo nei precedenti interventi, il punto politico sul quale richiamavo la sua attenzione non è il merito delle posizioni di Brancaccio o di altri. Che le posizioni siano diverse, e anche molto diverse, mi pare fisiologico: tra chi vuole uscire dall'euro e/o dalla UE ci sono ceti sociali diversi, paesi diversi, culture politiche diverse, che tutti hanno interessi, valori e obiettivi diversi e parzialmente confliggenti.
    Le espongo il punto a mio avviso centrale in forma di domanda: a suo avviso, i nascenti movimenti italiani ed europei antieuro ed antiUE dovrebbero cercare di coordinarsi ed allearsi senza preclusioni e pregiudiziali di tipo ideologico, o no?
    Secondo me, sì, per le regioni suesposte. Secondo lei?

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    1. La prima risposta che le ho dato spiega: non ci credo e se anche fosse sarebbe una alleanza assai fragile e precaria. Una strada da non battere, meglio convincere da destra o da sinistra.

      Massimo

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  8. Letto il confronto tra Roberto e Massimo. In generale sono d'accordo con quest'ultimo (e te pareva). Ma tutte queste analisi difettano di qualcosa: esattamente di realismo. Sembra quasi che noi possiamo scegliere, o contribuire alla scelta, se stare dentro o fuori, se uscire da destra o da sinistra... come se bisognasse decidere ora se andare di qua o di là. Il pallino, miei cari, non è in mano nostra. Ce l'hanno le oligarchie europee. Quando si metteranno d'accordo per farci uscire ci faranno uscire, da sinistra da destra o dal centro; e se considereranno che conviene mantenere intatta la struttura la manterranno. È semplice. L'unica cosa che noi siamo in potere di fare è tentare di sgretolare le basi di consenso di quelle oligarchie.

    Comunque ribadisco la mia domanda: finché non viene chiarito cosa, all'atto pratico, significhino "fronte comune", "alleanza" e "compromesso" il dibattito non fa un passo in avanti. Attendo spiegazioni.

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    1. Dici bene, il pallino non è nelle nostre mani. Per questo il dibattito sull'uscita da destra o da sinistra NON è, a mio parere, così importante. Ma avrai notato che ultimamente va di moda e anche che è nato a sinistra. Perché?

      Per quel che mi riguarda mi ritrovo perfettamente nella posizione espressa su questo blog nell'articolo "Quello che i marxisti non dicono", proprio al punto 2 da te ricordato.

      Un paio di estratti:
      1) se si può essere d'accordo sul fatto che è possibile uscire dall'euro “da destra” oppure “da sinistra”, occorre però aggiungere che la cosa più “di destra” di tutte è appunto rimanerci, nell'euro
      2) Ecco dunque la vera natura di euro e UE: si tratta di una espropriazione della politica e della democrazia

      Ognuno ne trarrà le conseguenze che vuole quanto a stategia e tattica quando sentirà che è arrivato il momento.

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    2. Se è per questo il "frontismo", il "tutti uniti" va ancora più di moda, e ha una forte caratura destrorsa. Il concetto contenuto nel mio modesto post non è quello di stabilire di cosa abbia senso parlare adesso, ma di cercare di prevedere su quali basi si ricostruirà la dicotomia destra-sinistra; e si prevede che ciò avverrà proprio sulla base del superamento dell'attuale Unione Europea. Qualcuno potrebbe vederla come la questione più importante dei prossimi anni. Questione di opinioni.

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    3. Scusa Claudio se te lo chiedo ma ogni tanto mi viene il dubbio, magari perché fraintendo quello che scrivi.

      Ma il punto 1 che ho riportato sopra lo condividi o no?

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    4. Naturalmente, dal punto di vista meramente economico il ritorno ai cambi flessibili, senza altre condizioni, ci darebbe un po' di fiato per qualche anno. Qui non lo abbiamo mai messo in dubbio. Ma il tuo quesito è troppo schematico, non ti posso dare una risposta sensata in termini così rigidi. Se mi chiedi cosa immagino come "più di Destra" di tutto rispondo: la conquista del potere da parte delle forze nazionaliste e autoritarie, come è avvenuto in Ungheria, in Bulgaria, in parte in Slovacchia, e come richia di avvenire in Francia e in Grecia. A quel punto, euro o non euro, cominciano a essere minacciate le libertà fondamentali. L'unico rimedio è, ovviamente, che le forze democratiche e progressiste conquistino la scena della lotta anti-euro, magari con un programma un po' più articolato del ritorno a come stavamo nel '99.

