Vi sono vari punti che meritano di
essere sottolineati, nell'articolo di Sara Farolfi. Si può per
esempio ammirare la perentoria asserzione che, sul tema dell'euro,
non ci siano margini per “dubbi e perplessità”. Nel senso,
intende l'autrice, che occorre restarci. Così è stato sentenziato
ad Atene. Uno sarebbe curioso di conoscere gli argomenti, così
decisivi, grazie ai quali ad Atene si sono fugati dubbi e perplessità
sulla permanenza nella moneta unica. Argomenti che evidentemente sono ignoti a premi Nobel come Amartya Sen o Paul Krugman. Ma tali
argomenti non ci è dato conoscerli. Con uno stile da comunicato del
Comitato Centrale del PCUS, l'autrice ci aggiorna sulla linea
ufficiale, e tant'è. Verrebbe da ribattere, parafrasando il noto
detto latino, “qui è Atene, qui salta”.
L'unico passaggio che somigli ad una
argomentazione razionale è il seguente: “l'ipotesi di una uscita
dall'Ue non garantirebbe nessun cambiamento delle politiche
neoliberiste e di austerità”. Se gli argomenti svolti ad Atene
sono tutti di questo tipo, il minimo che si possa dire è che il
radicalismo di sinistra che là si è riunito ha qualche problema con
la logica di base. Infatti, come abbiamo più volte ripetuto (per
esempio nel nostro libro), assieme agli altri critici anti-euro, il
punto decisivo è che all'interno di quella gabbia che è l'euro non
è possibile contrastare le politiche di austerità. Il fronte
anti-euro sostiene cioè che l'uscita dall'euro è condizione
necessaria per difendere i ceti popolari dall'attacco in corso.
Ribattere che “l'uscita dall'euro non garantisce la fine
dell'austerità” significa non capire la differenza fra condizione
necessaria e condizione sufficiente. E' vero che l'uscita dall'euro
non garantisce la fine dell'austerità, ma è altrettanto vero, ed è
questo, ripetiamolo, il punto decisivo, che la permanenza nell'euro
garantisce che non si possa uscire dall'austerità, garantisce la
fine dello Stato sociale, la distruzione dei diritti dei lavoratori,
la messa in mora della democrazia e delle Costituzioni antifasciste.
L'altro ingrediente tipico della
ninnananna per militanti è, naturalmente, l'appello a “cambiare le
istituzioni per cambiare l'Europa”. Lo abbiamo detto molte volte,
ma ripetiamoci: il cambiamento delle istituzioni europee può solo
essere l'azione di un soggetto sociale europeo. Ma non esiste un
soggetto popolare europeo, perché i ceti subalterni europei sono
divisi. Una unità popolare a livello europeo può ovviamente essere
un obbiettivo auspicabile per il futuro, ma è un obbiettivo che non
sappiamo se e quando sarà realizzabile. Affidarsi a un soggetto che
adesso non esiste, e del quale non sappiamo se e quando esisterà in
futuro, per difendersi da un attacco che è in corso adesso, è
semplicemente un suicidio.
Sono questi gli elementi che rendono
chiaro come le posizioni politiche contenute nell'articolo che
abbiamo esaminato siano falsa coscienza allo stato puro.
(M.B.)
il fatto di alzarci dal letto stamattina non ci garantisce che sarà una buona giornata, quindi possiamo scartare l'idea di alzarci, senza "dubbi e perplessità"
RispondiEliminaè incredibile vedere quante volte si incontra questo argomento, e a quali livelli intellettuali
avanti così
urs
Non sono ancora riuscito a superare l'effetto estraniante che mi fa il trovarmi in netto dissenso con le parti dalle quali, bene o male, dovrei sentirmi rappresentato, mentre mi trovo a condividere le argomentazioni di coloro che considero miei avversari ideologici. Surreale, ma tant'è...
RispondiEliminaPrima di tutto mi complimento per questo blog sul quale scrivo per la prima volta.
RispondiEliminaSecondo me l'intero arco politico italiano ha partecipato alla marea di fiabe che sono state raccontate in questi 20 anni sull'euro e sull'Europa. In nome di questa moneta sono stati chiesti pesanti sacrifici agli italiani e sono stati promessi mirabili progressi. Se adesso emergesse che proprio la modalità scriteriata con la quale è stato costituito l'euro è la causa della crisi, tutti i partiti sarebbero screditati. Sarebbe come dire: vi abbiamo fatto pagare l'ICI e la conseguenza è che adesso dovete pagare l'IMU. Questo fenomeno non riguarda solo la politica, ma coinvolge anche i media, gli economisti e in parte anche i sindacati. Per questo deve essere tenuto un silenzio assoluto sull'euro e sul suo ruolo nella crisi.Ho visto Santoro ridicolizzare il prof. Becchi perché osava criticare l'euro; ho visto Luttwak e il prof. Fitoussi dire che se non si esce dall'euro non si esce dalla crisi e subito dopo Peter Gomez ritornare al solito ritornello "Berlusconi, i processi, Ruby ..." Secondo me la politica italiana non può permettersi di dire la verità e per questo aspetta che la soluzione venga dall'Unione Europea: che siano gli eurobond o che si prenda atto del fallimento e si decida uno scioglimento concordato, comunque non sarà un fallimento della politica italiana, come sarebbe un'uscita unilaterale.
Mauro S.
Qui interessante (!?) intervento di d'alema ad un convegno europa tra recessione e contraddizioni dell'euro :' abbiamo avuto un egemonia culturale di 20 anni di neoliberismo (gulp!) 'salvaggio' '
RispondiEliminae l'europa si è consolidata sotto questa egemonia culturale neoliberista (gulp!!)
il cittadino europeo per chi vota vota perchè comunque avra' tagli alla spesa sociale flessibilita' contenimento dei salari
perchè questo è scritto nelle regole '
il cittano europeo in un certo senso è deprivato dei diritti democratici '
'cambiare i trattati (piu' europa )
http://www.radioradicale.it/scheda/383755/leuropa-tra-recessione-e-contraddizioni-delleuro
(consiglio anche di ascoltare anche gli interventi di masera e di brunetta , )