martedì 3 marzo 2015

La fine della crescita senza fine parte 2

Di Nafeez Ahmed
Da “Motherboard”. Traduzione di MR (revisione Luca Pardi, Mauro Bonaiuti)


(la prima parte è stata pubblicata ieri; l'originale lo trovate qui)

Parte 2

Siete preoccupati per il cambiamento climatico e per il fatto che l’insieme delle crisi sta facendo salire la merda fino a toccare il ventilatore? Bene. Perché queste crisi ci offrono  un'opportunità senza precedenti di cambiare il mondo.

 Nella prima parte di questo articolo ho parlato del lavoro pionieristico che l'economista dell'Università di Torino Mauro Bonaiuti ha compiuto sulle connessioni più profonde che la crisi in corso del capitalismo ha con la più ampia crisi ambientale. Il modello della crescita infinita che diamo per scontato sta sempre più superando i limiti naturali ed ambientali della Biosfera, con conseguenze devastanti.

Eppure Bonaiuti non è una voce solitaria. Rappresenta un movimento in espansione di economisti e scienziati che stanno affermando che,  se vogliamo salvare il pianeta salvando la prosperità occorre  ripensare il capitalismo per come lo conosciamo ora. Lo pseudo dibattito sulla questione se il 2015 porterà recessione o ripresa trascura il quadro complessivo: la crisi economica globale è semplicemente una aspetto del lungo declino di un paradigma che ha perso la sua utilità.

Ben lontana dall'essere solo cupa e tenebrosa, la continua crisi economica globale è sintomo di un passaggio fondamentale nella natura stessa della civiltà. La nuova era della crescita lenta e dell’austerità è iniziata perché la biosfera ci sta costringendo ad adattarci alle conseguenze dell'aver superato i limiti ambientali.

Questo passaggio fondamentale comporta cambiamenti significativi, che offrono grandi opportunità per una trasformazione sistemica che porterebbe benefici all'umanità e al pianeta. Sono le cinque rivoluzioni interconnesse di informazione, cibo, energia, finanza ed etica che possono consentire alle comunità di trovare insieme nuovi modi di essere che siano adeguati per tutti. Quest'anno potremmo scoprire che la disgregazione  del capitalismo è il segno del superamento del punto di non ritorno nella transizione ad un nuovo paradigma postindustriale e post-capitalista.

La rivoluzione dell'informazione


Attualmente il mondo è, piuttosto chiaramente, all'inizio di una vastissima rivoluzione tecnologica nell'informazione che ha già, nel giro di pochi anni, trasformato il modo in cui facciamo le cose e innescato cambiamenti che perdureranno nei prossimi decenni. Una descrizione di alcuni di questi cambiamenti e la possibilità di utilizzarli come armi, si può trovare nel mio articolo  sui “progetti per la riforma della difesa” del Pentagono. L'impatto principale della rivoluzione dell'informazione è stata finora la decentralizzazione dell'infrastruttura comunicativa mondiale, l'aumento dell'interconnessione di diversi paesi e comunità e, di conseguenza, l'apertura di una miriade di fonti di informazione al pubblico, spesso gratuite.

Naturalmente, questo non è il villaggio globale. L'accesso ad internet rimane largamente diseguale fra ricchi e poveri e nuovi fronti di conflitto sono stati delineati – questo è dimostrato dall'impunità per la sorveglianza di massa compiuta delle agenzie di intelligence in combutta con le multinazionali, così come dagli sforzi che stanno facendo  i giganti delle telecomunicazioni e i governi per trovare modi di controllare e censurare internet.

Ma questa è una reazione ampiamente regressiva all'aumento dell'incapacità di controllare le dinamiche intrinsecamente incontrollabili e decentralizzate della rivoluzione dell'informazione. Ora sappiamo che le agenzie di intelligence si stanno dando da fare alla meglio per controllare tutto quello che possono dopo che è diventato chiaro che i social media sono un attivatore di messaggi politici radicali e, quindi, un amplificatore per i movimenti sociali capace di rendere più facile il ribaltamento di quei regimi militarmente repressivi che sono stati i nostri alleati più stretti (che ne dite dell'Egitto?).

