sabato 20 settembre 2014

Matteo Renzi farà la fine di Berlusconi?

Vale la pena di riguardare il video nel quale Matteo Renzi aggredisce il sindacato italiano.
Il vero talento del nostro Premier è riuscire a tradurre, in maniera brillante, in pseudo-linguaggio televisivo e pubblicitario lo pseudo-pensiero neoliberista e padronale sui diritti dei lavoratori. Lo spartito è sempre il medesimo: se "Marta, 28 anni" (ecco lo pseudo-linguaggio) non trova tutele per la sua maternità, è per colpa delle sue amiche dipendenti pubbliche (ed ecco lo pseudo-pensiero). Chi non ha garanzie e diritti può prendersela con chi ancora ne ha qualcuno, la disoccupazione è responsabilità del sindacato, e così via. È un messaggio volto a rinfocolare l'odio di tutti contro tutti, e che trova terreno fertile nelle menti devastate del grande pubblica televisivo.
Sbaglia chi vede qualcosa di nuovo o repentino nell'atteggiamento di Renzi: egli ripete queste cose da quando è salito sul palcoscenico, qualche anno fa. La sua è una aggressività coerente, e per nulla inaspettata.
Il sindacato, dopo anni di compromessi, moderazione, ritirate strategiche (cioè fatte di corsa), inchini e salamalecchi si trova sotto il fuoco del capo del suo partito di riferimento. La tattica della limitazione del danno ha fatto sì che il danno si ingigantisse. Se non ci fossero di mezzo anche i nostri diritti verrebbe da dire "ben vi sta!"
Fioriscono le analogie tra Renzi e Berlusconi, di cui avevamo discusso poco tempo fa. La loro missione era ed è giungere alla totale sottomissione del lavoro italiano alle ragioni della crescita e del capitale. Nel 2011, con il pieno accordo delle istituzioni europee, Berlusconi tentò un attacco in grande stile nei confronti del lavoro italiano (vedi "Lettera della BCE"). Fallì, e fu sostituito (non che lui non fosse d'accordo). Al suo posto venne Monti, e riuscì a sferrare colpi durissimi a quanto rimaneva del welfare state di questo paese. Fu una specie di Trojka fatta in casa.
Se Renzi fallirà, se le residue forze del lavoro riusciranno ad opporsi all'azione distruttrice del suo governo, è bene tenere presente il fiorentino "farà la fine" del suo predecessore: verrà semplicemente sostituito.
Chi ha ancora intenzione di lottare dovrà dunque tenere fermo questo punto: quello cui assistiamo è solo il primo assalto. Alle spalle del ceto politico e del capitale italiano si staglia l'ombra del ceto politico e del capitale europeo. Esattamente come nel 2011.
Naturalmente ci sono delle differenze. Il Renzi di oggi è molto più forte del Berlusconi del 2011; e il pretesto dell'emergenza spread in questo momento non sussiste. Ma dal punto di vista dei lavoratori la situazione non è poi molto diversa: il primo assalto del 2014 sarà semplicemente più violento di quello del 2011, e sarà accompagnato da una propaganda ancora più fittizia e evanescente.
Ciò che conta è non ripetere gli errori del passato, non concentrarsi troppo, non demonizzare, la figura di Renzi come si è fatto con quella di Berlusconi. L'uno come l'altro rappresentano solo il primo assalto. È sulla resistenza al secondo che si decide il nostro futuro. (C.M.)

4 commenti:

  1. Renzi chiede "i sindacati dov'erano?".
    E oggi, curiosamente, Sul blog di Grillo compare un articolo intitolato "Landini dov'era?".
    Sembra l'eco...

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  2. aggiungerei che "alle" spalle c'è anche il ceto politico e capitale americano. questa volta credo più presente che nel 2011.

    vedere quel che dice la Lagarde....

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  3. Ora che siamo in deflazione, basterebbe fare come in Danimarca: permettere al dipendente che lo richiede, senza alcun nulla osta del datore di lavoro, di passare a tempo parziale "verticale". Questo permetterebbe a molti di lavorare solo alcuni giorni alla settimana ed accudire figli piccoli o genitori anziani, creerebbe altri posti di lavoro, ridurrebbe l'immigrazione di badanti e diminuirebbe il traffico veicolare. Purtroppo la più grande attività economica in Italia è l'ENI e questo diminuirebbe il gettito IVA e delle accise sui prodotti petroliferi. I consumatori, con minore reddito, certamente si rivolgerebbero ancor di più agli Hard Discount e questo, nel breve termine, aumenterebbe un poco la deflazione che comunque è già realtà. La disoccupazione diminuirebbe molto e la qualità della vita degli Italiani migliorerebbe.

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  4. Perfetto! “Chi non ha garanzie e diritti può prendersela con chi ancora ne ha qualcuno, la disoccupazione è responsabilità del sindacato, e così via. È un messaggio volto a rinfocolare l'odio di tutti contro tutti, e che trova terreno fertile nelle menti devastate del grande pubblica televisivo.”
    Una sola osservazione. La crescita può esserci con gli investimenti, non con l’abolizione dell’articolo 18. Diciamo che l’attacco al lavoro è “propedeutico”. Per fare cosa?
    La competitività, la produttività, le si vogliono migliorare comprimendo i salari e mettendo in condizioni i lavoratori di “lavorare in silenzio”, senza protestare, accettando l’aumento dei ritmi e la diminuzione dei diritti. Un modello che sta perfettamente nella tradizione dell’industria italiana. Sembra proprio quello che la divisione del lavoro europeo potrebbe assegnare all’Italia, investimenti a basso valore aggiunto, sub-forniture di prodotti tedeschi, ad esempio.

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