di Marino Badiale
Può essere utile spendere ancora
qualche parola sul problema delle categorie di destra e sinistra e
sul loro esaurimento nel mondo occidentale. Un certo numero di
studiosi da tempo sostiene che questo esaurimento è ormai un fatto
compiuto, e che si rendono necessarie nuove categorizzazioni, per
comprendere il mondo contemporaneo e agire in esso. Chi scrive lo ha
affermato in vari luoghi, e in particolare ne “La sinistra rivelata” (Massari 2007) e in “Bisogna finire, bisogna cominciare” (entrambi scritti assieme a Massimo Bontempelli).
Le tesi ivi
sostenute, in estrema sintesi, sono le seguenti:
1. Gli sviluppi del capitalismo degli
ultimi trent'anni hanno reso del tutto impraticabile il riformismo
della sinistra di tipo socialdemocratico, che aveva segnato in
maniera decisiva i trent'anni seguiti alla seconda Guerra Mondiale.
D'altra parte, i movimenti comunisti nei paesi occidentali non hanno
mai rappresentato una alternativa al riformismo. Nei casi in cui i
partiti comunisti hanno avuto un ruolo storico effettivo, non hanno
fatto altro che seguire le stesse politiche socialdemocratiche della
sinistra non comunista, magari con qualche radicalità in più
(l'unica differenza effettiva si aveva nella politica estera, per via
dell'appoggio al “campo socialista” da parte dei partiti
comunisti ufficiali).
2. La fine del riformismo
socialdemocratico non è un fatto contingente ma rappresenta la fine
del progetto politico che ha caratterizzato la sinistra nei due
secoli della sua esistenza: il perseguimento degli ideali di
emancipazione dei ceti subalterni attraverso lo sviluppo economico e
tecnologico.
3. Privata della sua ragion d'essere
storica, la sinistra si è ridotta ad un ruolo totalmente subalterno
agli sviluppi del capitalismo attuale. La destra ha seguito una
parabola simile.
4. Il capitalismo attuale non è più in
grado di fornire una speranza di progresso ma appare come un
meccanismo invasivo e distruttivo della natura, dei legami sociali,
della salute psichica. Destra e sinistra sono completamente interne
ai meccanismi di questo capitalismo e appaiono perciò egualmente
nefaste.
[Marino Badiale, "Cos'è la sinistra?" - Livorno, 5 febbraio 2011.
Incontro/Seminario con Marino Badiale "La sinistra dopo la globalizzazione: Marx e la decrescita", organizzato da Libera Università Popolare "Alfredo Bicchierini".]
Queste tesi sono qui, ovviamente,
enunciate in forma dogmatica. Rimandiamo ai testi citati per le
adeguate argomentazioni. Ci sembra interessante, però, mostrare come
esse siano confermate dagli sviluppi recenti della politica italiana.
Se durante i governi precedenti, di centrodestra o di centrosinistra,
si poteva ancora mostrare almeno l'apparenza di un contrasto fra
destra e sinistra, il governo Monti ha cancellato anche questa
apparenza. Siamo di fronte a un governo il cui compito principale,
apertamente dichiarato, è l'attacco ai diritti e ai redditi dei
lavoratori italiani, la distruzione di ciò che resta delle conquiste
ottenute dai lavoratori nella fase “socialdemocratica”. Questo
governo ha l'appoggio di tutte le principali forze politiche, di
destra e di sinistra. In sostanza, ciò che negli scritti citati era
argomentato come realtà profonda, da comprendere e ricostruire
oltrepassando la superficie dei fenomeni, adesso appare anche alla
superficie e assume un'evidenza solare: destra e sinistra non sono in
nulla diverse, per quanto attiene alle fondamentali questioni
economiche e sociali, ma rappresentano truppe di sostegno ad un
progetto capitalistico di negazione dei diritti, di impoverimento dei
ceti popolari, di distruzione dei ceti medi, di sequestro dei beni
comuni.
