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lunedì 8 dicembre 2014

La verità di destra e sinistra


Ci sarebbero ovviamente tantissime cose da dire, sulle recenti notizie relative alle cosche affaristico-politico-criminali che infestavano la capitale. Ne riparleremo. Intanto segnalo un bel post di Miguel Martinez.

Per il momento mi limito ad aggiungere una considerazione: l'espressione “mondo di mezzo”, che è diventata ormai celebre, è ripresa da Tolkien. Si sa che Tolkien è stato, per un certo periodo in Italia, un autore “di culto” negli ambienti della destra. Il signore che usava questa espressione al telefono, mentre era intercettato, stava quindi utilizzando il suo retroterra culturale per esprimere quello che intendeva esprimere. Mi sono chiesto quali potessero essere i riferimenti culturali dei suoi sodali “di sinistra” nel malaffare. Certamente non Marx o Gramsci, che oggi a sinistra nessuno più legge. Probabilmente Benigni o Crozza. Ma questo in fondo conta poco, la cosa importante da capire è invece la seguente: le diverse tradizioni culturali della destra e della sinistra, che in altri tempi significavano idee diverse sulla direzione in cui indirizzare la vita sociale, oggi sono semplicemente “dialetti” diversi all'interno di un unico mondo di ladri e sfruttatori. La differenza fra destra e sinistra significa oggi questo, e nient'altro che questo: è la differenza fra i modi di esprimersi di una banda unificata di malfattori che sta distruggendo questo paese.

(M.B.)

lunedì 13 gennaio 2014

Favilli su Rifondazione

La situazione in cui si trova il nostra paese pone con forza  quello che ci appare come un compito fondamentale: la creazione di una forza politica che sappia contrastare il degrado cui l’intera storia recente ha portato il nostro paese, combattendo in modo intransigente la casta politica che di questo degrado è responsabile e garante. La crisi attuale è drammatica per tanti motivi, ma uno dei principali è proprio la mancanza di una tale forza. I tentativi in questa direzione si sono succeduti all’infinito, negli ultimi anni (e anzi negli ultimi decenni). I risultati sono sempre stati deludenti. Il Movimento di Grillo è riuscito a raccogliere un successo elettorale eccezionale, ma la sua azione non sembra per il momento all'altezza dei problemi che abbiamo di fronte.
E’ evidente che c’è bisogno di riflettere sui motivi dell'incapacità, da parte degli oppositori allo stato di cose presenti, di trasformare il disagio e la rabbia, che sempre più chiaramente bruciano le fondamenta del paese, in azione politica capace di incidere sulla realtà. Per questa riflessione occorre naturalmente comprendere meglio la natura del Movimento 5 Stelle o fenomeni come quello del "movimento dei forconi", ma occorre anche approfondire la storia di altre formazioni politiche che avevano, almeno potenzialmente, la capacità di costituire poli di aggregazione del disagio e dell’opposizione nei confronti dell’attuale realtà economica e sociale. Il primo esempio che viene in mente è naturalmente quello del Partito della Rifondazione Comunista, un Partito nato circa vent’anni fa con grandi ambizioni, che è riuscito in certe fasi della storia recente ad avere un seguito e un peso politico non trascurabili, e che però negli ultimi anni è entrato in una crisi molto seria, perdendo consenso, visibilità e rilevanza politica.
Una buona occasione per riflettere su questa storia è data dal libro che Paolo Favilli, studioso della storia del marxismo e del movimento operaio, ha dedicato alla storia di Rifondazione (P. Favilli, In direzione ostinata e contraria, DeriveApprodi 2011). Favilli è, nello stesso tempo, uno studioso accademico di storia contemporanea e un militante di Rifondazione, e quindi il suo accingersi ad un'opera del genere appare quasi una predestinazione. Il libro vuole rivolgersi a tutti coloro che sono interessati ad una ipotesi di trasformazione radicale dello “stato esistente delle cose”, ed è quindi agile e gradevole, senza rinunciare in nulla al rigore professionale dello storico. E' interessante prendere spunto da un tale testo proprio perché esso non nasce da un puro intento scientifico di ricostruzione dei fatti, ma piuttosto dall'esigenza di riflettere sugli errori e i fallimenti del passato, per tentare di mantenere aperti gli spazi politici e sociali di una alternativa al presente. Vale dunque la pena di provare ad interrogare questo testo e di discutere le sue risposte alla domanda fondamentale: perché quel tentativo è fallito? Cosa non ha funzionato, nella storia del Partito della Rifondazione Comunista? Si tratta di questioni che nel libro di Favilli non sono poste esplicitamente, ma lo attraversano in maniera più o meno sotterranea. Anche le risposte ad esse non vengono esplicitate in un luogo preciso, ma si possono ricavare da ciò che Favilli ci dice sui punti di forza e di debolezza del PRC. I punti di debolezza del partito, che alla lunga lo hanno portato all'esito attuale, sembrano individuati da Favilli in una combinazione di fattori interni ed esterni. Fra i primi è fondamentale la struttura bipolare che la politica italiana si è data dopo Tangentopoli: si tratta di una situazione nella quale un partito come Rifondazione corre continuamente il rischio di essere schiacciato su uno dei due poli. Non c'è dubbio, infatti, che il bipolarismo e la divisione degli italiani fra berlusconiani e antiberlusconiani hanno contribuito a togliere spazi di autonomia politica ad un partito come Rifondazione.

