martedì 24 giugno 2014

Dialogo a tre sul nostro futuro


Vi proponiamo un dialogo (via mail) fra i curatori del blog. Senza pretese di grande profondità teorica, crediamo che sia interessante per i lettori, poiché vengono toccati temi sui quali in molti ci arrovelliamo. Vengono messi a confronto punti di vista e prospettive diverse, che offriamo alla vostra valutazione.


FT: Voi sapete qualcosa di questa iniziativa? http://www.fiom-cgil.it/web/aree/europa/news/573-lanciata-la-campagna-contro-il-ttip-da-60-associazioni-in-europa


CM: Alcuni movimenti locali seguono la vicenda da un po', mi sembra con scarsi risultati.


FT: Non è strano, più il nemico si allontana, meno è facile costruire opposizione. In fondo è sensato non crederci. Pensa: una trattativa fra UE e USA, che cosa pensi di poterci fare? Davvero dovremmo riuscire a dire che l'unica cosa sensata sarebbe uscire da quest'incubo e tornare in una condizione in cui possiamo pensare di incidere nella realtà.


CM: Io non penserei di poter incidere nemmeno se comandassi un nucleo di Tupamaros armati fino ai denti, figurati. Del resto ve l'ho scritto: l'orizzonte concettuale della mia attività politica concreta è racchiuso nei confini del comune di Genova.
Cosa intendi, in pratica, con la frase “uscire da quest'incubo e tornare in una condizione in cui possiamo pensare di incidere nella realtà.”?


FT: Sei molto ottimista. Dubito che al momento si possa andare oltre la dimensione del condominio...
Uscire dall'incubo significa ricondurre il maggior numero di decisioni politiche in ambiti ove sia possibile la partecipazione democratica. La sovranità dovrebbe tornare alla stato nazionale (in parte c'è già, come spesso hai sostenuto tu, ma in buona parte è stata ceduta).
Poi però la sovranità, che appartiene al popolo, dovrebbe essere esercitata dai cittadini laddove è loro possibile, anche aumentando le competenze e le risorse degli enti locali.
Il punto centrale però è il discorso sulla globalizzazione. Se la si considera un dato di fatto indiscutibile, e non modificabile, allora possiamo anche piantarla lì, tanto non possiamo fare proprio nulla. Né a livello planetario, né a Genova.


CM: Il problema per me è il seguente: noi possiamo anche dichiarare modificabile e discutibile la globalizzazione, non è un problema. Di irreversibile c'è solo la morte. Concettualmente sfondi una porta aperta. Politicamente le cose si complicano. La domanda che mi pongo è: "Come si attua la de-globalizzazione?" 
Facciamo un'ipotesi di "fantascienza", e assumiamo di poter disporre, noi, di un notevole potere politico in ambito nazionale. Una volta al potere attuiamo misure de-globalizzatrici. Cominciamo dal blocco dei movimenti di capitale: senza di esso non si fa nulla. Ottimo, abbiamo creato un isola nel sistema finanziario internazionale; essa finirebbe stritolata nel giro di pochi mesi, o meglio ci stritolerebbero prima i cittadini, una volta che si siano accorti che non possono usare le loro carte di credito una volta usciti dai patrii confini (e mille altre limitazioni). Tutta roba già successa agli inizi degli anni '80, quando Mitterand provò a socialistizzare la Francia: bloccò i movimenti di capitale, nazionalizzò le banche, fece anche tante altre cose carine. Durò un anno. Figuratevi adesso.
La de-globalizzazione mi sembra analoga al disarmo: chi disarma per primo? Non credo proprio che sia alcunché di realizzabile per iniziativa unilaterale di uno stato solo (a meno che non si tratti degli Stati Uniti). O si fa in contemporanea tra i principali stati industrializzati, o non ha senso farlo.
L'eventuale de-globalizzazione dovrebbe essere frutto dell'azione coordinata di vasti movimenti internazionali. Allora potrebbe funzionare. Non è più fantascientifico di una nostra presa del potere in ambito nazionale, se ci riflettete.
Va detto infine che se per caso esistessero vasti movimenti internazionali in grado di agire in maniera coordinata tra loro, allora a quel punto si perderebbe la necessità di de-globalizzare: le forze popolari avrebbero la possibilità di gestire in maniera democratica le dinamiche economiche sovra-nazionali, per esempio inibendo la concorrenza tra stati e lavoratori.
La morale della favola è: se tanto è tutto utopico, scegli l'utopia che ti esalta di più (o quella che ti deprime di meno)


