sabato 26 gennaio 2013

E' vero che in Germania si guadagna più che da noi, o è vero che si contengono i salari?

di Fabrizio Tringali
Il blog byoblu.com (con il quale ho il piacere di collaborare) ha recentemente pubblicato un video in cui si sostiene che il "costo della vita" in Germania è inferiore a quello italiano, mentre gli stipendi sono di gran di lunga superiori. Sembra così avallata la tesi che vede nella nazione tedesca il modello da seguire per superare la crisi economica che ci affligge.
Abbiamo già parlato di quanto sia falsa l'idea che in Germania si guadagni il doppio rispetto all'Italia.
I contenuti di questo filmato ci offrono ulteriori spunti per sfatare ulteriormente quelli che, in realtà, non sono altro che luoghi comuni, spesso usati per mascherare le reali ragioni della crisi.

Dunque, il video mostra come molti beni di consumo vengano venduti a prezzi inferiori rispetto a quelli praticati in Italia. Probabilmente questo è vero, anche se magari non è così dappertutto. Certamente potremmo trovare supermercati italiani dove molta merce risulta più a buon mercato rispetto a negozi tedeschi.
Ma non è questo il punto. Ciò che conta è che in Germania i prezzi crescono meno che da noi. Su questo non ci piove. Noi, critici dell'euro, non facciamo quasi altro che sottolineare questo fatto, perché è su questo che si è costruita la maggior competitività della Germania rispetto a noi (che è il motivo per cui siamo in crisi, dato che avendo lo loro stessa moneta, non possiamo difenderci svalutando).

La questione centrale diventa quindi quella di capire come ha fatto la Germania a far crescere meno i suoi prezzi. Lo ha fatto contenendo i salari e comprimendo, così, la domanda interna (una bassa domanda interna frena l'aumento dei prezzi).
E qui casca l'asino. Il video infatti afferma il contrario: si parla dello stipendio della cassiera del supermercato (1800 euro, che non è certo alto se è lordo, ed anzi è davvero basso se la signora ha una alta anzianità di servizio), degli stipendi medi (che sono effettivamente alti), e del premio di produzione della Volkswagen.
Il fatto è che se guardiamo agli stipendi degli operai specializzati, dei lavoratori assunti magari 20 anni fa (quindi con lunga anzianità e garanzie contrattuali), probabilmente troveremo che molti di essi stanno meglio dei corrispettivi italiani.
I loro salari alzano la media totale.
Ma questi lavoratori non rappresentano che una parte del mondo salariato tedesco. E, prevalentemente, non è su di loro che si è scagliata la mannaia delle tanto decantate (dalla UE) riforme del lavoro introdotte in Germania.

E' sui giovani, che cercano per la prima volta un  lavoro, oppure sui meno giovani che lo perdono, che si concentra l'aggressione ai diritti e ai salari. E' soprattutto grazie a loro che la Germania vanta la più alta quota di lavoratori a basso reddito di tutta l'Europa occidentale (il 22.2%).
Ecco perché, nonostante sia vero che esistano lavoratori tedeschi con alti stipendi, è del tutto corretto sostenere che la Germania abbia aumentato la propria competitività mantenendo bassa l'inflazione grazie al contenimento delle retribuzioni.
Chi dovesse avere ancora dubbi, ma non avesse voglia di leggersi la documentazione che abbiamo pubblicato, si fidi almeno delle parole del Commissario UE agli Affari Sociali (la Germania ha tenuto i salari troppo bassi rispetto al resto d'Europa) e di quelle di Roland Berger, "superconsulente" di Angela Merkel (sono i sacrifici dei lavoratori tedeschi ad aver permesso di abbassare i costi dei prodotti tedeschi e guadagnare competitività). 

12 commenti:

  1. Ciao

    Ma non e' un modello in senso assoluto e non contraddice neanche quello che dici su austerita' e contenimento dei salari, hanno semplicemente margini di manovra piu' ampi partendo da una situazione migliore. Per quanto riguarda i prezzi piu' bassi la chiave di lettura dal mio punto di vista, e' che si vuol capire quali sono le ragioni alla base del fenomeno, per esempio una potrebbe essere la lunghezza della catena di distribuzione con troppi intermediari, ma troppi intermedaiari vuol anche dire sfruttamento di rendite di posizioni frutto di clientelismo e non di apporto di surplus, forse e dico forse che ragioni della nostra minore efficenza vadano cercate in casa nostra? (Vabbe' scusami mi e' uscita un po' ironica ma non vuole essere affatto irriverente )
    Voglio dire abbiamo un caso da studiare, analizzare e verificare se puo' fornire soluzione applicabili al nostro contesto. Detto questo mi sembra che sia tu che hai detto, o corregimi se sbaglio, che i paesi Europei hanno firmato trattati di non concorrenza che vieterebbero, in questo caso, il dumping sociale quindi i salari se di partenza in Germania sono alti debbono rimanere tali, punto su cui sono sicuro che anche i Tedeschi sono d'accordo, o almeno il 99%, e che consentono facendo ed avendo la forza di farli rispettare(ndr i trattati), di attaccare lato tedesco il divario di questa forbice