giovedì 19 dicembre 2013

La sinistra inutile


 Fa impressione vedere il tipo di reazione che la maggioranza della sinistra, sedicente "moderata" o sedicente "radicale", ha riservato alle proteste dei giorni scorsi, diventate note come "le proteste di forconi" dal pittoresco nome di una delle componenti.
Molti dei commenti che si leggono fanno venire in mente l'osservazione di Dostoevskij su quei rivoluzionari che amano l'umanità ma detestano gli esseri umani in carne e ossa, o quella di Brecht sul Comitato Centrale che ha destituito il popolo e ne ha nominato un altro.
Vi sono sicuramente delle eccezioni, come l'ottimo intervento di Mimmo Porcaro, largamente condivisibile.
Purtroppo quella di Porcaro è, appunto, un'eccezione. In sostanza il movimento viene stigmatizzato come eversore e parafascista, anche se si riconosce il suo rispecchiare un disagio sociale autentico. Il distacco siderale dalla realtà del paese da parte della sinistra, in quasi tutte le sue componenti, che abbiamo più volte evidenziato in questo blog, appare con tutta evidenza in una simile circostanza.
Non c'è dubbio che il movimento di protesta che si è manifestato nei giorni scorsi presenti contraddizioni, ingenuità, ambiguità e vi sia in esso una componente vicina alla destra. Ma a me pare ovvio che qualsiasi discussione su questo tema debba partire da due assunzioni ineludibili:

 1. L'intera classe dirigente italiana (ceto politico, ma non solo) ha accettato la prospettiva di devastazione del paese, di distruzione della sua civiltà e di degrado economico e sociale, a cui porta l'attuale dinamica del capitalismo globale e, al suo interno, i vincoli dell'euro e dell'UE.
2. La sinistra, in tutte le sue componenti, o è complice di questo degrado o in ogni caso è totalmente impotente di fronte ad esso, per evidenti limiti culturali e sociali.

Se non si parte da qui, ogni discussione è aria fritta. Ma se si parte da qui, è ovvio che l'unica speranza di salvezza del nostro paese, dei nostri diritti, delle nostre vite, è il montare di una protesta
popolare che spazzi via l'attuale classe dirigente, in tutte le sue componenti. Visto che il degrado della cultura e della politica nel nostro paese dura da decenni, visto che lungo questi decenni nessuno,
tantomeno a sinistra, è riuscito a fornire al popolo di questo paese parole sensate per pensare la protesta, è chiaro che all'inizio ogni forma di autentica protesta popolare assumerà forme confuse,
illogiche, magari reazionarie. Ma non c'è altra possibilità, se si vuole lottare nella realtà contro il capitalismo reale, che gettarsi nel gorgo e cercare di fornire a chi è ormai alla disperazione le parole e i concetti necessari. Che la maggioranza della sinistra non capisca questo, è solo un'ulteriore dimostrazione della sua inutilità, del suo essere arrivata al capolinea.
(M.B.)

