giovedì 28 novembre 2013

La critica all'Euro è alla portata di tutti

Una lettura istruttiva quella dell'articolo di Fabio Sabatini, nel quale il giovane ricercatore di economia presso la Sapienza di Roma propone una precisa tassonomia di chi, sui media di ogni tipo, discute di materie economiche. Le due classi principali nelle quali si articola tale tassonomia sono quella degli economisti e quella degli economisti-che-non-lo-sono. In essenza, è economista chi si occupa professionalmente, in un'università o in un un ente analogo, di ricerca (e di didattica) economica, e che riesce a far pubblicare con una certa costanza i risultati dei suoi lavori su riviste scientifiche accreditate. La seconda classe è composta da tutti coloro che, pur non soddisfacendo i requisiti appena esposti, si presentano sulla scena del dibattito politico-culturale con l'etichetta di economista. Il che non significa che siano necessariamente dei cialtroni (in questo Sabatini è chiaro), né che non abbiano alcun titolo a discettare di materie economiche; solo, dovrebbero essere più rigorosi nel presentare il proprio curriculum.

Una simile classificazione può essere utile ai fini di una maggiore trasparenza nel dibattito pubblico. I cittadini hanno diritto di conoscere esattamente, e senza ambiguità, il pedigree scientifico di chiunque prenda la parola con fare da esperto. L'economia è una scienza, con le sue regole e anche con le sue liturgie. Quindi, ben venga l'invito a una definzione (e ad una auto-rappresentazione) più rigorosa della qualifica di economista.

Certo, il criterio proposto non può andare del tutto esente da critiche. In primo luogo esso non coincide con quello offerto dall'Enciclopedia. Ma questo si spiega col fatto che quella di Sabatini è una tipica definizione stipulativa. In secondo luogo, il criterio pare un po' troppo esigente, e porta a risultati largamente contro-intuitivi come quello di considerare un soggetto laureato in economia, che ha ricoperto posizioni di vertice in una istituzione economica, e che insegna materie economiche in un ateneo, come Claudio Borghi, un economista-che-non-lo-è. In terzo luogo, il criterio proposto non tiene conto dell'eventualità che l'accesso al mondo accademico sia fortemente condizionato dalla Doxa dominante nella comunità degli studiosi, e che potrebbe portare ad escludere e ad emarginare le posizioni critiche ed eterodosse. In quarto luogo, stimola qualche dubbio il fatto che la tabella sia stata formata con il contributo di Alberto Bisin, uno che fino all'altro ieri credeva alle lauree di Oscar Giannino. Infine, proprio la presenza di quest'ultimo economista (Bisin, non Giannino) procura inevitabilmente il sospetto che questa classificazione sia, almeno in parte, strumentale alla polemica tra gli economisti vicini a Bisin e buona parte di quelli che vengono definiti non-economisti. Dato che i primi non riescono a prevalere nettamente sui secondi, si ricorre alla squalificazione tassonomistica.

Al di là di questi aspetti critici, il criterio di Sabatini può essere accolto favorevolmente; tuttavia, è proprio la severità di tale criterio che ci illumina su una realtà molto interessante.

Gli autori di questo blog non sono economisti, non hanno mai affermato di esserlo, e non hanno mai corso il rischio di apparire come tali. E tuttavia sono riusciti a sostenere diversi confronti con economisti (in senso stretto), confronti che vertevano su complesse questioni di economia monetaria e macroeconomia. Mi riferisco, ovviamente, all'opera di divulgazione svolta da Badiale e Tringali con la loro Trappola dell'Euro. Nei vari incontri dedicati all'approfondimento e alla promozione di tale libro, diversi docenti di materie economiche hanno avuto modo di poter esprimere il loro parere. Non uno ha abbracciato in toto la strategia politica proposta dal libro; non uno ne ha messo in discussione la fondatezza economica. E così i nostri due autori, assolutamente non economisti, sono riusciti a sostenere un dibattito con vari discussants molto qualificati, su posizioni di parità.

E qui arriviamo al cuore del problema. È evidente che l'iniziativa di Sabatini è legata a doppio filo al dibattito sull'Euro. La proliferazione di "economisti" è legata all'esplodere della crisi dell'Euro. Le criticità tecniche di questa moneta non sono concettualmente difficili; comprendere le origini e la dinamica della crisi è alla portata di chiunque sia dotato della buona volontà di studiare. Perché la questione, in fin dei conti, è semplice. L'inadeguetezza e le contraddizioni del meccanismo che ci sovrasta sono talmente enormi e palesi da poter essere colte da tutti.

