martedì 15 luglio 2014

Risposta ad un commentatore

 Zanzi Barra commenta il post di Marino nei seguenti termini:

Concordo pienamente. Qualche tempo fa Bagnai riporto’ un paio
di proposizioni simili dal Manifesto del Partito Comunista
[http://goofynomics.blogspot.it/2014/01/i-lettori-di-copertine-e-il-contenuto.html]:


“La lotta del proletariato contro la borghesia e’ in un primo tempo lotta nazionale, anche se non sostanzialmente, certo formalmente. E’ naturale che il proletariato di ciascun paese debba anzitutto sbrigarsela con la propria borghesia.”
È una citazione opportuna, ma merita un'osservazione. 
La critica di molti internazionalisti (veri o presunti) non è affatto puntata contro la ricostruzione su base nazionale della lotta di classe; semplicemente essi rifiutano l'idea che si debba collaborare con la propria borghesia nazionale affinché quest'ultima, in qualche maniera, ci protegga contro gli altri capitalismi in competizione. Gran parte dei discorsi anti-euro sono fondati proprio su questa proposta di "collaborazione". Marx non sarebbe certo stato d'accordo, e ciò è confermato anche dalla citazione (se le si dedicano più di quattro secondi): in fin dei conti è necessario, per il proletariato nazionale, sbrigarsela con la propria borghesia. Dunque lotta di classe deve esserci, sia pur nazionale in un primo tempo, e comunque solo formalmente.
Ora, dovrebbe essere a tutti evidente che riuscire a muoversi politicamente sul piano internazionale, per i lavoratori, rappresenterebbe un indubbio vantaggio. Il capitale ci riesce, e vince. I lavoratori, chiusi nel recinto nazionale, stranieri gli uni agli altri, perdono. Dunque sarebbe meglio (qualcuno direbbe indispensabile, ma non sbilanciamoci) disporre di qualcosa di simile ad una vera internazionale dei lavoratori. Karl Marx era un fine intellettuale, ma anche un uomo politicamente impegnato, e soprattutto non era tipo da raccontarsi storie. Costruire un movimento organizzato dei lavoratori a livello internazionale è un compito improbo. È con realismo che Marx ammette, nel 1880, che non esistono ancora le condizioni adatte per una nuova associazione internazionale dei lavoratori.
 E oggi invece ci sono? Pare proprio di no. A questo punto tuttavia si apre di fronte a noi un bivio. Possiamo incrociare le braccia, e rassegnarci al fatto che la collaborazione internazionale dei lavoratori è semplicemente impossibile; oppure interrogarci sul perché le summenzionate condizioni manchino, e come potrebbe essere possibile rimediare all'impasse. Io penso che su quest'ultimo fronte qualcuno di noi potrebbe dare un valido contributo. D'altro canto, a rassegnarsi son buoni tutti. (C.M.)

15 commenti:

  1. Partendo da un abissale ignoranza provo ad articolare un pensierino. Mi pare che porre la questione nei termini della dicotomia “ci impegnamo per costruire l’internazionale dei lavoratori” oppure “incrociamo le braccia” sia un poco riduttivo. Credo che l’itervento di Badiale e le varie citazioni mirino ad evidenziare che sarebbe totalmente inutile (folle? dispersivo delle poche energie?) impegnarsi a unire i lavoratori del mondo prima di unire quelli della rispettiva nazione; riprendere un ruolo (uno spazio, una coscienza, un’azione) nello scenario nazionale sembra condizione indispensabile prima di poter allargare l’orizzonte. Rinunciare all’orizzonte nazionale quello si che sarebbe “rassegnarsi”:
    buttarsi su un’obiettivo lontano e impossibile senza provare con i nostri vicini e concittadini.