giovedì 31 ottobre 2013

Sinistra e destra, progresso e conservazione

 Qualche tempo fa Claudio ha pubblicato un post su destra e sinistra che ha suscitato un certo dibattito fra i nostri lettori, segno che il tema interessa. Intervengo quindi per riprendere alcuni dei temi di quel dibattito. Come sa chi ha letto le cose che vado scrivendo da quasi una ventina d’anni, sono uno dei sostenitori del carattere superato e obsoleto della opposizione categoriale destra/sinistra. Non intendo qui ripetere cose dette altrove, ma mi limiterò a discutere due tesi che sono emerse nel dibattito sul post di Claudio. La prima di queste tesi argomenta che, se è vero che la sinistra politica non ha più nulla a che fare con il suo patrimonio ideale, tale patrimonio resta pur sempre un  punto di riferimento che appare distinto e incompatibile rispetto al patrimonio ideale della destra. Si avrebbe dunque un “tradimento” della sinistra concreta rispetto al suo “tipo ideale”,  ma in termini, appunto, di “tipi ideali”,  la “sinistra” resterebbe pur sempre chiaramente distinguibile dalla “destra”. La seconda, sostenuta da Claudio, è che l’affievolirsi del contrasto è dovuto al fatto che la sinistra è scivolata sulle posizioni della destra, e non viceversa. Si tratta di due obiezioni diverse ma compatibili, e che si rafforzano a vicenda.
Rispetto ad entrambe occorre dire subito che esse colgono aspetti di realtà. Non sono cioè obiezioni assurde. Rappresentano piuttosto delle verità parziali. Ma gli errori peggiori che si possono commettere in politica non sono le assurdità, che si confutano da sé, ma appunto le mezze verità.

giovedì 10 ottobre 2013

Quem vult perdere, deus amentat

Mentre gli intellettuali di sinistra scrutano l'orizzonte in attesa delle lotte sociali europee che possano finalmente rappresentate la base della nuova Europa, quella buona, un sondaggio in Francia dice che il Front National di Marine Le Pen è il primo partito. Non era difficile da prevedere, non è difficile da commentare: Keynesblog dice su questo parole di semplice buon senso, quel buon senso che pare però inattingibile agli intellettuali di sinistra di cui s'è detto. Pensando al mondo della sinistra più o meno radicale che da anni, a chi come noi pone il problema dell'uscita da euro e UE, risponde parlando d'altro, verrebbe solo da aggiungere "quando verranno a prendervi con i forconi, non venite a lamentarvi con noi". Ma poiché non vogliamo essere così truci, ci limitiamo a un classico "Dio acceca colui che vuol perdere".
(M.B.)

