venerdì 7 settembre 2012

Lo SME, l'euro e la sinistra italiana



di Fabrizio Tringali

Nei dibattiti sull'entusiastica adesione all'euro da parte della sinistra italiana si finisce spesso per ripercorre le tappe che hanno portato il nostro Paese dentro un sistema monetario europeo a cambi fissi.
E' ancora più importante farlo oggi, mentre la BCE probabilmente sta già scrivendo il durissimo memorandum che l'Italia dovrà rispettare per restare nell'euro, ultimo atto del percorso di commissariamento del nostro Paese. 
Infatti, già durante la discussione sull'adesione dell'Italia allo SME emersero i rischi che l'Italia avrebbe corso legando il valore del cambio della lira a quello di monete di Paesi come la Germania: deflazione, spinta al ribasso dei diritti e dei salari dei ceti medi e popolari, innalzamento della disoccupazione, politiche di rigore destinate a portare il Paese ad avvitarsi in spirali recessive.
In molti ricordano che il PCI si oppose allo SME, mentre furono proprio i partiti suoi eredi (cioè quelli nati dal suo scioglimento), a portarci nell'attuale moneta unica europea.
E' utile ritornare al 1978 per capire meglio cosa successe allora. Anche perché, come sempre, la comprensione di ciò che è accaduto nel passato, aiuta a mettere a fuoco le ragioni di quel che accade nel presente. 


