di Fabrizio Tringali [1]
Cari lettori, oramai è tutto chiaro:
1) Per salvare l'Euro è necessario ridurre il gap di competitività fra i Peasi dell'eurozona, allineandosi alla Germania [2].
2) Non potendo svalutare la propria moneta, per recuperare competitività i Paesi con le economie più deboli devono necessariamente ripetere quanto ha già fatto la Germania nel decennio passato: aumentare la produttività e contemporaneamente abbassare i salari reali [3].
3) Tali misure, oltre ad essere socialmente durissime, non possono determinare gli stessi effetti sulla crescita che hanno prodotto in Germania, ma solo contribuire ad avvitare i Paesi dell'eurozona in spirali recessive senza uscita, alimentate anche dai tagli alla spesa pubblica imposti dall'Unione Europea[4].
4) L'unico risultato possibile è la recessione, entro al quale avverrà un forte impoverimento generale dei ceti medi e popolari. Le “riforme” sanciranno la subordinazione dell'intera vita dei lavoratori alle esigenze della produzione, sostenuta dal ricatto di possibili licenziamenti arbitrari[5]. Il tutto unito al depauperamento dei servizi pubblici (istruzione, sanità, trasporti).
5) Primo o dopo l'Euro salterà. Ma il rischio è che ciò avvenga solo dopo aver messo letteralmente in ginocchio le economie e i tessuti sociali dei Paesi dell'eurozona. A quel punto sarà durissimo sostenere gli effetti del crollo della moneta unica[6].
6) Nel frattempo, per poter imporre quanto deciso dalla BCE e dalla Commissione Europea (cioè da Francia e Germania), l'Unione Europea inasprisce il proprio carattere antidemocratico, tramite nuovi trattati che obbligano i Paesi membri a realizzare tutto ciò che viene deciso dai tecnocrati europei, indipendentemente dalla volontà popolare e dalle determinazioni dei Parlamenti nazionali[7].
7) L'unica speranza di salvezza per i ceti popolari e medi è che i movimenti sindacali e sociali che si oppongono alle scelte draconiane imposte dalle Istituzioni Europee assumano la consapevolezza che i nemici da abbattere non sono solo i governi tecnocrati e le loro politiche economiche recessive, bensì l'Euro e la stessa Unione Europea, i cui ceti dirigenti hanno volutamente creato una moneta unica che costringe tutti i Paesi a convergere sulle politiche economiche tedesche[8].
NOTE:
[1] Questo breve pezzo rappresenta un'anticipazione di un prossimo articolo attualmente in preparazione, dove insieme a Marino Badiale riprenderemo e aggiorneremo il contenuto del saggio “Liberiamoci dall'Euro”, pubblicato da Asterios. Volutamente, quindi, qui le argomentazioni si limitano a brevi note esplicative supportate da riferimenti documentali.
[2] La crisi dell'eurozona colpisce anche Paesi con un basso rapporto debito/PIL, come la Spagna. Dopo mesi di dibattito, è oramai acclarato che la crisi non dipende dai debiti pubblici, bensì dai problemi strutturali dell'eurozona, il primo dei quali è la differenza di inflazione e quindi di competitività fra i Paesi. Sono questi problemi strutturali a rendere i Paesi PIIGS a rischio default, e quindi i loro debiti pubblici risultano poco appettibili sui mercati. Il risultato è la spirale cui assistiamo: per riuscire a piazzare i titoli, i PIIGS devono corrispondere alti interessi, e questo aumenta ulteriormente il rischio di insolvenza.
Si veda:
- Intervista a Bini Smaghi (ex membro del board della BCE), Il Corriere della Sera http://rassegna.governo.it/rs_pdf/pdf/1AAW/1AAWVC.pdf
- “Le lezione di Berlino”, IlSole24ore http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2012-02-03/lezione-berlino-214349.shtml
La riduzione del gap di competitività resterebbe il problema principale anche in caso di emissione di Eurobonds a copertura dei debiti sovrani. Si veda:
- Fabrizio Tringali: “L'UE cambia in peggio” http://www.alternativa-politica.it/2011/12/lue-cambia-in-peggio
- Alberto Bagnai: http://goofynomics.blogspot.com/2011/11/luscita-delleuro-redux-la-realpolitik.html
[3] Non esiste altro modo per provare a recuperare competitività che non intervenire sul mercato del lavoro, perché questo è il campo nel quale la Germania ha già operato. Qualsiasi altro intervento sarebbe vanificato dalle contromosse tedesche. Per esempio, se l'Italia abbassasse le tasse sul lavoro (il cosiddetto cuneo fiscale), la Germania farebbe altrettanto. Il risultato sarebbe un'ulteriore diminuzione delle entrate, e nessun recupero di competitività. Ecco perché la BCE insiste tanto a favore delle riforme del mercato del lavoro, che si traducono nell'estensione del “piano Marchionne” a tutte le categorie di lavoratori.