Analogamente, il tentativo di chiudere Pirate Bay si è dimostato futile. Nel momento in cui è stata introdotta la legge per uccidere il sito, anziché sparire, sono proliferate centinaia di siti specchio di Pirate Bay così da dimostrare la letterale inutilità persino del fatto di eliminare il portale di punta del sito pirata. Il raid più recente sui server di Pirate Bay in Svezia ha avuto come risultato il lancio immediato di un sito “clone” di Pirate Bay da parte del concorrente Isohunt. Nel 2012, il sito era diventato più facile da spostare e clonare. Ora Bruno Kramm, il presidente del berlinese partito Pirata, fondato dopo la chiusura nel 2005 dell'originale Pirate Bay per la promozione della condivisione di informazioni online, ha promesso che il sito riaprirà semplicemente moltiplicando i server. “Fondamentalmente, ogni volta che si chiude Pirate Bay, noi lo moltiplicheremo”, ha detto.

È questa libertà di informazione che, riducendo i costi e migliorando l’accessibilità, si sta anche mangiando i tradizionali modelli di mercato dei media televisivi e della carta stampata.

Quei modelli sono morti che camminano. I membri della nuova generazione non leggono i giornali e non guardano i notiziari in TV. Ottengono le informazioni da spettacoli su YouTube, selezionano le proprie notizie incrociandole da media mainstream e fonti digitali alternative, mentre condividono e comunicano le notizie attraverso social networks come Facebook, Twitter, Instagram, WhatsApp, Snapchat, Vine, Tumblr e così via. E questa è una delle ragioni fondamentale per cui il modello di mercato convenzionale dei media mainstream sta attraversando un rapido declino.

Nonostante le sue trappole, la rivoluzione dell'informazione ha così aperto opportunità prima impensabili per i media alternativi, accessibilità di informazione e interconnessioni fra persone diverse, comunità, movimenti sociali e nazioni. Da qui deriva la rapida proliferazione dell'ultimo decennio di siti e fonti alternative di informazione come blog, piattaforme comunitarie di notizie e modelli di giornalismo digitale sostenuti dai lettori.

Ciò sta già minando la rilevanza dei grandi canali centralizzati d'informazione e sta creando spazio per l'impegno pubblico e per nuovi modelli di media digitali, in un processo che può solo accelerare e che diventerà inarrestabile man mano che gli strumenti di crittografia diventeranno più economici e diffusi.




La rivoluzione energetica

Come ho mostrato altrove, il sistema dei combustibili fossili è già in agonia. I costi di produzione di petrolio, gas e carbone sono schizzati in alto e il mercato non si può semplicemente permettere di pagare prezzi alti abbastanza da far sì che le grandi major dei combustibili fossili mantengano profitti in crescita.

Mark Lewis, ex capo della ricerca sull'energia della Deutsche Bank, evidenzia che l'industria sta investendo “a tassi esponenzialmente più alti per rendimenti incrementali di energia sempre più bassi”. Quest'anno, la statunitense EIA ha scoperto che in conseguenza di questo passaggio all'energia costosa, le principali società mondiali di petrolio e gas stavano sprofondando in una trappola del debito persino prima dell'ultimo collasso del prezzo del petrolio. Il loro debito netto è aumentato di 106 miliardi di dollari nell'anno fino a marzo, mentre hanno venduto 73 miliardi di dollari di titoli per coprire i costi di produzione in aumento. “Sta suonando l'allarme. Gli investitori cominciano a chiedersi se non sarebbe meglio restituire il contante agli azionisti e decapitalizzare le società”.

Mentre l'impero dei combustibili fossili va in frantumi, al contrario, il costo delle tecnologie energetiche rinnovabili (specialmente solare ed eolico) sta crollando  proprio mentre l’efficienza sta rapidamente aumentando. Tony Seba, imprenditore della Silicon Valley e insegnante di economia a Stanford, prevede che solare diventi dominante entro soli 15 anni, l'EROEI del solare, infatti, è di gran lunga superiore, sul lungo termine, di quello dei combustibili fossili.

