Nella puntata di Ballarò del 22 ottobre scorso la trasmissione di
Giovanni Floris fece quello che probabilmente sarà ricordato come il
primo servizio giornalistico della sua storia: un'inchiesta sulla
diffusione dei mini-jobs in Germania. Andatela a cercare. È
molto interessante. La giornalista descrive quello dei mini-jobs come
un "meccanismo infernale", una specie di "tunnel",
"dal quale è difficile uscire". Il fatto è che la
retribuzione prevista da tali contratti è talmente ridicola (nella
maggior parte dei casi sotto i 500 euro al mese) da non garantire la
sussistenza del lavoratore che la riceve; conseguentemente, per
vivere, questi lavoratori hanno assoluto bisogno di percepire
tutta una serie di aiuti e sussidi da parte dello Stato, che
comprendono redditi di integrazione del misero salario, aiuti per il
pagamento dell'affitto, buoni per il mantenimento dei figli ecc ecc.
Ma per continuare a percepire tali sussidi, il lavoratore deve
dimostrare di meritarseli: in pratica, non può permettersi di
rifiutare alcuna offerta di lavoro, qualsiasi essa sia, altrimenti
perde il sussidio; e lo Stato, dal canto suo, può permettersi di
esercitare un controllo invasivo e paternalista sui percettori dei
sussidi, con un monitoraggio costante sulla situazione patrimoniale,
sui movimenti di capitale, addirittura sulle abitudini di vita. Il
lavoratore, che vede ridotto al minimo il suo potere contrattuale e
anche un po' la sua dignità, non rappresenta più un grave costo per
l'azienda. E così le imprese ricevono, di fatto, un
finanziamento pubblico, tanto che il giurista Luciano Barra
Caracciolo ha parlato di indebiti aiuti di Stato, che potrebbero
costituire una violazione dei Trattati europei da parte della
Germania. In ogni caso, questa tenaglia rappresentata dalla carota
dei sussidi e dal bastone dei mini-jobs aiuta a capire cosa intendano
i tedeschi per Economia Sociale di Mercato. Senza contare, poi, che i
sussidi, in ultima analisi, li pagano gli stessi lavoratori, nella
veste di contribuenti (le grandi imprese, dalle loro sedi a
Lussemburgo e nelle Isole Cayman, salutano affettuose).
Bene, l'ultima puntata della trasmissione Piazza Pulita, su La 7
il 4 novembre, ha svelato come molti geniali imprenditori italiani
abbiano riprodotto, nelle loro aziende e nei loro distretti,
condizioni quasi esattamente identiche a quelle tedesche. In via
informale, ovviamente.
Il trucco è abbastanza semplice. I lavoratori vengono licenziati,
o meglio messi in mobilità; lo Stato, o meglio le regioni, li
iscrivono nei programmi della Cassa Integrazione in deroga; i
lavoratori vengono poi riassunti, ma "al nero". I
lavoratori percepiscono così lo stesso stipendio di prima, magari un
po' ribassato, ma stavolta senza che l'imprenditore debba versare
loro i contributi sociali (il che avrà effetti devastanti sul loro
trattamento pensionistico), ma posso integrare questo magro
trattamento retributivo con i denari della Cassa Integrazione.
L'autosufficienza dei lavoratori è garantita dallo Stato, cioè dai
contribuenti, e per l'impresa si materializza un vantaggio fiscale
non indifferente.
Non è straordinario? È la via italiana ai mini-jobs, lastricata
di furbizie e illegalità. Non a caso Lorenzo Bini Smaghi, presente
nello studio della trasmissione, ha immediatamente riconosciuto le
analogie sostanziali con il modello tedesco- beccandosi l'ovvia
rampogna di Claudio Borghi.
Questa storia contiene diversi insegnamenti. Innanzitutto dimostra
la differenza, nelle modalità pratiche di esercizio del potere, tra
le élite tedesche (politiche ed economiche) e quelle italiane. Le
prime dichiarano chiaramente quello che vogliono ottenere, e cercando
raggiungerlo per vie legali e standardizzate. Le seconde invece non
passano per la via maestra delle riforme e del cambiamento delle
leggi, ma per quella della fantasia e della violazione delle regole.
