lunedì 14 aprile 2014

I comunisti buoni sono sempre quelli degli altri

Notavamo qualche tempo fa che non tutti i comunisti sono uguali. Non possiamo che ribadire il concetto, di fronte a questa intervista di J.Ferreira, comunista portoghese candidato alle europee. Ecco finalmente un comunista che pronuncia le frasi che vorremmo tanto sentir pronunciare in Italia, frasi come questa:


"I tentativi di sottomissione delle nazioni in corso nell'UE rappresentano una forma di oppressione di classe che viene esercitata sui lavoratori e i popoli, oltre che un inquietante e pericoloso attacco alla democrazia. Chi, pur dicendosi di sinistra, non lo percepisce, o non lo vuole percepire, non comprenderà un elemento decisivo per intervenire sulla realtà del nostro tempo, trasformandola nel senso del progresso sociale. Se l'evoluzione del capitalismo ha portato le classi dominanti a sacrificare gli interessi nazionali ai propri interessi di classe, allora, al contrario, ciò conduce all'identificazione crescente degli interessi dei lavoratori e del popolo con gli interessi nazionali"


Ma noi, cosa abbiamo fatto di male per meritarci Bertinotti, Ferrero e Diliberto?
(M.B.)



4 commenti:

  1. Bertinotti alla stampa sulla riduzione degli stipendi dei parlamentari alcuni mesi fa " ho lavorato una vita ed ho diritto al vitalizio" insomma, contrasta non poco con l'espressione del precario che afferma" ho lavorato 40 anni e ho diritto alla pensione , ma non l'avrò" e questo descrive perfettamente lo stato dei leader comunisti italiani!

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  2. Non vorrei sbagliarmi perchè non conosco molto bene la storia di Democrazia Proletaria e della sinistra pci che costituirono poi Rifondazione, ma mi pare che certe valutazioni su europa ecc siano definitivamente morte con l'uscita di scena di Garavini.

    Mi pare che sotto di lui ci fu l'ultimo tentativo di resistenza. Quelli che sono venuti dopo hanno normalizzato la situazione (correggetemi se sbaglio).

    Quando mi informavo sulla situazione degli anni settanta stragi br ecc. sono capitato su un sito in ricordo di Luigi Cipriani che era parlamentare in Democrazia Proletaria dal 1987 al 1992 se non sbaglio, aveva fatto parte della commissione stragi e ne fu, da quello che ho capito, il membro più attivo.

    Nel link qui sotto troverete la sua storia personale, credo che ci sia anche una risposta alla degenerazione della sinistra (trovate quel che dico sotto l'indice storia nella pagina principale):

    http://www.fondazionecipriani.it/

    Riccardo.

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  3. In aggiunta a quanto scritto sopra vorrei riportare alcuni brani significativi tratti dal sito di Luigi Cipriani. Piuttosto illuminati:

    ...Così Luigi Vinci, che ha condiviso con lui l'esperienza di AO, poi di DP e che ha fatto una scelta diversa, per Rifondazione comunista.

    Cip non riusciva più a coabitare con la debole autoidentificazione di DP, con l'introiezione delle sconfitte e delle idee avversarie. C'era in lui una tensione continua fra il bisogno assoluto di fedeltà alle proprie idee, il legame fortissimo che ha sempre mantenuto coi lavoratori, quello che secondo lui si sarebbe dovuto fare nel rapporto con la gente e nelle lotte, e le condizioni sempre più anguste e difficili in cui ha operato la nuova sinistra dalla fine anni settanta in avanti, il calo di militanza, il calo anche culturale....

    Umberto Gay, forse il più amato dei suoi ex "discepoli", giornalista di Radio popolare e oggi consigliere comunale di Rifondazione, dice di aver imparato da Cip soprattutto una cosa: il metodo che ispirava quella ricerca sul potere.

    ...Non si vive giorno per giorno la politica, l'analisi, la lotta. Il poter contrapporre un proprio sapere a quello che ti propinano è una cosa che si costruisce giorno più giorno più giorno, e il frutto magari lo afferri solo dopo anni e allora ti ritorna un risultato, un vantaggio, la capacità di muovere il meccanismo giusto dopo del tempo. Questo vuol dire studiare sulle carte e sugli uomini, essere intellettualmente spregiudicati. A me raccontano degli onorevoli anche molto lontani politicamente da Luigi Cipriani cosa fosse questo omone un po' 'bù bù bù' in Commissione stragi, che lui frequentava moltissimo, riuscendo a scovare cose perse da anni, a scandagliare in un mare di fumo e depistaggi e pescare la cosa giusta: come 'pescò' dodici anni più tardi, che il giorno dell'agguato di via Fani, mentre i brigatisti sparavano, c'era un colonnello del Sismi fermo a un angolo, che guardava. Questo non è uno scoop giornalistico, è andare a scovare quella formichina di notizia in un mare di carte e di elementi,non solo perchè sei bravo e intelligente, ma perchè hai fin dall'inizio una chiave di lettura corretta.

    Riccardo.

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  4. Un' ultima che ritengo abbastanza importante anche per capire l'andazzo a fine anni ottanta della crisi della sinistra:

    Cip è l'appellativo di Cipriani

    ...Per tutta la durata della legislatura Luigi partecipò ai lavori della commissione bilancio. Preparò fra l'altro una relazione di minoranza alla finanziaria '88-89, nella quale documentava la redistribuzione di ricchezza verso le imprese e i percettori di rendite, il bluff dell'offensiva contro evasori ed elusori, il costo sociale della manovra per i lavoratori e le categorie disagiate, l'aggravamento dei deficit strutturali, dei problemi della produzione, dei trasporti, dell'agricoltura. Sperava che il partito avrebbe utilizzato questo grosso lavoro, costato mesi, per colmare il vuoto di proposta politica che permaneva, nonostante l'attivismo e la presenza nelle lotte. Non andò così: "troppo difficile per la comprensione dei compagni", gli fece sapere la segreteria nazionale. Non ci ricavarono neppure un volantino. Come si infuriò! tornato a casa, senza dire una parola, si mise a distruggere carta dopo carta due o tre dei suoi "mucchietti"!
    Forse fu quella l'ultima volta che Luigi si arrabbiò con DP. Non abbandonò il partito -che era d'altronde oramai giunto al capolinea- ma perse ogni residua fiducia. Nè, più tardi, aderì a Rifondazione comunista, come invece gran parte dei compagni rimasti in DP dopo la scissione degli Arcobaleno: ci vedeva una continuazione del PCI, la preponderanza dell'apparato, la mancanza di una proposta politica adeguata ai tempi e di una revisione degli errori della sinistra, persa nella "adorazione dello stato" e delle sue istituzioni.
    Non tutti i compagni hanno compreso questo passaggio di Luigi: abituati al "Cip missionario" con un ruolo sempre e comunque propositivo anche nell'organizzazione, non hanno capito il Cip sfiduciato e ipercritico degli ultimi anni. ...

    Riccardo.

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