Seba mi ha detto che i calcoli convenzionali dell'EROEI sono potenzialmente fuorvianti, perché ignorano alcuni costi cruciali ed esternalità, specialmente nell'uso di terra ed acqua, rifiuti ed inquinamento delle fonti tradizionali. Applicando il concetto di Tempo di Rientro Energetico (TRE) ai pannelli solari fotovoltaici (FV)  - dove il TRE equivale a quanto tempo ci vuole per produrre la stessa quantità di energia che è stata usata per creare ed installare i pannelli - Seba afferma che le recenti tecnologie a film sottile ripagheranno quell'energia in appena un anno circa. Da quel momento in poi, di fatto, l'energia viene generata gratuitamente. Se un pannello a film sottile produce energia per 25 anni, allora il suo EROEI è 25. "È molto di più dei risultati resi pubblici per la maggior parte delle attuali forme di energia  compresi petrolio, gas, carbone e nucleare”, ha detto Seba.
Ma Seba ha anche indicato che è probabile che i pannelli FV durino molti decenni oltre i 25 anni. La prestazione dei pannelli degrada di circa lo 0,5% all'anno, il che significa che anche dopo 60 anni produrrebbero al 70% della propria capacità. L'EROEI sarebbe pertanto nell'ordine di 50 o 60. Dato che si prevede i costi del FV possano scendere di altri due terzi circa entro il 2020 , ciò suggerisce che, per allora, l'EROEI del solare potrà essere anche maggiore, potenzialmente di 150. E mentre l'efficienza e la capacità della tecnologia del FV continuano a migliorare (ad un tasso di circa il 22% ogni 2-3 anni), l'EROEI della tecnologia FV è lanciato verso il raggiungimento della tripla cifra e verso un miglioramento esponenzialmente, piuttosto che un degrado.

I combustibili fossili non possono semplicemente competere con questo andamento. Mentre i costi continuano a diminuire, le imprese e le comunità stanno già passando rapidamente al solare, meno costoso e decentralizzato, dove l'energia post-TRE è letteralmente gratis. Se abbiniamo questo ai prezzi in diminuzione di soluzioni di stoccaggio in rapida emersione, il vecchio modello di dipendenza da petrolio, gas e carbone costosi, centralizzati e sporchi sarà sempre più soppiantato dall'impeto inarrestabile dell'energia economica, distribuita e pulita.




La rivoluzione del cibo

Mentre ci disintossichiamo dai combustibili fossili, un'attività tra le più energeticamente intensive e matura per la transizione è l'agricoltura industriale. Nei soli Stati Uniti, il 19% del consumo di combustibili fossili va al sistema alimentare per pesticidi, fertilizzanti, macchinari, elaborazione, confezionamento e trasporto. Ma mentre l'agricoltura industriale continua a degradare il suolo, la produttività della terra nelle regioni chiave per il cibo sta costantemente declinando.

In questo contesto, con i prezzi globali del cibo a livelli record, con la pressione delle condizioni meteorologiche estreme dovute al cambiamento climatico, la volatilità dei prezzi del petrolio e la speculazione degli investitori, la spinta a sviluppare una maggiore resilienza nell'accessibilità alla produzione di cibo locale sta a sua volta crescendo.

Nel Regno Unito e negli Stati Uniti, ad esempio, la domanda di cibo coltivato localmente sta aumentando rapidamente. Il Dipartimento dell'Agricoltura statunitense riporta che fra il 1992 e il 2007 la domanda di prodotti locali è cresciuta il doppio più rapidamente del totale delle vendite agricole e il numero di negozi di cibo locale è quadruplicato dal 1994 al 2013.

Le iniziative di transizione in tutto il mondo occidentale stanno mostrando la strada ai tentativi delle comunità di coltivare il proprio cibo in modo biologico e al di fuori del sistema alimentare industriale. Studi preliminari mostrano che la rilocalizzazione delle economie alimentari è un'opzione praticabile, che potrebbe avere benefici enormi per le economie locali, creare una vasta gamma di posti di lavoro - anche se questa tendenza comporta meno consumo di carne, e significare un numero maggiore di persone che vive e lavora sulla terra.
Recentemente, la FAO ha esplorato il potenziale di aumento di scala dell'agroecologia — un metodo specializzato di agricoltura che unisce l'agricoltura biologica a una struttura sociale, economica e politica ecologicamente consapevole. Dopo questo studio i relatori dell'ONU per il diritto al cibo, attingendo ad una ricca letterature peer-reviewed, hanno proposto l'agroecologia come una soluzione praticabile per aumentare i rendimenti delle colture dei piccoli agricoltori, colture che forniscono il 70% della produzione globale di cibo.

