giovedì 15 marzo 2012

Ancora su destra e sinistra


di Marino Badiale 

Può essere utile spendere ancora qualche parola sul problema delle categorie di destra e sinistra e sul loro esaurimento nel mondo occidentale. Un certo numero di studiosi da tempo sostiene che questo esaurimento è ormai un fatto compiuto, e che si rendono necessarie nuove categorizzazioni, per comprendere il mondo contemporaneo e agire in esso. Chi scrive lo ha affermato in vari luoghi, e in particolare ne “La sinistra rivelata” (Massari 2007) e in “Bisogna finire, bisogna cominciare” (entrambi scritti assieme a Massimo Bontempelli). 

Le tesi ivi sostenute, in estrema sintesi, sono le seguenti:



1. Gli sviluppi del capitalismo degli ultimi trent'anni hanno reso del tutto impraticabile il riformismo della sinistra di tipo socialdemocratico, che aveva segnato in maniera decisiva i trent'anni seguiti alla seconda Guerra Mondiale. D'altra parte, i movimenti comunisti nei paesi occidentali non hanno mai rappresentato una alternativa al riformismo. Nei casi in cui i partiti comunisti hanno avuto un ruolo storico effettivo, non hanno fatto altro che seguire le stesse politiche socialdemocratiche della sinistra non comunista, magari con qualche radicalità in più (l'unica differenza effettiva si aveva nella politica estera, per via dell'appoggio al “campo socialista” da parte dei partiti comunisti ufficiali).

2. La fine del riformismo socialdemocratico non è un fatto contingente ma rappresenta la fine del progetto politico che ha caratterizzato la sinistra nei due secoli della sua esistenza: il perseguimento degli ideali di emancipazione dei ceti subalterni attraverso lo sviluppo economico e tecnologico.

3. Privata della sua ragion d'essere storica, la sinistra si è ridotta ad un ruolo totalmente subalterno agli sviluppi del capitalismo attuale. La destra ha seguito una parabola simile.

4. Il capitalismo attuale non è più in grado di fornire una speranza di progresso ma appare come un meccanismo invasivo e distruttivo della natura, dei legami sociali, della salute psichica. Destra e sinistra sono completamente interne ai meccanismi di questo capitalismo e appaiono perciò egualmente nefaste.

[Marino Badiale, "Cos'è la sinistra?" -  Livorno, 5 febbraio 2011. 
Incontro/Seminario con Marino Badiale "La sinistra dopo la globalizzazione: Marx e la decrescita", organizzato da Libera Università Popolare "Alfredo Bicchierini".]

Queste tesi sono qui, ovviamente, enunciate in forma dogmatica. Rimandiamo ai testi citati per le adeguate argomentazioni. Ci sembra interessante, però, mostrare come esse siano confermate dagli sviluppi recenti della politica italiana. Se durante i governi precedenti, di centrodestra o di centrosinistra, si poteva ancora mostrare almeno l'apparenza di un contrasto fra destra e sinistra, il governo Monti ha cancellato anche questa apparenza. Siamo di fronte a un governo il cui compito principale, apertamente dichiarato, è l'attacco ai diritti e ai redditi dei lavoratori italiani, la distruzione di ciò che resta delle conquiste ottenute dai lavoratori nella fase “socialdemocratica”. Questo governo ha l'appoggio di tutte le principali forze politiche, di destra e di sinistra. In sostanza, ciò che negli scritti citati era argomentato come realtà profonda, da comprendere e ricostruire oltrepassando la superficie dei fenomeni, adesso appare anche alla superficie e assume un'evidenza solare: destra e sinistra non sono in nulla diverse, per quanto attiene alle fondamentali questioni economiche e sociali, ma rappresentano truppe di sostegno ad un progetto capitalistico di negazione dei diritti, di impoverimento dei ceti popolari, di distruzione dei ceti medi, di sequestro dei beni comuni.