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  9. concordo con Roberto Fronte Unico/Comune x Uscire dall'Euro e all'interno delle forze obligatoriamente diverse, anche ideologicamente, chi ha capacità di analisi, di iniziativa, di visione, di strategia, di implementazioni, di proposte potrà vincere le varie partite che si giocheranno.

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  10. Ecco, molto in breve per non annoiare, le spiegazioni richieste da Claudio.

    1) Se "non possiamo scegliere o contribuire alla scelta", se cioè è IMPOSSIBILE costruire, in Italia e/o in altri paesi europei, una efficace opposizione all'euro e alla UE, è inutile dibattere, organizzarsi, etc. Siamo nella condizione di spettatori, guardiamoci questo film e speriamo che finisca bene. Io non ne sono persuaso. Comunque, faccio notare che in questo campo, dire "no, è impossibile" oppure "sì, è possibile" contribuisce a determinare possibilità o impossibilità: l'osservatore non è neutro ma partecipe. Terra terra: se non ci provi, stai sicuro che non ci riesci. Il realismo politico non è identico al calcolo probabilistico dello scommettitore, che cerca sempre di imbroccare il vincente. Altrimenti, per fare un'analogia storica che mi sembra pertinente, nel 1820, valutando i rapporti di forze europei, il politico realista avrebbe dovuto concludere che era impossibile unificare l'Italia. La storia non è interamente prevedibile, e oltre al probabile ospita anche il possibile: infatti, secondo la definizione classica, la politica è l'arte del possibile, non del probabile. Certo, l'impossibile va escluso dall'orizzonte degli obiettivi, ma determinare che cosa sia impossibile e che cosa no non è semplice, e merita una attentissima considerazione.

    2) Se invece si ritiene possibile organizzare l'opposizione politica all'euro ("opposizione politica" significa anche opposizione ideologica organizzata, non soltanto opposizione parlamentare e/o sociale) diventa di importanza primaria la questione fronte sì/fronte no.

    3) Fronte sì significa, in estrema sintesi, decidere che la priorità politica numero 1 è uscire dall'euro e/o dalla UE, e tutte le altre priorità politiche, per importanti che siano, vengono dopo. Quindi, si cerca di organizzare e coordinare TUTTI gli alleati possibili, cioè a dire tutti coloro che hanno interesse a uscire dall'euro e/o dalla UE, aprendo un dibattito e una trattativa per formulare parole d'ordine e programma minimo comune. Nell'analogia storica precedente, il programma minimo comune fu "Italia una e indipendente", e vi aderirono sia i monarchici, sia i repubblicani, sia i socialisti. Poi, in ragione dei rapporti di forza tra le fazioni, risultò vincente il partito monarchico (perché portava uno Stato e un esercito, un alleato indispensabile - la Francia - e il miglior dirigente politico, Cavour). Personalmente sarei stato più contento che vincesse Mazzini, però le cose sono andate così, e già è stato un miracolo.

    4) Fronte no significa, sempre in estrema sintesi, decidere che la priorità politica numero 1 NON è uscire dall'euro e/o dalla UE. La priorità numero 1 è realizzare, il più compiutamente possibile, il proprio programma politico. Per esempio, il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori dipendenti. Dunque, se, per ipotesi, una forza organica alla UE e dunque pro-euro sembra concretamente favorire questo programma, la si dichiara amica e la si appoggia; e di converso, se una forza politica nemica della UE e dell'euro sembra essere contraria a questo programma, la si dichiara nemica e la si contrasta. Sempre nella analogia storica proposta: le forze socialiste e repubblicane, verificando che Cavour non ha nessuna intenzione di realizzare anche solo in parte il loro programma sociale (condizioni di vita migliori per contadini e operai) e politico (repubblica a suffragio universale), non partecipano al progetto indipendentista (e dunque si alleano con lo status quo politico preunitario) ritenendo più opportuno il lavoro politico e sociale di lunga durata volto all'organizzazione sindacale e alla istruzione politica delle plebi italiane.
    Ognuno ci ragioni su e decida per sè, ma i termini della questione, nei suoi elementi essenziali, mi paiono questi.