    Mi pare che il capitale ci stia devastando su scala nazionale (oltre che internazionale) senza che le classi subalterne riescano nemmeno ad alzare le braccia per proteggersi il volto; mi sembra che in larga parte non abbiano nemmeno idea che debbano proteggersi da qualcuno che li sta malmenando e men che meno chi li sta malmenando e perche’. Credo che se non facciamo questa strada locale e nazionale qui e ora non possiamo certo intraprenderne una internazionale, ne ora ne mai. Mi pare che qui si stia macellando la Costituzione e i diritti dei lavoratori senza che ci sia un partito, un sindacato che sia capace di accennare una reazione e - quel che e’ peggio - senza che le classi subalterne abbiano nemmeno una vaga comprensione di cio che accade (o irritazione per cio’ che accade).

    Sempre nella profonda ignoranza a me sfugge quel che s’intende per borghesia. Se s’intende che devo vedere come nemico di classe il mio salumiere che nei fatti e’ vittima quanto me e resiste all’occupazione militare del territorio da parte di Carrefour non mi avrete. A me sembra chiaro che il nemico di classe che sta uccidendo tutti e’ il grande capitale, concetto forse altrettanto sfuggente, ma forse un po’ piu’ chiaro di “borghesia”. Borghesia (oggi) mi pare un concetto perfetto per la guerra tra poveri, a vantaggio dei veri agenti antisociali e antidemocratici.

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    1. "Partendo da un abissale ignoranza provo ad articolare un pensierino"

      You'r welcome :)

      1) "Credo che l’intervento di Badiale e le varie citazioni mirino ad evidenziare che sarebbe totalmente inutile (folle? dispersivo delle poche energie?) impegnarsi a unire i lavoratori del mondo prima di unire quelli della rispettiva nazione; riprendere un ruolo (uno spazio, una coscienza, un’azione) nello scenario nazionale sembra condizione indispensabile prima di poter allargare l’orizzonte"

      Certo, sarebbe del tutto folle. E infatti nessuno lo propone. Come ho già scritto: "La critica di molti internazionalisti (veri o presunti) non è affatto puntata contro la ricostruzione su base nazionale della lotta di classe. semplicemente essi rifiutano l'idea che si debba collaborare con la propria borghesia nazionale affinché quest'ultima, in qualche maniera, ci protegga contro gli altri capitalismi in competizione".
      Quanto appena detto ci porta direttamente al punto 2.

      2) "Rinunciare all’orizzonte nazionale quello si che sarebbe “rassegnarsi”"

      Abbiamo visto che nessun soggetto con velleità "internazionaliste" propone, ad oggi, l'abbandono della lotta di classe sul piano nazionale. Prendiamo i movimenti per l'occupazione delle case: il loro approccio è decisamente a-nazionale, perché si rivolgono a tutti coloro che necessitano di un'abitazione, a prescindere dalla nazionalità; tuttavia operano su un piano nazionale strettamente e concretamente nazionale. È necessario intendersi sul significato delle parole. Se "scenario nazionale" si riferisce al mero contesto locale nel quale operiamo, nessuno mette in discussione che bisogna attivarsi in relazione a tale contesto; se invece si allude all'adesione ad un movimento politico (o a una piattaforma politica) nazionalista le cose cambiano, e non di poco.

      3) "Mi pare che il capitale ci stia devastando su scala nazionale (oltre che internazionale) senza che le classi subalterne riescano nemmeno ad alzare le braccia per proteggersi il volto; mi sembra che in larga parte non abbiano nemmeno idea che debbano proteggersi da qualcuno che li sta malmenando e men che meno chi li sta malmenando e perche’"

      Su questo non sono proprio d'accordo. Ti rispondo con le parole con le quali Giorgio Cremaschi critica la CGIL:

      "I gruppi dirigenti e la burocrazia sindacale si autogiustificano con la crisi, la depressione e la rassegnazione delle lavoratrici e dei lavoratori. È la gente che non vuol lottare, dicono in particolare nella CGIL. E proprio qui sta il massimo della malafede e della caduta di moralità politica."

