La scelta del governo israeliano di allargare la sua base parlamentare, e la decisione del leader di Kadima Shaul Mofaz di assecondare questo disegno ha dato adito a varie e contrastanti interpretazioni. Il tema, come sempre, è l'attacco all'Iran. Molti analisti considerano Mofaz vicino alle posizioni di Obama, che come ormai dovrebbe essere chiaro è contrario all'intervento militare. Ma non tutti sono d'accordo. In particolare si nota una chiara tendenza allarmistica dei giornali non esattamente mainstream, tendenti a mettere in guardia da una svolta bellicista nella strategia israeliana. Mentre Il Corriere o La Stampa sembrano intravedere un ammorbidimento delle posizioni israeliane sui progetti di attacco, a sinistra (qui e qui), ma anche a destra si parla di attacco imminente.
Tuttavia il mainstream internazionale non sembra proprio di questo parere, e non si può non segnalare il solito NYT. Un passaggio è particolarmente chiaro:
"Mentre Netanyahu e Barak hanno mostrato un atteggiamento aggressivo nei confronti dell'Iran, Mofaz è considerato un moderato, contrario a qualsiasi avventata azione militare. A Marzo, non appena diventato capo dell'opposizione, ha dichiarato alle televisioni che un attacco prematuro all'Iran sarebbe stato "disastroso" e che avrebbe portato "scarsi risultati"."
La logica ci dice che una cosa non può essere vera e falsa allo stesso tempo. Delle due l'una: o l'operazione Mofaz rende più probabile un attacco all'Iran o NON lo rende più probabile.
A chi dobbiamo credere? A Ferrara e al Manifesto, oppure al New York Times?
Che decisione difficile...
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