venerdì 6 giugno 2014

Amici del futuro/2: Jean-Claude Michéa.


J.C. Michéa, Il vicolo cieco dell'economia, Elèuthera.

È bello scoprire di non essere soli nell'universo. Solo da poco ho avuto occasione di leggere questo piccolo libro del filosofo francese Michéa, uscito in Francia nel 2002 e in Italia nel 2004, e vi ho trovato una serie di riflessioni in forte assonanza con quanto Bontempelli ed io abbiamo elaborato negli ultimi anni. Il fatto che autori diversi arrivino in maniera del tutto indipendente a conclusioni simili è un buon indizio del fatto che certi concetti stanno facendosi strada.
Il punto di partenza di Michéa è la necessità di una critica radicale della nostra organizzazione sociale, le cui contraddizioni sono evidenti negli stessi discorsi ideologici ufficiali. Infatti l'apparato ideologico dominante ci presenta contemporaneamente queste due “narrazioni”: da una parte lo sviluppo tecnologico e scientifico ci offre ogni giorno nuovi progressi e nuove potenzialità, promettendo a breve l'avvento di un mondo in cui l'umanità realizzerà i suoi sogni secolari, e anche i sogni che non aveva mai sognato; dall'altra parte, appena si arriva alle “cose concrete”, il discorso dominante cambia di colpo e ci viene ricordato che abbiamo vissuto finora al di sopra dei nostri mezzi, che occorre rinunciare a diritti che si erano creduti acquisiti, che un lavoro stabile, una pensione dignitosa, cure mediche e istruzione universali sono ormai privilegi in contrasto con le leggi dell'economia. Come osserva Michéa,


“suppongo non sia necessario avere un carattere particolarmente ombroso o incontentabile per arrivare alla conclusione che un sistema sociale che ha bisogno di favole di questo genere per legittimare le proprie modalità di funzionamento reali sia ingiusto e inefficace nel principio stesso, e proprio per questo imponga una critica radicale” (pagg.12-13)


La radicalità della critica di Michéa investe il capitalismo ma anche i suoi oppositori, perché, dopo due secoli di esistenza della sinistra, cioè della “parte sociale” che raccoglie gli oppositori al capitalismo, occorre ovviamente chiedersi


“come può essere (..) che un movimento storico di tale portata non sia mai riuscito a rompere nella pratica l'organizzazione capitalistica dell'esistenza?”(pag.13)



La domanda è ovviamente fondamentale. La risposta di Michéa è che la sinistra era ed è partecipe dell'universo ideologico del Progresso e della Modernizzazione che è appunto quello del capitalismo. In questo modo la sinistra si è certo conquistata dei meriti nella fase delle lotte per l'emancipazione da rapporti sociali che comportavano privilegi e pregiudizi degradanti per l'essere umano. Ma oggi quella fase è finita, e la sinistra appare del tutto subalterna a un capitalismo che ha invaso ogni ambito dell'esistenza umana, trasformandola secondo le proprie esigenze di valorizzazione. Come nota acutamente Michèa


“la peggiore delle illusioni in cui oggi può cullarsi un militante di sinistra è quindi quella di continuare a credere che quel sistema capitalista che egli afferma di combattere costituisca in sé un ordine conservatore, autoritario e patriarcale, i cui pilastri fondamentali sarebbero la Chiesa, l'Esercito e la Famiglia. Se si confronta questa prospettiva delirante con ciò che abbiamo realmente sotto gli occhi, ci si rende conto che poggia su una confusione micidiale fra le differenti figure proprie allo spirito borghese (…) e allo spirito del capitalismo” (pag.30)