      Le "classi subalterne" comprendono tutto, anche se subiscono. Ma nessuno ha ancora proposto loro un'alternativa.

      4) Se s’intende che devo vedere come nemico di classe il mio salumiere che nei fatti e’ vittima quanto me e resiste all’occupazione militare del territorio da parte di Carrefour non mi avrete

      Nessuno vuol fare la guerra ai salumieri. Basta che emettano lo scontrino.

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    2. Non posso crederci (è un modo di dire :-).
      Tiriamo in ballo il massimo dell'etica e della morale e chiudiamo con; "Basta che emettano lo scontrino".
      E poi ci chiediamo come mai la sinistra ha fallito?!
      Internazionalizziamo il pos.....
      Ahahaha, siete fintastici, come Fynn di adventures time. (Senza offesa, è comunque un bel cartone animato).

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    3. http://en.wikipedia.org/wiki/Humour

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  2. La collaborazione internazionale dei lavoratori è una questione oziosa: è ovvio che non ci sono le condizioni per pensarci (se mai sono esistite). Mi sembra piuttosto materia da tsiprioti.

    Le situazioni nazionali dei lavoratori sono molto diverse e ovviamente i capitalisti e i loro servitori usano in modo estensivo il divide et impera: si passa dal salario minimo dei tedeschi alla assenza di qualsiasi minimo in Italia, si passa dal welfare tedesco che rende sopportabili anche i mini job al welfare italiano basato sulla pensione della nonna e sulla mensa Caritas.
    E le situazioni nazionali sono molto diverse: noi abbiamo il vincolo di bilancio in Costituzione mentre i tedeschi hanno la Corte Costituzionale che può mettere sull'avviso la BCE, i greci invece devono solo attenersi a quanto deciso dalla Troika.

    In più da noi la situazione sociale, della comunicazione e della coscienza di classe è molto più arretrata rispetto a Spagna o Grecia: i primi 20 anni di berlusconismo, che continuano ora con il renzismo, hanno compromesso le difese immunitarie. A questo proposito le indecisioni della CGIL penso siano fondate sul calcolo di non avere abbastanza seguito per manifestazioni o scioperi, se paragonato a quello dei tempi di Cofferati.

    Dobbiamo prima riempire questo gap, ma sarà difficile: basta vedere come il "referendum stop austerità" (http://www.referendumstopausterita.it/) stia partendo lentamente.

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    1. I casi sono due. O si considera molto difficile l'unione internazionale dei lavoratori, e allora è sensato interrogarsi sul perché sia tanto difficile, e su cosa sia possibile fare per superare le difficoltà; oppure si considera l'unione internazionale dei lavoratori come un che di impossibile per principio, o comunque come qualcosa di non auspicabile. Questo seconda opzione è frutto di una posizione ideologica reazionaria. Niente di strano: di ideologie reazionarie è pieno il mondo.

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    2. La posizione sostanzialmente reazionaria mi sembra quella di chi chiede di impegnarsi in una prospettiva oggi e domani impercorribile distraendo dall'unico obiettivo immediatamente efficace (resistere a livello nazionale) le (poche) energie disponibili. A pensarci bene c'è veramente bisogno di Reazione, visto che la grande Rivoluzione neoliberista è in corso. Niente di strano: non sempre le rivoluzioni sono di sinistra...

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    3. Tanto per fare una battuta, potrei dire che la reazione è sempre di destra. Comunque, quanto da lei scritto non fa che confermare quanto ho scritto sopra. "impegnarsi in una prospettiva oggi e domani impercorribile...". Oggi e domani; dunque ricadiamo qui: "si considera l'unione internazionale dei lavoratori come un che di impossibile per principio...". Ribadisco che si tratta di una banalissima posizione ideologica, connotata in senso reazionario.
      Fa poi sorridere che mi si metta in guardia dal "distrarre le (poche) energie disponibili". Io ho detto solo:

      "Possiamo incrociare le braccia, e rassegnarci al fatto che la collaborazione internazionale dei lavoratori è semplicemente impossibile; oppure interrogarci sul perché le summenzionate condizioni manchino, e come potrebbe essere possibile rimediare all'impasse"

      Ora, mi rendo conto che "interrogarci sul perché le summenzionate condizioni manchino, e come potrebbe essere possibile rimediare all'impasse" sia meno riposante che non far nulla, ma non mi sembra un impegno così gravoso, tale addirittura da "distrarre energie".

