martedì 13 maggio 2014

Lo straordinario Scacciavillani ci illustra l'effetto Hartz

 Come molti lettori sanno, il sottoscritto ritiene che nel campo anti-euro sia diffuso un po' troppo becerume semplicistico; e il becerume, dopo un po', stanca. Ciò non toglie che anche il più decerebrato anti-euro appaia come un novello Adam Smith nel confronto con la controparte, cioè gli euro-tifosi. 
Prendiamo questo pezzo, assolutamente straordinario, di Fabio Scacciavillani. L'autore vorrebbe confutare le tesi anti-euro, di cui tuttavia ha compreso ben poco, arrivando così a dare conforto agli argomenti che critica. E valga il vero.

Scacciavillani pubblica un grafico. Lo facciamo anche noi:





Il tasso di cambio effettivo, come ben definito dall'autore, è quello che "tiene conto del differenziale di inflazione tra i vari paesi e considera una media ponderata dei tassi di cambio reali verso i maggiori partner commerciali".

Il fine di Scacciavillani è quello di smentire la presunta bufala delle svalutazioni competitive tedesche; l'argomento (?) è che "in un'unione monetaria le svalutazioni sono impossibili". Beata ingenuità! È proprio un tasso di cambio reale inferiore a quello nominale che porta ad una svalutazione competitiva sul piano dei prezzi, cioè ad una svalutazione reale! Il grafico che l'imprudente autore diffonde è proprio la rappresentazione visiva di quanto appena detto: il cambio reale, a differenza di quello nominale (fisso a 1:1, visto che siamo in un'unione monetaria), non segue esattamente lo stesso percorso nelle due economie; e la distanza tra la linea azzura da quella rossa descrive, di fatto, l'accumularsi del debito estero dell'Italia nei confronti della Germania.

Ma c'è di più e di meglio.
Se si osserva bene il grafico, si nota (e Scacciavillani non manca di notare) che l'andamento del tasso di cambio reale dei due paesi è quasi perfettamente sovrapponibile a partire dal '96, e fino al 2004. Che cosa è accaduto in Germania nel 2004? Eh già.

Non avevo mai incontrato prima una rappresentazione grafica più efficace degli effetti devastanti delle riforme tedesche, né un autogol più clamoroso.
Ora, come è noto, noi le riforme del lavoro tra il '97 e il 2003 le abbiamo fatte, precedute dalla famigerata concertazione (leggi: salari al palo). Probabilmente è proprio per questo che il debito estero italiano, nell'ambito dei PIIGS, è quello più contenuto (in termini relativi), ed è incomparabilmente inferiore a quello francese.
La disintegrazione del mercato del lavoro non è però bastata a indurre gli imprenditori italiani a fare investimenti, e soprattutto a convincere Scacciavillani che abbiamo fatto i compiti a casa. Forse bisognava reintrodurre la servitù della gleba. (C.M.)


P.S. Sento già gli alti lai: ma tu non ci avevi detto che le ragioni del successo tedesco e del declino italiano erano endogene, e in ultima istanza slegate dal vincolo esterno (qui e qui)? E ora ci vieni a parlare dell'effetto disastroso della svalutazione competitiva tedesca? Attenzione. Nessuno contesta che il tasso di cambio abbia favorito i tedeschi. Si afferma che la ragione principale del predominio tedesco non siano da cercare nel tasso di cambio. Anni di ricerche economiche hanno confermato che innovazione e ricerca incidono sulle esportazioni molto più del tasso di cambio reale. E in questo sono confortato dall'opinione di un autorevole economista. 

46 commenti:

  1. Innovazione e ricerca = investimenti
    http://goofynomics.blogspot.it/2013/12/eh-ma-i-tedeschi-hanno-investito.html
    "se in un paese X-M ha un valore abnorme, come accade in Germania con grande gioia di tutti, americani compresi, necessariamente dall'altra parte o il risparmio è altissimo (ma questo significa che il consumi devono essere rasoterra), o, se i consumi sono fisiologici (e quindi è tale anche il risparmio) dovranno essere bassini gli investimenti"
    "da che mondo è mondo, nella maggior parte dei casi non si diventa competitivi investendo, ma in un modo molto più semplice e che alle élite tedesche viene tanto naturale (come ricorda l'imprescindibile libro di Vladimiro): fottendo il prossimo."
    In effetti le due posizioni non sono incompatibili però hanno accenti piuttosto diversi; Forse varrebbe la pena mettere a confronto questi due economisti... ;-)

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  2. Gia', peccato che nel periodo euro in Germania non ci sia stato alcun aumento degli investimenti (privati e men che meno pubblici) , altro che innovazione e ricerca, quelli hanno tirato il collo ai lavoratori e BASTA per accrescere la fetta ei redditi dest7inati al capitale a tutto discapito della quota destinata al lavoro.