Dopo la fine del sistema di Bretton Woods, i Paesi forti dell'Europa, come la Francia e soprattutto la Germania Ovest, iniziano a spingere per la creazione di un sistema a cambi fissi tra i Paesi
del vecchio continente. Il primo esperimento, il cosiddetto “serpente monetario” non ottiene grande successo. Agli inizi del 1978 inizia ad essere progettato il Sistema Monetario Europeo.
A gestire i confronti fra i Paesi europei, e l'eventuale ingresso dell'Italia nel nuovo sistema, è il governo Andreotti IV, un monocolore DC tenuto in vita dall'appoggio esterno del PCI.
In quella fase, il partito di Berlinguer è quindi un interlocutore importante per i ministri che partecipano alle fasi di preparazione dei vertici europei che porteranno alla nascita dello SME.
All'interno del PCI vi sono posizioni diverse, ma in sostanza il partito esprime fin da subito la propria netta adesione ad un sistema europeo che porti a cambi fissi tra le valute. Lo stesso fa la CGIL di Lama (si veda questo interessante articolo), nonostante siano chiare le conseguenze per i lavoratori che tale scelta comporta.
Il PCI tenta di mitigare i prevedibilissimi effetti nefasti del “vincolo esterno” costituito dall'appartenenza allo SME, ponendo alcune condizioni, che inizialmente lo stesso governo democristiano assume come proprie. Esse sono riassunte nel discorso tenuto alla Camera dal ministro Pandolfi il 10 ottobre 1978, scaricabile qui.
In sintesi la richiesta è quella di far anticipare l'instaurazione della fissità dei cambi da un periodo di transizione meno rigido, e poi accompagnare il regime a cambi bloccati con misure a favore delle
economie meno prospere e, soprattutto, con regole capaci di “stabilire, nel caso di deviazione degli andamenti di cambio, una equilibrata distribuzione degli oneri di aggiustamento tra paesi in disavanzo esterno e paesi in avanzo[dal discorso del ministro Pandolfi alla Camera, 10/10/1978].
Ma il vertice di Bruxelles del dicembre 1978 vede la sconfitta della posizione italiana. Francia e Germania spingono per dar vita immediatamente al sistema a cambi fissi, e non accettano le proposte della delegazione italiana, limitandosi ad accordare al nostro Paese una banda di oscillazione maggiore rispetto a quella prevista per gli altri (6% invece che 2,5%).
Poco dopo il suddetto vertice, nell'aula della Camera dei deputati si svolge la discussione sulla proposta di adesione immediata dell'Italia allo SME.
La linea che il PCI aveva tenuto era stata completamente sconfitta, le condizioni poste non erano state accolte, e il partito non può non trarne delle conseguenze. E' sbagliato, però, sostenere che il PCI votò contro lo SME. Il comportamento del partito fu molto meno netto, e ciò rappresentò un chiaro messaggio ai ceti dirigenti.
Il gruppo comunista, infatti, chiese, ed ottenne, lo spezzettamento in tre parti della mozione in votazione, e votò contro solo sulla seconda parte (quella che conteneva l'impegno per l'adesione immediata dell'Italia allo SME). Sulla prima e sulla terza parte il PCI si astenne. Non solo: il PCI non aprì immediatamente una crisi di governo (anche se l'esecutivo cadde comunque il mese successivo).
Era chiaro che né il PCI, né la CGIL intendevano fare le barricate contro lo SME, così come iniziava ad apparire evidente che tentare di “mitigarne” gli effetti era impossibile: i Paesi più forti non avevano nessuna intenzione di concedere meccanismi di riequilibrio fra gli Stati in surplus e quelli in disavanzo (esattamente come oggi), ed i ceti dirigenti dei Paesi più deboli non avevano nessuna intenzione di insistere (perché sapevano che la rigidità del sistema avrebbe aperto loro la possibilità di distruggere i diritti del lavoro, abbassare i salari, privatizzare ogni cosa, azzerando la forza contrattuale dei lavoratori).
Tutto fu ancora più chiaro nel periodo successivo: il PCI fu estromesso dall'area di governo, nel 1981 avvenne il “divorzio” fra Tesoro e Banca d'Italia (che privò il nostro Paese dell'effetto
calmierante sui tassi di interesse sul debito costituito dall'acquisto dei titoli stessi da parte della Banca Centrale, con l'ovvio effetto di imbrigliare ancora di più la nostra economia e di obbligare il nostro Paese ad affidarsi totalmente al mercato per finanziarsi,  costringendolo a seguire le scelte dei Paesi più forti dell'area SME, cosa che porterà alla crisi del 1992), infine venne attaccata, con successo, la “scala mobile” al fine di abbattere le barriere alla moderazione salariale.
Il risultato del referendum del 1985 sancì la totale sconfitta della linea del PCI e della maggiore confederazione sindacale: non era più possibile realizzare forme di opposizione “collaborativa” con i ceti dominanti, come quelle realizzate nel “trentennio dorato”, che temperassero le scelte del governo in modo da ottenere risultati positivi per i ceti subalterni.
I ceti dirigenti italiani ed europei si avviavano sulla strada dell'attacco totale ai lavoratori, ai diritti conquistati, allo stato sociale, al settore pubblico dell'economia.
Il PCI e la CGIL si trovarono quindi di fronte ad un bivio storico: difendere gli interessi dei ceti medi e popolari assumendo posizioni nettamente contrarie al processo di unificazione europeo (che vedeva proprio nello SME il suo fulcro), e avviando così uno scontro molto duro (e dagli esiti imprevedibili) con i ceti dominanti, oppure accettare supinamente le scelte dei ceti dominanti stessi, accantonando le condizioni poste al tempo della discussione sull'ingresso dell'Italia nello SME e proponendosi come forze di governo “responsabili” ed “europeiste”. 
Inutile dire quale strada scelsero...

P.s.: Regalo una chicca a coloro che hanno letto fin qui: sapete chi intervenne alla Camera per il PCI nel dibattito sullo SME? Sostenendo che il vertice di Bruxelles del dicembre 1978 aveva sancito (cito letteralmente): “la conferma di una sostanziale resistenza dei paesi a moneta più forte, della Repubblica federale di Germania, e in modo particolare della banca centrale tedesca, ad assumere impegni effettivi ed a sostenere oneri adeguati per un maggiore equilibrio tra gli andamenti delle monete e delle economie di paesi della Comunità. E così venuto alla luce un equivoco di fondo, di cui le enunciazioni del consiglio di Brema sembravano promettere lo scioglimento in senso positivo e di cui, invece, l’accordo di Bruxelles ha ribadito la gravità: se cioè il nuovo sistema monetario debba contribuire a garantire un più intenso sviluppo dei paesi più deboli della Comunità, delle economie europee e dell’economia mondiale, o debba servire a garantire il paese a moneta più forte, ferma restando la politica non espansiva della Germania federale e spingendosi un paese come l’Italia alla deflazione.
E sottolineando il rischio che: “le regole dello SME ci possano portare ad intaccare le nostre riserve e a perdere di competitività, ovvero a richiedere di frequente una modifica del cambio, una svalutazione ufficiale e brusca della lira fino a trovarci nella necessità di adottare drastiche politiche restrittive”? E' stato proprio colui che oggi, peggior presidente della Repubblica della storia d'Italia, è capace di affossare la Costituzione pur di difendere l'euro e i vincoli europei.