      Ma già che è qui, le pongo una domanda.

      Lei cosa intende con "resistere a livello nazionale"? Le sarei grato se desse un taglio il più possibile pratico alla risposta.

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  3. Tutti questi discorsi che non servono a niente, oggi addì 18 luglio dell'anno del Signore 2014 ha trionfato la Giustizia, quella vera, mica quella falsa...

    Non vi basta?

    Amen...

    Riccardo.

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  4. Credo sia un passo più lungo della gamba considerare la ragione dell'intelletto predominante rispetto alle pulsioni antropologiche dell'homo ceteris paribus.

    (non capisco come mai gli internazionalisti non prendano mai in considerazione questo "semplice" dato di fatto).

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    1. Probabilmente Sandro Ceccato intendeva dire che l'obiettivo di unire per una battaglia comune i vari Michelasso (l'arte di Michelasso è mangiare, bere e andare a spasso) è qualcosa al di fuori della nostra portata.

      Riccardo.

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    2. Non voglio neanche immaginare quale possa essere l'arte di Michelazzo, allora...

      Non condivido la sfiducia nel genere umano che traspare da questi commenti. Le rivoluzioni sono sempre state fatte da Michelassi che volevano solo mangiare, bere e andare a spasso senza che nessuno li molestasse. Mangiare bere andare a spasso sono il contenuto più bello delle nostre vite; difendere la possibilità di farlo costituisce una battaglia emancipativa. È il famoso (credo) Derecho de Vivir en Paz:

      https://www.youtube.com/watch?v=vCQrf0SHix8

      Detto ciò, vorrei farvi notare una cosa. Se non è possibile unire i vari Michelassi di tutti i paesi perché sono troppo rozzi e ignoranti per i nostri elevati standard, allora non si capisce perché sarebbe possibile unire i vari Michelassi di un solo paese. A meno che non si adottino argomenti nazionalistici: i vari Michelasso di un solo paese si devono unire perché sono figli della stessa patria, dello stesso suolo, ecc ecc. Ma se è così, è ben più facile che i Michelasso si schierino con la propria borghesia nazionale, con cui condividono patria, lingua, ecc. piuttosto che con i loro consimili degli altri paesi.

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    3. L'internazionalizzazione di realtà diverse, cioè di una sottoparte della totalità dell'esistenza, che nel nostro caso è il lavoro, è un indirizzo intellettuale.
      L'insieme di tutte le parti, specialmente di quelle che rispondono a pulsioni e istinti, tipo il sesso, l'alimentazione, il socializzare etc etc, rispondono più ad altre entità, fisiche ma anche metafisiche.
      Le seconde vincono sempre sulle prime.
      Quindi mettere l'internazionalizzazione (che già la parola.....) a dirigere le danze è una scelta perdente.

      p.s. di michelazzi ne ho conosciuti, ma restano pur sempre una minoranza (anche se non c'entra nula :-).

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    4. Piano piano, era una mia interpretazione di quello che diceva Sandro.
      Il problema è che anche con l'istruzione cheè maggiore di 150 anni fa i progressi sociali scarseggiano.
      Se comunque nell'ottocento si è avuta la 1 e la internazionale e la comune di Parigi penso che ci sia spazio anche per noi.
      Anche Bismarck fu piegato dalla socialdemocrazia tedesca e per contrastarla dovette inventarsi lo stato sociale moderno.

      Riccardo.

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