FT: Uhm... credo che quel che dici sia molto più fantascientifico di una presa di potere a livello nazionale. Però resta il problema che poni: che te ne fai del potere a livello nazionale, se gli altri sono tutti dentro la globalizzazione? Tuttavia non credo che la questione sia esattamente nei termini che indichi tu, perché probabilmente, in realtà, ci sono paesi che stanno cercando vie alternative. Forse. In Sudamerica per esempio. In ogni caso quel che è certo è che si scatenerebbero guerre terribili, sia in questo scenario, che nel caso della presa di potere da parte di movimenti internazionali (a meno che essi non riescano ad assumere contemporaneamente il comando di tutte, o quasi, le forze armate importanti del Mondo, il che è un tantino improbabile).


CM: Sudamerica? Non credo proprio, guarda il Brasile di oggi...
Sinceramente, non vedo alternative a livello mondiale. I paesi si differenziano per il modo di stare dentro la globalizzazione, ma nessuno la mette in discussione; il primo che lo facesse si autodistruggerebbe. Nessun capitalismo nazionale rinuncerà mai al mercato mondiale (anche perché credo che le classi dirigenti siano abbastanza memori di quel che è successo l'ultima volta...)
Quel che invece può accadere è che il mercato mondiale si segmenti in alcune macro-aree. Il TTIP è un passo verso tale direzione. È possibile che, in risposta all'iniziativa USA di creare tale "NATO economica" anche altri gruppi di stati apparecchino qualcosa (ma non è affatto detto: Giappone, Russia, India e Cina si mandano a quel paese ogni volta che possono).
La creazione di queste macro-aree potrebbe essere interpretato come un gesto di deglobalizzazione. Tuttavia, non sfugge che all'interno di queste aree il principio "liberista" tipico della globalizzazione verrebbe amplificato. Quindi in realtà si tratta di una globalizzazione più intensa, anche se più ristretta dal punto di vista dei soggetti coinvolti.
È probabile che USA e UE, legate da NATO e TTIP, daranno anche vita a qualcosa di simile ad un coordinamento permanente tra governi: qualcosa di più del G-7 e qualcosa di meno dell'attuale Consiglio Europeo, per dire. Magari, chissà, un giorno ci faranno eleggere una pazzesca assemblea parlamentare atlantica...
Al di fuori di questa area i singoli paesi continueranno la loro corsa verso il turbo-capitalismo, Sudamerica in testa.
Può darsi che in questo scenario le comunità locali diano vita a qualche forma di resistenza. Perché questa resistenza abbia forza, credo debbano esserci due condizioni:
1) forte solidarietà trans-nazionale tra le varie comunità e tra i vari movimenti;
2) totale indipendenza dagli organi dello stato nazionale, in particolare dai suoi addentellati partitici/sindacali/elettorali/istituzionali.
PS Poniamo che la presa del potere a livello nazionale abbia una possibilità su un milione. Ti concedo che la prospettiva "internazionalista" ne abbia una su tre milioni. Praticamente, che cambia? Sono entrambe fantascientifiche. Solo che la prima, a mio avviso, è un vicolo cieco, la seconda no.


FT: Infatti, il punto è che purtroppo sembra che non esista possibilità alcuna di cambiare veramente le cose. In base a qualche elucubrazione, qualcosa può apparire come vicolo cieco oppure no. Ma il punto è che non esiste possibilità alcuna. Il fatto è che, se siamo sinceri, dobbiamo ammettere che la classe dominante ha saputo unirsi. Nonostante divisioni, lotte intestine etc... ha saputo trovare un terreno comune, intorno al quale costruire un sistema condiviso (il che naturalmente non esclude che esistano fratture, battaglie, guerre).
E quindi, forse correttamente, pensi che l'unica strada sia quella di unire le forze dei dominati, contro i dominanti. Ma dubito che sia un tragitto che si possa realmente percorrere.
Guarda, facciamo un esempio banale: non riescono nemmeno a mettersi insieme le 16/17 squadre di serie A che non contano nulla, contro le 3/4 che contano. E' un caso interessantissimo, purtroppo. Se facessero "cartello", le 16/17 ricaverebbero tutte un grande vantaggio. Ma appena una di loro prova a costruire un po' di consenso su dei cambiamenti, le 3/4 reagiscono, e col loro potere, con concessioni e favori, distruggono l'unità creata.
Cambieremo il Mondo quando il Sassuolo vincerà lo scudetto.