    L' euro, COERENTEMENTE alla ideologia di Scacciavillani e' il miglior sistema possibile perche' consente di scaricare tutto il peso della competizione sulle spalle dei lavoratori (e in genrale dei piu' deboli) in tutta l' area valutaria, come e' ovvio in un sustema simil-gold standard.
    Ma, guarda un po' il nostro articolista "de sinistra" (o sinistrato?) Si trova d'accordo col commercialista del sultano che...be' dai, il probblema non e' l' euro....

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    1. Gli investimenti sono tutti eguali? La Germania è il primo grande paese per investimenti in ricerca e sviluppo, sia pubblici sia (sopratttutto) privati. Non tutti gli investimenti sono eguali. Un microscopio elettronico a scansione costa come due capannoni. Per la contabilità nazionale i due acquisti non sono distinguibili; ma le loro conseguenze, nell'economia reale, potrebbero essere ben diverse. Occorrerebbe avere la pazienza di andare a guardare cosa c'è dentro i flussi di dati. Senza fare questo, non si può avere una visione realistica della vicenda.

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    2. non ho sottocchio ora i dati sugli investimenti ma direi a memoria che la Germania primeggia tra i grandi paesi della zona euro quanto ad investimenti "di qualità". non certo tra i grandi paesi del mondo.

      Di là dall'atlantico e in generale nel mondo avanzato extra-europeo sono molto più avanti in questo campo. infatti le menti più brillanti del mondo (tranne casi limitati) di certo non restano in europa ma appena hanno la possibilità scappano in USA, Canada, ecc...

      Poi ovvio che sostenere che in Germania si investa poco quanto in Italia è partigianeria sterile.

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    3. Sì è verissimo, volevo scrivere "La Germania è il primo grande paese EUROPEO per investimenti in ricerca e sviluppo". Si è trattato di una svista. Chiedo scusa e ti ringrazio per la correzione

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    4. Lo stesso Daniel Gros ha chiaramente detto che fino al 2003 il grande malato d'Europa (aka Germania) aveva un problema di produttività. Eppure gli investimenti in R&D sono stati anche nel periodo precedente 2 volte e passa quelli dell'Italia come % del pil. Non vi è nessuna brusca impennata a partire dal 2003, vi è un costante aumento, ma questo, per quanto sembri incredibile, riguarda anche l'Italia (passa dal 1,02 del '99 al 1,26 del 2010). Che le restrizioni salariali siano l'elemento chiave del resto lo ammette anche lo stesso Gros. http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2013-03-05/germania-docet-163723.shtml?uuid=AbhJyoaH
      i dati su investimenti in R&D li trovate sul sito della banca mondiale.

      Un saluto.

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  3. Affermare che innovazione e ricerca incidono sulle esportazioni molto più del tasso di cambio reale non mi pare voglia dire che il secondo non incida.
    La domanda da porsi è quale sia la sequenza logica degli obiettivi da perseguire.
    Dal mio punto di vista tale sequenza è questa:

    1) svalutare il cambio reale per innescare la crescita:
    2) investire le risorse che si generano in ricerca e sviluppo.

    D'altra parte, come fare il percorso inverso in epoca di contrazione del PIL, inasprimento della fiscalità, credit crunch?

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    1. No, incide molto meno. Le faccio notare una cosa: quello cui lei anela è in primo luogo la svalutazione del cambio nominale, da cui dovrebbe derivare una svalutazione del cambio reale. Le due cose non sono perfettamente correlate. Noi potremmo avere una svalutazione nominale senza produrre quella reale, e potremmo arrivare, come dimostra il caso tedesco, ad una svalutazione reale senza uscire dall'euro: basterebbe aumentare la produttivitià.

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    2. non è che aumentare la produttività all'interno dei vincoli europei sia poi un gioco da ragazzi eh?

