di Fabrizio Tringali
Sciopero generale!
Questa la parola d'ordine che la Fiom ha deciso di mettere in campo per provare a mettere i bastoni fra le ruote al governo Renzi, già semi-impantanato nei meandri delle Camere, dove le tanto decantate riforme non decollano (per nostra fortuna) e dove i provvedimenti vanno avanti solo a colpi di fiducia, riducendo a zero la sovranità del Parlamento.
L'atteggiamento del maggiore sindacato dei metalmeccanici rappresenta una notizia positiva, naturalmente. Tuttavia conviene non farsi troppe illusioni, almeno per ora.
Sono ancora molte le contraddizioni che rendono troppo debole le posizioni espresse da Landini.
Basta leggere il documento ufficiale approvato dalla recente Assemblea Nazionale della Fiom per rendersene conto. Si rifiuta il jobs act (che, ricordiamo, al momento è una delega in bianco al governo, ma nelle intenzioni di Renzi esso dovrebbe riguardare non solo l'articolo 18, ma anche la possibilità di demansionamento e i controlli a distanza sui lavoratori), si critica l'austerity, si reclama un piano di investimenti pubblici e privati in tutti i settori. Tutto condivisibile, peccato che manchi uno straccio di analisi sulle ragioni che portano le istituzioni europee e nazionali a sostenere questi provvedimenti. Non una parola sull'euro o sul mercato unico. E ovviamente nessuna posizione chiara in rottura con essi.
Si critica la BCE perché impone austerity, ma ci si dimentica di specificare che si tratta di una banca “indipendente”. Che invece dovrebbe diventare “dipendente” cioè sotto controllo pubblico, perché la politica monetaria, ovviamente, condiziona le politiche economiche. Le quali, peraltro, sono di fatto decise del paese più forte, quando condividi la moneta e il mercato.
Il nemico quindi, non è solo Renzi. E la Fiom farebbe bene a prenderne atto. Se si dovesse vincere la battaglia, riuscendo a far fallire i piani del governo, la guerra non sarebbe finita, anzi, in tal caso, la potenza di fuoco usata contro i lavoratori (e contro tutti i cittadini che nella varie parti d'Italia lottano in difesa dei loro diritti, del territorio, dei beni e servizi pubblici) aumenterà. E se la troika non dovesse trovare un nuovo cavallo su cui puntare, allora proverà ad assumere direttamente la guida del paese. Sarà sempre più chiaro che per difendere i lavoratori occorre scagliarsi contro le istituzioni europee. E sempre più lavoratori rifletteranno su quanti hanno saputo dir loro la verità, e cioè che l'Italia, così come il resto dei paesi europei, per uscire dalla crisi ha bisogno del pieno recupero della sovranità politica, economica, monetaria. E su quanti invece hanno taciuto.
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