venerdì 4 ottobre 2013

Luciano Gallino è un demagogo o un disfattista?

L'illustre sociologo Luciano Gallino ci spiega che le cose, in Europa, vanno molto male, e che l'unico modo per farle andare bene è riformare i Trattati UE.
Chi scrive è convinto che l'unica speranza di preservare quanto di buono e civile ci è rimasto è lo smantellamento dell'intero complesso giuridico della UE (non solo dell'euro), da sostituire, nelle forme e nei modi praticabili, con uno spazio di vera cooperazione tra Stati, di eguaglianza tra le nazioni, di democrazia per i cittadini. L'attuale UE è la negazione di questi tre punti; Gallino lo sa, e infatti lo spiega nella prima parte del suo articolo. In questo senso l'idea di "riformare" i Trattati non è malvagia: il vero rivoluzionario sa che i cambiamenti sono sempre graduali, e che a volte il metodo vale più del merito; anche riforme non eclatanti, ma che vanno nella giusta direzione, potrebbero essere utili per scalfire il dogma dell'irreversibilità degli attuali Trattati. Nello specifico, le riforme proposte da Gallino non sono particolarmente esaltanti, ma non è questo il cuore della mia critica. Il punto è, ancora una volta, di metodo.

Luciano Gallino come pensa, esattamente, di arrivare alla modifica dei Trattati?

Indicare degli obiettivi politici senza specificare qual è il percorso per arrivarvi è l'essenza di ogni demagogia. Gallino, putroppo, non esce da questo schema. Parla di modifica dei Trattati, ma non indica uno straccio di strategia.

E allora, da dove cominciare?

Che nessuno parli di movimentipopolariparlamento europeocambiamentidalbasso. Per cambiare i Trattati è necessaria la maggioranza dei voti in Consiglio Europeo. Punto. E questo solo per cominciare il processo.Perciò, quando accenniamo alla modifica dei Trattati, e se vogliamo mantenerci sul piano del realismo, dobbiamo sempre assumere il punto di vista del rappresentante italiano a Bruxelles. Immaginiamo ora che il nostro rappresentante, convinto con noi che bisogna modificare i Trattati, cominci a negoziare con la nostra controparte inevitabile: la Germania di Angela Merkel. È facile immaginare la risposta: nein!

Il fatto che la Germania sia catafratta attorno alla difesa di un Europa neoliberista, antidemocratica e mercantilista è ovviamente il vero ostacolo a qualsiasi percorso di riforma. Gallino, pur nel suo atteggiamento demagogico, ha ben presente questo punto, e infatti scrive, a proposito della sua stessa proposta:

So bene che a questo punto chi legge sta pensando che tutto ciò è impossibile. Stante la situazione politica attuale, nel nostro paese come in altri e specialmente in Germania, non ho dubbi al riguardo. Ma forse si potrebbe cominciare a discuterne.
L'esito naturale di ogni vuoto di strategia è il disfattismo. Di fronte alla cupezza del quadro politico, Gallino si arrende. Ed è naturale, perché egli si è negato l'unico strumento in grado di arrivare, in termini realistici, a una vera riforma dei Trattati UE.

Questo strumento è la disponibilità, da parte dell'Italia come degli altri paesi del sud Europa, a denunciare unilateralmente i Trattati UE.

Il vero errore strategico delle sinistre e delle classi intellettuali dei nostri paesi è proprio l'aver posto, quale postulato del proprio discorso politico, l'indisponibilità a qualsiasi rottura unilaterale con euro e UE. Ciò ha avuto un effetto concreto nella nostra capacità negoziale presso le sedi europee: controparte, sapendo che avremmo pagato qualsiasi prezzo pur di rimanere nell'euro, ci ha fatto pagare prezzi enormi. È abbastanza intuitivo. La prima cosa da evitare, in qualsiasi trattativa, è lasciar intendere a controparte che noi non siamo comunque disposti a rinunciare alla trattativa stessa. Noi, italiani, spagnoli, greci, abbiamo fatto proprio quest'errore: abbiamo mostrato alla Germania che comunque non eravamo disposti a rompere con l'impianto comunitario, qualunque prezzo ci avessero imposto. E infatti...

Questa responsabilità ricade per intero sugli intellettuali di sinistra. A loro spettava di dire, forte e chiaro, che la difesa del welfare e della dignità nazionale erano  punti non negoziabili. Invece hanno scelto di dichiarare non negoziabile l'euro. E noi paghiamo il conto. 

Concludendo: cambiare i Trattati può essere una buona idea, ma per arrivarci bisogna dotarsi di una strategia adeguata. Tale strategia deve essere basata sulla disponibilità e preparazione ad una rottura unilaterale dei Trattati. In caso contrario, non otterremo nulla da alcun negoziato, e la Germania continuerà a essere più eguale degli altri. Chi parla di cambiare i Trattati, senza essere disposto, neppure come extrema ratio, a rompere con essi, parte dalla demagogia per poi naufragare nel disfattismo. (C.M.)