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    3. Ma per aumentare la produttività italiana si dovrebbero seguire le strategie usate dalla Germania:

      1) Massacro della domanda interna (già fatto da Monti)
      2) Riforme Harz (in via di esecuzione: Jobs Act di Renzi)
      3) Ricerca e innovazione (ci mancano i soldi)
      4) Bassa inflazione (la nostra è comunque più alta di quella della Germania)
      5) Mercantilismo (mancano alcuni requisiti precedenti)

      Dato che non abbiamo dunque le stesse prerogative della Germania che è partita in vantaggio epocale rispetto a noi, non faremmo la fine di Achille e la tartaruga? E se anche noi fossimo Achille (e non lo siamo), come fare a raggiungere la Germania (che non è una tartaruga)?

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    4. Infatti io ritengo che sia suicida tentare di inseguire la Germania sul suo terreno, che è poi la strategia del nostro ceto politico. D'altro canto la preservazione delle debolezze del capitale italiano mediante forme di protezionismo/ mercantilismo monetario (svalutazione) non è una prospettiva allettante per i lavoratori. I quali, a mio avviso, dovrebbero quanto prima adottare un'ottica di resistenza e di lotta intransigente.

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    5. Legge di Stabilità: CGIL, CISL e UIL proclamano 4 ore di sciopero nazionale

      Ma questi poveri lavoratori come fanno ad adottare un'ottica di resistenza e di lotta intransigente se hanno sindacati che proclamano 4 ORE di sciopero per la legge di stabilità?

      Non è forse stato realizzato “Il piano di rinascita democratica” di Licio Gelli?

      Il quale predicava il saccheggio sistematico delle seguenti garanzie democratiche:

      a) i partiti politici democratici, dal PSI al PRI, dal PSDI alla DC al PLI (con riserva di verificare la Destra Nazionale)
      b) la stampa, escludendo ogni operazione editoriale, che va sollecitata al livello di giornalisti attraverso una selezione che tocchi soprattutto: Corriere della Sera, Giorno, Giornale, Stampa, Resto del Carlino, Messaggero, Tempo, Roma, Mattino, Gazzetta del Mezzogiorno, Giornale di Sicilia, per i quotidiani; e per i periodici: Europeo, Espresso, Panorama, Epoca, Oggi, Gente, Famiglia Cristiana. La RAI-TV va dimenticata.
      c) i sindacati, sia confederali CISL e UIL, sia autonomi, nella ricerca di un punto di leva per ricondurli alla loro naturale funzione anche al prezzo di una scissione e successiva costituzione di una libera associazione dei lavoratori;
      d) il Governo, che va ristrutturato nella organizzazione ministeriale e nella qualità degli uomini da proporre ai singoli dicasteri;
      e) la magistratura, che deve essere ricondotta alla funzione di garante della corretta e scrupolosa applicazione delle leggi;
      f) il Parlamento, la cui efficienza e' subordinata al successo dell'operazione sui partiti politici, la stampa e i sindacati.






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    6. Come fanno? Liberandosi dei sindacati di regime! Scherziamo? I sindacati sono forse l'unica entità che riesce a essere più casta della casta politica stessa; o forse, più semplicemente, sono lo strumento di sussunzione del mondo del lavoro negli schemi della casta politica. Svolgono la stessa funzione ricoperta dai sindacati unici nelle dittature; ricordando però che, essendo noi in regime di monopartitismo competitivo, anche i sindacati di regime spesso si tirano botte da orbi. Ma contro la radicalità e il protagonismo dei lavoratori questi serrano i ranghi che è una meraviglia. E anche noi dovremo serrare i ranghi contro di loro.

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    7. Hai perfettamente ragione, ci vorrebbe un altro Grillo Mao in ambito sindacale ...
      Se Grillo ha impiegato 5 anni per arrivare al potere ( ormai ci dovremmo essere), ce ne vorrebbero almeno altri tre per risolvere il problema sindacale, intanto i poveri lavoratori saranno definitivamente ghigliottinati.

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    8. Potreste gentilmente esplicitare quale siano i fini di “un'ottica di resistenza e di lotta intransigente”?

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    9. E quali potrebbero mai essere, secondo lei?

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    10. Risponde ad una domanda con una domanda?

      La mia risposta comunque è questa:

      ristabilire una correlazione positiva fra produttività e salario reale.

      Una strada a mio avviso è uscire dall'euro, indicizzare i salari all'inflazione, operare politiche fiscali che realizzino la correlazione di cui sopra.

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    11. Mi perdoni, ma la sua domanda mi appariva un po' lunare. E quali mai dovrebbero essere i fini della lotta dei lavoratori? Evidentemente non possono che essere la tutela delle loro condizioni di lavoro, e in definitiva della loro libertà. Ecco perché non capivo il senso della domanda.