Una tesi di Master su Ambiente e Pianificazione compiuta quest'anno da Zainil Zainuddin, un ricercatore su cibo ed agricoltura all'Università RMIT di Melbourne, in Australia, mostra i risultati di uno studio su 15 famiglie che fanno agricoltura urbana in un terreno di 1,096 metri quadri collettivo a Melbourne città. Undici delle famiglie partecipanti hanno coltivato usando i principi di progettazione della Permacultura, comprese la non aratura, l'allestimento di bancali per la coltivazione, l'uso di compost e/o la diffusione di lombrichi per il miglioramento del suolo (e l'uso di letame animale per coloro che sono impegnati nell'allevamento di pollame e uccelli), consociazioni di piante per la gestione dei parassiti e raccolta delle acque piovane. In un anno, il progetto ha reso in totale 388,73 kg di frutta, verdura, noci, miele e carne, insieme a 1015 uova. Lo studio ha scoperto che “tutti i partecipanti registrano un surplus fra il 5 e il 75%, a seconda della coltura e delle stagioni”, che è stato condiviso con le famiglie vicine e le comunità locali” attraverso le reti di scambio e condivisione.
Nei prossimi anni, sempre più cibo sarà prodotto e consumato localmente sia in ambienti urbani sia in ambienti rurali, man mano che il sistema alimentare industriale diventa più insostenibile e costoso. Casi reali come Park 2020 in Olanda mostrano che con giusti principi di progettazione e usata per sostenere un sistema alimentare di comunità e di imprese locali basate su “cicli chiusi di materiali, energia, rifiuti ed acqua”, l'agricoltura urbana su larga scala rappresenta un futuro possibile in cui convertire le città moderne percorsi di ecologia rigenerativa.




La rivoluzione della finanza

Le rivoluzioni di informazione, cibo ed energia vengono facilitate da una fiorente rivoluzione della finanza. Ancora una volta la tendenza emergente è quella di nuovi modelli che danno un maggiore potere alle persone e minano l'autorità e la legittimità – e persino la necessità – della tradizionale infrastruttura bancaria centralizzata.

Questo è reso possibile dalla rivoluzione dell'informazione. Secondo la società di ricerche Forrester, specializzata nel mercato della tecnologia, la valanga di nuovi meccanismi per potenziali prestatori e mutuatari, o finanziatori e finanziati, e per interagire online senza l'intermediazione delle banche tradizionali e delle istituzioni finanziarie, crea un'enorme minaccia alle banche convenzionali. Fra questi sistemi, il prestito peer2peer ha visto una crescita particolarmente rapida.

Il nuovo rapporto della Forrester Research mostra che dal 2005 sono stati generati oltre 6 miliardi di dollari in prestiti. Anche se il peer2peer rimane piccolo nel contesto dei ben più grandi bilanci delle banche, la Forrester prevede che la tendenza a lungo termine va a favore del fatto che queste nuove forme di prestito sociale – comprese la gestione digitale dell'investimento e il crowdfunding –  “continuino a crescere, intacchino i profitti delle banche, attirino risparmi e eliminino l'intermediazione delle banche”.

Come ha recentemente osservato la Australian Business Review, “le banche sono state portate sull’orlo dell'abisso” mentre “le imprese dei media, dei trasporti postali e della musica” stanno già sul punto di crollare”. Questi nuovi meccanismi di prestito sociale (social lending) e finanza alternativa “spezzeranno le attività bancarie riportandole alle proprie  parti costitutive, ciascuna con il proprio distruttore”.

Ciò ha anche aperto la strada a nuove monete digitali e nuovi sistemi di investimento digitali, che molti prevedono distruggeranno miliardi di dollari all'anno di attività bancarie, specialmente nei mercati meno sviluppati dove le infrastrutture bancarie non sono ben insediate. Se il Bitcoin è certamente la più nota e reclamizzata, altre promettono una maggiore stabilità, trasparenza e affidabilità pubblica, come MaxCoin e  StartCoin.

Secondo Walter Isaacson, Amministratore  Delegato dell'Aspen Institute ed ex presidente della CNN, “è probabile che valute digitali e i micropagamenti siano le innovazioni dirompenti del 2015”.

Uno degli sviluppi potenzialmente più significativi sta nel concetto e nella pratica della “economia circolare”, che si concentra sulla necessità di riciclare le risorse presenti in un sistema economico, piuttosto che generare semplicemente quantità sempre maggiori di rifiuti in nome della crescita infinita. Un importante rapporto al Club di Roma di Ugo Bardi, del Dipartimento di Scienze della terra dell'Università di Firenze, ha mostrato che riciclo, conservazione ed efficienza nella gestione delle risorse minerarie del pianeta potrebbe favorire una società prospera e ad alta tecnologia, anche se ciò significherebbe smettere di indugiare nel tipo di consumismo di massa che diamo per scontato oggi.