È questa un'importante questione antropologica. La questione
politica è che, come questo caso (insieme a tanti altri) dimostra,
euro e mercato unico europeo sono stati visti, dalle classi dirigenti
italiane, come un ring sul quale competere con i tedeschi. Anche il
mercantilismo italiano ha una sua tradizione, di cui la Legge
Maroni-Biagi e la generalizzata tolleranza verso l'evasione fiscale
non rappresentano che i più fulgidi esempi. Ma nel confronto con
quello tedesco non c'è scampo per le nostre impres(in)e. (C.M.)
Non guardo Ballarò da anni, il fegato non mi regge. Però mi piacerebbe sapere quale fu il tenore della rampogna di Borghi menzionata nel testo.
RispondiEliminaIl tenore era quello dell'impossibilità italiana in tempo di depressione economica di recuperare competitività di prezzo sulla Germania attraverso la svalutazione interna di salari e prezzi. Perché ormai la differenza cumulata dall'entrata nell'euro è troppo elevata, perché la Germania non abbandona il suo modello mercantilista e perché i trattati europei ci legano comunque le mani in termini di spesa.
EliminaPer caso sei quello che va in giro per il FQ a mettere in discussione le statistiche sull'occupazione italiana? Ma come ti permetti? :)
Grazie per la delucidazione, Riccardo.
EliminaIn effetti, messa così la posizione di Borghi appare difficilmente attaccabile
Quanto alla tua domanda, credo che la risposta sia positiva.
Per quanto possibile, con tutti i miei grossi limiti e riguardo la tenuta del mio fegato ormai malandato, in quello e in altri spazi cerco di smascherare l'artificiosità delle posizioni e i tranelli disseminati da puddini e idolatri del deutschland uber alles. Chissà che non si riesca a mettere qualche pulce nell'orecchio di qualcuno dei freqentatori...
Mi sembrava. Siccome i moderatori del fatto.it impazziscono davanti alla citazione delle fonti, riporto qui una risposta che avevo provato a postarti settimane fa e che fu ovviamente cassato. Credo sia peraltro in tema e possa interessare anche ad altri informatori.
Elimina(..)In questo senso i dati sulla disoccupazione, così come il tasso di inflazione, sono i più sensibili e quindi maggiormente soggetti a pressioni politiche.
Riporto un paio di fonti a riguardo perché prima o poi questo argomento dovrà essere affrontato:
1) "Il Governo USA falsifica il quadro occupazionale?"
(..)Il tasso di disoccupazione ufficiale è 8,3%. Tuttavia, se si inizia a contare tutte le persone che vogliono un lavoro, ma hanno rinunciato, tutte le persone con lavori part-time che vogliono un lavoro a tempo pieno, tutte le persone che hanno abbandonato le liste della disoccupazione, perché i loro sussidi di disoccupazione sono scaduti, si ottiene un quadro più realistico di quello che è il tasso di disoccupazione. Questo numero è nell'ultima riga con l'etichetta U-6.
U-6 è molto superiore, al 15,1%. Ed entrambi i numeri sarebbero ancora più elevati, se non fosse per milioni di abbandoni dai ranghi della forza lavoro nel corso degli ultimi anni.(..)
http://vocidallestero.blogspot.it/2012/02/il-governo-usa-falsifica-il-quadro.html
2) "L'informazione statistica? Meglio pubblica" di Paolo Manasse
(..)Un esempio interessante è dato dal succedersi di cambiamenti nella definizione del “tasso di disoccupazione” avvenuti sotto il governo della signora Thatcher, nei primi anni Ottanta. Secondo Paul Gregg, un economista del lavoro, “le accuse circa il metodo di calcolo delle stime della disoccupazione hanno riguardato la manipolazione politicamente “ispirata” delle cifre, ottenuta mediante continui cambiamenti nella copertura (della definizione di disoccupato)(…) tutte, tranne una, queste modifiche hanno contribuito a ridurre la stima del saggio di disoccupazione.(..)
http://archivio.lavoce.info/articoli/-informazione/pagina1001309.html
http://archivio.lavoce.info/multimedia/-Unfiledivoce/pagina230.html - "Tremonti parla a Istat perché Eurostat intenda..." (Se non sbaglio anche Bagnai ha criticato i metodi di rilevazione Eurostat, non ricordo se erano quelli sulla disoccupazione)
3) "Torniamo a piangere per l'Argentina?" di Martin Rapetti
(..)Sfortunatamente, il successo economico dell’Argentina
cominciò a dissiparsi gradualmente.(..)Un possibile punto di svolta è l’inizio del 2007, quando il governo licenziò i funzionari dell’Ufficio Nazionale di Statistica (INDEC) e cominciò a manipolare l’indice dei prezzi al consumo, con l’evidente scopo di nascondere l’accelerazione dell’inflazione (da allora il tasso di inflazione ufficiale è stato inferiore al 10% all’anno, mentre l’inflazione effettiva ha oscillato attorno al 20-25% all’anno. Le manipolazioni si estesero in seguito ad altre statistiche ufficiali, incluso il Pil).