      Leggendo il suo secondo commento, ho capito dove voleva portarmi: i fini che dovrebbero muovere la lotta dei lavoratori possono essere efficacemente perseguiti solo con alcuni provvedimenti, come l'uscita dall'euro, ecc.

      Può darsi. Però vede, la sua ricostruzione ha un piccolo difetto, che rivela un preciso atteggiamento "psicologico". Lei ragione come se fosse al governo. Anzi, come se fosse IL governo. Nulla di strano: il 99% delle persone ragiona così, e anch'io fino a qualche tempo fa lo facevo. Ma poi ho compreso che per i dominati, come siamo tutti noi, ragionare come i dominanti non porta a nulla. Nel migliore dei casi è una perdita di tempo. Cosa servirebbe per attuare il suo programma, Federico Ran? Una forza politica forte, compatta, al servizio dei lavoratori, che disponga della maggioranza parlamentare. Lei vede tutto questo, sia pure all'orizzonte? Ora le dico cosa vedo io, assumendo il punto di vista dei dominati. Vedo molti individui spersi, traumatizzati, che nulla possono contro lo strapotere del capitale. E dico loro che, come la storia dimostra, solo l'unione e la lotta possono salvarci. Lotta diretta, senza intermediari partitici (quali poi?). Cominciamo dai luoghi dove operiamo, nei luoghi di lavoro, nelle nostre città. Assuma il punto di vista di chi sta sotto, Ran: vedrà che tutto appare più chiaro.

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    12. Il non indicare chi debba compiere l'azione non inficia la validità delle tesi che si vogliono perseguire con la stessa.
      Il fatto che non esista una forza parlamentare numericamente significativa che interpreti le istanze dei lavoratori non implica che il percorso da me indicato sia non valido.
      Lei dice: «Cominciamo dai luoghi dove operiamo, nei luoghi di lavoro, nelle nostre città».
      Le rispondo.
      La lotta dal basso nell'alveo delle regole “democratiche” statuite dai dominanti, oltre ad essere lenta per difetto di cultura diffusa e per assenza di coagulazione intorno ad obiettivi condivisi, è inutile se non prevede l'utilizzo della forza. La retorica del pacifismo ha disinnescato l'istinto alla ribellione, ammansito le folle, illudendole che la lotta sia all'ombra delle bandiere sventolate nei cortei.
      Nella storia i regimi sono stati rovesciati sempre in un unico modo.
      Prima di arrivarci però proviamo a rimuovere (con voto utile) i vincoli che non ci permettono di svolgere una politica economica autonoma. Chi poi dovrà agire all'interno della ritrovata autonomia, è argomento da affrontare in seguito.

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  4. E vi meravigliate? Se per questo mesi fa scrisse sempre su FQ che per aumentare l'inflazione bastava aumentare le imposte. Secondo il nostro aumentando l'iva aumentano i prezzi e dunque l'inflazione. Qualcuno ha fatto notare che attualmente iva ai massimi e deflazione non confermano la sua teoria. Ma che volete farci è un caso di autismo grave.

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  5. Io non ci vedo nessuna contraddizione. Se è vero che la moneta unica è stata originariamente un progetto francese volta al neo-mercantilismo (dopo Bretton Woods), cioé per esportare più di quanto si importa, su questa base fondativa, in coincidenza con l'unificazione tedesca, ha realizzato il suo "sogno". Per esportare più di quanto si importa occorre che il costo del lavoro sia basso, per vincere la concorrenza straniera. Se pensiamo che gli USA hanno fatto da "spugna" fino al 2007, cioè hanno assorbito le merci prodotte nel mondo (a debito), incluse quelle tedesche, francesi e italiane, il progetto ha funzionato. Fino al 2007. Senza domanda esterna, come è ovvio, il mercantilismo non funziona. Nello stesso tempo, il mercantilismo si è sviluppato anche all'interno dell'area euro. Le banche tedesche e francesi hanno finanziato il nostro debito pubblico ma anche quello privato. Per permettere che noi acquistassimo le loro merci naturalmente. L'inflazione è derivata dall'effetto Frenkel, come ha spiegato molto bene Bagnai, ma anche Badiale e Tringali. Capita quando si trovano nella stessa area valutaria paesi con forza industriale diversa, come Italia e Germania. Quindi, tutto ha funzionato fino a quando il sistema ha trovato una domanda esterna. Poi, invece, le cose si sono sfasciate. Occorre fare lo sforzo di allargare gli orizzonti, anche se non è facile. Considerare che il mondo non è fatto solo da paesi euro, ci sono anche gli altri.