giovedì 3 ottobre 2013

Sic Transit Gloria Silvii

Ieri Berlusconi ha rinunciato, probabilmente per sempre, a giocare un ruolo rilevante nell'ambito della scena politica italiana ed europea. A B. era rimasta una sola maschera in grado di mantenerlo sul palco: quella del vendicatore dei piccoli capitalisti italiani, quella del nemico e possibile affossatore dell'euro. L'ha lasciata cadere, ed è scivolato dietro le quinte.
Il Governo di Letta-nipote rimane al centro della scena, invitto. Aveva ragione Giorgio Cremaschi a mettere in guardia dal definirlo un governicchio; si tratta invece della cupola (o delle sezione italiana, dipende dai punti di vista) di un sistema di potere tentacolare e fortissimo. Talmente forte da poter fungere da polo magnetico per quelli che fino a ieri erano servi e sguatteri di B., i vari Alfano Cicchitto Schifani ecc.
La dirigenza del partito di B. si è dunque schierata contro quest'ultimo, posizionandosi sotto le ali della Trojka. B., ottenuta probabilmente una qualche contropartita, ha accettato il proprio pensionamento. Chi sperava, più o meno velatamente, che egli desse vita a un Fronte Nazionale Italiano è servito. Certo, c'è sempre tempo per l'estrema destra di compattarsi attorno al tema dell'uscita dall'euro. La società italiana è una fucina costante di fascisti. Ma l'Alba Radiosa italiana dovrà aspettare ancora qualche mese, o qualche anno.
Il potenziale anti-euro di B. è la migliore chiave di lettura della storia politica di questi anni. L'establishment di questo paese, quello che ha il suo pilastro nel centro-sinistra e che da vent'anni esprime i Presidenti della Repubblica, ha sempre cercato il compromesso (l'inciucio) con B., cercando di porre la tremenda forza di quest'ultimo al servizio dell'Europa, e non contro di essa. Lo scambio ha dato i suoi frutti: B. non ha mai fatto tremare, come pur avrebbe potuto, l'impalcatura comunitaria, e la controparte non ha fatto in modo, come pure avrebbe potuto, di contrastare i suoi interessi e la sua smania di impunità.
Tale patto tra gentiluomini non ha escluso che, a un certo punto, lo stesso establishment cercasse di far fuori B. I vertici della Repubblica e delle istituzioni europee hanno cercato dunque di arrivare a un preciso risultato: liberare la destra italiana dal controllo di B. Non a caso la storia recente di questo paese può essere descritta come una continua battaglia per il dominio del campo destro dello scenario politico. Anni fa ci provarono con Follini e Casini. Poi, più apertamente, con Fini. Infine inviarono Monti a fondare la sezione italiana del Partito Popolare Europeo, scalzando il dominio berlusconiano; ma alle elezioni del febbraio 2013 B. prese il triplo dei voti dell'uomo della Trojka.
Ironia della sorte, Alfano è riuscito dove tutti gli altri fallirono. L'assassino, come sempre, è il maggiordomo. 
Ora che B. è stato addomesticato, dobbiamo prepararci ad un attacco concentrico contro quanto di buono e civile ci rimane. PdL e PD uniti, e più che mai forti nella loro unione, coperti sul fianco destro aggrediranno quello sinistro. L'obiettivo, oltre al proseguimento della macelleria sociale imposta da Bruxelles, sono la Costituzione e l'indipendenza della Magistratura. Se lo ricordino i vari Landini, Rodotà, Zagrebelsky. Ora il collante dell'antiberlusconismo si è esaurito. B. non è più eversore; lo sarà Letta. Saranno le personalità citate all'altezza del momento? Riusciranno a rompere ogni legame col centro-sinistra che vuole rovinare la Costituzione? (C.M.)

giovedì 12 settembre 2013

Ancora su Destra e Sinistra

 Claudio Martini

L'ultimo post di Fabrizio ha riscosso un meritato successo. Evidentemente ha toccato alcune corde sensibili dell'animo di molti nostri lettori. Molti di essi, è evidente, appartengono alla schiera di coloro i quali un tempo credevano, in un modo o nell'altro, nella Sinistra, e che poi sono stati da essa "traditi". In fondo anche chi scrive su questo blog appartiene a tale categoria. Generalmente la reazione al tradimento è la rabbia, e questi casi non fanno eccezione: il più delle volte i commenti sono carichi di rabbia e disprezzo verso il PD e la sinistra politica; e come dar loro torto?
Tuttavia, come notava almeno un lettore, forse questa rabbia unidirezionale, rivolta esclusivamente verso Sinistra, è almeno in parte fuori bersaglio.
Il fatto è che questa rabbia, che a livello di elaborazione intellettuale si riflette nella constatazione dell'esaurimento della dicotomia destra-sinistra, trova la sua origine nella mutazione genetica unilaterale della Sinistra. Con "unilaterale" intendo che ad essa non si è associata un'analoga trasformazione da parte della Destra; questa è rimasta più o meno identica, mentre l'altro polo vedeva stravolta la propria identità. In altre parole, quando diciamo che Destra e Sinistra sono identiche, non intendiamo dire che entrambe si sono trasformate fino a "fondersi" in qualcosa di diverso e ulteriore; constatiamo invece che la Sinistra è diventata una nuova Destra. E così ci ritroviamo con due Destre, che danno vita a quel che alcuni definiscono "monopartitismo competitivo". È da qui che dobbiamo ripartire: dalla trasformazione della Sinistra in Destra, avvenuta in buona parte senza rinunciare agli orpelli e ai nominativi del passato.
La morte (o la mutazione genetica) della Sinistra in Europa è un fatto notevole nella storia del pensiero filosofico e politico, un fatto attorno al quale le ricerche non sono ancora a uno stato avanzato. Di sicuro, per descrivere il fenomento non aiuta la categoria del "tradimento": se il 90% dei dirigenti, degli intellettuali,  dei militanti e degli elettori della Sinistra approva e sostiene questa trasformazione in nuova Destra non si può dire che essi commettano una qualche forma di tradimento. La Sinistra di cui vale la pena parlare è quella realmente esistente; e quel 90% è il "legittimo titolare" della "ditta" costituita dalla Sinistra realmente esistente. Prendiamone atto, e pace.
Si pone un interrogativo: ma allora ha senso continuare a utilizzare la dicotomia Destra-Sinistra per leggere la realtà?

mercoledì 10 aprile 2013

Immaginazione al potere?