http://goofynomics.blogspot.it/2013/06/argentina-pasquino-e-la-presidenta.html
Questa in teoria non c'entra ma c'entra... Ecco quanto le organizzazioni internazionali (fonti statistiche) come l'FMI, l'OCSE o la BM si occupano di dati MOLTO SENSIBILI per il potere come i flussi illeciti di capitale a livello globale: http://www.taxjustice.blogspot.it/2009/07/illicit-flows-we-finally-reveal.html
Caro Riccardo, ti ringrazio per aver riproposto qui la tua risposta, molto interessante e densa di contenuti e rimandi.
EliminaAnche i miei commenti sono stati spesso tolti di mezzo da quella che vorrebbe essere una moderazione ma opera con i metodi della censura. Motivo per cui intervengo molto meno rispetto a prima su quello spazio.
Va anche deto che i commenti contenenti link finiscono direttamente in moderazione, favorendo così quanto basato su opinioni nude e crude rispetto alle posizioni che dimostrano motivazioni di sostanza.
Questo dimostra ulteriormente la già palese ambiguità di quel quotidiano online e di chi lo dirige.
Ottimo articolo!
RispondiEliminaUn'osservazione però. La descrizione dei fatti però sembra ricondurre tutto all'Europa e alla moneta unica. Certo che il vincolo esterno ha giocato un ruolo fondamentale per aggredire i diritti e i salari dei lavoratori. Altrettanto certo è però che il capitalismo italiano, prima di Maastricht, non è che abbia brillato per capacità imprenditoriali, innovazione. Non è che non sia stato feroce con i lavoratori e che tutto ha avuto inizio con Maastricht e col divorzio tra Tesoro e Banca d'Italia. Consiglio ad esempio il racconto degli anni '60 di Augusto Graziani, un grande economista eterodosso di sinistra. Le sorprese non mancano.
Guarda, su questi temi con me sfondi una porta aperta...
EliminaDavvero,sicuro sicuro ?
EliminaC'è una cosa molto semplice e non discutibile. L'Euro ha ammazzato Grecia, Portogallo, Spagna, Irlanda, Italia, e già anche peggiorato Francia. ecc..Non il "debito pubblico" "la corruzione" "gli sprechi", Certo hanno anche quelli qualche responsabiltà, ma non sono la causa. Noi abbiamo sempre finanziato un Paese con sprechi ecc. Perchè sprecavamo ma facevamo PIL. Ce li mantenevamo gli sprechi ecc... Dovevamo migliorare, questo è un altro discorso.. Dopo Euro non abbiamo più fatto PIL. Quindi ci siamo indebitati. Ma dove? L'Euro lo ha fatto creando una voragine nei conti con l'estero di ognuno, e nell'indebitamento privato che in parte ne è conseguito, perchè l'Euro ha distrutto anche parte del mercato interno non difeso più da una valuta debole aprendo cioè la strada a import anche da Paesi forti che ora sono diventati competitivi, mentre prima no, i loro prodotti erano cari, essendo in valuta forte, e quindi non penetravano, cioè avevano prezzi troppo alti, e quindi la LIRA difendeva industria anche interna, non solo quella votata a export. E' stato poi un import (che sono debiti con l'estero per noi se non compensati da export) finanziato da tassi bassi, artificiali per noi ed altri (tutti i PIIGS con inflazione più alta) e tarati su Germania, con questo dirottando su mercati finanziari piuttosto che produttivi (boom immobiliari ecc...). In questo quadro sono state imposti vincoli di bilancio (deficit/PIL ecc.) e l'unica via (voluta) è stata di far svalutare internamente, cioè ridurre salari, pensioni, tagliare, precarizzare, delocalizzare ecc.. (cioè tagliare costi) e aumentare tasse (cioè cercare di aumentare le entrate). Il tutto però come risultato non è mai migliorativo ma sempre peggiorativo (e questo lo sapevano, lo stesso centro studi FMI fa 172 casi di fallimenti di queste loro politiche di "austerity" in 40 anni, ma il centro studi non sono poi quelli di FMI che decidono. Lo sapevano quindi benissimo e quindi è voluto).
