Claudio Martini
C'è da rimanere di sasso leggendo questo articolo di Limes. Ancora una volta la lettura delle fonti mainstream si rivela fruttuosa per comprendere le storture del nostro tempo. Nulla è tenuto nascosto: secondo organi di valutazione indipendenti i tedeschi che vivono entro la soglia di povertà relativa sono addirittura il 25% della popolazione, per l'istituto federale di statistica sono quasi il 16, che è comunque un dato allarmante. Ma non è solo questo che colpisce dalla lettura dell'articolo:
- Il trend di crescita della povertà in Germania è stabile dagli anni '90;
- Ciò è avvenuto sia in tempi di recessione e di bassa crescita sia in tempi di espansione dell'economia, come da due anni a questa parte;
- La crescita della povertà si accompagna a una spaventosa crescita delle disuguaglianze;
- In Germania è risaputo che un'accelerazione decisiva a questo trend è stata data dalla famigerata Agenda 2010, il pacchetto di riforme adottato dal socialdemocratico (!) Schroeder;
- Cresce in quel paese la consapevolezza che quesa situazione rischia di mettere in pericolo l'intero sistema politico.
Se in Germania si dovesse tenere un referendum per scegliere tra euro e marco vincerebbe ques'ultimo; e come riporta la stampa mainstream (qui e qui) una neonata formazione politica, Alternativa per la Germania, esplicitamente anti-euro, potrebbe rivelarsi la sorpresa delle prossime elezioni, a settembre.
Parentesi. I due articoli linkati sono interessanti anche perché smacherano alcuni luoghi comuni assai diffusi. Il primo, patrimonio dei piddini di tutto il mondo, è che la cattivona Merkel sia impopolarissima in Germania, e che le sue malefatte saranno punite dagli elettori tedesche spianando finalmente la strada al piùeuropa.
Nulla di più falso: è bastato che in questi mesi Merkel mostrasse un euro-scetticismo di facciata per renderla uno dei politici tedeschi più popolari.
In secondo luogo, va smascherata l'idea che al club dei paesi indebitati (come i PIIGS) sia estranea la Francia. La sua situazione è anzi più precaria della nostra (ecco un abbozzo di analisi). Presto a misurarsi con la Troika saranno i cittadini francesi. Vedremo che ne sarà del loro orgoglio.
Tornando a noi, cosa possiamo concludere? Che la situazione sociale in Germania è sempre più delicata e preoccupante; che la maggior parte dei cittadini tedeschi è euroscettica, tanto che l'euro glielo si è dovuti imporre controvoglia (una testimonianza qui).
Su questo euro-scetticismo bisognerebbe riflettere. Molto probabilmente esso è speculare all'euro-entusiasmo dei popoli del Sud, e al loro terrore di lasciare la nave europea (che pure affonda). L'Unione Europea e l'euro sono, dopotutto, un modo per accontentare il razzismo del portoghese e del greco medio, che attraverso quelle istituzioni può illudersi di essere identico ai tedeschi, ai francesi e ad altri Herrenvölker. Chi vuole continuare a credere di essere (e di dover essere) biondo, ariano e produttivo non vorrà mai lasciare l'euro.
Evidentemente i tedeschi non hanno questo drammatico problema di autostima, e sanno che c'è vita dopo l'euro.
Quindi chi, da fuori la Germania, vuole "mettersi in connessione" con il sentimento profondo dei tedeschi, non deve mandare messaggi pro-euro (ne avevamo già parlato), e soprattutto deve sottolineare la sua contrarietà all'austerità in Germania, e non solo nel proprio paese.
Questi due messaggi potrebbero essere condensati in un'unica proposta politica, condivisa peraltro da noti economisti: o la Germania adotta politiche fiscali espansive e ridistributive che risolvano il problema della povertà e della crescente diseguaglianza in quel paese, oppure l'Italia (ad esempio) abbandona unilateralmente l'euro.
Chiaro il collegamento tra le due questioni: la crisi è frutto del disequilibrio della bilancia dei pagamenti dei paesi dell'eurozona; tale disequilibrio è frutto delle scelte deflazionistiche (e antipopolari) attuate dalla classe dirigente tedesca; le stesse politiche che potrebbero risolvere la grave questione sociale in Germania produrrebbero nuova domanda per le imprese degli altri paesi, che così uscirebbero dalla crisi.
Immaginate se una forza politica di rilievo dei paesi del Sud avesso proposto una piattaforma del genere. A quel punto la classe dirigente tedesca avrebbe dovuto assumersi la responsabilità di negare una politica economica espansiva, ossia di negare la salvezza dei ceti emarginati.
Scenario improbabile, d'accordo. L'unica alternativa dunque è l'abbandono unilaterale dell'euro.Non è vero che l'unica salvezza è quella comune a tutti i paesi. Se i tedeschi (o meglio la loro classe dirigente) non vogliono salvarsi, salviamoci almeno noi.
dobbiamo uscire dall'euro. il POTERE tedesco è da sempre alla ricerca del dominio, ora non può fare la guerra con le armi e quindi la fa con l'economia, attendendo pazientemente che il potere degli usa si sbricioli. tutto comincia con federico il grande: allora si è costituito il gruppo di POTERE che passando per bismarck e servendosi della religione cristiana è arrivato alla sua attuale politica di dominio. clausewitz lo scrive chiaro e semplice: prima di passare alle armi c'è la politica e l'economia. la politica della germania non potrà mai essere accettata da stati a pari dignità, per cui la germania crea le barriere e le condizioni necessarie a poter conseguiere, con calma e pazienza e mentendo, i propri obiettivi. che la classe politica italiana non abbia letto abbastanza da capire come stanno le cose è triste, ma ancora più triste è che all'orizzonte non si vede nessun 25 aprile. dobbiamo uscire dall'euro.
RispondiEliminafranco valdes piccolo proletario di provincia
fermi tutti: mettiamo che la Germania si metta a fare politiche redistributive e a rilanciare il mercato interno eccetera. Ne beneficerebbero immediatamente i paesi della periferia, d'accordo, ma cosa avremmo risolto? Tutti contenti? Risolto il problema? Una mazza. Saremmo sempre internati nel lager dell'eurozona, dipendenti dalle paturnie del kapò di turno (il cancelliere crucco). L'Italia rimarrebbe un paese a sovranità limitata, priva di sovranità monetaria, autonomia fiscale e libertà economica. E soprattutto priva di democrazia. Paradossalmente una politica generosa (unilateralmente generosa e tutt'altro che disinteressata) della Germania adesso sarebbe controproducente e offrirebbe agli euristi nostrani un ottimo argomento per prolungare la nostra agonia. Il problema è politico e riguarda gli standard di decenza democratica che siamo disposti ad accettare come popolo. Non esistono alternative, col nazismo finanziario non si può trattare, l'unica alternativa è andarsene, smantellare la UE e l'euro e ricostruire uno spazio di collaborazione europeo su basi più democratiche e ragionevoli.
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