di Fabrizio Tringali
Nei giorni scorsi molti quotidiani hanno dato risalto all'intervista che Francois Hollande ha rilasciato all'ANSA.
Il candidato socialista alle presidenziali francesi ha lanciato un chiaro appello all'Italia: “lavoriamo insieme per cambiare il fiscal compact europeo”.
Possiamo sperare che la sinistra europea decida di smettere di sostenere politiche di rigore ad austerità che determinano la recessione, o si scagli con tutte le sue forze in difesa dei ceti sociali più deboli, del diritto dei lavoratori di non essere arbitrariamente licenziati, della possibilità di una pensione decente per tutti?
Sembrerebbe proprio di no.
Hollande, infatti, non ha nulla contro i contenuti del fiscal compact. Solo che gli pare incompleto, e vuole includervi un capitolo sulla crescita economica, che contempli, ad esempio, la possibilità di finanziare grandi infrastrutture tramite project bonds europei.
In sostanza Hollande non offre nessuna soluzione alla crisi, e si limita a dare una spintarella alla TAV, incurante del fatto che lista di motivazioni per cui sarebbe assolutamente folle costruirla è interminabile, e cresce ogni giorno.
Peraltro, se Hollande volesse davvero cambiare il fiscal compact, potrebbe fare una cosa semplicissima: non votarlo quando il Parlamento sarà chiamato a ratificarlo. Cosa che potrebbero fare anche i partiti del centrosinistra sinistra italiano, e che ovviamente non faranno.
Alla sinistra il fiscal compact piace, e non vi è nessuna ragione per ritenere che uno spostamento “a sinistra” dei governi europei possa determinare un modo diverso di affrontare la crisi da parte dell'UE.
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