Segnalo questo bell'articolo di Diego Fusaro, giovane filosofo torinese. Si tratta di un'analisi della realtà culturale contemporanea che ha forti assonanze con alcuni miei testi che vi ho riproposto tempo fa (qui, qui e qui). Credo davvero che analisi di questo tipo siano un punto di partenza necessario per capire la realtà contemporanea.
(M.B.)








venerdì 15 febbraio 2013

Le argomentazioni deboli di Michele Salvati

In un articolo sull'inserto domenicale del Corriere della Sera del 3 febbraio Michele Salvati interviene per sostenere la permanente validità dell'opposizione categoriale destra/sinistra. Lo fa però in modo piuttosto confuso e privo di consequenzialità. Spieghiamo perché.
 L'argomento principale che Salvati svolge nel suo articolo è poco convincente perché nasce dal confondere due questioni diverse: egli dice in sostanza che la distinzione destra/sinistra funziona, nel senso che ci permette di capire in maniera ragionevole la storia politica occidentale degli ultimi due secoli, e anche la realtà politica contemporanea.

martedì 22 gennaio 2013

Loro lo sanno

Vi proponiamo oggi un articolo di Lucrezia Reichlin, dal Corriere della Sera. Si tratta di un testo che sostiene tesi molto “ortodosse” (Bagnai direbbe “omodosse”), quindi lontane dalle opinioni di chi scrive questo blog. Ci sembra però un testo interessante, visto il periodo elettorale, perché mostra come i ceti dominanti italiani ed europei abbiano ben chiara la futilità dell'opposizione destra/sinistra: una volta accettati l'euro e i vincoli europei, anche Hollande deve rassegnarsi alle politiche di austerità, e le chiacchiere della campagna elettorale finiscono dove meritano, nella spazzatura. Ci piacerebbe che una simile chiarezza fosse condivisa anche dai ceti subalterni (francesi, italiani, europei) e dai “loro” intellettuali.
(M.B.)




venerdì 14 dicembre 2012

La volgarità della Littizzetto.

Il recente sketch della Littizzetto contro Berlusconi sta facendo discutere. Non è la prima volta che l'attrice indirizza i suoi strali contro esponenti della politica. Come dimenticare quando nel febbraio 2007 si scagliò contro Rossi e Turigliatto, allora senatori, colpevoli di non aver votato a favore della politica militarista del governo di centrosinistra? I due Parlamentari stavano compiendo un gesto coraggioso, di rara coerenza con i propri valori e con il mandato ricevuto dai propri elettori, ben sapendo che l'avrebbero pagato con l'espulsione dai rispettivi partiti (e quindi con la non-rielezione). Ma per la Littizzetto andavano attaccati con durezza, perché mettevano il bastone fra le ruote ai potenti che a lei piacciono.
Altrettanta durezza la riserva alle porcate della destra. Aggredisce Berlusconi, ma non l'abbiamo mai sentita gridare parolacce contro l'operato dell'uomo che in questo momento è il più potente d'Italia, e che ha delegittimato una delle migliori procure antimafia d'Italia, solo per salvare se stesso e i suoi amici: Giorgio Napolitano.
In questo contesto la volgarità della Littizzetto non è un elemento da trascurare, perché rappresenta un tratto caratteristico di buona parte del cosiddetto “popolo di sinistra”, che infatti si riconosce in personaggi come lei, decretandone il successo di pubblico. Un ceto “intellettuale” che si pretende colto, intelligente e profondo ma che in realtà è ormai talmente degradato e subalterno da divertirsi a crepapelle di fronte a un umorismo fatto solo di volgarità. Naturalmente non ci riferiamo solo al turpiloquio, bensì, in generale, al becero e superficiale antiberlusconismo della sinistra, volgare quanto il berlusconismo della destra. Perché se è vero che Berlusconi, dal punto di vista morale, ha ridotto l'Italia in macerie, è altrettanto innegabile che dal punto di vista politico, economico e sociale, la vera distruzione è stata compiuta dalla sinistra: precarizzazione del lavoro, svendita dei beni comuni, guerra, svilimento della Costituzione. E' soprattutto la sinistra che ha annodato al collo del Paese il cappio della moneta unica e dei vincoli europei che ci stanno letteralmente uccidendo.
La volgarità della Littizzetto ha però il pregio di esprimere, a suo modo, la verità sulla sinistra politica, che non ha più nulla da dire sulle dinamiche reali del mondo contemporaneo, sulla crisi economica, ecologica e sociale in atto, sulle modalità per costruire, insieme, un futuro diverso. E rovescia il proprio livore addosso al nemico di turno, ridendo di lui per non piangere su se stessa.
La presa di coscienza di chi siano i veri responsabili della crisi in atto, che vanno ricercati tanto nella destra quanto nella sinistra, è essenziale perché vi sia ancora una speranza di salvezza. Di fronte a questa esigenza, la Littizzetto, e in generale l'antiberlusconismo della sinistra, non rappresenta altro che un'arma di distrazione di massa.
(M.B., F.T.)