P.s.2: La lettura dei dibattito dell'epoca mette in luce quanto fossero prevedibili gli effetti che l'introduzione della rigidità del cambio avrebbe determinato: deflazione, spinta al “rigore”, disoccupazione, depauperamento delle condizioni di vita dei ceti medi e popolari. Essi furono dettagliatamente descritti ben prima della realizzazione concreta dello SME. I ceti dirigenti (dei partiti di maggioranza, di quelli di opposizione, dei sindacati) sapevano. Ed hanno scelto deliberatamente di accettare tutto ciò.

P.s.3: Vi ho detto che per il PCI intervenne Napolitano. Ecco, tanto per avere l'idea del ceto politico che ci ritroviamo, sapete chi intervenne per il PSI? Fabrizio Cicchitto. 
Ecco qui i testi del dibattito sullo SME che si è svolto alla Camera dei deputati il 13 dicembre 1978.

P.s.4: Mercoledi 12 Settembre esce in libreria "La trappola dell'euro - la crisi, le cause, le conseguenze, la via d'uscita"

20 commenti:

  1. Ringrazio Fabrizio per l'eccellente contributo
    mi auguro che fara' parte del libro ....

    Ps:sto' leggendo l'intervento di cicchitto e napolitano -da qui l'italiano aulico che è uscito
    sopra- e sono interessanti e molto sorprendenti
    (per quanto credo che l'intervento di napolitano
    sia stato scritto da qualcun'altro...)

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  2. Nel libro "La trappola dell'euro" non si parla tanto di questo, quanto dei dibattiti successivi che analizzano gli effetti dello SME e i rischi connessi all'euro prossimo venturo.
    Ci troverai una chicca molto interessante: una lunga citazione di un testo di economia politica del 1991, che mostra come già all'epoca (e in realtà anche prima, appunto ai tempo dello SME) fosse già tutto chiaro.... ma le forze che hanno dato vita all'euro hanno evitato di farcelo sapere....

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  3. E comunque ne parlerò nel prossimo libro, dove spiegherò perché il PCI, alla fine, decise di accettare supinamente le scelte dei ceti dominanti, e le terribili conseguenze che ne sarebbero ovviamente scaturite.

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    1. Sarei veramente interessato a sapere come mai il PCI abbia assunto questa posizione. Non riesco proprio a capire.

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  4. Grazie signor Fabrizio Tringali.
    il popolo italiano gliene renderà merito .

    Giobbe8871

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  5. il Governatore Baffi era il più acerrimo nemico dello SME ( sistema monetario a cambi fissi )- ECU.

    L'ho appreso da Nino Galloni.

    giobbe 8871

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  6. ma grazie alla vostra opera di informazione documentata, ho scoperto che un collaboratore del Governatore Baffi, Rinaldo Ossola (vero difensore dell'Italia ) era ancora più ostile ai diversi sistemi monetari a cambi valutari fissi.
    nel 1970 il piano di Hans Werner Sinn ( capo IFO a Monaco di Baviera ) prevedeva cambi fissi senza banda di oscillazione.

    Crucchi maledetti.

    Giobbe 8871

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  7. Molto interessante, condivido su FB, In un paese soggetto ad amnesie storiche articoli del genere sono fondamentali.
    Preziosa la chicca su Napolitano, ed è incredibile come già nel 1978 venissero fatte analisi che oggi sono puntualmente confermate. Dov'è finita tutta quella lucidità? :(

    Con il suo permesso, vorrei citare il pezzo nel mio prossimo post.

