martedì 1 maggio 2012
Un motivo di conforto
Nelle discussioni politiche torna sempre, in un modo o nell'altro, il "tormentone" dell'unità della sinistra (o delle sinistre). Ci sono svariati argomenti politici che potrebbero essere portati contro questa idea, ma qui vogliamo concentrarci su un argomento di tipo in senso lato sociologico: l'unità della sinistra, infatti, sarebbe necessariamente espressione di una ben precisa realtà socioculturale, quella del "popolo di sinistra", che infatti chiede sempre a gran voce una tale unità. Ora, un punto fondamentale per capire la realtà dell'Italia contemporanea è la comprensione della totale negatività
che ha, oggi in Italia, il "popolo di sinistra".
Non possiamo spiegare qui distesamente le nostre tesi (per le quali si veda ad esempio "La sinistra rivelata", M.Badiale e M.Bontempelli, Massari 2007), e ci limitiamo quindi ad enunciarle in modo sintetico. Il "popolo di sinistra" è definito esclusivamente da un senso di appartenenza: l'identità di sinistra non ha infatti precisi contenuti intellettuali o etici. “Essere di sinistra” ha significato, in momenti diversi, le cose più diverse: fare riferimento a Marx oppure combattere il suo pensiero o semplicemente ignorarlo, essere a favore dell'intervento statale in economia o contrastarlo, essere a favore dell'eguaglianza oppure favorire politiche nettamente anti-egualitarie. E si potrebbe continuare a lungo. In mancanza di un chiaro contenuto intellettuale o etico, “essere di sinistra” significa semplicemente appartenere alla parte della popolazione che fa riferimento ad un particolare ceto politico-giornalistico, a prescindere dai contenuti concreti che tale ceto porta avanti nella sua azione.
Questa centralità dell'appartenenza, nella definizione del “popolo di sinistra”, non è stata sempre negativa, perché per un lungo periodo un tale senso di appartenenza si è riferito ad organizzazioni politiche e sociali portatrici di una politica che favoriva la crescita di importanti valori di civiltà. Il punto è che le forze politiche di riferimento del "popolo di sinistra" hanno smesso, da almeno trent'anni, di avere un simile carattere progressivo, e hanno iniziato a condurre politiche distruttive e regressive. Il "popolo di sinistra", invece di abbandonare tali forze, che da decenni praticano politiche che smentiscono tutti i valori fondamentali ai quali le persone di sinistra dicono di ispirarsi, ha continuato a ribadire la propria appartenenza, mostrando quindi come quei valori siano per esso solo una vuota retorica. Da qui vengono tutte le contorsioni intellettuali, un po' ridicole e un po' ripugnanti (su di esse Fabrizio ha ironizzato in questo blog), alle quali si lasciano andare le persone di sinistra per non prendere atto della realtà, cioè del fatto che le loro forze politiche di riferimento (soprattutto il PD, ma non solo) rappresentano la negazione più evidente di tutti i loro valori e devono essere combattute con intransigenza da chi dica di ispirarsi a quei valori.
Il popolo di sinistra è in sostanza uno dei maggiori ostacoli ad una vera lotta anticapitalistica in Italia, e, se non vogliamo tirare in ballo l'anticapitalismo, diciamo allora che è il maggiore ostacolo ad una seria lotta in difesa degli interessi dei ceti medi e bassi di questo paese, oggi aggrediti con inusitata violenza da un governo che piace a sinistra perché Monti "ci ha salvati da Berlusconi". Ma poiché i ceti medi e bassi sono appunto quelli che contribuiscono a formare il popolo di sinistra, alla fine risulta che tale popolo sta contribuendo alla propria autodistruzione. Per quanto grande sia la forza dell'ideologia, ci sembra infatti impossibile che il legame (emotivo e affettivo, e privo di ogni serio contenuto intellettuale) del “popolo di sinistra" con il proprio ceto politico di riferimento, possa resistere ad un attacco ai livelli materiali di vita di questo stesso popolo, come quello attualmente in corso.
Nella tristezza del presente, e nell'angoscia del futuro, è questo un elemento di consolazione: la scomparsa del popolo di sinistra, scomparsa ovviamente intesa non come dipartita dei singoli individui che lo compongono, ma come fine della loro superficiale ideologia e del loro inguaribile senso di appartenenza, è uno dei pochi motivi di conforto per il futuro.
(Marino Badiale)
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