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  6. Perchè, quando si fanno certe analisi, si dimentica di menzionare due fattori che hanno consentito a un paese come l'Italia un incasso immediato appena è entrato in vigore l'euro, vale a dire tassi di interesse bassi e moneta forte per acquistare le materie prime?
    Dalla notte alla mattina questi due fattori hanno comportato per il nostro paese un doppio beneficio immediato. Inutile soffermarsi sui vantaggi di tassi bassi, lo sanno anche le pietre, un discorso merita invece la moneta forte sui mercati delle materie prime. Per un paese di trasformazione manifatturiera come l'Italia, dove il 40-45% del costo finale del prodotto è composto dalle materie prime, acquistare energia, petrolio e materiali con una moneta forte è un benefit immediato che non si può ignorare. Eppure questi due benefici a costo zero, perchè le aziende se li sono trovati a gratis all'alba del 1 gennaio 2002, sono stati sprecati in disservizi, riforme del lavoro che lo hanno dequalificato e reso meno produttivo, corruttele e piagnistei a non finire.

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    1. In realtà i tassi di interesse in discesa non sono una conseguenza dell'euro, ma delle politiche FED e USA di fine anni '90-inizio 2000. Tanto è vero che anche l'Ucraina, per dire, ha visto abbassarsi drasticamente il costo del servizio del debito.
      Inoltre, va detto che il prezzo dell'energia in Italia (in senso lato) è alto per l'incidenza delle accise statali, nonché per l'oligopolio pubblico privato che si è creato a partire dalle "liberalizzazione" degli anni '90. Probabilmente, con un carico fiscale inferiore e una politica di distribuzione più razionale avrebbero tenuto basso il prezzo dell'energia anche con la Lira.

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    2. I tassi bassi sono un effetto dell'euro e della libera circolazione. Se c'è la moneta unica, non c'è rischio di svalutazioni e chi presta denaro è garantito. Tutto è andato bene fino alla crisi americana del 2007. Chiediamoci perché, cosa diavolo c'entra la crisi americana. Perché tutti questi meccanismi perversi della moneta unica non si "vedevano" prima della crisi?

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    3. I tassi bassi, con tutta probabilità, ci sarebbero stati anche senza l'euro, visto che si sono verificati nella grande maggioranza dei paesi del mondo, e tutti a partire dal 1998-99.

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  7. Sul primo punto non sono d'accordo, i tassi sono bassi soprattutto per via della politica della Bce (quindi conseguenza dell'unione monetaria e quindi dell'euro), che tra l'altro tiene alto il valore della moneta e bassa l'inflazione (come da mandato istituzionale). Sul secondo ni, nel senso che d'accordo con te sul carico fiscale eccessivo (riserva strategica per mantenere un sistema corrotto), ma questo nulla toglie al fatto concreto che una moneta forte, in confronto a una debole, acquista meglio sui mercati delle materie prime e anche su quelli finanziari. I benefit, e nemmeno pochi, ci sono stati e qualcuno che oggi piange miseria e invoca a gran voce il ritorno alla lira se li è presi.

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    1. Guardi, senza alcun spirito polemico, ma la invito a reperire i dati sui tassi di interesse nei paesi europei (eurozona, non eurozona,extra UE) a partire dal 2000 e a compararli. Vedrà che sono praticamente sovrapponibili. Non è stato l'euro a determinare la caduta generalizzata dei tassi, anzi: i relativi margini di discrezionalità politica nel determinare il tasso, acquisiti dai paesi europei con l'euro e affidati alla BCE, sono stati usati per andare in controtendenza rispetto alle politiche FED, praticando alcuni rialzi dei tassi che non ha certo giovato all'economia.

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    2. No guardi le polemiche per me stanno a zero. Tasso d'interesse 1995 (Banca d'italia): 9%. Qui inizia una discesa, lei dice a causa della Fed, io invece sostengo che la costruzione monetaria europea con a capo la Bce iniziava già a scontare i tassi. Novembre 1998 (sempre Banca d'italia) tassi: 4%. Dicembre 2002: 2,75%. Poi tra il 2006 e il 2008 c'è stato un leggero rialzo per arrivare allo 0,25% circa attuale. Sempre a causa della Fed? La Bce, e quindi la costruzione monetaria europea, non c'entra nulla secondo lei?
      Per tornare al discorso delle materie prime, chissà perchè quando si parla di materie prime uno pensa solo all'energia e al petrolio. E i metalli?, le resine? i metalli preziosi? i pigmenti? gli additivi chimici di base? Tutte materie che l'industria italiana utilizza abbondantemente nei suoi processi produttivi e che prima andavano pagate in dollari. Lo vogliamo considerare questo oppure lo mettiamo sotto al tappeto perchè politicamente scorretto? A quando un grafico con i relativi loss-profit comparati per settore pre e ante euro?
      Saluti