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    1. In casa nostra ci sono moltissime cose che non vanno, questo è sicuro. Ma sono le stesse cose che non andavano già dieci anni fa (e anche ben prima). Non sono queste ad averci fatto entrare in crisi. Quel che ci ha fatto entrare in crisi è la politica di contenimento dell'inflazione praticata in Germania, tramite la moderazione salariale. Perché queste politiche sono praticate da un Paese con cui condividiamo la moneta.
      Finché non ci liberiamo di queste, che sono le cause principali della crisi, non risolveremo un bel nulla in casa nostra. Sprofonderemo sempre più nell'abisso.
      Non ho mai detto né scritto che i Paesi europei non si fanno concorrenza, dato che la realtà è l'esatto contrario. I trattati europei obbligano alla iper-concorrenza. Ognuno deve combattere contro gli altri. Apri un qualsiasi documento ufficiale di un vertice europeo. Vi troverai all'inizio l'affermazione che l'Europa deve restare un mercato ad altissima competitività.

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  2. Io lavoro in Germania da due anni e a parità di lavoro/mansione guadagno il doppio (da premettere che ho meno di trenta anni). La vera differenza è che qui la gente prima di spendere pensa e pianifica, in Italia si vive ormai da cicale senza pensare al futuro.
    E chi dice che chi si affaccia ora sul mondo del lavoro è sottopagato in Germania, omette un altro aspetto: chi si affaccia oggi sul mondo del lavoro in Italia non trova nulla. Non è una differenza sostanziale questa?

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    1. Ricordiamo di firmare, anche con un nickname, i commenti

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    2. Caro lettore,
      in questo blog, in quello di byoblu e in molti altri, lei può facilmente trovare altre testimonianze come la sua. Così come trova moltissime testimonianze contrarie (bassi salari, precariato, etc...). Molto probabilmente quasi tutte sono vere. La situazione è variegata. Ma come lei stesso può facilmente immaginare, ciò che conta è la dinamica nel suo complesso. Ed essa è spiegata e documentata nei post che abbiamo pubblicato: in Germania si comprimono i salari. E' un fatto.
      L'affermazione per cui in Italia si vivrebbe da cicale senza pensare al futuro è offensiva e razzista, oltre che evidentemente falsa. Non merita ulteriori commenti.
      Per quanto riguarda la mancanza di lavoro, dobbiamo ringraziare la UE e le politiche di austerity che ci sono imposte. Le riforme alle tedesca peggioreranno ulteriormente la situazione.

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    3. Le famiglie italiane hanno (o almeno avevano fino all'anno scorso) la più alta tendenza al risparmio dell'eurozona.

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    4. @anonimo
      Direi un esemplare ragionamento da "camicia bruna" il suo! Mi raccomando ci resti in Germania. Fa un piacere a se stesso e ne fa due a noi!

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  3. C'è una cosa che non capisco della Germania. Ma se è vero che i loro stipendi sono più alti dei nostri, se è vero che la vita in Germania costa di meno che da noi, allora vuol dire che sono 2 volte più ricchi, sia in termini monetari che reali. E allora com'è che questa ricchezza non si vede? Come è possibile che questa ricchezza non si riversi sul mercato interno ed estero facendo crescere i consumi e le importazioni? Hanno forse capacità produttiva inutilizzata? O forse andrebbe svolta una indagine approfondita sulla distribuzione della ricchezza in quel paese, non vorrei che fosse una sparuta minoranza a tirar su la media...

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  4. Non avendo delle basi di economia faccio sto facendo un pò di fatica a capire il problema.
    Scrivo questo post perchè ho bisogno di fissarmi le idee e anche perchè vorrei avere un feedback per essere sicuro di avere capito bene.
    Ricapitolando, Fabrizio:

    1. la politica tedesca basata sulla precarizzazione e sul contenimento del costo del lavoro (salari/stipendi) ha come risultato il fatto che c'è una grande massa di cittadini tedeschi (soprattutto giovani, neo-immessi nel mercato del lavoro) che alla fine del mese hanno pochi soldi (basso reddito) e spendono poco (contenimento del costo del lavoro = contenimento della domanda interna), e questo fa si che i prezzi dei beni e servizi non crescano troppo (contenimento del tasso di inflazione).