13 commenti:

  1. Strategia in tre mosse:
    1) sospensione unilaterale e immediata dei trattati europei
    2) realizzazione di iniziative a sostegno dell'economia locale
    3) avvio delle trattative con gli altri paesi

    Possiamo discutere dei contenuti, ma la sequenza cronologica deve essere questa.

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  2. la Germania di Angela Merkel. È facile immaginare la risposta: nein!

    quindi ci sarebbe il voto contrario della germania e tutti gli altri sarebbero a favore?? Veramente??? Come le vittime della merkel che già venti anni fa scrisse i trattati da maachstricht in poi ha intimato tutte le nazioni ad accettarli senza che nessuna di queste fiatasse??? Certo, perché pensare che magari convenga a GOLDMAN SACHS che ha falsificato i conti greci come quelli italiani.....sarà stata la Merkel ad ordinare anche questo.....

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    1. Quale sarebbe il senso di questo commento?
      Riccardo.

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  3. L'analisi è perfetta, ma mi permetta di dissentire su un punto: gli intellettuali di sinistra che avrebbero dovuto difendere il welfare semplicente non esistono. A parte la riserva indiana dei "legalitari" che si occupano solo di mafia e corruzione, e ignorano del tutto la deriva antidemocratica cui stiamo assistendo, tutta la sinistra "istituzionale" è compatta nel sostenere questa UE a tutti i costi. Il dogma liberista è stato abbracciato con fede incrollabile, e perfino il giovane turco Fassina, una volta arrivato al Governo, è divenuto un alfiere della stabilità e del rigore finanziario dettato da Merkel e Schauble.
    Gianni Pinelli

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    1. Ma veramente Gallino ha sempre difeso il Welfare, magari forse non lo consideri di sinistra! Ma come diceva Gaber ... che cos'è la destra, che cos'è la sinistra ...

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  4. Io invece sono poco d'accordo. E' inutile chiedere a qualcuno "cosa faresti tu?" se poi la risposta non ti piace a prescindere. Mi permetto di rilevare che quello che gli "stracciatori" fanno fatica a comprendere è che parlano di due prospettive politiche. Che una sia più semplice dell'altra è tutto nella testa di chi scrive, ma non comprendo perché una è demagogica è l'altra no. Cioè, dati i rapporti di forza come credete che sia veramente possibile che chiunque vada al governo (chiunque) stracci i trattati europei? Questa - secondo il vostro parametro - non è forse una proposta demagogica? No, è una posizione politica. A voi sembra più praticabile - e francamente non capisco chi, come, e perché dovrebbe perseguirla - a Gallino sembra più praticabile l'altra.

    robydoc

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  5. Gentili tutti,
    Effettivamente si tratta di un'analisi di fattibilità politica che soggiace indubbiamente anche in parte alle convinzioni di coloro che la sostengono. Tuttavia, propenderei per la disamina proposta da Claudio per una serie di motivi semplici ed intuitivi.

    In primo luogo, la riforma dei Trattati auspicata da Gallino necessiterebbe non solo della rinuncia volontaria da parte dei paesi core dell'Eurozona ai vantaggi acquisiti grazie all'Unione monetaria, ma soprattutto dell'abbandono completo dell'ideologia strumentale sintetizzabile nella mistificante opposizione tra paesi virtuosi e paesi “viziosi”. Compito al limite dell'impossibile, a maggior ragione quando una fetta considerevole della popolazione di questi paesi, già profondamente imbevuta di pregiudizi, diviene ancor più incline ad accettare narrazioni semplicistiche sentendo stringere la morsa della crisi anche a casa loro.

    La situazione attuale dei paesi periferici dell'UE non ammetterebbe poi un semplice maquillage dei trattati, bensì una profonda revisione tanto sugli aspetti monetari quanto nelle dinamiche concrete di funzionamento delle istituzioni europee. È vero, come sottolineava Claudio, che talvolta persino piccoli cambiamenti possono dar luogo ad effetti rilevanti, ma questo non è malauguratamente il nostro caso. Certo, non si tratterebbe di andare in seno agli organi comunitari per “ribaltare il tavolo”, ciò nondimeno è una pregiudiziale per qualsiasi movimento/partito che desideri un reale e concreto cambiamento, attrezzarsi di tattiche e strategie per ogni possibile scenario, tra cui quello della rottura dell'unione monetaria e della non-applicazione delle norme europee, le quali, mal gliene incolse algli uomini della Trojka, non sono inscritte nelle tavole della legge e sono dunque modificabili come tutte le res humanae. Pacta sunt servanda, ma fino ad un certo punto, a fortiori quando paesi come la Germania hanno per primi violato, ad esempio, i parametri di Maastricht.