Lo “spirito del capitalismo” di cui parla Michéa non ha ovviamente nulla di conservatore, perchè ogni aspetto della vita umana deve poter essere manipolato e cambiato, se ciò è richiesto dalle necessità dell'accumulazione di plusvalore. La sinistra è oggi totalmente subalterna a questo meccanismo, e questo per la sua essenza di fondo, e non per incapacità o tradimento dei gruppi dirigenti. Ma dove trovare allora una via d'uscita? Michéa la ricerca negli scritti di intellettuali come George Orwell e Christopher Lasch. Non a caso, due autori non facili da classificare secondo il criterio di destra/sinistra. Lasciando da parte per il momento la discussione di Lasch (che speriamo di riprendere in un'altra occasione), l'idea fondamentale che Michéa riprende da Orwell è quella di “common decency”, che Orwell esprime nel modo seguente in una lettera citata nel libro di Michéa:


“Siamo semplicemente arrivati a un punto in cui sarebbe possibile attuare un miglioramento reale della vita umana, ma non ci riusciremo se non ammettendo l'indispensabilità dei valori morali dell'uomo comune (without the recognition that common decency is necessary)” (pag.57)


Per Michéa la common decency di Orwell è, mi par di capire, l'etica comunitaria e solidaristica dei ceti popolari, diffidente verso il culto del denaro e del successo a tutti i costi, etica che Orwell aveva avuto modo di incontrare nei ceti popolari inglesi del suo tempo.
La proposta della common decency orwelliana come base di un socialismo liberato finalmente dal mito del Progresso e della Modernizzazione, e capace appunto per questo di combattere davvero il capitalismo odierno, è certo degna di attenzione. Se mi è permessa una nota pessimistica finale, ho però il sospetto che quei “valori morali comuni” cui Orwell faceva riferimento siano oggi in crisi anche fra i ceti subalterni, proprio per la “compiuta pervasività” del capitalismo odierno, e che l'appello ad essi non possa quindi sperare di radicarsi in comunità esistenti nei fatti, ma debba essere inteso come l'invito alla costruzione di modi di vita collettiva alternativi agli attuali, e, appunto, tutti da costruire (o da ricostruire). Per questa costruzione o ricostruzione, credo saranno di grande aiuto le riflessioni lucide, profonde e ben scritte di Michéa.
(Marino Badiale)


Questo articolo appare anche sul blog Appello al popolo:
http://www.appelloalpopolo.it/?p=11478

5 commenti:

  1. Proverò a spiegare il mio pensiero su questi argomenti, utilizzando un metodo schematico, se ci riesco.
    1) La sinistra. Bisogna capirsi di quale sinistra parliamo. C’è stata una sinistra autenticamente riformista, socialdemocratica, che ha inteso accompagnare lo sviluppo capitalistico tutelando gli interessi e i diritti dei lavoratori. È una sinistra storica, che ha fatto perno sulla socialdemocrazia tedesca e del Labour Party prima maniera. L’evoluzione di questa sinistra ha condotto alla cosiddetta terza-via. Una sinistra che assume il capitalismo come dato, che si occupa di governabilità, che è ecumenica-interclassista, non è sinistra. La sinistra o è di classe o non è.
    2) Nella storia c’è stata anche una sinistra autenticamente rivoluzionaria e anticapitalista. Per semplicità la definiamo leninista. Il ruolo nella storia è stato rilevante e il suo declino nasce con lo stalinismo, il socialismo in un solo paese, la fine dell’internazionalismo. Oggi, in occidente, non esiste una vera sinistra anticapitalista. Per intenderci, la cultura di Bertinotti è socialdemocratica radicale, non anticapitalista.
    3) L’analisi di Marx della società capitalista porta a conclusioni radicali. Nel senso proprio di andare alla radice dei rapporti sociali che costituiscono la base della struttura economica e ideologica. Che questo schema di analisi sia oggi utilizzato pochissimo, a parte le dichiarazioni di principio, è un dato di fatto.
    4) Negli schemi di Marx sono contenuti tutti gli argomenti che si stanno discutendo in questo blog. Tutti.
    5) Ad esempio il progresso tecnico-tecnologico. La non neutralità della scienza è un caposaldo dell’analisi. Ad un alieno potrà sembrare paradossale che lo sviluppo straordinario della robotica, ad esempio, non conduca l’umanità a lavorare di meno.
    6) Il totem della crescita fa parte delle fondamenta dello sviluppo capitalistico. Per monetizzare i profitti è indispensabile espandere la capacità produttiva, investire i profitti e le rendite. Sempre dalla produzione delle merci occorre passare.
    7) La necessità genetica del Capitale di espandersi spiega i motivi per cui, anche con un aumento straordinario della produttività del sistema economico, si debba faticare sempre di più. Spiega anche, molto bene, per quale motivo i rapporti capitalistici abbiamo bisogno di invadere tutte le attività umane e la soddisfazione di qualsiasi bisogno umano. Con buona pace di coloro che si battono per i beni comuni.
    8) Senza affrontare il cuore dello sviluppo capitalistico non riusciremo mai a venirne a capo. Anche se può sembrare fuori moda, è proprio il lavoro salariato il pilastro, cioè la capacità di appropriarsi della merce lavoro incorporata negli esseri umani. Con l’acquisto di questa merce, attraverso il sistema della finanza, si realizza il rapporto sociale. Il surplus è la merce acquistabile dai lavoratori in cambio di altro lavoro, cioè dell’espansione del sistema produttivo.
    9) Senza affrontare questo nodo, tutte le discussioni rischiano di essere oziose. Decrescita all’interno di un sistema capitalistico è un ossimoro, così pure la tutela della natura.
    10) Solo partendo da un’analisi corretta della realtà è possibile identificare i soggetti del cambiamento e le strategie per incamminarsi verso una civiltà più evoluta.