    2. A questo punto scatta la "maggiore competitività" della Germania rispetto all'Italia (secondo me questo è un punto un pò delicato da capire per chi si avvicina come me da neofita alla questione ed è il punto dove alcuni mollano il filo del discorso ritornando alle opinioni dominanti e più rassicuranti).
    Quello che capisco io è: la maggiore competitività significa che un bene prodotto in Germania costa di meno del bene omologo prodotto in Italia. E quindi i tedeschi vendono più facilmente (anche a noi magari), e noi non vendiamo anzi compriamo (da loro magari).
    Ho letto nel tuo articolo "Quello che sta per succedere e perché" che una misura della competitività di un paese è il Saldo conto corrente/PIL(*100), ed effettiamente questo non l'ho capito molto bene.
    Il succo del discorso, comunque, credo che sia che la Germania si arricchisce con le vendite, noi ci indebitiamo per comprare.
    La Geramania accumula un surplus, l'Italia invece si indebita.


    3. L'Italia, allo stato attuale, non può difendersi da questo indebitamento perchè, condividendo la stessa moneta della Germania - ovvero l'euro - non è libera di stampare nuova moneta da immettere in circolazione così da poter svalutare rispetto alle altre monete (questo è il tema della perdita di sovranità monetaria).
    Se avessimo le lire, infatti, per comprare beni italiani servirebbe ovviamente la moneta italiana e quindi chi vuole acquistarli dovrebbe in primis acquistare moneta italiana il cui "prezzo" in termini di tasso di cambio diminuirebbe nel momento in cui aumenta la quantità di moneta italiana in circolazione.
    Quindi se potessimo svalutare potremmo far diventare i beni tedeschi meno convenienti e far tornare la nostra produzione domestica ad essere più competitiva.
    Il "prezzo" da pagare sarebbe un aumento del tasso di inflazione interno, in modo non proporzionale alla svalutazione verso l'esterno.
    Ma questo è il tipo di criticità di cui si deve occupare una qualsiasi politica monetaria, che noi però non possiamo in nessun modo adottare.

    4. Il fatto che il prezzo dello stesso bene prodotto in Germania sia più basso di quello prodotto in Italia dipende proprio dalla politica di contenimento dei salari: un basso costo del lavoro si traduce in un prezzo basso dei beni servizi che vengono prodotti.

    Ho centrato il discorso?
    Massimiliano.

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  5. Ora Fabrizio ti risponderà da par suo, ma a me sembra che tu abbia colto bene i termini della questione. Un unica osservazione al punto 3: in realtà non è necessario pensare ad una banca d'Italia che emette moneta al fine di svalutarla; basta considerare che, in regime di cambi flessibili, la minor domanda di beni italiani, derivata dalla minore competitività, comporta una minore domanda per lo strumento di pagamento necessario a procurarsi i beni italiani, nelle nostre intenzioni la Lira. A minore domanda segue in genere un abbassamento di prezzo, con un conseguente effetto di riequilibrio che "aggiusta" la bilancia commerciale del paese precedentemente in deficit.

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  6. Ci sono due paesi: A e B.

    Per ogni 100 persone tra i 15 e 64 anni, il paese A offre meno di 56 posti di lavoro, mentre il paese B ne offre più di 72 (+16/100).

    Ma attenzione: dei posti di lavoro aggiuntivi che il paese B è in grado di offrire, ca. 2/3 sono part-time, con una media di 18-20 ore di lavoro a settimana.

    Il salario di questi impieghi part-time è piuttosto basso, nell’ordine dei 450 €, ma viene integrato da un reddito minimo di cittadinanza. Principalmente si tratta di posizioni poco qualificate nell’ambito dei servizi (es. distribuzione commerciale, ristorazione, assistenza, pulizie etc.). Non è molto, ma per una parte di quei lavoratori va bene così, perché si tratta di studenti o di donne che dividono il loro impegno tra lavoro e famiglia. Per gli altri lavoratori che aspirerebbero ad un’occupazione a tempo pieno (verosimilmente la maggioranza), va comunque meglio che nel paese A dove mancano sia il lavoro che le forme di sostegno al reddito.

    Passando a considerare i lavoratori a tempo pieno, il paese B offre oggi salari superiori in media del 30% rispetto a quelli del paese A, con un costo della vita confrontabile, oltre ad una legislazione del lavoro non meno tutelante di quella del paese A.

    Negli ultimi anni i salari del paese B sono cresciuti poco o niente in termini reali, ma l’occupazione ha tenuto ed anzi è aumentata. Nel paese A i salari reali sono invece cresciuti un po’ di più anche se adesso stanno flettendo, a causa della recessione e dell’aumento della disoccupazione.

    Secondo voi i lavoratori che vivono nel paese B sono disposti a fare cambio con quelli del paese A ?

    Un cordiale saluto.
    Emilio L.

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  7. Interessante. Certe cose è meglio saperle.

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