Ecco perché sembra di assistere ad una moltiplicazione degli economisti. Non ci vuole un dottorato di ricerca per dire cose molto sensate sull'Euro. Il corollario di queste considerazioni è che, alla fine, sugli estremi dell'analisi della crisi sono tutti d'accordo. Ci si divide dopo, sulle strategie da approntare per affrontarla.

Su questo sarebbe utile che si impegnassero i ricercatori come Sabatini. Se la grande maggioranza della comunità scientifica è d'accordo sulle cause della crisi dell'Euro, o meglio della crisi che l'Euro ci procura, viene da chiedersi perché così pochi (almeno in Italia) non ne traggano le debite conseguenze. Mancanza di coraggio, di interesse? Eccesso di prudenza? Ignavia? Ecco un bel tema di ricerca. (C.M.)

Aggiornamento: nel frattempo il nome di Borghi è stato preso di peso dalla lista degli "economisti-che-non-lo-sono" e spostato nella lista degli economisti tout court. Il criterio di Sabatini è severo, ma Borghi di più!

6 commenti:

  1. Una descrizione dello stato economico dell'italia che mi ha particolarmente colpito per profondità è stata quella dell'economista Cesare Pozzi lasciata 2 giorni fa sul Blog Orizzonte 48, una minuta analisi della nostra struttura industriale , anzi di ciò che resta dopo 15 anni di deindustrializzazione dall'introduzione dell'euro, la perdita della manifattura, la scomparsa della grande impresa ormai insostenibile, l'illusione che si potesse sostituire l'industria produttiva con i servizi, nel 1999 lavoravano quelli del 1963 ed oggi lavorano ancora gli stessi invecchiati di 15 anni, insomma ho capito che siamo al Requiem Eternam con o senza l'euro, siamo in un vicolo cieco e non abbiamo la forza politica ed economica necessaria per uscire e tra poco ce ne accorgeremo quasi tutti, ormai siamo al si salvi chi può!

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  2. 8 settembre 1943
    ottimo articolo, come sempre: il problema è che il "sistema" ci porterà allo schianto, e dopo il fragoroso schianto sarò curioso di capire come i "piloti" di oggi potranno giustificarsi dinanzi a quel popolo del quale tutti loro si riempono la bocca; la giustificazione sarà ancora una volta l'ignoranza del popolo stesso, ignoranza voluta, si intende, in quanto il dibattito è volutamente sterilizzato nel ns bel Paese....putroppo non sarà un fil comico, ma una tragedia

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  3. Riporto la frase di Roosewelt che il mio compianto amico Nando Ioppolo amava sempre ricordare:
    "Io sono giunto alla conclusione che tutto ciò che di economia mi è stato insegnato alla università dagli esperti della materia si è rivelato totalmente falso!

    E' passato un bel po' di tempo, ma questo "problema" (l'inaffidabilità dell'economia accademica) è rimasto del tutto aperto, non si sa se più per incapacità o più per fedeltà ai finanziamenti di parte.

    D'altro canto se tu non t'interessi di economia, puoi star tranquillo che l'economia s'interessa di te, dal mattino alla sera, per tutta la tua esistenza.

    Per questo un politico, un sindacalista, un docente, un professionista, un lavoratore, un cittadino qualsiasi dovrebbe occuparsi di economia per capire almeno il nesso tra la propria esperienza e le politiche economiche, cioè le inevitabili scelte che la parte dominante fa per tutti. Sarà traumatico per chi lo fa, perchè scopre tante cose, come ad es. che la democrazia non esiste in un Paese come il nostro che non fa gli interessi del proprio Popolo.

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  4. Non è vero che tra gli "economisti" c'è unanimità circa le cause della crisi: più volte ho sentito Boldrin sostenere che l'origine dei problemi dell'Italia fosse il debito pubblico o la spesa pubblica.

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    1. Hai ragione, egli lo sostiene brandendo pero' dati farlocchi o millantato buon senso economico che regolarmente viene sbugiardato a suon di dati. La tassonomia dovrebbe arricchirsi poiche' non contiene la dimensione della malafede

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  5. Verissimo. Ma Boldrin-Bisin e altro baccano amerikano sono isolati all'interno della comunità scientifica.

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