    Non posso affermare che Gallino sia un demagogo, sebbene le sue proposte siano quantomeno caratterizzate da ingenuità politica: la criticità e l'urgenza del presente impongono di considerare l'extrema ratio a cui alludeva Claudio, pena l'inefficacia di qualsiasi negoziazione. L'aspetto che, a mio modestissimo parere, trovo preoccupante nella proposta del sociologo – generalmente condivisa dallo schieramento compatto del pensiero unico al governo e non in Italia – è che essa finisce immancabilmente per inibire il potenziale critico nei confronti dell'impianto dell'Unione, la quale invece dovrebbe essere radicalmente messa in discussione (come molti articoli di questo blog hanno suggerito). In altri termini, l'articolo di Gallino porta ulteriore acqua al mulino del riformismo leggero per il quale questa Unione è aprioristicamente un bene in sé e che essa possa trasformarsi nel migliore dei mondi possibili con qualche leggerissimo tocco di equità qui e una spruzzata di democrazia là.

    Per concludere con Badiale, non lasciamoci vincere da questa “passione triste”.

    ND

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    1. Sinceramente penso che giustificare le posizioni di Gallino con l'ingenuità politica sia come avallare gli "errori" compiuti da 20 anni a questa parte, tutti rigorosamente a senso unico e volti al declino del paese con la tesi del "pasticcionismo".

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    2. Gentile Clack,

      Lungi da me giustificare Gallino, come penso si evinca bene dal mio commento.
      Ogni demagogia risiede nelle intenzioni, purtroppo non essendomi data la possibilità di conoscere quelle del sociologo oltre ogni ragionevole dubbio, ho ritenuto più opportuno definirne la proposta come figlia quantomeno di ingenuità politica. Detto volgarmente: non potendo (e non interessandomi) ottenere la risposta alla domanda "Gallino c'è o ci fa?", ho preferito affrontare nel merito la proposta, la quale, credo di poter affermare, sia io che lei consideriamo irricevibile.
      Dunque, per tornare al suo commento, nessun avallamento degli "errori" compiuti nell'ultimo ventennio, anzi. La prossima volta mi sforzerò tuttavia di essere ancor più chiaro.

      ND

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  6. Gallino è prima di tutto un uomo di apparato, legato politicamente ai sostenitori incrollabili del più Europa. In quanto tale si trova nella posizione di aver compreso certe cose ma di doverle mediare con la necessità di non pestare i piedi ai vertici del partito cui risponde. Ma soprattutto di non farli apparire per quello che sono:collaborazionisti dei poteri esterni al paese. Ai quali garantiscono la realizzazione pratica del progetto neocoloniale a suo tempo deciso quale destino per l'Italia.
    Stanti le condizioni in cui si trova ad agire, Gallino non può fare altro che una rigorosissima autocensura. In caso contrario verrebbero meno le sue prospettive professionali future e probabilmente molte tra quelle attuali. Se così non fosse, non avrebbe problemi a dire le cose per come stanno, dato che ha già dimostrato di averle capite, come nella parte da lui scritta di "Oltre l'austerità". Libro che ricordo è scaricabile gratuitamente dal sito di micromega.
    Non a caso, allora, da qualche tempo ha preso a infilare una serie di ambiguità dietro l'altra nei suoi articoli che vengono pubblicati sul sito menzionato, che con tutti i miei limiti cerco di smascherare direttamente in quella sede.
    Va detto comunque che l'articolo in questione non è neppure il peggiore di Gallino, dato che qualche tempo fa ne ha pubblicato uno intitolato "Ecco dove si può creare lavoro", prima su Repubblica e poi su Micromega.
    In esso è arrivato addirittura a sostenere che la soluzione al problema italiano siano le occupazioni ad alta intensità lavorativa. Così facendo, egli finge di voler trovare una soluzione al problema delle classi subordinate e lavoratrici, suggerendo metodi che in pratica riportano al lavoro delle ferriere e ai relativi padroni, che poi è l'obiettivo del suo partito di riferimento, proprio nell'ottica del destino neocoloniale del quale si è fatto garante presso i poteri eurocratici.
    Faccio presente anche che questo post è stato ripreso dal sito Come Don Chisciotte, nel quale si è sviluppata una discussione piuttosto accesa al riguardo, con numerosi difensori d'ufficio di Gallino che hanno attaccato a testa bassa chi si è detto d'accordo con le tesi qui sostenute.

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    1. Visti. Divertenti. Devo dire che non sono nemmeno i più idioti che i miei articoli abbiano ricevuto. Le cose più stupide e insultanti le ho dovuto leggere a proposito della Siria.

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  7. caro Claudio,

    su sinistrainrete ho visto che è stato pubblicato un articolo di Bellofiore e Garibaldo, seguito da un commento di Mimmo Porcaro. La cosa continua a essere discussa in vari luoghi sulla rete, e penso che potrebbe essere molto utile rilanciare la questione qui, per affrontare uno dei nodi dialettici più nefasti, ovvero quello che tende a contrapporre le lotte sociali (e di classe) dal basso e l'opposizione all'Euro.

    La lotta paneuropea dal basso che Bellofiore va cercando, come Diogene con la lanterna, ce l'ha bella e pronta, ed è l'opposizione paneuropea all'euro. Dopo l'uscita di Lafontaine qualche mese fa non ci sono più dubbi, e invece eccolo lì ancora a dire che la questione non è euro sì o euro no ma le lotte sociali....

    saluti
    urs

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