domenica 7 luglio 2013

Egitto: un golpe saudita (che potrebbe rivelarsi salutare)

Man mano che passano le ore la nebbia si dirada, e la situazione in Egitto diventà più decifrabile. A quanto pare il colpo di stato che ha portato alla destituzione e all'arresto di Mohammed Morsi è stato appoggiato, se non proprio organizzato, dai servizi segreti sauditi e degli Emirati Arabi Uniti. Lo dimostrano, al di là dei rumores, il fatto che i primi (e praticamente gli unici) paesi ad aver dimostrato apprezzamento per il cambio di regime ed essersi congratulati con il nuovo presidente Mansour sono stati proprio UAE e Arabia Saudita. Il nuovo Emiro del Qatar ha espresso le stesse congratulazioni in un tempo successivo, e a denti stretti: il Qatar infatti aveva puntato tutto sulla Fratellanza Musulmana, in Egitto come altrove, ed è considerato il soggetto politico che più ha da perdere dalla caduta di Morsi. Turchia e Tunisia protestano apertamente, temendo che lo scenario si riproponga anche da loro. Gli USA sembrano stati colti alla sprovvista, e appaiono in preda a un certo disorientamento. Dal canto suo, il ministro degli Esteri israeliano italiano, Emma Bonino, esprime costernazione e dice che l'Egitto "è a un punto di non ritorno".

Si tratta certamente di un colpo di stato, ed è certo che la reazione di molti islamisti sarà il ricorso alle armi; mossa che non sembra del tutto illegittima, visto che quanto è accaduto negli ultimi giorni è la dimostrazione patente che una "normale" dinamica democratica non può semplicemente aver luogo in Egitto. Tuttavia, non bisogna dimenticare che a rompere la legalità costituzionale è stato lo stesso Morsi, con la sua dichiarazione del 22 novembre 2012, con la quale:
  • cancellava il principio del ne bis in idem per i soggetti, sospettati di essere stati uomini di Mubarak, e che erano usciti prosciolti dai processi seguiti alla caduta del regime, e che perciò avrebbero dovuto essere ri-processati;
  • dotava se stesso di pieni poteri per la "salvaguardia della rivoluzione";
  • concedeva a se stesso una piena immunità giurisdizionale per i suoi atti;
  • negava che un qualsiasi suo atto legislativo potesse essere messo in discussione da una autorità giudiziaria, fosse anche la Corte Costituzionale.
Quindi i militari non hanno deposto un presidente democratico, ma una sorta di Faraone.  In questo senso il fato di Morsi assomiglia molto a quello di Mubarak, anch'esso estromesso dai militari in seguito a grandi manifestazioni di piazza. Se noi consideriamo quello che ha colpito Morsi un golpe, allora anche quello del 2011 lo è stato; se noi vediamo nei fatti del 2011 una rivoluzione, allora anche quella che ha rovesciato Morsi lo è.
Con una differenza non di poco conto.
Mubarak era sicuramente un autocrate con mille difetti, ma governava l'Egitto (e l'economia non andava malissimo). Morsi lo sgovernava. L'incompetenza e la sciatteria dimostrata dai Fratelli Musulmani nel loro periodo di governo non ha eguali nella storia recente del mondo arabo. Conseguentemente, l'economia è colata a picco.

Oggi le uniche cose che possono salvare gli egiziani dalla carestia (non esagero) sono la stabilità politica, e un forte afflusso di capitali esteri a fondo perduto. Entrambe le condizioni possono avverarsi con l'intervento dell'Arabia Saudita, che però non può tollerare di sostenere finanziariamente un governo retto dalla Fratellanza (il cui fine ultimo e strategico, lo ricordiamo, è proprio "liberare" la "terra santa" islamica, ossia Medina e la Mecca, dall'usurpazione dei Saud). C'è solo da sperare che l'Egitto non precipiti in una guerra civile in stile algerino, che darebbe luogo a una tragedia ancora più orribile di quelle occorse al Libano, all'Iraq, alla Siria.

In ogni caso si tratta di tempi duri per la Fratellanza. Il loro punto di riferimento teorico e spirituale, Yusuf Al Qaradawi, è stato appena espulso dal Qatar, da cui attraverso l'emittente Al Jazeera lanciava sermoni estremisti e pro-Fratellanza; e il movimento ha anche perso la guida dell'opposizione siriana all'estero a favore del candidato filo-saudita (la cui fazione, giova ricordarlo, è guidata da un cristiano marxista, Michel Kilo). Il 2011 è stato l'anno di grazia della Fratellanza, grazie all'aiuto e al sostegno del Qatar e degli USA (e in certi casi anche dell'Iran). Il 2013 sembra davvero che possa rappresentare il loro annus horribilis. (C.M.)



1 commento:

  1. rinnovo i complimenti per le tue analisi

    la mancanza di progettualità degli Stati Uniti è impressionante

    l'asse della fratellanza Turchia-Egitto, nel lungo periodo, metteva in discussione il ruolo americano nella regione, ma anche un Egitto pienamente saldato ai sauditi, benché all'apparenza più vicino all'ordine tradizionale, rimette in discussione i rapporti di forza dentro al patto tra la potenza imperiale e i potentati locali

    senza soldi, l'Egitto entra in una spirale già vista, in cui i laici fanno politiche da Washington consensus, e i fratelli sembrano il partito del welfare (e mi pare che alcuni segnali già vadano in questa direzione)

    se i soldi arrivano, si possono saldare nuovi blocchi, e le cose entrano in una fase nuova, ma a questo punto il vecchio ordine regionale è andato

    saluti
    Urs

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