Le multinazionali sono le prime nell'esplorare l'economia circolare per pure ragioni di business. I costi delle risorse sono schizzati dal 2009 più rapidamente della produzione economica globale. Un rapporto pubblicato all'inizio dell'anno dalla società di consulenza finanziaria McKinsey ha osservato che le imprese sono state forzate a trovare “nuovi modi per riusare i prodotti e i componenti” nel gestire l'accesso a “risorse naturali preziose”. Il relativo successo di questi sforzi ha portato società come Renault ad immaginare la possibilità di un sistema industriale che sia rigenerativo dalla progettazione”, e che “ricicla gli input di materiali, energia e lavoro”.

McKinsey evidenzia che, nell'era dell'energia costosa, sono enormi gli incentivi a passare all'economia circolare. I soli risparmi di materiali potrebbero superare 1 trilione di dollari all'anno entro il 2025. Mentre i settori aziendali e commerciali vedono l'economia circolare come un mezzo necessario per sostenere la crescita in una nuova era di scarsità di risorse, Bardi evidenzia che la crescita materiale infinita è semplicemente impossibile. L'ascesa dell'economia circolare condotta da alcune delle più grandi società del mondo rappresenta un passaggio involontario ma accelerato ad un sistema economico post-crescita.




La rivoluzione etica

Forse il cambiamento più profondo di tutti, implicito in queste rivoluzioni apparentemente eterogenee ma intrinsecamente interconnesse, è la rivoluzione etica.

Il vecchio paradigma, che sta affrontando sempre più perturbazioni da parte delle rivoluzioni emergenti descritte sopra, è basato su un modello di controllo centralizzato e gerarchico concentrato sull'accumulo materiale illimitato e su valori di individualismo, interesse personale, competizione e conflitto.

Il modello che si sta rapidamente sviluppando e distruggendo il paradigma dall'interno, è un modello basato sull'accesso libero all'informazione, sull'energia pulita distribuita ed effettivamente libera, sulla proprietà locale, comunitaria e democratica delle risorse planetarie e una forma di prosperità e benessere finalmente disaccoppiata dall'imperativo dell'accumulo materiale infinito.

Il vecchio e il nuovo paradigma possono essere chiaramente collegati a due sistemi di valori molto diversi. Il primo paradigma, che è attualmente in declino, è quello dell'egoismo, del gretto materialismo e del consumismo egoistico. È un sistema di valori che, come sappiamo ormai per merito delle nostre migliori menti scientifiche, ci sta portando potenzialmente verso un pianeta inabitabile e quindi persino all'estinzione della specie (con molti scienziati che sostengono che siamo all'inizio del sesta estinzione di massa del pianeta). Ciò suggerisce che questo sistema di valori è di fatto scollegato dalla natura umana, dal nostro ambiente biofisico e dalla relazione fra questi.

Al contrario, il sistema di valori associato al paradigma emergente è anche massimamente commisurato a ciò che gran parte di noi riconosce come “buono”: amore, giustizia, compassione, generosità. Questo comporta il concetto rivoluzionario secondo cui l'etica, spesso vista come 'soggettiva', ha di fatto ha una funzione perfettamente oggettiva ed utilitaristica nell'obiettivo evolutivo fondamentale della sopravvivenza della specie. In un certo senso, l'etica ci fornisce un riferimento basato su valori per riconoscere gli errori del vecchio paradigma e ci fa intravvedere l'opportunità di migliori modelli sociali.

Questa rivoluzione etica è infine radicata nella nostra comprensione scientifica della vita e del mondo, e si sposta dal vecchio paradigma newtoniano/cartesiano al nuovo paradigma rappresentato dalla relatività, dalla fisica quantistica dalla biologia evolutiva e dall'epigenetica. Questo cambiamento ha da un lato portato alla luce curiosi paralleli fra il misticismo orientale e la scienza occidentale di cui si sono occupati i fondatori stessi della meccanica quantistica e dall'altro ha sottolineato concetti come 'nonlocalità' e interconnessioni quantistiche, l'intrinseca relazione fra osservatore e osservato e la complessa irriducibilità delle interazioni mente-corpo. Questi punti di vista sono parte di una visione del mondo scientifica emergente secondo cui gli esseri umani sono intimamente interconnessi col proprio ambiente biofisico e in cui i valori etici ci forniscono pertanto, in qualche modo, un mezzo per affrontare oggettivamente questa relazione nelle nostre scelte morali quotidiane, a prescindere dai dogmi religiosi.

Mentre le 5 rivoluzioni accelerano e distruggono il vecchio paradigma, come stanno già facendo – e avendo come risultato un crescente aumento dei movimenti sociali che sfidano e rovesciano stati e sistemi – la fase di passaggio ad una nuova era a sua volta accelera. Le doglie del parto di questa nuova nascono dalla sempre crescente distruzione del vecchio paradigma, un processo che richiama caos, incertezza e violenza. Eppure è esattamente nelle ceneri di questa grande distruzione che aumentano le opportunità che le 5 rivoluzioni prendano il volo.