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    1. Ti ringrazio per il bignamino di storia risorgimentale, utile anche se non esattamente di buon auspicio (la vittoria dei Savoia...). Vedo che A) non mi sono spiegato B) non rispondi in maniera esauriente alla mia domanda.

      A) Io non ho affatto detto che non c'è nulla da fare, e che sia inutile organizzarsi e dibattere ecc. Rileggi: ho scritto "L'unica cosa che noi siamo in potere di fare è tentare di sgretolare le basi di consenso di quelle oligarchie". Mi sembra un po' diverso dal non far nulla. Ribadisco che noi non abbiamo e non avremo in tempi ragionevoli il potere di determinare la nostra permanenza/uscita da nulla. È un atto di realismo.

      B) ti ho chiesto "all'atto pratico" in cosa consiste il fronte comune. Intendo proprio sul piano dei fatti materiali. Tu dici "organizzare" e "coordinare" gli "alleati" su un "programma minimo". Che significa? Fondare un partito? Federare dei partiti? Fondare dei partiti e poi federarli? Stringere un patto di coalizione dal notaio? Presentarsi assieme alle elezioni? Organizzare manifestazioni comuni? Convegni? Conferenze stampa? Siti, riviste? Quale sarebbe il programma minimo? Chi lo scrive? E poi gli alleati chi sarebbero? L'unica discriminante è "basta euro-ritorno alla lira"? Non sono domande provocatorie. Chiedo per sapere. Se ti riesce meglio prendere ad esempio altri contesti nazionali, come la Francia, fa pure.

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  11. a Claudio.
    Rispondo volentieri, le tue domande non sono affatto provocatorie, anzi.
    Se tu vuoi "sgretolare le basi di consenso delle... oligarchie" UE, proposito che condivido, lo puoi fare proponendo critiche di vario tipo alla loro azione politica e alla loro ideologia. Tra l'altro, è opportuno che le critiche alle suddette oligarchie vengano da culture politiche di sinistra, di destra e di centro, perché il consenso che esse riscuotono in Italia e in generale in Europa è trasversale alle culture politiche: a dare un sostanziale e maggioritario consenso alle oligarchie UE sono formazioni e individui che vengono da tutte le culture politiche: di destra, sinistra e centro, in tutte le loro varie sfumature e declinazioni. Se non fosse così, le oligarchie UE non sarebbero egemoni nella società, e basterebbe un risultato elettorale per rovesciarle.
    Dunque, il fatto che ciascun oppositore delle oligarchie UE critichi insieme la sua cultura politica di appartenenza o di origine, e il consenso che essa tributa al suo nemico politico, è positivo e anzi indispensabile.
    Per criticare le oligarchie UE, insomma, non c'è nessun bisogno di unirsi in un fronte. Lo stiamo già facendo, ciascuno secondo la sua prospettiva. Se l'orizzonte politico strategico possibile si riduce alla critica, non c'è bisogno di discutere oltre. Continuando così, avremo fatto tutto il possibile.
    La questione fronte sì/fronte no va dibattuta solo se si ritiene che, in una contingenza futura che non è possibile prevedere ma che non si ritiene impossibile, sarà all'ordine del giorno il problema di trasformare la critica in dissenso politico organizzato.
    Se si ritiene questo, conviene pensarci a lungo e in anticipo, perché si tratta/tratterà di una decisione in merito alla strategia. Chi sbaglia strategia può vincere molte battaglie, ma di sicuro perde la guerra.
    [segue nel post successivo]

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  12. [segue dal post precedente]