Negli anni 90 venne distrutta mezza industria strategica con le privatizzazioni: farmaceutica, telefonia, cantieristica, chimica, nucleare, una parte di meccanica ecc. Ci sono cose che deve fare o controllare uno Stato e sono strategiche. I Francesi se le tengono, gli US se le tengono, gli Inglesi pure, scherzi.
EliminaQui fu fatta un'oscenità e intanto mostravano in TV le bustarelle da quattro soldi mentre si svendeva mezza Nazione e pure per metà prezzo. Centinaia di miliardi di EUR a valore di oggi, altro che Pio Albergo Trivulzio.
La piccola e media impresa era (a parte non solo manifatturiero ma anche servizi) di nicchia client-oriented ma non prodotti scadenti anzi.
Prima che le distruggessero, e parlo di media e grande industria, la chimica, la cantieristica, la telefonia, il nucleare, la farmaceutica, oltre alla meccanica di precisione e alla macchine utensili, erano di punta. Così anche l'alimentare o il tessile. Siamo stati davanti all'Inghilterra e non solo per la Liretta ti compravano i prodotti in giro per il mondo. Anche, ma non solo.
Al centro studi di CGIL, che diversamente dai "politici" di CGIL, era gente in gamba, gli mandavano, "ai politici" anche del PCI, già 30 anni fa, delle note..dicendo di piantarla colla storia dei "padroni" che era di moda allora come propaganda. Perchè mostravano dagli studi che gli imprenditori, i "padroni", erano per il 70% ex-operai di prima o seconda generazione, che avevano messo su il capannoncino a suon di debiti e prestiti della zia e della nonna, e in cui lui stava alla produzione, la moglie e il fratello all'amministrazione, l'altro fratello colla valigetta in giro a vendere, e la figlia a far la telefonista, e un pò di amici e parenti o gente del paese impiegati e operai.
E che era cresciuta lavorando 16 ore al giorno.
E di piantarla coi "padroni" perchè così perdevano quell'elettorato.
La piccola e media impresa,ancora adesso, con quello che ci hanno messo in groppa da tempo e soprattutto negli ultimi 2-3 anni e con il chiaro obiettivo di ammazzarla, o comunque non sostenerla, ancora oggi ha un peso notevole.
La piccola e media impresa ha fatto innovazione di processo, di prodotto, ed è cresciuta culturalmente. I guai sono iniziati dal primo SME (che era un EUR mascherato). Poi dalla svendita dello Stato che era con IRI, ENI e FIAT quello che poi tirava, a livello di Ministero degli Esteri, grandi commesse, per le imprese grosse che a cascata poi subappaltavano lavori a migliaia di imprese piccole e medie. E infine la botta finale con l'EUR. E' vero che quelli grossi, i Benetton ad esempio sono divenati rentiers, e altri hano tirato i remi, e altri hanno delocalizzato. E che quelli che hanno resistito hanno investito poco, ma per forza. Prima era un sistema Paese. Con una sua moneta e con i suoi tassi. Anche coi suoi difetti per carità. MA C'ERA L'INTERESSE del paese. Quello non c'è più stato, è stato sgretolato. Anzi è diventato anche "cattivo" l'interesse Nazionale. Ma solo per noi, mica per i Francesi, o i Tedeschi, o gli Inglesi.
mi sembra che il reddito di cittadinanza indipendente dal proprio stato occupazionale potrebbe essere una buona anzi eccellente alternativa ai minijobs che vanno rifiutati, infatti permetterebbe al disoccupato di sganciarsi dalla domanda di lavoro a basso costo e di scegliere i lavori meglio retribuiti sottraendosi alla schiavitù, inoltre potrebbe essere un obbiettivo reale attorno al quale può raccogliersi un movimento politico alternativo ,sembra che il 5 Stelle l'abbiano intuito; poi penso anche che costituirebbe la salvezza dalla miseria e dallo sfruttamento di milioni di disoccupati che non verranno riassorbiti nel mondo del lavoro a causa di questa crisi sistemica.
RispondiEliminaTutto giusto e condivisibile. E però...
