lunedì 1 ottobre 2012

Ancora un tradimento dei chierici?

Per dare un po' di concretezza al nostro discorso sulla cultura contemporanea, discutiamo un esempio specifico: questo articolo di Etienne Balibar, pubblicato sul “Manifesto” qualche giorno fa.
Balibar non ha certo bisogno di grandi presentazioni: allievo di Louis Altusser, coautore di un testo classico del marxismo degli anni Sessanta come “Leggere il Capitale”, è davvero un “grande intellettuale di sinistra” se mai ve n'è uno.

Ebbene, cosa  ha da dire un simile personaggio sul tema, oggi così pressante, dell'UE e della sua crisi? Nella sostanza, nulla. Leggendo l'articolo, si vede che il punto fondamentale del discorso di Balibar è la richiesta di un'Europa che sia capace di maggiore democrazia, addirittura maggiore di quella dei singoli Stati nazionali. E chi potrebbe opporsi a una simile lodevole invocazione? Solo che a questa nobile concione manca completamente l'esame delle forze reali in campo. Chi mai realizzerà questa democrazia europea, visto che l'attuale antidemocratica UE è l'espressione dei ceti dirigenti europei, che non solo non intendono rendere più democratica l'UE, ma anzi stanno usando la crisi come clava per espropriare gli Stati di quel poco di democrazia che ancora esprimono? A questa domanda Balibar non può rispondere, perché non c'è risposta. Balibar si rende vagamente conto del problema, cioè del fatto, più volte ricordato in questo blog, che non c'è un “popolo europeo” che possa lottare per una maggiore democrazia  nella UE, nel modo in cui i vari popoli europei hanno lottato in passato per una maggiore democrazia nei diversi Stati. Ma Balibar liquida questa difficoltà con un semplice passaggio

Il demos non preesiste come condizione della democrazia, ne deriva come un effetto

Una buona battuta, che purtroppo non risolve nessun problema: se il demos deriva dalla democrazia e non viceversa, da cosa deriverà mai la democrazia? A Balibar non importa, ovviamente. Non gli importa la realtà, ed egli coerentemente ne evita ogni analisi: non dice nulla sui rapporti di forza reali all'interno dell'UE, sul modo in cui le varie iniziative legislative (come il fiscal compact) stanno espropriando i Parlamenti nazionali di ogni residuo potere (e quindi i popoli di ogni residua democrazia), non dice nulla sul problema degli squilibri economici interni all'eurozona che stanno mettendo in crisi l'euro, e di come i ceti dirigenti stanno utilizzando questa crisi per distruggere le conquiste dei lavoratori (ed è anche questo, ovviamente, un attacco alla democrazia).
Per dirla nel modo più chiaro, articoli come questo sono pura fuffa.
Resta il problema di capire come mai intellettuali di valore come Balibar si prestino a scrivere simili cose. Ci possono essere molte spiegazioni, ma qui intendiamo sottolineare una ragione strettamente logica. Balibar, come la stragrande maggioranza della sinistra (intellettuali, militanti, elettori) non può mettere in questione l'UE. Può chiederne il cambiamento, la riforma, la rifondazione, quello che si vuole, ma non può prendere in considerazione l'ipotesi della sua negazione. Ma poiché le possibilità concrete di una rifondazione in senso democratico dell'UE sono inesistenti, Balibar non può dire di niente di concreto ed è costretto quindi a produrre la fuffa di questo articolo.
In questo non c'è nulla di particolarmente sorprendente. Il vuoto intellettuale di questo articolo è del tutto simile a quello che si vede negli infiniti dibattiti sulla “sinistra”, sul suo ruolo, il suo futuro ecc., che sentiamo fare da decenni a questa parte. E le ragioni sono le stesse: chi discute dei cambiamenti necessari perchè la sinistra torni ad essere legata ai propri ideali di giustizia sociale, torni a difendere gli interessi dei ceti medi e bassi, rifiuta di prendere in considerazione l'idea che tutto questo sia oggi semplicemente impossibile, e non si confronta con l'ipotesi che oggi la sinistra “realmente esistente” sia nemica dei ceti popolari, esattamente come la destra. Ma poiché le cose stanno proprio così, poiché oggi una politica emancipativa non può che passare attraverso l'attacco alla sinistra (e alla destra), le discussioni sul futuro della sinistra diventano pura fuffa, oltretutto molto noiosa.
Insomma: chi non vuol vedere la realtà, la realtà dell'UE o quella della sinistra, è costretto a produrre fuffa.
Quello che è successo agli “intellettuali di sinistra” sembra dunque sia proprio questo: hanno scelto la propria appartenenza (il proprio essere appunto “di sinistra”) rispetto all'onestà intellettuale che impone di analizzare la realtà senza pregiudizi. E di questo ennesimo “tradimento dei chierici” hanno pagato il prezzo in termini di scadimento intellettuale.
(M.B.)

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