2 commenti:

  1. Tutto molto interessante. Vorrei però provare a mettere in sequenza i concetti, provare a fare un po’ d’ordine nella mia mente.
    La prima cosa è il modo di concepire il capitalismo. Perché qui si parla di “connessioni più profonde che la crisi in corso del capitalismo ha con la più ampia crisi ambientale”.
    In un altro punto si dice che “il vecchio paradigma, che sta affrontando sempre più perturbazioni da parte delle rivoluzioni emergenti descritte sopra, è basato su un modello di controllo centralizzato e gerarchico concentrato sull'accumulo materiale illimitato e su valori di individualismo, interesse personale, competizione e conflitto.”
    In altri punti si parla di “accumulazione materiale” che andrebbe spiegata meglio. Che vuol dire “accumulazione materiale”? Il processo di accumulazione nell’era delle economie monetarie è quanto di più “immateriale” si possa immaginare. È un segno, numeri inseriti in un computer di una banca. È chiaro che qui si parla di due tipi di accumulazioni, almeno così mi sembra: l’accumulazione di mezzi di produzione “fisici”, macchinari, impianti e dall’altra parte una sorta di accumulazione “consumistica”, dettata dal desiderio di possedere oggetti, case, automobili, frigoriferi, telefonini, farmaci, capi di abbigliamento, televisori.
    A questo punto propongo una mia interpretazione. Qui si tratta dell’evoluzione del capitalismo, non del suo superamento. Che i modelli di produzione di energia, di cibo, che i modelli bancari del passato siano oramai “dinosauri” pronti per l’estinzione, può benissimo essere. Anzi, personalmente condivido questa visione delle cose. Che l’evoluzione dell’informatica metta in crisi i modelli di informazione del XX secolo non ho dubbi. Che nascano i sistemi di comunicazione alternativi è evidente a tutti, anche il modo di raccogliere le informazione, anche di discutere di argomenti su un blog come sto facendo io adesso.
    Perché però associare il capitalismo al “materiale”, fisico, al consumo delle risorse naturali? I network televisivi sono la dimostrazione che l’accumulo di capitale può avvenire benissimo vendendo parole, canzoni, intrattenimento. Certo, occorrono le infrastrutture, cavi, satelliti, torri di trasmissione. Nulla esclude però che, nel futuro prossimo, anche queste infrastrutture si allineino a quelle del web. Anzi, il processo è già in corso.
    Cosa impedisce ad imprese capitalistiche, multinazionali, di sviluppare e produrre pannelli solari ad alta efficienza? Niente. Sta già avvenendo.
    Ma allora, qual è il punto? Il capitalismo è un sistema che si è continuamente trasformato. Da tutte le crisi è uscito con un nuovo modello.
    Ci sono però contraddizioni, questa è la mia risposta. La più evidente è che il sistema si basa sull’amministrazione di “risorse scarse”. Se posso produrre energia nel mio giardino, se il modello di distribuzione concentrata e gerarchica salta in aria, allora si aprono contraddizioni. È l’abbondanza la contraddizione principale. L’energia solare è “abbondante” e posso sottrarla al ciclo capitalistico. Può esserlo anche la moneta “abbondante”. L’esperienza delle monete elettroniche dimostra che la concentrazione oligopolistica, l’accesso al credito del capitalismo così come l’abbiamo conosciuto, potrebbe saltare in aria, cioè un pilastro del sistema capitalistico. Vale naturalmente la stessa cosa per la produzione di cibo.
    Ci sarebbero infinite cose da dire, tanto da discutere. Per brevità, mi limito a queste.

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  2. Carucce le comunità circolari. Peccato che gli estensori non abbiano trovato un po' di tempo per analizzare un pochino anche l'evoluzione degli ologopoli multinazionali. Che, guarda caso, temono solo gli Stati nazionali (e stanno cercando di abbatterli con la complicità di quisling locali).
    Se poi siamo nelle mani di Ugo Bardi c'è da stare freschi.
    In questi giorni ho contestato il suo fondamento "scientifico". Non si fa il minimo problema a non pubblicare i commenti che tolgono acqua al suo mulino. Poi ne posta uno suo in cui dice che gli sono arrivati insulti (che non pubblica, ovviamente) e chi s è visto s è visto

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