lunedì 9 luglio 2012

Un libro di Serge Latouche

Serge Latouche, Per un'abbondanza frugale, Bollati Boringhieri 2012.


La diffusione delle idee legate alla decrescita ha suscitato, come è naturale, discussioni e controversie, che molto spesso nascono da preconcetti indipendenti da quanto effettivamente sostengono coloro che stanno delineando i tratti di questo nuovo filone di pensiero.  Ha fatto molto bene Serge Latouche, che della decrescita è probabilmente l'esponente internazionalmente più noto, a raccogliere in un volume, breve e denso, e soprattutto di grande chiarezza espositiva, alcuni dei malintesi più comuni che ruotano attorno al concetto di “decrescita”, discutendoli e cercando di dissipare la confusione.
Il primo e più importante di tali malintesi è quello che confonde  “decrescita” e “recessione”:

venerdì 6 luglio 2012

Ancora una volta. Prendiamone atto.


E così il peggior governo nella storia della Repubblica Italiana ha portato a termine anche la cosiddetta “riforma del lavoro” cioè, senza virgolette, la sistematica distruzione dei diritti del lavoro, la riduzione del lavoratore ad una condizione di tipo ottocentesco. Un altro durissimo colpo alla civiltà del nostro paese, un altro passo verso l'imbarbarimento, che è l'unico progetto che hanno in mente i ceti dirigenti di questo disgraziato paese. È stupefacente come nessuno sembri più ricordare che quando si attaccano i diritti del lavoro si stanno attaccando i diritti di tutti, e che, di conseguenza, un arretramento su questo piano è un arretramento per tutti. Pagheremo tutti il prezzo di questo imbarbarimento. Tutti, s'intende, tranne uno strato sottilissimo di privilegiati.
Per capire il senso di quanto è successo, segnaliamo questo articolo di Piergiovanni Alleva e quest'altro di Giorgio Cremaschi.

martedì 15 maggio 2012

Qualcosa si muove/3

Daniele Taino, sul Corriere di oggi ci spiega che la prospettiva di uscita della Grecia dall'euro è ormai una possibilità concreta della quale discutono i ceti dirigenti europei. Il blog di Gad Lerner ci informa che anche Brunetta comincia a pensare che l'abbandono dell'euro sia una opzione ragionevole. Del resto, se Alemanno arriva a dichiarare che i comuni sono pronti a violare il patto di stabilità, ciò significa che le politiche devastanti degli ultimi governi stanno facendo saltare ogni equilibrio.
Come abbiamo detto più volte, la destra si sta apprestando ad occupare lo spazio politico del rifiuto dell'euro, gentilmente messo a disposizione da una sinistra che da decenni ha abbandonato i propri ceti sociali di riferimento alle devastazioni del capitalismo assoluto. L'acido commento di Lerner alle dichiarazioni di Brunetta sintetizza perfettamente la nullità del ceto politico, intellettuale, giornalistico che occupa lo spazio politico "progressista". D'altra parte, la sinistra cosiddetta "radicale", e la quasi totalità del variegato mondo "antisistemico" (in Italia come in Grecia, vedi Syriza) spreca il proprio tempo, e lo spazio politico offerto da un sistema in evidente crisi, baloccandosi con la futile idea di "altra Europa". Nel frattempo la crisi avanza e l'estrema destra entra nel Parlamento di Atene. Forse c'è ancora del tempo per scenari diversi, ma sicuramente non molto.
(M.B.)