    Per riassumere quanto esposto sinora: il celebre detto (di un autore decisamente di sinistra) "Marciare divisi per colpire uniti" si divide in due proposizioni: a) marciare divisi b) colpire uniti. Sinché si critica e basta, va benissimo marciare divisi. Quando si deve colpire, meglio essere uniti.
    Si tratta di vedere se a) si pensa che verrà mai il momento di colpire b)si è disposti a unirsi, con chi e come.
    Per essere disposti a unirsi, cioè a sacrificare o rinviare il perseguimento di una parte dei propri legittimi obiettivi, bisogna ritenere che ne valga la pena, cioè che l'obiettivo strategicamente decisivo sia, in questo caso, uscire dall'euro e rompere la UE. Si può benissimo ritenere che no; in questo caso, unirsi non ha senso, ed è anzi un inutile, penoso equivoco.
    Come organizzare politicamente il dissenso creato o favorito per mezzo della precedente azione critica? Bè, ecco qualche idea.
    1) costituire luoghi di dibattito (soprattutto internet, perché costa poco)comune a tutti gli oppositori di UE/euro. Questo sarebbe un passo relativamente semplice ma di importanza fondamentale, perché senza confronto aperto e non escludente fra tutte le posizioni che convergano sul medesimo "anti" non è possibile individuare un minimo denominatore comune accettabile per tutti, se non all'estremo ribasso.
    2) individuare una serie di obiettivi politici che riscuotano il comune consenso e che siano semplici da comunicare.
    3) costituire un gruppo dirigente nazionale rappresentativo di tutte le provenienze culturali e politiche
    4) fare pressione, con gli strumenti di cui ai punti precedenti, sulle formazioni politiche avverse favorendone la frammentazione
    5) attirare gli indecisi, gli astenuti, i delusi di ogni provenienza
    6) e se si apre la possibilità, certo, anche formare un movimento politico formalizzato, con tanto di nome e cognome e statuto e votazioni interne, che si proponga anche di presentarsi alle elezioni, perché no.
    Se poi ti interessa sapere quali sono le mie personali posizioni in materia di obiettivi strategici, ti rinvio a questa lunga e interessante discussione su un altro sito, dove sono espresse molte posizioni diverse, tra cui alcune più o meno coincidenti con le tue: http://www.leparoleelecose.it/?p=11616

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    1. Bene, ci siamo: vuoi fare un movimento politico insieme ai fascisti. Se è un modo per compattare un piccolo (o magari nemmeno così piccolo) schieramento di estrema destra, può funzionare. Se invece è il tentativo di costruire qualcosa di utile per i cittadini italiani, è destinato al fallimento. Gli accrocchi contronatura tra persone provenienti da ideologie diversissime a fini puramente tattici non sono semplicemente realizzabili, e anche qualora lo fossero durerebbero tre giorni. In un modo o nell'altro, io non sono della partita. Tanti saluti.

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  13. Guarda Claudio che, oltre a usare un tono poco simpatico, hai frainteso dalla A alla Z.
    E' infatti verissimo che "Gli accrocchi contronatura tra persone provenienti da ideologie diversissime a fini puramente TATTICI non sono semplicemente realizzabili".
    Forse però non ti sei accorto che dal primo all'ultimo intervento ho argomentato che le alleanze tra formazioni ideologicamente diverse si fanno per fini STRATEGICI; e che te le impone la necessità di vincere il nemico, non l'utilità tattica, la simpatia reciproca o il tifo per la stessa squadra del cuore.
    Il bignamino risorgimentale o resistenziale o socialfascismo/fronti popolari o anche guerra dei trent'anni l'ho proposto all'attenzione del lettore proprio perché dimostra la validità politica permanente dell'assioma politico n. 1: puoi scegliere il nemico, non l'alleato.
    Se posso desumere, da quel che scrivi in questa ultima replica, la tua posizione politica strategica rispetto alla UE , è la seguente: "Tra una vittoria elettorale del Front National francese (o di altra formazione politica analoga in altra nazione) che scardini la UE e spezzi l'unità monetaria, e lo status quo, preferisco lo status quo perché FN (e formazioni analoghe) sono fasciste, ergo rappresentano un pericolo maggiore della UE così com'è".
    Intendiamoci: è una posizione perfettamente legittima che ha il suo perché, ma è, come appunto argomentavo sopra, una scelta strategica in base alla quale si individua il nemico principale nel "fascismo", o nella "destra"; e quindi al momento della scelta politicamente decisiva si appoggia la UE, che diventa tuo alleato (anche se ti sta antipatica: però, meno dei fascisti, e in politica il meno antipatico è il più simpatico).
    So bene che la UE così com'è non ti piace, che sei contrario, che la vorresti diversa, etc.
    Fatto sta, però, che le scelte politiche strategiche non consentono le litoti: chi al momento di entrare in guerra (anche in guerra metaforica) adotta la parola d'ordine "né aderire né sabotare" appoggia di fatto il potere dominante, che lo voglia o no (e inoltre si inimica sia il governo, sia l'opposizione, ma questo è un altro discorso). Poi vedi tu.