CM: Oh! È proprio la mancanza di questa sincerità che critico in molti autori "anti-sistema"! Mancanza di sincerità accompagnata da wishful-thinking “crollista”. Io credo che fra i pre-requisiti dell'essere "rivoluzionari" sia convincersi del fatto che le classi dominanti la sanno lunga, ma davvero lunga, e che l'ultima cosa che faranno sarà permettere a dei pirla come noi di prevalere.
L'esempio che prendi è perfetto. È una conseguenza dell'effetto band-wagoning: la prima cosa che passa per la testa del debole non è diventare forte unendosi ad altri deboli, ma proteggere la propria debolezza affiliandosi a qualche soggetto forte. Ci sono anche casi più estremi della serie A: 180 stati nel mondo non riescono a coalizzarsi contro uno solo, gli USA...
Detto ciò, io studio la storia e l'attualità del medio oriente. Da questo studio ho tratto la convinzione che i miracoli esistono. Quel che sta accedendo ora in Iraq, per fare un esempio, è semplicemente miracoloso. Faremo miracoli? Probabilmente no. Però conserveremo la soddisfazione di non esserci resi complici di questo schifo di realtà.


FT: Su questo hai ragione: non possiamo essere complici. Il brutto è che poi tendono ad asfaltarti... temo che in Iraq sia questione di tempo...


MB: aggiungo anche il mio illuminato parere, visto che non sono intervenuto finora:
1.Probabile che la fase "neoliberista-globalizzata" del capitalismo sia entrata in una crisi senza uscita, e si stia lentamente, e sulla nostra pelle, elaborando una nuova forma del dominio capitalistico.
2.Probabile che questa nuova forma presenterà "grandi spazi" in competizione (economica, politica e militare).
3.Proprio questa configurazione potrebbe però riaprire spazi all'agire di uno Stato-nazione nel quale le forze antisistemiche siano arrivate al potere. In estrema sintesi, un tale Stato potrebbe giocare sulle rivalità fra i grandi centri di potere in competizione fra loro. L'analogia storica che ho in mente è quella del movimento dei paesi non allineati al tempo della guerra fredda, o del Vietnam che riuscì ad essere equidistante fra Russia e Cina, e a farsi aiutare da entrambi nella lotta contro gli USA, quando Russia e Cina si prendevano a cannonate sull'Ussuri (se ricordo bene).
Utopia per utopia....


CM: quella che tu indichi non è affatto un'utopia, ma la realtà odierna dei rapporti internazionali. Fuori dai grandi blocchi ci sono già oggi stati che praticano la politica dei due forni: un po' con gli USA, un po' con Russia-Cina. È la realtà di Iran, Arabia Saudita, a tratti persino Israele, Pakistan, il Viet Nam di oggi, molti stati africani, il Brasile...
Il punto è che lo "spazio di manovra" garantito dall'equidistanza, oltre a esporre a rischi chi lo pratica, non equivale alla possibilità di praticare politiche anti-capitalistiche. Infatti, nessuno degli stati citati fa un passo in quella direzione: nessuno si azzarda a mettere in discussione il mercato mondiale. Che destreggiarsi tra grandi potenze capitalistiche dia luogo alla possibilità di implementare politiche anti-capitalistiche è tutto da dimostrare.


MB: D'accordo, quindi la proposta di una politica dei due o tre forni non è utopica, anche nella realtà attuale. Il lato utopico sta nell'idea che in uno Stato arrivino al potere forze antisistemiche...

12 commenti:

  1. "Il lato utopico sta nell'idea che in uno Stato arrivino al potere forze antisistemiche..."

    Mi soffermo su quest'ultimo punto.

    La domanda è: perchè quando si affermano forze antisistemiche con percentuali + o - importanti si affermano forze tipo Lega o Grillo?

    Possibile che, almeno a livello locale (inteso come stato), la "borghesia dalla coscienza infelice" (anche se ormai poca) non riesca a produrre una classe politica e relativo consenso?

