di Fabrizio Tringali
Alcune riflessioni sulla tornata elettorale e sulle possibili conseguenze.....
1) Non rappresentano più nessuno
Il primo dato da sottolineare commentando la tornata di elezioni amministrative che si è appena conclusa, è certamente quello dell'astensione.
La cifra del non-voto, conteggiando anche le schede bianche e nulle, raggiunge quasi la metà dell'elettorato. Evidentemente non può trattarsi solo di qualunquismo e disinteresse. Al contrario, il non-voto rappresenta, in buona parte, una lucida, chiara e diffusa scelta politica.
Un cittadino su due non esprime un voto valido perché vuole testimoniare di non riconoscere nessuno dei contendenti come proprio rappresentante.
E' l'ennesimo segnale dell'agonia di questo modello stantio di rappresentanza politica, che riduce la sovranità popolare a mera periodica indicazione del gruppo di inamovibili rappresentanti delegati con pieni poteri a decidere tutto ciò che impatta sulle nostre vite. Torneremo su questo argomento nei prossimi post di main-stream.it.
2) Il crollo degli attuali partiti
Per avere una idea della reale capacità di rappresentanza degli attuali partiti bisognerebbe guardare al numero di voti che essi hanno conseguito calcolandone la percentuale sulla base del numero degli aventi diritto al voto, e non in riferimento ai soli voti validi.
In questo modo si vedrebbe, per esempio, che a Genova i principali partiti ottengono questo magro risultato:
PD 10,94%
SEL 2,3%
IDV 2,7%
PDL 4,2%
Lega 1,7%
E nelle altre città importanti i risultati non sono molto dissimili.
Un esito del genere dovrebbe portare alla caduta del governo in men che non si dica, tuttavia noi ci troviamo sotto il commissariamento dell'Unione Europea, spalleggiata dal peggior Presidente della Repubblica della storia d'Italia (ebbene si, peggio di Cossiga), che per sordità senile non ha udito il boom del movimento 5 stelle.
Quindi non è facile prevedere le conseguenze sulla tenuta del governo. Vedremo.
3) Il ceto politico ha necessità di una “alternanza apparente”
Quel che appare molto probabile è che il ceto politico si renderà conto di aver bisogno di ripristinare l'alternanza apparente che ha contraddistinto il nostro sistema politico dal 1994 fino all'avvento del governo Monti.
Le diverse coalizioni infatti devono apparire fra loro alternative, in modo da legittimare l'occupazione di diversi spazi politici, e motivare i propri elettorati.
Una volta al governo, poi, ciascuno continua a fare le stesse cose dei predecessori perché ciascuno rappresenta parti diverse dello stesso ceto dominante.
Con il governo Monti l'apparenza è momentaneamente venuta meno, e tutti hanno potuto finalmente vedere ciò che gli attuali partiti cercano di mascherare con la retorica, i simboli, e gli slogan, e cioè che non esistono fra loro significative differenze di proposta politica.
Le coalizioni di centodestra, centrocentro e centrosinistra non avrebbero certo voluto mostrare queste affinità, ma il peggior Presidente della Repubblica della storia d'Italia (ebbene si, peggio di Cossiga) sapeva che l'esecutivo guidato da Silvio Berlusconi non avrebbe potuto facilmente realizzare quanto imposto dalla BCE, perché, come vediamo in questi giorni, le richieste implicano conseguenze talmente dure ed antipopolari che la coalizione a lui avversa avrebbe potuto facilmente far perno sul malcontento conseguente, e ottenere la caduta del governo (non pochi parlamentari si sarebbero fortemente impauriti di fronte al prevedibile calo di consenso).
Il peggior Presidente della Repubblica della storia d'Italia (ebbene si, peggio di Cossiga) sapeva anche che, per ragioni speculari, neanche il centrosinistra avrebbe potuto concretizzare quelle richieste. Se lo avesse fatto, il centrodestra avrebbe avuto gioco facile nell'accusare gli avversari di tradimento verso i propri settori di riferimento.
Insomma, le ricette della BCE sono talmente negative per la stragrande maggioranza dei cittadini, che nessuna coalizione politica avrebbe potuto, da sola, realizzarle. La coalizione all'opposizione avrebbe infatti potuto facilmente agire sul conseguente e inevitabile malcontento per erodere il consenso dell'avversario e impadronirsi del governo, fingendo di avere soluzioni alternative. E finendo per trovarsi nella stessa situazione dei predecessori.
L'unica soluzione trovata dal peggior Presidente della Repubblica della storia d'Italia (ebbene si, peggio di Cossiga) è stata quindi quella di sponsorizzare la nascita di un governo bi-partisan, che consente di non addossare le responsabilità delle decisioni su di una sola parte politica.