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    1. Non mi sembra di aver frainteso. Ho semplicemente ridotto alla dimensione pragmatica il tuo discorso. Se per dire una cosa è necessario usare una frase basta quella, non ne servono altre venti. Tu vuoi fare un movimento politico insieme ai fascisti, io no. Poi sei libero di dire che così favorisco di fatto il potere dominante ecc ecc. Sì sì vabbè.

      Sei meno libero di "desumere" cose inesatte: io non vorrei una "UE diversa" perché "così com'è non va bene". Io non voglio la UE, punto. Inoltre la tua alternativa FN-UE è troppo astratta e schematica. Io potrei chiederti cosa preferiresti tra la vittoria del FN o di Melenchon, per dire. Tanto siamo nel campo della fantasia. I giudizi vanno fatti sempre post factum. Se il FN vince le elezioni e si limita a spezzare la UE, nulla quaestio. Lo vedremo quando e se le vince. E sopratutto se mantiene le sue promesse. Io mi auguro solo che, nel frattempo, non troppe persone di sinistra (o semplicemente democratiche) non siano così scriteriate da andare a portare acqua "con le orecchie" ai vari Le Pen.

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    2. Molto sinteticamente: A ciò che ho già espresso in proposito aggiungerei che la storia stessa ci dice che non funzionerebbe. Le due culture si sono fatte letteralmente la guerra, quella vera. Si sono cacciati e massacrati ed adesso in ragione di una debacle locale, in un contesto globale, la destra dovrebbe rinunciare alle sue prerogative di dominio elitario, rinunciando ad una uscita di destra che la favorisca, e la sinistra dovrebbe tacere sulle rivendicazioni dei più svantaggiati in forza di un concetto di uguaglianza nella dignità ormai consolidato e rinunciare alla sua uscita da sinistra? Non sono convinto si faccia un buon servizio alla ragione a credere questa cosa. Un uscita buona per "il padrone" e per "l'operaio" non esiste, te la propina chi vuole il tuo consenso, per una banale questione di numeri, per poi scegliere con scuse allegate per la parte che lo prende biblicamente in quel posto, per come sono andate le cose negli ultimi 30-40 anni ho anche l'impressione di dove si vada a parare. O prevale essenzialmente l'una o prevale essenzialmente l'altra. Ce le dobbiamo giocare dai nostri rispettivi schieramenti. Io faccio parte di una associazione sovranista, se questa assumesse decise tendenze destrorse me ne andrei, ci possono essere momentanee sospensioni, ma non compromessi con realtà assai diverse dalla mia.
      Comprendo che la speranza di giorni migliori e ottime intenzioni possano muovere i promotori di questa proposta ma sono convinto che queste non siano sufficienti, purtroppo.

      Saluti a tutti.

      Massimo

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  14. Rispondo alla tua domanda e poi la smetto.
    Tra la vittoria di Melenchon e la vittoria del FN che cosa preferisco? Preferisco che vinca la formazione politica che non si allea con i partiti pro-euro.
    Se Melenchon la smette di dire che è contro per poi al momento buono votare per Hollande altrimenti vanno al potere i fascisti, voto volentieri per lui. Chiaro il punto? Melenchon si comporta esattamente come le formazioni della sinistra estrema: in campagna elettorale fuoco e fiamme contro il capitalismo, dopo di che, presi i voti, si allineano al PD e, se ce li prendono, ci vanno anche al governo, e votano per le missioni militari. Pretesto: sennò va al potere Berlusconi, la versione locale del pericolo fascista.
    La logica è esattamente la tua: purchè non vada al potere il fascista FN, si vota per la sinistra di Melenchon, il quale alla fine della fiera appoggia Hollande. A me non sembra tanto furbo.

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    1. Sempre meglio che portare acqua (con le orecchie) ai fascisti. Per fortuna, e a differenza di quanto ti piacerebbe far credere, votare i fascisti o votare i pro-euro non sono le due uniche alternative.