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  2. Interessanti anche le riflessioni di de benoist su Le complexe d'Orphée, ultimo libro pubblicato di Jean-Claude Michéa
    www.sinistrainrete.info/teoria/3729-alain-de-benoist-socialismo-ne-sinistra-ne-destra.html

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  3. Perché l'accumulo del "capitale", che sia acqua, cibo, terra o qualsiasi altra cosa che possa essere accumulata, anche quella virtuale come la "moneta", è stato e ancora sarà il sistema che ha permesso all'uomo di intraprendere la strada dell'emancipazione dalle necessità primarie quotidiane con tutto quel che ne è conseguito; comprensione del tempo e della capacità di prevedere, consapevolezza etc etc.

    Non bisognerebbe farsi ingannare dalle dimensioni e dalla complessità delle società moderne, le linee guida della vita biologica restano quelle di sempre, accumulare beni, sia essenziali sia utili, ha permesso maggiori capacità e possibilità.
    Paradossalmente, più l'uomo diventa capace di organizzare e attuare dei sistemi complessi ma potenti e CAPACI DI MODIFICAREIL CORSO DEGLI EVENTI, più diventa schiavo di questa capacità di potenza in quanto consapevole che la stessa potenza che gli ha dato il benessere, in altre mani potrebbe cancellare lui e la sua dimensione, qualsiasi essa sia; tribù, popolo, patria, nazione, impero e tutto ciò che possa essere immaginato.

    Per sfuggire al capitalismo l'uomo dovrebbe modificarsi nel suo complesso, ma credo che siamo ancora ben distanti da tale prospettiva, quindi io accetto il "capitalismo" in quanto dato reale di ciò che siamo e non di ciò che vorremmo essere.

    La montagna non va a maometto.

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  4. ecco perchè prevalgono la destra del FN in Francia e la Lega in Italia: si sono fatti portavoce della "common decency" delle classi subalterne, e oggi sono loro che vengono visti da queste ultime come i loro veri difensori nei confronti di un sistema economico, incarnato nell'UE e nell'euro, che spinge per lo smantellamento delle istituzioni nazionali democratiche, indicate dallo studio di JP-Morgan come il vero ostacolo allo sviluppo ulteriore del capitalismo.

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    1. Quella di cui si fanno portavoce FN e Lega è la comune indecenza di alcuni strati piccolo-borghesi e popolari. Questo è un sistema che produce odio; chi è in grado di dirottare l'odio su bersagli lontani dal grande capitale è premiato dal sistema.
      Ah, comunque lo studio di JP Morgan indicava nelle costituzioni antifasciste l'ostacolo per la tenuta dell'euro. Così, per essere più precisi.

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