lunedì 24 novembre 2014

La Caporetto del ceto politico

PD: 16,5 %
Lega: 7,5 %
M5S: 5,5 %
FI+FDI+NcD: meno del 6

Queste sono le percentuali reali del voto in Emilia-Romagna. Se ad esse si aggiungono i risultati raggiunti da liste minori, si arriva al 38% di aventi diritto al voto. Alle scorse regionali, nel 2010, il dato era stato del 68%. Alle politiche di un anno e mezzo fa del 82%.
Ancora una volta le elezioni amministrative si rivelano la cartina di tornasole della disaffezione (e del disgusto) dei cittadini. Ne avevamo parlato due anni e mezzo fa. Le medesime considerazioni di allora valgono per l'oggi, amplificate.
Qualcuno ha provato a minimizzare la voragine che si è aperta nella regione che, un tempo, era quella dove più alta era la partecipazione popolare alle elezioni. Per esempio, qualcuno ha provato a spiegare che quanto è avvenuto è dovuto al fatto che il PD, di fatto, non aveva avversari. Argomento senza consistenza: la "sinistra", nelle sue metamorfosi, non ha mai avuto avversari competitivi in Emilia.
Qualcun'altro ha avanzato l'ipotesi che siano stati i vari scandali che hanno interessato sia il Consiglio regionale sia la Giunta emiliana ad aver provocato l'esodo dalle urne. Ma non è la prima volta che si vota all'indomani di simili scandali; e un crollo del genere non si era mai neanche sognato.
Le ragioni di quanto avvenuto sono molto, molto più profonde. Ed hanno a che fare con la trasformazione del regime politico in cui viviamo.
Ci sarà tempo per produrre analisi adeguate ai tempi. Per ora, solo una raccomandazione: non dite che Renzi ha vinto e la Lega vola, per piacere. (C.M.)

7 commenti:

  1. Andando controcorrente, si potrebbe dire che non è la Caporetto del ceto politico ma la sua più spettacolare vittoria: semmai è la Waterloo della democrazia.
    Forse sarebbe il caso di ammettere apertamente che ci troviamo davanti un Regime Autoritario che non ha nulla a che fare con quello che "noi" chiamiamo democrazia.
    Per usare le parole del più autorevole storico contemporaneo del fascismo, il prof. Emilio Gentile:

    "Ci sono nuove forme di autoritarismo e di irrazionalismo che non rappresentano affatto residui della società premoderna ma sorgono dai processi stessi della modernizzazione, generando modelli di modernità alternativi o antagonisti rispetto al modello razionalista liberale, come è stata appunto quella che io chiamo la modernità totalitaria. Ritengo che il fascismo, nei caratteri che gli furono propri ed essenziali, come formula di una modernità totalitaria, sia un fenomeno del passato, perché appartiene ad una situazione storica definitivamente superata. Ciò non significa tuttavia che la modernità razionalista e liberale possa ormai celebrare la sua definitiva vittoria. La storia del Ventesimo secolo porta a riconoscere realisticamente che irrazionalità e modernità, autoritarismo e modernità, non sono affatto incompatibili ma possono anche convivere, e possono sempre produrre, in forme inedite, nuovi rischi per la democrazia liberale."

    Ebbene, dal punto di vista di un moderno Regime Autoritario, quella di ieri è stata una grande vittoria. Quanti meno vanno a votare, meglio è. Ma d'altronde basta andare a studiare la Legge Acerbo del 1924 per accorgersi che il Porcellum del 2005 è il suo naturale proseguimento: far si che la MINORANZA possa governare una MAGGIORANZA.

    Regime 1 - Democrazia 0

    Chinacat

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    1. Dunque facciamo un esperimento mentale: se il candidato renziano e quello leghista avessero preso, in due, non il 32% dei voti reali, come è avvenuto, ma l'82.
      Sarebbe stata una sconfitta per il ceto politico?

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  2. Oh no, sig. Claudio, il "ceto politico", all'interno di un Regime Autoritario, gioca ad un tavolo truccato dove vince sempre: gioverna con il 30% del 40% oppure con il 60% del 40%.
    Se Lei ragiona in termini di "democrazia rappresentativa" ha ragione ma questa NON è più una democrazia rappresentativa ma una nuova forma di autoritarismo.
    Nuova come metodi e che necessita di nuovi strumenti di analisi ma che in fondo noi italiani abbiamo già sperimentato: nel mondo anglosassone, studiosi di livello come R.J.B Bosworth, Stanley Payne e Robert Paxton usano, in riferimento alla forma di governo pre-fascismo, questa espressione specifica: "parliamentary dictatorship".
    Volendo usare una simpatica espressione anglosassone, potremmo dire "same shit, different day" ma in realtà non è così poichè l'avvento dei totalitarismi ha insegnato come sia possibile manipolare tutti gli aspetti della vita sociale di una nazione.

    Ci pensi bene: l'origine e la funzione di un parlamento è quella di discutere un provvedimento e poi votarlo, giusto? Ebbene, se due forze politiche (PDL e PD) si accordano al di fuori del parlamento su quel che devono votare... a che serve un parlamento? Tanto vale chiamarlo Gran Consiglio del Fascismo oppure Politburo (a seconda delle preferenze ideologiche).

    Pochissimi, nel 1922, si resero conto della direzione presa dal "ceto politico" e cioè un Totalitarismo. Pochissimi, nell'Italia odierna, si rendono conto della direzione presa dal "ceto politico" e cioè l'Autoritarismo.

    Chinacat

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    1. A me pare veramente che nell'ottica che lei propone, la percentuale di astenuti sia semplicemente indifferente per chi ha il potere, non vedo perchè se andassero al voto meno elettori, dovrebbe essere per loro una vittoria, per la gestione del potere, non scorgo differenze.
      L'unica differenza che scorgo mi pare invece positiva, che oggi, a seguito del verificarsi di questa astensione in misura clamorosa, si rende evidente la disaffezione degli elettori per la classe politica. Quando avendone la possibilità, gli elettori non esercitano la loro facoltà di votare, dimostrano che le scelte proposte sono per loro tutte indigeribili (in effetti, l'astensione ha una sua dose inevitabile di ambiguità, parlo allora di una frazione maggioritaria dell'astensione). Questa costituisce la premessa della crescita di un fronte alternativo, ancora non in grado di darsi una rappresentanza, ma disponibile ad appoggiare chi fosse in grado di proposte davvero alternative.
      Badate, non dico di votare per chi, dico di appoggiare, perchè a questo punto il momento elettorale ha già smesso di rappresentare il centro dell'azione politica, oggi una rappresentanza parlamentare dovrebbe solo costituire un aspetto complementare e non più centrale dell'organizzazione e dell'azione politica.
      Non sto dicendo che la cosa sia dietro l'angolo, dico che risulta ormai evidente che non è che manchi la gente disposta a dare il proprio contributo, manca invece drammaticamente una classe dirigente alternativa, è tutto lì il problema.

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  3. più che dare la percentuale degli aventi diritto ha senso guardare ai numeri. ai voti assoluti.

    e in quelli...piaccia o non piaccia, la lega ha più che raddoppiato rispetto a maggio. sta sempre sotto alle regionali 2010...ma dire che la lega non è in ripresa è voler chiudere gli occhi.

    e, per chi si sente di sinistra, questo è un altro elemento che ci porta a temere ulteriormente "l'uscita da destra".


    io mi sento di dire che, dopotutto, questi dominanti così onniscienti non paiono poi essere. l'unica risposta farfugliata che riescono a mettere assieme dopo una batosta del genere è: "abbiamo vinto lo stesso! gnè gnè!"

    chiaramente non hanno molti piani B.

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  4. L'astensionismo è secondario al riparo dal processo elettorale.

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  5. A perso lo stato ed hanno vinto i fondamentalisti del mercato.

    Riusciranno a capirlo i piddini o la sinistra italiana ?

    Qui le scelte sono 2.

    a) O si crea un polo euroscettico (centro, sinistra, destra non ha piu nessuna relevanza). L'eurozona un NON STATO è nient'altro che neoliberalismo nella sua forma più pura, un paradiso neoliberale.

    b) O si lascia il paese nelle mani dei radicali/estremisti del mercato libero, si, quelli che vogliono abolire lo stato è rimpiazzarlo con il mercato. (Esperimento fatto in Russia tra il 93 è il 2000 con risultati catastrofali.

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