Tuttavia, anche se il ceto politico non si assume le colpe della crisi e la responsabilità della realizzazione delle scelte suicide imposte dall'Unione Europea, il risultato, per i partiti, è stato comunque drammatico.
Senza il teatrino dell'alternanza apparente, il calo di consenso appare comunque inevitabile, poiché il ceto politico appare oramai non solo inutile, ma chiaramente dannoso. Il suo volto parassitario, volgare, corrotto è sotto gli occhi di tutti.
4) Accelerazione verso le “riforme” antidemocratiche
Da parte del ceto politico c'è da aspettarsi una reazione. E' probabile che essa si concretizzi in una accelerazione verso “riforme” che consentano di chiudere l'accesso al sistema politico alle forze popolari o comunque esterne alla casta.
Riforma costituzionale, nuove leggi elettorali (nazionali, e forse anche locali), aumento della tensione sociale. Questo il cocktail che ci stanno preparando.
Abbiamo già in Costituzione la follia del pareggio di bilancio.
Presto avremo anche il definitivo svuotamento del ruolo del Parlamento, e l'accentramento del potere nelle mani del capo del governo. E il cambio delle regole di accesso alla rappresentanza istituzionale.
Il ceto politico ha bisogno di tutelarsi, e l'unico di modo per farlo è restringere ulteriormente la democrazia, mantenendone la forma, ma cancellandone la sostanza.
L'obiettivo è una nuova architettura costituzionale che consenta di governare senza consenso, in modo tale da smettere le vesti del governo bi-partisan e ritornare all'alternanza apparente. La casta potrà così svolgere essa stessa, contemporaneamente, sia il ruolo di governo che quello di opposizione.
5) Il Movimento 5 Stelle, potenzialità e criticità.
Il Movimento 5 Stelle ha ottenuto un risultato strepitoso, e può diventare l'asse portante dell'opposizione allo scempio in atto.
Il M5S elegge il suo primo sindaco, va al ballottaggio a Parma, ottiene un consenso a due cifre a Genova (e si laurea terzo partito in città).
I problemi, per questo nuovo soggetto politico, iniziano adesso.
Il Movimento nato intorno al blog di Beppe Grillo rischia di veder liquefare le proprie importanti potenzialità, sia per cause “interne” che per cause “esterne”.
Fra le prime vi sono i rischi connessi alla scelta, giustissima, di presentarsi alle prossime elezioni politiche nazionali. Il movimento è privo di una organizzazione, e le vere decisioni possono essere prese solo da Beppe Grillo, unico depositario del simbolo e gestore del principale canale di informazione.
Ora che le potenzialità del M5S sono chiarissime anche dal punto di vista elettorale, il rischio è di assistere ad una lotta fratricida per i posti in grado di garantire l'accesso al Parlamento, dato che nel Movimento non esistono meccanismi chiari, noti, trasparenti e partecipativi per assumere le decisioni interne, compresa la definizione delle candidature.
Questo scenario vanificherebbe quanto di buono sin qui fatto dal Movimento, ed aprirebbe inevitabilmente la strada ad una velocissima degenerazione dello stesso, che resterebbe nelle mani dei più arrivisti-carrieristi, perdendo immediatamente ogni capacità di opposizione alla casta.
L'unico modo di evitare questa degenerazione è quello di smettere di rifiutare di dotarsi di una struttura (peraltro una "struttura" esiste sempre, anche quando la si nega), ed iniziare subito a costruire una organizzazione radicalmente diversa da quella dei partiti attuali, basata sui principi della partecipazione, della democrazia diretta, della rotazione delle cariche, su modalità trasparenti, chiare e democratiche per l'assunzione delle decisioni.
Purtroppo Grillo non sembra orientato in questa direzione, ed anzi addirittura espelle chi prova ad aprire una discussione in questo senso. Pessimo segnale.
La speranza è che il Movimento sappia emanciparsi dal proprio ispiratore-fondatore, non certo per rinnegarlo, cosa che sarebbe assurda (i meriti di Beppe Grillo sono innegabili), ma per dotarsi della capacità di decidere in modo aperto, trasparente e democratico indipendentemente da lui anche sul piano nazionale ed organizzativo.
Per quanto riguarda i condizionamenti “esterni”, il Movimento rischia, dopo essere stato ignorato, di diventare la prima preoccupazione della casta. Vorranno sputtanarne i membri. Prima o poi tenteranno di offrir loro posti, onori, soldi e carriere.
Se riusciranno a comprarseli potranno facilmente dire: “visto? Tutti uguali, anche loro” e azzerarne il potenziale offensivo.
Anche per questo il M5S farebbe bene a dotarsi di strutture partecipative che sbarrino la strada agli arrivisti-carrieristi.
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