mercoledì 21 gennaio 2015

Un articolo di Augusto Graziani

Nel gennaio 2014 moriva Augusto Graziani. L'associazione Paolo Sylos Labini lo ricordò ripubblicando un suo interessante articolo della metà degli anni '80, nel quale erano sintetizzati in maniera chiara e lucida alcuni dei problemi fondamentali della politica economica italiana. A suo tempo l'articolo mi era sfuggito, rimedio segnalandolo adesso:


http://www.syloslabini.info/online/cambiare-tutto-per-non-cambiare-niente-una-spregiudicata-analisi-della-politica-economica-del-nostro-paese/

4 commenti:

  1. Quando eravamo "sovrani".
    L'articolo, molto interessante, di Graziani dimostra che parlare solo di "sovranità" monetaria non basta per niente.
    Nel '79 l'Italia era un paese "sovrano". Eppure le decisioni di Andreatta anticiparono i meccanismi della moneta unica, che ancora non c'era. Quella politica non l'aveva inventata Andreatta da solo, era uno coerente politica di classe, organica. Così come lo era, in un altro scenario, quella dell'inflazione degli anni precedenti.
    Se l'industria italiana voleva competere sui mercati internazionali con la mano d'opera a basso costo dei contadini del sud, poi a colpi di svalutazione e di politiche monetarie che Graziani racconta con molta chiarezza, questa rappresenta la storia di questo paese. Il "vincolo esterno" se lo sono creato, non c'era ancora Maastricht.
    Competere sul piano dell'innovazione, niente. Troppo faticoso, rischioso. Visto che lo Stato è tutto a disposizione di questo capitalismo nostrano, perché rischiare?
    Senza fare un'analisi approfondita, il rischio che corriamo oggi è analogo. Dalla crisi si esce solo con gli investimenti che l'industria italiana non ha mai fatto. Le fabbrichette vogliono continuare a non investire e a sopravvivere col costo del lavoro e con le "svalutazioni competitive". Occorre una politica di ampio respiro per invertire la rotta.

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    1. va anche detto che investire in questo contesto internazionale per un imprenditore italiano non ha assolutamente senso. neanche con buona volontà. a parte alcuni settori la perdita è sicura.

      ci vuole appunto l'investimento pubblico e la rottura dello scenario internazionale di liberoscambismo.
      solo dopo si potrà rendere attraente per i privati questo paese. ormai il danno è tale che nessuno farà mai più innovazione qui. già gli investimenti sono al palo in germania...figurarsi qui.

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    2. Sì, è vero, oggi non conviene investire. Tutta la politica del governo Renzi è infatti finalizzata a ridurre i costi per l'industria, riduzione del costo del lavoro, riduzione dell'IRAP. Supply side economics si chiama. Che non aumenta la domanda interna, consentirà alle imprese di esportare un po' di più.
      Certo, ci vogliono investimenti pubblici. Lo schema di Mariana Mazzuccato è importante, non investimenti pubblici a casaccio ma mirati all'innovazione. Chi la farà questa politica?
      In ogni caso, le multinazionali se ne fregano. Se non va bene in Italia, non investiranno qui. Magari in USA e in Giappone, dove la spesa pubblica è molto alta.

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    3. giusto. il mio punto è solo che il dare la colpa agli imprenditori che non hanno investito ha senso come analisi del passato.

      ora sono altri e più gravi e più a monte i fattori che bloccano il capitalismo di questo paese. su tutti l'impossibilità di investire realizzando un profitto.

      dunque dobbiamo abbandonare questo capitalismo piuttosto che chiedere agli imprenditori di farci l'elemosina investendo in perdita. non sono stati solidali quando le cose andavano bene (ed eticamente avrebbero potuto) di sicuro non lo faranno ora. io stesso non lo farei ora se avessi del capitale.

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