L'unica obiezione a questa evidenza
potrebbe essere rappresentata dalla sinistra radicale che, essendo
fuori dal Parlamento, può permettersi di proclamare la propria
opposizione al governo Monti. Ma decenni di esperienza ci dicono che
i proclami della sinistra radicale sono solo declamazioni, che
servono a mobilitare il proprio elettorato e a raggranellare voti che
vengono poi spesi per contrattare ruoli subalterni all'interno dello
schieramento di centrosinistra. Così è stato in passato, così sarà
domani: la sinistra radicale oggi non sa proporre altro che una forma
o l'altra di alleanza con il centrosinistra, sapendo benissimo che
questo comporta l'accettazione delle più sfrenate politiche
neoliberiste, che il centrosinistra ha sempre perseguito quando è
stato al governo.
L'evidenza dell'indistinzione fra
destra e sinistra dovrebbe ormai cominciare a incidere sul senso
comune. Liberarsi dall'illusione che destra e sinistra rappresentino
ancora concetti significativi per la contemporaneità è una
passaggio fondamentale per combattere la distruttività del
capitalismo odierno. L'unica possibilità di salvezza per la nostra
civiltà sta nel pensare nuove forme di emancipazione, al di fuori di
destra e sinistra, che salvino i principi della giustizia sociale e
della difesa dei ceti subalterni che sono gli ideali ancora validi
della sinistra storicamente esistita.
Non sono d'accordo. Per sostenere la sua tesi, Marino mescola il piano
RispondiEliminadei concetti o categorie a quello dei fatti. Per sostenere che la
distinzione teorica tra i "concetti" di destra e di sinistra è
esaurita mostra che gli esistenti partiti che si definiscono di
sinistra attuano nei fatti le stesse politiche dei partiti che si
definiscono di destra. Certo, è così, concordo: e con questo? Potrei
ribattere che, semplicemente, gli esistenti partiti che si
definiscono di sinistra non sono più di sinistra, o meglio che la loro
pratica politica (il piano dei fatti) non ha più nulla a che vedere
con il concetto di sinistra (il piano dei concetti).
Ma qual è il concetto di sinistra? Come in molti suoi testi, Marino
definisce la sinistra come la parte politica che persegue " gli ideali
di emancipazione dei ceti subalterni attraverso lo sviluppo economico
e tecnologico". A me pare una definizione ridondante e non
parsimoniosa. Per definire il concetto di sinistra a me basta la prima
parte ("gli ideali di emancipazione dei ceti subalterni"): la seconda
parte definisce soltanto uno dei modi con cui la sinistra può
perseguire quegli ideali ("attraverso lo sviluppo."). La prima parte è
il genere, la seconda è la specie del genere. O anche: la prima parte
definisce il fine della sinistra, la seconda uno dei modi con cui
perseguirlo, e con cui storicamente l'ha perseguito. Lo "sviluppo" è
solo uno dei modi con cui perseguire l'emancipazione dei ceti
subalterni. Solo uno, e non l'unico. E' quello adottato dalla sinistra
negli ultimi 200 anni. Ma ora bisogna cambiare. Adottare un altro
modo. Ad esempio la decrescita. Può infatti esistere una sinistra che,
consapevole dei "limiti" dello sviluppo, o meglio della catastrofe
sociale e ambientale a cui lo sviluppo conduce, sceglie di perseguire
gli stessi ideali di emancipazione con modi e strumenti diversi, ad
esempio appunto con la decrescita. Ma questa sinistra già esiste? Sì,
esiste, è quella rappresentata da Marino e da quelli che, come me, ne
condividono le idee. Sono coloro che intendono perseguire gli ideali
di emancipazione dei ceti subalterni non più attraverso lo sviluppo, e
avendo questo fine si scontrano frontalmente con la vecchia sinistra
che in realtà è diventata destra, perché persegue la de-emancipazione
dei ceti subalterni.
Piero Meaglia