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  15. Un commento rimasto incastrato nella moderazione:



    Perdonate se devio un poco dall'argomento della discussione di stasera, ma per tornare all'accanimento, anzi al florilegio di accuse, verso le presunte colpe di una certa sinistra, noto che un blog distintosi anch'esso sull'argomento si fa promotore della diffusione di un convegno in cui a parte gli accademici ci sono personaggi assai noti, ed almeno uno assai controverso, della cosiddetta prima repubblica. Domanda: come mai i piddini ed i "mancini" fanno così schifo ed gli ex DC invece sono "accettabili relatori"? Posso pensare in questo caso, dato che nessuno in quel luogo se ne scandalizza, che lo spostamento completo delle responsabilità da una parte precisa legittima la riproposizione di personaggi altrimenti assai criticabili cone parte di un disegno non proprio di sinistra? Posso considerare gli attacchi fatti a sinistra come interessati e non basati su anlisi precise? Magari mi sbaglio, chissà. Mi riuscite inoltre a dare un motivo plausibile con il quale io possa giustificare un'alleanza considerando queste evidenze?

    Il link: http://ilblogdilameduck.blogspot.it/2013/09/leuropa-alla-resa-dei-conti.html

    Massimo

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  16. @Massimo (senza entrare nel merito dei questioni che non conosco relative al Blog cui rimandi)

    Risposta: perché un ex dc (ti riferisci a Vincenzo Scotti immagino) ha interesse ha organizzare un incontro del genere mentre i "piddini" sono compatti su posizioni pro-euro/EU. E questo fa una certa differenza per chi pensa che euro/EU siano il problema principale.
    Sui "mancini" non rispondo perché non ho capito bene a chi ti riferisci e l'arcipelago è piuttosto variegato. Posso dire che buona parte della sinistra marxista ha i limiti esposti da Marino Badiale su questo Blog nel post "Quel che i narxisti non dicono". E anche questo è un grosso problema per chi pone come priorità l'uscita da euro/EU.

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  17. Gli exDc sono tre, non uno. Perdona la maleducazione ma ti rispondo con un altra domanda. Secondo te, con quelli la', che tipo di uscita dall'euro si sta preparando?

    Massimo.

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  18. Va bene tre ex-dc, puoi anche fare i nomi a beneficio di chi, come me, non conosce il loro percorso politico. Poi La Malfa. Un economista liberista e di destra come Borghi e un economista di sinistra che è Bagnai. Di Rinaldi non ho ancora letto il libro e non saprei collocarlo. A me comunque la biografia di queste persone interessa fino a un certo punto. Mi interessano le idee. Alcune le condivido, altre no.

    Alla tua domanda non posso che rispondere ancora una volta che sono sulle posizioni di Badiale. Spererei di uscirne come vorrebbe Bagnai, cioè con l'indicizzazione dei salari e controllo sui movimenti di capitali, quindi a sinistra, come piacerebbe anche a Brancaccio. Non so cosa ne pensano Rinaldi e Savona, Borghi credo sia possibilista, La Malfa immagino contrario, questo per stare agli economisti. E' possibile che la sintesi non sia più tanto di sinistra ma siccome penso con Badiale che restare nell'euro è la cosa più di destra che si possa fare, non mi scandalizzerei. Una volta usciti grazie e tutti per la propria strada a fare finalmente un po' di lotta di classe, quella che da decenni non si può fare a causa del vincolo esterno.
    Senza contare ma è il punto decisivo, che oltre agli aspetti economici esistono quelli politici. Questo assetto ha svuotato la nostra democrazia. Mi dovrebbe dar fastidio se alla stessa conclusione sono arrivati tre ex-dc?

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  19. Dalla fine. Concordo è sempre bene ricordare che è SEMPRE una questione politica e solo di rimessa economico. Mi sa che ci se ne dimentica con una certa disinvoltura. Guardi non pretendo che lei abbia letto proprio tutto di questa discussione ma il riferimento ai tre verte su due punti.

    Primo: come mai quando c'è da azzannare gli "utili idioti" di una certa sinistra partono gli strali subito dopo avere scritto le prime tre lettere del cognome ed invece si tratta con indifferenza, lei lo ha appena fatto, personaggi provenienti dall'ambiente politico che è uno dei creatori di questo lordume?