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    3. Lei si ostina a con capire cosa le sto dicendo, e siccome non capisce tenta di alzare i toni. Guardi qui:

      http://www.tradingeconomics.com/charts/ukraine-interest-rate.png?s=ukraineintrate&d1=19990101&d2=20141231

      Come è possibile che l'UCRAINA abbia goduto del "dividendo dell'euro"? Adesso le è più chiaro cosa intendo?

      Quanto ai problemi legati all'uscita dall'euro: nessuno li sottovaluta. Se lei seguisse con attenzione il blog lo saprebbe. L'accusa di mettere sotto il tappeto le possibili conseguenze negative dell'uscita va fatta pervenire ad un altro indirizzo, non certo a noi.

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    4. Io non alzo i toni, questo lo fa lei attribuendomi una incapacità di comprensione mentre è lei quello che non vuole capire, quindi eviti certi commenti fuori luogo che gli si ritorcerebbero contro. Cose c'entra l'Ucraina? Io ho fatto un discorso sull'Italia sostenendo che la creazione della moneta unica gestita dalla Bce secondo certi criteri ha portato all'abbassamento dei tassi dalla metà degli anni novanta all'inizo degli anni zero. Punto. Vuole negare retroattivamente questo fatto perchè oggi l'Ucraina beneficia di tassi d'interesse bassi? E chi parla di conseguenze di uscita dall'euro, non è questo il senso del mio post. Ripeto: quelli che oggi piangono sull'euro, in primis i piccoli e medi imprenditori, sono da annoverare tra le fila di coloro che ne hanno beneficiato in prima battuta e a costo zero. Quando si parla di costi è doveroso parlare anche di benefici.

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    5. Vabbè, io ci ho provato. Saluti.

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    6. Pure io c'ho provato. Cordialità.

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    7. Ma se praticamente in tutti i paesi (anche quelli che non hanno adottato l'€) i tassi di interesse sono scesi, cosa c'entra l'€?

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  8. però tocca fare un ulteriore appunto a chi diciamo propende al 100% per la posizione dell'autorevole economista citato.

    L'assunto che Italia e Germania abbiano "forza industriale" differente....da cosa deriva?

    Perchè è strutturalmente così a partire da fine anni 80 - inizio anni 90?

    La verità è che NON E' SEMPRE STATO COSI'.

    e qui ci si riallaccia al discorso delle grandi aziende di Stato smantellate proprio in quegli anni. su cui qui sopra è stato fatto un apposito post.

    rifiutarsi di dare la giusta importanza a questo particolare aspetto significa sposare a priori un tipo di capitalismo italiano (ma anche in minor misura europeo - ricordiamo che l'europa è il continente con la massima concentrazione di PMI al mondo) che avrà dei pregi ma ha anche dei difetti. e non si capisce perchè noi si debba fare i difensori a prescindere del sciur imprenditore lumbard.

    se ci vogliamo alleare colla piccola borghesia decaduta, cosa che secondo me è fondamentale per costruire un blocco sociale di opposizione con una qualche forza rappresentativa, non si deve però diventarne succubi...ma solo alleati.

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    1. Giusto. Si potrebbe dire che la riserva illimitata di lavoratori a bassissimo costo provenienti dal latifondo del sud siano stata una risorsa decisiva per il capitalismo italiano. Perché investire in innovazione se riesco a mantenere i costi bassi lo stesso? E' una risposta volutamente incompleta, per non mettere troppa carne al fuoco.

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  9. C'è da dire un'altra cosa, se il modello tedesco è migliore di quello italiano, come mai non sono riusciti a replicarlo nella ex Germania est (vedi Anschluss di Vladimiro Giacchè)? E lì, i soldi, non si può dire che non siano stati trasferiti da parte dello stato tedesco. Perché se è vero che all'inizio la forte rivalutazione del Ostmark ha distrutto l'industria dell'est, come mai in 25 anni non si è riusciti ad invertire la tendenza? La domanda quindi sorge spontanea, è replicabile il modello tedesco/renano? La risposta è no, e sono gli stessi tedeschi a confermarcerlo con la loro storia recente. Non esiste la one best way. Ogni stato ha la sua storia è inutile girarci intorno.