    Il discorso è utopico perchè non si riesce a creare una forza politica che abbia un ragionevole consenso e una adeguata ideologia politica da perseguire, non c'è leadership e non si riesce ad averla. Questo è il punto secondo me.

    Riccardo.

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  2. Leggendo la vostra conversazione mi è tornato in mente Jean Meslier e alcuni passi del suo testamento:

    "La vostra salvezza è nelle vostre mani, la vostra liberazione dipenderebbe solo da voi, se riusciste a mettervi d'accordo; avete tutti i mezzi e le forze necessarie per liberarvi e per rendere schiavi i vostri stessi tiranni. I vostri tiranni, infatti, per quanto potenti e terribili possano essere, non avrebbero alcun potere su di voi senza voi stessi; tutta la loro potenza, tutte le loro ricchezze, tutta la loro forza, viene solo da voi: sono i vostri figli, i vostri congiunti, i vostri alleati, i vostri amici che li servono, sia in guerra sia nei vari incarichi che essi assegnano loro: essi non saprebbero far niente senza di loro e senza di voi. Essi utilizzano la vostra stessa forza contro voi stessi, per ridurvi tutti quanti in schiavitù [...]. Ciò non succederebbe davvero se tutti i popoli, tutte le città e tutte le province si coalizzassero e cospirassero insieme per liberarsi dalla comune schiavitù. I tiranni sarebbero subito schiacciati e annientati. Unitevi dunque uomini, se siete saggi, unitevi tutti se avete coraggio, per liberarvi dalle vostre comuni miserie"

    A quanto pare abbiamo gli stessi problemi del 1700.

    Riccardo.

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  3. Un appunto metodologico prima di tutto. Parlando di globalizzazione sarebbe meglio stabilire che cos'è, dare una definizione. La libera circolazione di capitali è sicuramente un fenomeno della globalizzazione, ma non è l'unico. E forse nemmeno il più importante. Nei sistemi produttivi di tutto il mondo, oramai, si è creata un'interdipendenza strutturale che credo sia irreversibile. Per realizzare la maggioranza dei prodotti, oramai, occorre importare componenti dalla Cina, software dall'India, tecnologie dalla Germania. Qualcuno ha fatto un calcolo sugli i-phone. E' vero che sono assemblati in Cina, dalla Foxcon, ma, sorprendentemente a guadagnarci di più dalla vendita di questi telefoni sono le aziende tedesche. La frantumazione, l'outsourcing, è stato praticato oramai da moltissimi anni. Abbinato ad una grande centralizzazione da parte delle aziende più grandi, multinazionali. E' questo il mondo in cui siamo immersi, ci piaccia o no. Il problema, secondo la mia opinione, è che da questa crisi, fino ad ora, non si esce. Il patto transatlantico è forse un tentativo, non so quanto di successo. Sicuramente per aumentare profitti e potere delle multinazionali. I paesi non si sono alleati contro gli USA, fino ad ora, per il semplice motivo che sono stati il motore dell'economia mondiale. Motore che si è inceppato nel 2007. Gli sconvolgimenti possono verificarsi se questo ruolo guida sarà ritenuto un fenomeno del passato, non più realizzabile nel prossimo futuro.

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  4. ma sì dai...non sono onniscienti. non sono i narratori di un romanzo manzoniano.

    noi siamo regrediti socio-culturalmente....pure loro qualche passo indietro lo hanno fatto.

    e qui ci ricolleghiamo, nel nostro piccolo, a un Renzi che vuole cambiare verso all'europa senza mettere in discussione i suoi vincoli economici.

    questa è gente che davvero crede che col crowding out si possa crescere e rimettere l'economia in sesto. e se sotto sotto non ci crede fuori preferisce crederci lo stesso perchè non saprebbe dove mettere le mani nel mondo di oggi....con i rapporti di forza e il capitalismo per come si è strutturato oggi.

    io non credo siano capaci di concepire, anche volendolo, di nuovo un capitalismo amico come fu quello del trentennio d'oro.
    quantomeno non adesso.

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  5. Non ho capito a cosa ci si riferisce CM quando dice che sta accadendo qualcosa di miracoloso in iraq..quale sarebbe il miracolo?
    Andrea c

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    1. L'insurrezione dei sunniti, a più di 11 dall'invasione.