domenica 29 aprile 2012

Sondaggio "Fuori dall'Euro", i SI al 57%

di Fabrizio Tringali


L'ultima puntata di Servizio Pubblico è stata dedicata al tema "Uscire dall'Euro?".
Il sondaggio effettuato durante la trasmissione ha visto la partecipazione di 270mila persone. I favorevoli all'abbandono della moneta unica sono stati il 57%.
Ennesima prova di quanto sosteniamo da mesi: si apre un enorme spazio politico a disposizione di quanti sapranno spiegare la follia della moneta unica e dell'appartenenza all'Unione Europea
Oggi purtroppo mancano forze politiche popolari che coprano questo vuoto, nel quale si infilano, come prevedibile, i dinosauri del ceto politico di destra e di sinistra.
Anche Beppe Grillo cavalca il malcontento verso l'Euro (destinato a crescere ancora di più), ma purtroppo in modo ancora ambiguo, cioè senza mettere in discussione l'appartenenza all'Unione Europea
La UE è nata solo ed esclusivamente per garantire la libera circolazione di merci e capitali, e di conseguenza per privare gli Stati membri della loro sovranità.
Il nuovo trattato "fiscal compact" non si applica solo ai 17 Stati appartenenti all'Euro, ma a tutti i Paesi UE che lo ratificheranno. I governi che l'hanno accolto sono 25 su 27 aderenti all'Unione Europea.
Proporre l'uscita dall'Euro e contemporaneamente la permanenza nella UE è un non-senso. 
Speriamo che a rendersene conto non sia solo l'ultradestra....


[Per ascoltare i risultati del sondaggio sull'Euro visionare da 1h19'18" a 1h19'28" ]

domenica 1 aprile 2012

Storia di una sconfitta

di Claudio Martini

Introduzione 
Il processo di integrazione europea ha conosciuto nella sua più che cinquantennale storia momenti di accelerazione e battute d'arresto. Significativamente, le seconde spesso coincidono con dei referendum popolari. In questa sede non si possono dimenticare i referendum sulla Costituzione Europea francese, quello olandese e quello irlandese, nonché le consultazioni sull'entrata nell'Euro di Svezia e Danimarca
Naturalmente non è sempre andata così. Oggi vi voglio parlare di un evento storico tanto importante quanto dimenticato, un evento che vide per una volta prevalere in una consultazione popolare Bruxelles. Parliamo del referendum sulla permanenza nella Comunità Economica Europea tenuto nel Regno Unito nel 1975.

martedì 27 marzo 2012

Qualcosa si muove


Sul Corriere della Sera di lunedì scorso Francesco Storace, leader de “La Destra”, dichiara che “la sovranità deve tornare agli Stati”, propone un referendum per chiedere agli italiani se sono d'accordo con le misure decise dall'UE, e alla domanda su cosa resta di quell'idea di “Europa-nazione”, a cui una parte della destra radicale si è rifatta in passato, risponde che si trattava di un'utopia. Dall'altra parte Marco Rizzo, leader dei “Comunisti-Sinistra Popolare”, da tempo si dichiara a favore dell'uscita dell'Italia dall'UE.

giovedì 15 marzo 2012

Ancora su destra e sinistra


di Marino Badiale 

Può essere utile spendere ancora qualche parola sul problema delle categorie di destra e sinistra e sul loro esaurimento nel mondo occidentale. Un certo numero di studiosi da tempo sostiene che questo esaurimento è ormai un fatto compiuto, e che si rendono necessarie nuove categorizzazioni, per comprendere il mondo contemporaneo e agire in esso. Chi scrive lo ha affermato in vari luoghi, e in particolare ne “La sinistra rivelata” (Massari 2007) e in “Bisogna finire, bisogna cominciare” (entrambi scritti assieme a Massimo Bontempelli). 

Le tesi ivi sostenute, in estrema sintesi, sono le seguenti: