venerdì 26 dicembre 2014

L'antipolitica, quella vera

Qualche tempo fa la stampa ha riportato la notizia delle aggressioni verbali in rete ad Antonio Boccuzzi, ex operaio Thyssenkrupp scampato all'incidente in cui morirono sette suoi colleghi, e diventato deputato PD. Le aggressioni derivavano dalla sua scelta di votare a favore del “Jobs act”. Non intendo qui discutere di questa sua scelta, aggiungo solo che le violenze verbali o gli auguri di morte rivolti agli avversari politici sono una cosa stupida e deprecabile. Volevo invece riflettere su un altro punto. Prima di leggere questa notizia, io non sapevo nulla dell'on.Boccuzzi. Su wikipedia trovo che è un sindacalista UIL, e che nella sua attività di parlamentare si è occupato, com'è naturale, di problemi del lavoro. La domanda che nasce spontanea è, ovviamente: perché questa persona, degnissima ma evidentemente simile a tante altre, diventa deputato? Sappiamo tutti che c'è una sola risposta: perché è scampato a un incidente che ha avuto grande risonanza mediatica. I vertici PD che lo hanno scelto, e gli elettori PD che lo hanno votato, ritengono evidentemente del tutto normale determinare il corpo legislativo della Nazione in questo modo. Il punto interessante sta nel fatto che, io credo, nessuno, fra coloro che hanno scelto Boccuzzi, adotterebbe lo stesso criterio in altre situazioni. Immaginiamo di avere un serio problema medico, di star cercando uno specialista e di rivolgerci ad un amico per un consiglio. L'amico ci consiglia il dott.XY. Noi gli chiediamo “è bravo?” e l'amico ci risponde “non lo so, ma si è salvato da un incidente all'ospedale nel quale sono morti vari suoi colleghi”. Ovviamente penseremmo che l'amico è impazzito, o ci vuole prendere in giro, o forse non ci è poi tanto amico. Allo stesso modo, se fossimo coinvolti in una vicenda giudiziaria, o se avessimo dei soldi da investire, ci affideremmo ad un avvocato o ad un esperto di finanza il cui principale titolo di merito fosse l'essere sopravvissuto ad un incidente?  È ovvio che il giochetto si può ripetere per qualsiasi professione. Qual è il punto? Il punto è che la salute, i processi, i soldi (e i tanti altri problemi della vita quotidiana) sono cose serie, e nessuno vuole correre il rischio di affidarsi, quando si tratta di cose serie, a persone sulle cui capacità si possono nutrire dubbi. Ma è appunto quello che succede se il criterio di scelta è il fatto di essere sopravvissuto ad un incidente.
Con questo non si vuol dire che la politica debba essere lasciata in mano a ristretti gruppi di “esperti”, o che un operaio non possa andare in Parlamento. Il vero punto è il criterio di selezione. In questa vicenda, e in tante simili (magari senza fatti tragici sullo sfondo) quello che appare evidente è che il criterio di scelta è la notorietà mediatica, comunque ottenuta. E allora l'obiezione sopra svolta si può ripetere: è questo un criterio che sarebbe sensato adottare nelle vicende serie della vita, come quelle prima indicate? Mi sembra evidente che la risposta è no.
Che cosa ci dice allora questa vicenda? Ci dice che elettori e vertici del PD, evidentemente, non credono che la politica sia una cosa seria. E poiché analoghe vicende vi sono state in tutti i partiti, e non hanno causato particolari proteste mediatiche, possiamo dire che l'intero ceto dirigente italiano è convinto che la politica non sia una cosa seria, e che la maggioranza degli elettori italiani condivide questa opinione. È questa l'antipolitica, quella vera. Non Grillo.
(M.B.)

5 commenti:

  1. "I vertici PD che lo hanno scelto, e gli elettori PD che lo hanno votato..."
    Non è proprio così. I vertici del PD lo hanno sicuramente scelto, ma nessun elettore lo ha votato, dal momento che non esistono le preferenze. C'è una bella differenza.

    "l'intero ceto dirigente italiano è convinto che la politica non sia una cosa seria, e che la maggioranza degli elettori italiani condivide questa opinione"
    Tutt'altro. Il ceto dirigente italiano (il vero cancro che ci sta uccidendo) considera la politica una cosa talmente seria da non voler rischiare che qualcun altro se ne occupi. E la maggioranza degli italiani, che la condivida o meno, subisce questa situazione.

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  2. La frase "gli elettori PD che lo hanno votato" è in effetti troppo rapida ed ellittica. Intendevo dire che gli elettori PD hanno votato per il partito che lo candidava, in questo modo legittimando la scelta dei vertici. Nessuno è obbligato a votare PD. Chi non è d'accordo con le scelte dei candidati fatte da un partito, ha sempre la possibilità di non votarlo.
    Sul ceto dirigente italiano sono d'accordo, stiamo semplicemente pensando a cose diverse quando parliamo di "serietà della politica". Non so se la maggioranza degli italiani "subisce" questa situazione. Chi vota per uno dei partiti espressione dell'attuale ceto politico, fa un scelta alla quale non è obbligato.

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  3. Direi che è stata un'operazione di immagine. Molte persone hanno pensato che essendo uno che aveva vissuto sulla sua pelle le ingiustizie di cui può essere vittima il lavoratore salariato avesse una maggiore sensibilità verso queste questioni.

    Pensieri di questo tipo sono figli di una rappresentazione idealizzata di cosa siano i lavoratori. Rappresentazione romantica che non considera il fatto che sono esseri umani come tutti gli altri, con tutti pregi e difetti dell'essere umano, inclusi cinismo, egoismo, opportunismo, insensibilità. Difetti più riscontrabili in chi è ambizioso e fra questi, penso, possiamo includere molti sindacalisti.

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  4. La politica-spettacolo esiste da anni. Molti personaggi della tv, dello sport sono stati candidati in virtù della loro notorietà mediatica. Non mi sembra antipolitica, ma manifestazione di quello che la politica è diventata, un aggregato che comprende diverse cose tra cui il potere dei media. Il PD si è messo in scena come partito che difende i lavoratori, così come Rifondazione si autorappresentò come partito aperto, moderno, politicamente corretto, delle minoranze, candidando Luxuria, personaggio dei salotti televisivo e martire professionale.

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