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    2. gli insorti sarebbero quelli dell' ISIL?
      Andrea c

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    3. Magari cosìè più chiaro:
      http://www.heyetnet.org/en/index.php/heyetamsi/item/907-sheikh-al-dari-it-is-iraqs-popular-revolution-against-al-maliki

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    4. No simpaticone, mi riferivo a questo

      https://www.middleeastmonitor.com/news/middle-east/12318-top-iraqi-tribal-and-rebel-leader-says-revolution-will-topple-pm

      http://www.brussellstribunal.org/article_view.asp?id=1606#.U7LRsPlq34u

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  6. Forse non si riuscirà a debellare il capitalismo o la globalizzazione, ma almeno bisognerebbe limitarli gradualmente con un uso "corretto" dell'economia.
    L'economia è soltanto un mezzo col quale la politica (o chi per essa) cerca di mettere in pratica la sua visione del mondo. Credo che non ci sia la teoria economica giusta o quella sbagliata, ma ognuna porterà a un mondo diverso da un'altra.
    La politica deve adottare un indirizzo economico che le permetta di raggiungere i suoi scopi. Questo non vuol dire passare dall'ultraliberismo al comunismo stalinista.
    Si può avere un mercato libero in alcuni settori e regolamentato (o completamente pubblico) in altri, ma lo stato deve poter intervenire.
    Cito per esempio un intervento del mio concittadino taviani (non certo un comunista) all'assemblea costituente sull'art. 4:
    "Mi soffermerò sul diritto al lavoro.
    Di esso si è detto: perché inserirlo nella Costituzione? Ciò non significa postulare una totale pianificazione dell'economia? Non pare. Questa norma dice precisamente che, nei suoi interventi nell'economia, lo Stato deve tener presente soprattutto una meta: assicurare il lavoro, perseguire una politica economica di pieno impiego."
    La costituzione pre-pareggio di bilancio è piena di articoli che mirano allo stato sociale, ma per essere applicati hanno bisogno della politica economica adeguata e della possibilità d'intervento dello stato.
    Mi si potrà replicare che fino agli anni 70/80 eravamo già così e siamo stati sconfitto da strategia della tensione, p2 ecc ecc, ma all'epoca c'era lo spauracchio del comunismo. Oggi sarebbe solo una sorta di post-keynesismo che renderebbe meno probabili strategie destabilizzanti.
    Basterebbe solo la volontà politica di applicare la costituzione (dovrebbe essere un dovere) all'interno della quale poi si può lottare per uno stato più libertario o autoritario, ma sempre nella parte sinistra del diagramma di nolan.
    Riassumendo: lo stato sovrano (politicamente ed economicamente) deve adeguare la sua politica economica alla costituzione e mai viceversa.
    Marco, Zena

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  7. chissà cosa ha promesso Renzi in cambio di quella mancetta.

    la svendita delle quote rimaste di Eni per 1 miliardo in tutto?

    lo vedremo presto.

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  8. Assolutamente d'accordo con Badiale, il capitalismo si sta strangolando da sè, non abbiamo di fronte un avversario invincibile, quanto invece qualcuno che ha effettivamente strumenti di potere praticamente illimitati , ma che si dimostra assolutamente incapace di gestirlo senza autodistruggersi.
    Questa non è un'opinione, ma un fatto. La bolla immobiliare USA del 2007 non mi sembra sia sorta per iniziativa di non so quale proletariato o comunque oppositore. Allo stesso modo, è un fatto incontestabile che tutti i fattori che hanno portato alla crisi bancaria del 2008 siano oggi più che mai presenti, dimostrando che quella crisi non costituiva un episodio contingente dovuto ad errori una tantum poi rapidamente superati, ma che quei difetti non trovano una soluzione adeguata e che quindi dobbamo attenderci che scoppino altre bolle, la cui dimensione potrebbe esere tale da non consentire salvataggi nazionali del sistema bancario, che potrebbe autodistruggersi molto più velocemente di quanto crediamo.

    Il nostro problema non è quello di un potere troppo forte, ma di una mancanza di un'adeguata proposta politica alternativa, per cui si possono immaginare scenari con vuoti di potere enormi che non si sa come saranno colmati.
    Il fronte alternativo è timido e sostanzialmente privo di immaginazione, e questo fa temere il peggio.

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