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  8. Ma certo, citi pure, indicando la fonte. Questo articolo sta suscitando grande interesse, e sono felice che venga ripreso da più parti.

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    1. La ringrazio. Ovviamente sarà mio scrupolo citare la fonte e dare il link di questo articolo :)

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    2. http://mauropoggi.wordpress.com/2012/09/13/napolitano-a-cernobbio-alcune-annotazioni-a-margine/

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  9. L'articolo è ottimo e importante e spiega non poche posizioni che sembrano nuove e in realtà sono quelle elaborate negli anni ottanta e novanta. Ottimi per davvero i P.S. e penso che da questi bisogna anche ripartire per studiare come fare in modo di sottoporre a verifica corrente le scelte che si fanno nel parlamento. Naturalmente la fase attuale è inedita in quanto con strumenti di comunicazione (oltre il web non andiamo)obiettivamente minimi.

    Dobbiammo fare leva verso forze gigantesche che utilizzano apparati raffinati di formazione dell'opinione pubblica. Non è facile!

    Mi sembra quasi incredibile che io e tanti altri dobbiamo sperare in un atto della Corte Costituzionale Tedesca sul MES/ESM.
    Naturalmente non è una contraddizione.

    Purtroppo oggi lottare significa studiare, e studiare, e dobbiamo vendere cara la pelle.

    Felice Di Maro fedimaro@tin.it 3385909735

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  10. Sono una persona ignorante in materia, non nascondo che questo articolo non mi convince ma voglio chiederti perchè non citi l'inflazione visto che nei primi anni 80 era il problema principale.
    Tutti scemi a temere l'inflazione?
    Poi vorrei chiederti come faremmo a finanziare il debito pubblico se fossimo fuori dall'Euro? Non costerebbe ancora di più?

    Grazie

    Davide Nigro

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    1. Consiglio questo

      http://goofynomics.blogspot.it/2012/04/svalutazione-e-salari-ad-usum-piddini.html

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    2. L' alta inflazione era dovuta a un fatto esterno: ovvero lo shock petrolifero. Non era colpa del matrimonio tra banca d' italia e tesoro. Si può anche ammettere si doveva entrare nello sme per smorzare gli effetti di quello shock ma in ogni caso bisognava uscirne in tempo e non arrivare al 92, anno in cui bruciammo inutilmente le riserve della banca centrale. Tutti gli agganci nominali sono sempre qualcosa di temporaneo. Ecco perché istituire l' euro, ovvero un qualcosa che ha la volontà di essere " irreversibile" è stato un errore ancora più grande di quello di rimanere troppo a lungo in uno sme il cui impianto ideologico era ben chiaro... del resto è proprio la nostra adesione allo sme che ci obbligò al divorzio tra banca d' italia e tesoro nell'81.

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    3. Ringrazio chi ha risposto prima di me. Altre risposte le troverai ne "La trappola dell'euro".

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  11. L'articolo è piaciuto molto anche a me, complimenti. Il PCI fece un po' di manfrina ma era sostanzialmente d'accordo.

    Segnalo a riguardo un paio di pezzi interessanti: un'intervista a Andreotti ed una a Barca

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  12. ...poi magari riesci pure a far cambiare idea a Marino su Berlinguer (nel libro "La sinistra rivelata" mi pare di ricordare un elogio seppur timido) :-)

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  13. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  14. Certamente la ricostruzione e' puntuale, ma l'analisi mi sembra un po' carente. Ci era in quel momento la speranza, da parte della DC, che l'adesione al progetto monetario europeo, ci aiutasse a superare quelle storture di cui proprio le sinistre sono state e sono tutt'ora responsabili. La riforma delle pensioni, del mercato del lavoro, della burocrazia, della magistratura, dell'energia, la svendita degli asset pubblici, erano bestemmie ! Poi con Craxi ne hanno fatto scempio col sistema 40-30-30% mentre in Germania si faceva sul serio, quindi la speranza ando' a quel paese e dopo 25 anni siamo ancora al punto di partenza, ma con tasse e debito raddoppiati!

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