di Marino Badiale e Fabrizio Tringali
In questi giorni il Presidente Napolitano sta intervendo pesantemente nel confronto fra le parti sociali sulla cosiddetta "riforma del lavoro", cioè sulla distruzione definitiva dei diritti dei lavoratori italiani.
Questi interventi si sommano a tutto il lavoro svolto da Napolitano per la caduta del governo Berlusconi e l'istaurazione del governo Monti, cioè del protettorato UE sull'Italia, che deve portare a compimento la macelleria sociale chiesta dai ceti dirigenti italiani ed europei.
Il ruolo svolto da Napolitano è del tutto anomalo rispetto alla sua figura istituzionale: il Presidente della Repubblica è figura di garanzia, che non deve intervenire nella lotta politica, e per questo, e solo per questo, ha diritto ad essere tenuto al di fuori delle polemiche politiche.
Ma se il Presidente si schiera politicamente, e addirittura interviene in una trattativa sui diritti sindacali, dà pieno diritto a qualsiasi cittadino di ricordargli che egli non deve abusare della sua carica, tantomeno mettendo il becco sullo Statuto dei Lavoratori.
Con l'insieme della sua azione di questi mesi, Napolitano mostra di essere il principale riferimento di quei ceti dirigenti, italiani ed internazionali, che hanno ormai deciso la definitiva distruzione nel nostro paese del patto sociale europeo, portandoci così dritti verso la regressione sociale, l'impoverimento diffuso, la barbarie collettiva.
Napolitano piega il suo ruolo istituzionale agli interessi dei ceti dominanti. Ha agito ed agisce come rappresentante di una parte politica, quella nemica del nostro paese e del nostro popolo.