    Riccardo.

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    1. Per fare come da noi, riserva di mano d'opera a basso costo. Che serve ad esportare. L'innovazione tecnologica avviene per aumentare la produttività. Ma se ce la faccio lo stesso a vendere i miei prodotti senza impegnarmi in rischiosi progetti, perché farlo? Diciamo che adesso, la Germania, ha il giusto mix di innovazione e di manod'opera a basso costo. Bisogna sempre vedere cosa succede al di là dei propri confini.

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  10. Ci sono due paesi: A e B.

    Per ogni 100 persone tra i 15 e 64 anni, il paese A offre meno di 56 posti di lavoro, mentre il paese B ne offre più di 72 (+16/100).

    Ma attenzione: dei posti di lavoro aggiuntivi che il paese B è in grado di offrire, ca. 2/3 sono part-time, con una media di 18-20 ore di lavoro a settimana.

    Il salario di questi impieghi part-time è piuttosto basso, nell’ordine dei 450 €, ma viene integrato da un reddito minimo di cittadinanza. Principalmente si tratta di posizioni poco qualificate nell’ambito dei servizi (es. distribuzione commerciale, ristorazione, assistenza, pulizie etc.). Non è molto, ma per una parte di quei lavoratori va bene così, perché si tratta di studenti o di donne che dividono il loro impegno tra lavoro e famiglia. Per gli altri lavoratori che aspirerebbero ad un’occupazione a tempo pieno (alcune statistiche dicono che non sono la maggioranza), va comunque meglio che nel paese A dove mancano sia il lavoro che le forme di sostegno al reddito.

    Passando a considerare i lavoratori a tempo pieno, il paese B offre oggi salari superiori in media del 30% rispetto a quelli del paese A, con un costo della vita confrontabile, oltre ad una legislazione del lavoro non meno tutelante di quella del paese A.

    Negli ultimi anni i salari del paese B sono cresciuti poco in termini reali, ma l’occupazione ha tenuto ed anzi è aumentata. Nel paese A i salari reali sono invece cresciuti un po’ di più anche se adesso stanno flettendo, a causa della recessione e dell’aumento della disoccupazione.

    Secondo voi i lavoratori che vivono nel paese B sono disposti a fare cambio con quelli del paese A ?

    Ah saperlo! forse durante l'estate ... guardando però ai flussi migratori sembra di poter dire che siano piuttosto i lavoratori qualificati del paese B quelli disposti a fare cambio ...

    Ovviamente non è una questione razziale, del tipo: gli italiani sono pigri … i tedeschi sono cattivi…

    E’ piuttosto un problema di coesione di una comunità e di lungimiranza e senso di responsabilità di chi la guida.

    In questo scenario di concorrenza a livello globale, tutti gli Stati hanno adottato politiche per accrescere la propria competitività. La competitività è diventato il credo di tutti i governi. Anche noi in Italia abbiamo cercato di ridurre il costo del lavoro e aumentarne la flessibilità, per non parlare della tolleranza verso il lavoro nero nel Sud. L’unica differenza è che la Germania ha avuto più successo di noi, soprattutto perchè nel corso dei decenni passati ha dovuto confrontarsi con un cambio forte ed è risucita a mantenere e rinnovare la propria presenza in settori industriali e fasce di mercato a maggiore valore aggiunto.

    Un cordiale saluto.
    Emilio L.

    http://marionetteallariscossa.blogspot.it/

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    1. Caro Emilio, è una mia impressione o è la terza-quarta volta che posti questo commento in calce a diversi articoli? Non che questo ci dia fastidio: era solo per assicurarti che abbiamo capito il concetto, non è necessario che tu ti ripeta.

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    2. Ti ringrazio x l'ospitalità.
      La mia impressione è che siamo un po' tutti in un loop.
      Temo che, a posteriori, ci accorgeremo che questa focalizzazione su euro e germania come cause della crisi, ci avrà fatto perdere un grande occasione di cambiamento.
      Un saluto

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  11. Di recente "l'autorevole economista" ha smentito se stesso :

    http://goofynomics.blogspot.it/2013/12/eh-ma-i-tedeschi-hanno-investito.html

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  12. Il tiro allo Scacciavillani e' sinonimo del tiro sulla croce rossa... confutarlo e' una perdita di tempo, e l'obiettivo dichiarato di confutarlo su un autogol di tale portata mi porta a pensare che l'obiettivo reale del suo post sia un altro, ovvero quanto contenuto nel Post scriptum che riporto per comodita'