    Due: Quando ho parlato degli ex.DC poco sopra l'ho fatto in riferimento al fatto che se vengono chiamati questi signori a gestire una eventuale uscita dall'euro per la gente comune che lavora cambierà ben poco, i rapporti saranno gli stessi che sussistono adesso con l'euro. E ci ritroveremo Badiale che scriverà che la nuova moneta è di destra.

    Qualche dettaglio in più lo trova se legge qualche mia precedente risposta.
    Sicuramente Bagnai appartiene ad una sinistra che non ha rapporti con Marx (ha più volte affermato che ha seguito un percorso scientifico e culturale diverso che presumo che non prevedesse Marx) e quindi chi lo sa dove lo porterà il suo percorso scientifico e culturale. A me pare chiaro ma per carità non voglio sollevare altre questioni, ho semplicemente fatto delle constatazioni assai conviviali in risposta alla sua affermazione che Bagani è di sinistra.

    Saluti.

    Massimo.

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  20. Per la precisione vorrei ricordare che Brancaccio è dovuto intervenire sulla questione delle modalità di uscita in quanto da argomento fondamentale era stato relegato a secondario se non addirittura da non considerare. Dopo questa precisazione se ricordo bene Bagnai a replicato nel suo solito modo. Nella tua lettura invece vedo che Bagnai ha proposto e Brancaccio ha assecondato. Non mi risulta sia andata così.

    Adesso devo scappare perché il mio presidente ha appena detto che la questione delle modalità di uscita dall'euro gli fa venire "due palle". Vado a vederne le dimensioni. Scusate.

    Massimo

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    1. Visto quanto scrive il tuo presidente, specie nei commenti. Come al solito il vero problema non è la dimensione delle palle, bensì quella del cervello.

      Saluti

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    2. Ha avuto una risposta, di non brillante livello, ma chiara. Per lo meno lo spero.

      Devo allontanarmi per una mezz'ora Claudio, devo scrivere una letterina.

      Grazie per l'ospitalità.

      Massimo

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    3. Guarda che se dopo la mezz'ora vai persino a dormire non mi offendo ;)

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    4. Mi sa che è meglio, mi sono dimenticato pure una acca nella risposta sopra, abbiate pazienza.

      Massimo.

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  21. @Massimo
    Rispondo sintetitacemte alle sue domande.

    Primo: perché il pd è compattamente pro-euro, io penso che sia questa la ragione. Mentre i marxisti in genere non capiscono che l'euro non è solo una moneta. Con poche eccezioni.

    Secondo: ma vede questo convegno sarà sicuramente bilanciato da iniziative di "vera sinistra", dove si spiegherà 1) che è necessario uscire dall'euro 2) che è necessario farlo da sinistra. Io sarei felicissimo. E aspetto. Perché vede se questo non accade, poi è difficile pretendere che si debba uscire in un certo modo ecc... Secondo lei ci saranno queste iniziative?

    Per finire. Il libro di Bagnai è del novembre 2012. Troverà lì il discorso su indicizzazione dei salari e controllo sui movimenti di capitale, ampiamente sviluppati. L'articolo di Brancaccio è del luglio dell'anno successivo. Il minimo che si può dire è che non occorre essere marxisti per dire cose di buon senso e di sinistra sull'argomento, né per essere tempestivi.

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    1. In una conferenza di fine 2009, Brancaccio spiegava che la crisi dell'euro era dovuta alla sconfitta del sindacato tedesco...

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    2. Non ho capito il nesso col discorso che stavamo facendo su indicizzazione e controllo sui movimenti di capitale ("uscita a sinistra").

      Comunque Brancaccio dice spesso cose giuste e stimolanti ed è noto che, anche prima di Bagnai, è stato quello che ha fatto la giusta diagnosi della crisi come crisi di debito privato.