L'unica obiezione a questa evidenza potrebbe essere rappresentata dalla sinistra radicale che, essendo fuori dal Parlamento, può permettersi di proclamare la propria opposizione al governo Monti. Ma decenni di esperienza ci dicono che i proclami della sinistra radicale sono solo declamazioni, che servono a mobilitare il proprio elettorato e a raggranellare voti che vengono poi spesi per contrattare ruoli subalterni all'interno dello schieramento di centrosinistra. Così è stato in passato, così sarà domani: la sinistra radicale oggi non sa proporre altro che una forma o l'altra di alleanza con il centrosinistra, sapendo benissimo che questo comporta l'accettazione delle più sfrenate politiche neoliberiste, che il centrosinistra ha sempre perseguito quando è stato al governo.

L'evidenza dell'indistinzione fra destra e sinistra dovrebbe ormai cominciare a incidere sul senso comune. Liberarsi dall'illusione che destra e sinistra rappresentino ancora concetti significativi per la contemporaneità è una passaggio fondamentale per combattere la distruttività del capitalismo odierno. L'unica possibilità di salvezza per la nostra civiltà sta nel pensare nuove forme di emancipazione, al di fuori di destra e sinistra, che salvino i principi della giustizia sociale e della difesa dei ceti subalterni che sono gli ideali ancora validi della sinistra storicamente esistita.

1 commento:

  1. Non sono d'accordo. Per sostenere la sua tesi, Marino mescola il piano
    dei concetti o categorie a quello dei fatti. Per sostenere che la
    distinzione teorica tra i "concetti" di destra e di sinistra è
    esaurita mostra che gli esistenti partiti che si definiscono di
    sinistra attuano nei fatti le stesse politiche dei partiti che si
    definiscono di destra. Certo, è così, concordo: e con questo? Potrei
    ribattere che, semplicemente,  gli esistenti partiti che si
    definiscono di sinistra non sono più di sinistra, o meglio che la loro
    pratica politica (il piano dei fatti) non ha più nulla a che vedere
    con il concetto di sinistra (il piano dei concetti).

    Ma qual è il concetto di sinistra? Come in molti suoi testi, Marino
    definisce la sinistra come la parte politica che persegue " gli ideali
    di emancipazione dei ceti subalterni attraverso lo sviluppo economico
    e tecnologico". A me pare una definizione ridondante e non
    parsimoniosa. Per definire il concetto di sinistra a me basta la prima
    parte ("gli ideali di emancipazione dei ceti subalterni"): la seconda
    parte definisce soltanto uno dei modi con cui la sinistra può
    perseguire quegli ideali ("attraverso lo sviluppo."). La prima parte è
    il genere, la seconda è la specie del genere. O anche: la prima parte
    definisce il fine della sinistra, la seconda uno dei modi con cui
    perseguirlo, e con cui storicamente l'ha perseguito. Lo "sviluppo" è
    solo uno dei modi con cui perseguire l'emancipazione dei ceti
    subalterni. Solo uno, e non l'unico. E' quello adottato dalla sinistra
    negli ultimi 200 anni. Ma ora bisogna cambiare. Adottare un altro
    modo. Ad esempio la decrescita. Può infatti esistere una sinistra che,
    consapevole dei "limiti" dello sviluppo, o meglio della catastrofe
    sociale e ambientale a cui lo sviluppo conduce, sceglie di perseguire
    gli stessi ideali di emancipazione con modi e strumenti diversi, ad
    esempio appunto con la decrescita. Ma questa sinistra già esiste? Sì,
    esiste, è quella rappresentata da Marino e da quelli che, come me, ne
    condividono le idee. Sono coloro che intendono perseguire gli ideali
    di emancipazione dei ceti subalterni non più attraverso lo sviluppo, e
    avendo questo fine si scontrano frontalmente con la vecchia sinistra
    che in realtà è diventata destra, perché persegue la de-emancipazione
    dei ceti subalterni.

    Piero Meaglia

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