Eliminahttp://il-main-stream.blogspot.it/2013/03/il-reddito-di-cittadinanza-due-anni.html
"La via italiana ai mini jobs, latricata di furbizie e illegalità..."
RispondiEliminaHo visto anch'io quel pezzo di trasmissione ed è esattamente la stessa cosa che mi è venuta in mente: sussidi di stato alle imprese mascherati da sostegno a redditi e occupazione dei lavoratori sotto schiaffo. L'Agenda 2010 dei socialdemocratici tedeschi, fatta propria dall'Ue con la strategia "Europa 2020", ma senza le risorse che la Germania ha investito per arrivare al mitico modello tedesco perché ora bisogna "risanare le finanza pubbliche".
Il voucher del cassaintegrato come paravento di legalità per gli eventuali controlli della Finanza mentre la maggior parte delle ore di lavoro vengono retribuite in nero (in ogni caso - lecito o o meno - retribuite meno rispetto al netto in busta paga "pre crisi" e sempre senza oneri contributivi da parte del datore di lavoro).
I sindacati sanno tutto, eccome se sanno. Ma come le scimmiette non vedono, non sentono e non parlano; e intanto si fanno complici del persistente smantellamento di quel sistema dei diritti per la cui tutela in teoria ancora giustificano la propria (in)esistenza. Lo chiamano diritto alla sopravvivenza del lavoratore... un ricatto che val bene un tavolo in Europa, anche detto, usando le parole della Commissione Europea, "coinvolgimento delle parti sociali nella discussione, elaborazione e attuazione delle riforme strutturali in corso, secondo le tradizioni nazionali (sic!)".
Letta porta la Camusso in Europa per discutere con l'European Round Table of Industrialists e Business Europe (di cui la Marcegaglia è diventata nel frattempo presidente). Nel "dialogo con le parti sociali" indovinate chi farà la parte dell'utile idiota?
Fortuna che il vincolo esterno dell'euro ci difende da rari ed eventuali colpi di testa sindacali. Che vuoi rivendicare se per recuperare competitività non resta che svalutare il salario?
PS_Restano le domande inevase e inespresse: quando la crescita dei profitti va ritenuta insufficiente, fino a dichiarare stato di crisi e la "messa in mobilità" (licenziamento con paracadute ) o "rimozione esuberi" (licenziamento con calcio in culo)? Qual è il giusto prezzo e chi lo dovrebbe determinare, mercato a parte?
Dimenticavo.
RispondiEliminaLa stessa Commissione Europea ha riconosciuto come gli ammortizzatori sociali siano stati finora di competenza nazionale e diversi da Stato a Stato. Già ve lo dico: per quanto siano solo ospedali da campo allestiti sul fronte della guerra dell'euro, anche gli ammortizzatori sociali smetteranno di essere prerogativa nazionale perché "maggiore integrazione in campo fiscale, economico e politico richiede coordinamento, sanzioni e solidarietà". Ergo, l'Italia dovrà prestarsi a ulteriori cessioni di sovranità ed entro fine anno avremo dettagli forse definitivi in questo senso...
Ringrazio Claudio per queste riflessioni.
RispondiEliminaSe guardiamo ai vincoli del presente, senza sognare rivoluzioni che non sono dietro l'angolo, non si può negare che la deflazione salariale sia necessaria (insieme al rilancio degli investimenti) per ridare competitività alle produzioni italiane.
Piuttosto, c'è modo e modo per perseguire questo risultato. Con esiti diversi in termini di sviluppo economico e di giustizia sociale. Ed è su queste tematiche che la proposta politica dovrebbe fare un salto di qualità.
La deflazione salariale non deve essere generalizzata a tutta l'economia e non deve tradursi in un arricchimento del soggetto imprenditoriale, a scapito dei lavoratori e del bilancio dello Stato (riduzione delle entrate contributive che sostengono il welfare).
A mio avviso, la riduzione del costo del lavoro deve essere concordata a livello di singola azienda, a fronte di un piano condiviso di rilancio della competitività e degli investimenti e della corrispondente compartecipazione dei lavoratori al capitale di rischio dell’impresa.
vedi: http://marionetteallariscossa.blogspot.it/2013/10/politica-industriale-e-dei-redditi-una.html
Purtroppo, come conclude lo stesso Claudio, la nostra democrazia bloccata procede oggi per inerzia e non riesce a esprimere un progetto riformista all’altezza dei tempi (si prenda ad esempio il piano Letta di riduzione del cuneo fiscale …).