    P.S. Sento già gli alti lai: ma tu non ci avevi detto che le ragioni del successo tedesco e del declino italiano erano endogene, e in ultima istanza slegate dal vincolo esterno (qui e qui)? E ora ci vieni a parlare dell'effetto disastroso della svalutazione competitiva tedesca? Attenzione. Nessuno contesta che il tasso di cambio abbia favorito i tedeschi. Si afferma che la ragione principale del predominio tedesco non siano da cercare nel tasso di cambio. Anni di ricerche economiche hanno confermato che innovazione e ricerca incidono sulle esportazioni molto più del tasso di cambio reale. E in questo sono confortato dall'opinione di un autorevole economista.

    C'e' qualche lieve imprecisione.

    Predominio tedesco nelle esportazioni dovute a massicci investimenti in innovazione e ricerca? Ma stiamo parlando della Germania europea o di quella del mondo di Gotham City?

    La bilancia commerciale tedesca ha vivacchiato nei primi anni '90, sofferto moltissimo tra il '92 e il '96 (che l'Italia nello stesso periodo fosse sganciata dallo Sme credibile e' pura casualita') - remember "the sick man of europe", guy - ; si e' ripresa quando siamo rientrati nell'ecu ed e' esplosa a partire dal 2002...certo, soprattutto verso i paesi dell'Eurozona, ma seppure ci sia forte correlazione con una sostanziosa svalutazione interna permessa dal cambio fisso cio' non implica causalita'.

    [Che poi, non e' che questa esplosione della bilancia commerciale abbia fatto trickle down verso il resto dell'economia.
    La crescita reale tedesca ha totalizzato un crasso +1.7 nel periodo 1999-2007, peggio dei crucchi solo noi con +1.5 (per ovvi motivi) tra tutti i paesi dell'eurozona. Dal 2008 al 2012 altro crasso +0.6,anche se questa volta e' stata best performer (e te credo: il resto dell'eurozona e' in recessione)]

    Di quanto siano stati "importanti" gli investimenti tedeschi nel medesimo periodo ne ha gia' parlato Bagnai.
    Lei dira' "eh ma in livello assoluto"...certo, i valori assoluti degli investimenti in R&D sono altissimi rispetto all'Italia, specie a partire dal 2008, ma a parte la crisi, si torna sempre li': la struttura industriale tedesca, con una nutrita presenza di grandi gruppi industriali, e' molto piu' efficiente nel rendicontare questo tipo di investimenti nelle statistiche, laddove gli investimenti sicuramente inferiori delle le pmi italiane vanno perse sotto altre voci, dato che spesso un reparto R&D nemmeno ce lo hanno. Senza contare la peculiarita' della stuttura reticolare dei (tra poco completamente fu) distretti industriali italiani, dove l'innovazione nei processi si trasmette orizzontalmente, attivando una specie di moltiplicatore dell'innovazione a costo zero in R&D per molte aziende. Qua trova i dettagli, che voglio sperare gia' conosca.

    Quindi, ci porta i numeri e poi iniziamo a discutere la tesi, che ne dice? Altrimenti finisce come con l'Ucraina, Putin e i fascisti, dove uno spunto interessante finisce sommerso da un pre-giudizio dell'autore a occhio e croce abbastanza mirato.

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    1. Guardi, lei può fare tutti i processi alle intenzioni che le pare, comunque non riuscirà nell'obiettivo di farmi perdere tempo. La retorica auto-consolatoria del piccolo è bello e del distretto efficiente è già stata confutata su questo blog. Nessuno qui ha voglia di avvitarsi in discussioni sterili ed infinite con chi non è disposto a mettere in discussione i propri assunti di partenza.
      Tanti saluti

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    2. Ma io sono dispostissimo a mettere in dubbio qualsiasi cosa,ma ad un patto: vedendo i fatti. Lei invece postula e salta alle conclusioni, ma di fatti ne porta pochi. Le ripeto: lei sostiene che la Germania sia una macchina da guerra delle esportazioni grazie agli investimenti in ricerca. Prego, si accomodi nel dimostrarlo, poi possiamo iniziare a discutere del resto.ps: per inciso il link che ho postato elencava anche i motivi di debolezza dei distretti industriali, ma vedo che appena si tocca il tasto si da alla fuga. Come sempre, quando i dati non ci mancano.

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