      Dove arriva prima arriva prima e va bene e nessuno glielo contesta (neanche Bagnai). Non è una gara. Però se quando si parla di uscita "a sinistra" si portano ad esempio misure che qualcuno (presunto fautore di una uscita a destra) aveva avanzato molti mesi prima, vale la pena mettere i puntini sulle i. Non per pignoleria, perché anche qui se le idee sono buone non importa tanto chi e quando le propone ma per mostrare che il dibattito su come uscire è nato su una svista o dimenticanza sulla quale varrebbe la pena riflettere. Ora non so perché ma ultimamente sono un po' troppe queste sviste e quasi sempre connesse a questo dibattito su come uscire. Non su questo Blog, che infatti frequento. Cose tipo Bagnai è liberista/neo-liberista per intenderci o "non è neanche keynesiano".

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    3. Mi scusi, rilegga bene la mia risposta, dove ho scritto che Brancaccio è arrivato prima di Bagnai sul tema delle uscite?

      Inoltre, se ha cura, come penso, di frequentare luoghi vicini al professore di Pescara noterà che per molti suoi sostenitori non ha molto senso parlare di uscita da destra o da sinistra. Strano che questo argomento sia trattato in un modo così defilato al limite delle reticenza. Mistero.

      Saluti.

      Massimo.

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  22. Antonino, mi chiede se ci saranno iniziative di sinistra da parte di Bagnai? Come, non le ha ancora fatte? E perché non lo chiede a lui? Io me lo sono domandato il perché abbia firmato un manifesto con strani personaggi ed ancor più strani relatori e poi perché abbia creato un associazione nella quale il concetto fondante è quello di "simmetria", simmetria nel senso scientifico di "invarianza rispetto ad un gruppo di trasformazioni"? (Per questo chiedete a Badiale). Sarà per questo che Bagnai non riesco, per il momento, a pensarlo a sinistra? Penso che sarà ancora Bagnai a toglierci il dubbio.

    Cordialità.

    Massimo.

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  23. Massimo, no la domanda era se secondo te altri a sinistra, non Bagnai che si spacca abbondantemene sul tema da due anni, si daranno una mossa.

    Poi il concetto fondamentale dell'associazione è asimmetria, non simmetria. E nel post iniziale potrai vedere quali sono queste asimmetrie che l'associazione intende studiare.

    Mentre il manifesto, visto che parli dei firmatari, include anche nomi come Sapir che non dovrebbero dispiacerti.

    Comunque dai, penso che quello che dovevamo dirci ce lo siamo detti. Se vuoi aggiungere qualcosa ti leggerò con interesse.

    Cordialità anche da parte mia.

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    Risposte
    1. Antonino scusa ma asimmetria=non simmetria quindi è di simmetria che stiamo parlando, legata alla sua negazione mediante l'apposizione per prefisso "a". Avevo postato anche un altro intervento prima di questo ma probabilmente ho fatto casino. Sono in attesa da claudio di sapere se invece è arrivato qualcosa.

      Massimo.

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  24. http://www.youtube.com/watch?v=zg8ogpfdst4&feature=youtu.be

    Per chi fosse interessato dal minuto 13:30 c'è Bagnai che risponde a una domanda su destra, sinistra e euro.

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    1. Oh, vedo che Alberto s'è fatto una camomilla :)

      Quel che dice Bagnai in questo video ha scarsa relazione con il dibattito in corso qui, ma grazie lo stesso. Viene detta una cosa di cui sono profondamente convinto, e cioè che l'urgenza politica n.1 è che si apra un dibattito sull'euro a Sinistra. E poi viene presentato per sommi capi il progetto del manifesto di solidarietà europea: tenersi l'UE e l'euro, facendo uscire da quest'ultima la Germania. È divertente che proprio da quei lidi la moneta comune venga critica come una soluzione troppo modertata... comunque, presto su questo blog verranno affrontate idee che potrebbero permettere sia di aprire quel benedetto dibattito, sia di tenere insieme le diverse prospettive di superamento dell'euro.

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  25. Claudio ... prima di sommergervi in tutti questi dibattiti on line... per me veramente privi di senso:>mi ricordate certe vignette di Pratt ( i profili di antichi filosofi dipinti su qualche colonna sepolta negli abissi del mare che seguono dialogando sul futuro dell'umanità mentre nessuno a eccezione di Corto Maltese si occupa di loro ... ) ...
    Perchè non ragionate... si fa per dire... sul perchè la sinistra o le sue idee quali che esse siano, dalla sua nascita fino a oggi non ha mai durabilmente vinto in nessuna parte del mondo?! e perchè invece la destra vince sempre...

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