In questa situazione, non stupisce che emerga il lato più oscuro della nostra società, simile a “giungla” governata dall’appetito del forte (per censo o protezione politica) e del furbo, a scapito dei soggetti più deboli, dei meritevoli e, in prospettiva futura, dello stesso bene comune …
La critica all’attuale gestione della crisi europea deve sicuramente fare parte del programma di una forza riformista, ma da sola non porta da nessuna parte.
Come per ogni organizzazione, il progresso della società è innanzitutto il risultato dell’impegno coordinato dei suoi membri. La sua intensità dipende proprio dalla capacità dei partecipanti di vincere gli egoismi distruttivi, per condividere una visione di bene comune, che valorizzi e solleciti il contributo di tutti, in termini di lavoro, intraprendenza, innovazione e ... generosità verso il prossimo.
Lo chiedo a Claudio ed a tutti gli altri: euro o no, siamo in grado di ritrovare questa visione?
Un cordiale saluto.
Emilio L.
Il difetto è proprio nel manico. L'esigenza di ridurre i salari è giustificabile solo a partire dall'assunzione del dogma della concorrenza tra nazioni, che a sua volta è una sfaccettatura del super-dogma della crescita infinita. In altre parole, la deflazione salariale è indispensabile solo quando c'è qualcuno che la pratica per primo, imponendola agli altri; l'euro è un mezzo assai raffinato per rendere certa e sicura questa imposizione. Ma che le nazioni debbano concorrere tra loro, anziché collaborare, non è legge di natura.
EliminaEsatto.Specie poi dove questa moralità,che sotto alcuni punti di vista umanistici,puo essere anche condivisibile,si trasforma in moralismo del ditino alzato da parte di classi dirigenti estere che fanno della slealtà e disonestà,una ragion d'essere nel paradigma e ostentazione ideologica della legge del piu forte.E' facile la retorica del caprio espiatorio altrui,quando nella critica,l'oggetto e' a diretto vantaggio dell'accusatore.
EliminaLa legge della domanda e offerta all'estremo sui salari (legge bronzea dei salari/Ricardo,inizio 800 detta anche guerra al ribasso tra schiavi) e' un TORNARE INDIETRO (questa europa,ripeto QUESTA ha progressivamente soppresso le scale mobili tranne per categorie privilegiate)... la libera circolazione dei capitali (tentativi gia effettuati fin da 100 anni fa dalle classi ricche nel tentativo di internazionalizzare in estremo il commercio e fronteggiare le cadute dei profitti dovute al mancato mantenimento della domanda interna e togliere cosi potere di contrattazione ai popoli) e' un TORNATE INDIETRO (questa europa,ripeto QUESTA, tuona in elogio alla "liberta" per la libera circolazione dei capitali,liberi di alimentare bolle a debito,in verita')... permettere la concorrenza con paesi dove il costo del lavoro e stato sociale e' nullo e' un TORNARE INDIETRO (questa europa,ripeto QUESTA elogia l'internazionalismo in questo senso,dove si tratta di internazionalizzare la schiavitu per togliere risorse sociali,vedi sanita,pensioni,istruzione con la scusa del vizio consumistico,ben da loro alimentato)... permettere la privatizzazione della gestione del risparmio a classi dirigenti private corrotte e vendute togliendo la peculiarita allo Stato,come unico ente con un minimo di controllo pubblico,con la famosa retorica della Banca Centrale Indipendente (indipendente dagli interessi dei popoli,questo il punto),tentativi gia effettuati da qualche secolo e' un TORNARE INDIETRO... cosi come il Pareggio di bilancio in costituzione,l'idiozia del limite del 3% al deficit visto come abnormita economica dalla maggior parte degli economisti del mondo (ed e' anche ovvio la malafede quando vedi che si stracciano le vesti per un minimo di deficit e non per migliaia di licenziamenti e poverta in crescita esponenziale)... TUTTO QUESTO ED ALTRO SONO I TRATTATI DI MASTRICHT E L'EURO,STRUMENTO PRINCIPE DI CAMBIO FISSO TRA PAESI A INFLAZIONE DIVERSA. Ma lo hanno sempre spacciato per un ANDARE AVANTI,come sempre fanno infiltrandosi nelle coscenze collettive come forte "reazione" ad un progresso piu vero a favore di tutti.
Elimina