Sulla moderazione salariale in Germania si veda:
- Sergio De Nardis: http://www.lavoce.info/articoli/pagina1001966.html
- Alberto Bagnai: http://goofynomics.blogspot.com/2011/11/luscita-delleuro-redux-la-realpolitik.html
- Vladimiro Giacchè: http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/12/27/piazza-grande-euro-sette-balle-sui-tedeschi/180063/
Sulla “necessità” di riformare il mercato del lavoro:
- La già citata intervista a Bini Smaghi: http://rassegna.governo.it/rs_pdf/pdf/1AAW/1AAWVC.pdf
- La lettera della BCE all'Italia: http://www.corriere.it/economia/11_settembre_29/trichet_draghi_italiano_405e2be2-ea59-11e0-ae06-4da866778017.shtml?fr=correlati
- La lettera della BCE alla Spagna: http://www.contropiano.org/esteri/item/5324-rajoy-ammette-%C2%93lettera-della-bce-anche-a-zapatero%C2%94
Infine alcuni dati sul cuneo fiscale in Italia, Francia e Germania, a dimostrazione che in Italia le tasse sono alte, ma in Francia e Germania lo sono ancora di più:http://www.pmi.it/impresa/contabilita-e-fisco/news/9593/cuneo-fiscale-italia-5a-tra-i-paesi-ocse.html
[4] La Germania ha potuto realizzare una svalutazione competitiva “di fatto” aumentando la produttività e comprimendo i salari senza deprimere la spesa pubblica, cioè continuando ad avere un welfare più che dignitoso, unito ad un sistema di servizi pubblici accessibili. E lo ha fatto nell'arco di dieci anni. I PIIGS invece dovrebbero attuare cambiamenti repentini, cioè forti abbassamenti di salari, uniti alla perdita dei diritti e delle tutele, senza un welfare adeguato, ed anzi sotto la costrizione di tagli draconiani ai servizi pubblici. Il risultato non può che essere un inasprimento della crisi e la recessione.
Si veda: IlSole24ore - “Non è solo colpa della Grecia” - le misure imposte alla Grecia dalla Troika (BCE, UE e FMI) scatenano la recessione: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2012-02-06/solo-colpa-grecia-215436.shtml
[5] Per avere un'idea di come le “riforme” nel mercato del lavoro subordinino l'intera vita dei lavoratori alle esigenze della produzione, si leggano gli accordi di Pomigliano, che sono proprio finalizzati ad aumentare la produttività. Tra le altre cose, l'azienda ha facoltà di decidere unilateralmente lo straordinario, con un preavviso minimo, anche di sole 48 ore:http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2010-06-16/testo-accordo-fiat-pomigliano-130900.shtml?uuid=AYhDg4yB
[6] Con il passare del tempo la crisi si inasprisce. La fine della moneta unica europea aprirà un periodo di transizione caratterizzato da molte difficoltà. Ma ogni giorno che passa, tali difficoltà aumentano. Più si andrà avanti cercando di salvare l'Euro, più si dispiegheranno gli effetti della recessione.
[7] Sui fini dell'élite europea e sugli esiti del processo di unificazione europeo, si vedano le parole profetiche di Massimo Bontempelli: http://www.megachip.info/tematiche/beni-comuni/6751-2001-parole-profetiche-sulleuropa.html
Sulla nuova governance dell'Unione Europea e dell'Eurozona si veda: http://www.blitzquotidiano.it/politica-europea/trattato-fiscal-compact-testo-integrale-tradotto-italiano-1099863/
[8] L'unica speranza di salvezza per i ceti popolari e medi è la fuoriuscita immediata dall'Eurozona e dall'Unione Europea. Senza la consapevolezza di questo, ogni battaglia di resistenza alle misure imposte dalla tecnocrazia europea si sconterà contro il ricatto della necessità di tali misure per salvare l'Euro e l'unità dell'Unione.
* Articolo pubblicato su megachip.info
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