Proseguo le riflessioni di qualche tempo fa. Lo spunto questa volta è la lettera di un lettore riportata in un post di Goofynomics. Il lettore riporta una discussione con una ragazza che lavora in un bar:
“scherzava sul fatto che se le dovesse prendere l'influenza non potrebbe mettersi in malattia visto la carenza di personale. Carenza dovuta, a suo dire, alla mancanza di voglia e serietà delle persone che non vogliono fare quegli orari. 'Ste ragazze lavorano 8-10 ore al giorno per 6 giorni a settimana. Il turno la mattina inizia alle 5. La sera finisce alle 22-23. Quando faccio notare che forse 800 euro al mese (perché questo è il loro stipendio!) non sono adeguati al carico di lavoro che viene svolto, la barista ha aggredito me, me!, dicendo che se lei può fare questi orari con questi soldi, allora non vede perché gli altri se ne debbano lamentare. Sono semplicemente svogliati.”
Mi ha colpito questo passo perché a me è successa una cosa simile, e in questi giorni stavo giusto pensando di scriverci un post. Ero seduto nell'autobus e dietro di me due signore discutevano del loro lavoro. Non ho capito quale fosse, ma sembrava avesse a che fare con l'assistenza sanitaria, non so se in una struttura pubblica o privata. Comunque, una delle due si lamentava del fatto che alcuni colleghi (o colleghe) abusavano della mutua per malattia, e concludeva con questa asserzione di valore generale “se uno ha l'influenza non ha il diritto di stare a casa”. Concedeva, bontà sua, che in caso di malattie più gravi il diritto a stare a casa poteva essere mantenuto. Questo dialogo mi lasciò abbastanza sbalordito. Posso capire che, non rendendosi esattamente di cosa succede, e dato il bombardamento mediatico cui si è sottoposti, molta gente si rassegni alla perdita dei diritti,
alla erosione dei redditi, al generale abbassamento delle condizioni di vita. Ma che tutto questo venga rivendicato come qualcosa di giusto, che si affermi con fierezza e convinzione “non voglio avere diritti!”, questo lo trovo abbastanza sorprendente. Gli oppressi hanno sempre dovuto accettare una situazione di oppressione, e ci sono sempre stati solerti ideologi che hanno inculcato loro opportune elaborazioni intellettuali giustificative dell'esistente. Ma penso sia piuttosto raro che gli oppressi approvino un inasprimento dell'oppressione stessa, che si convincano che è giusto perdere alcuni dei pochi diritti di cui potevano fruire. Almeno, non mi vengono in mente esempi. Oggi invece succede proprio questo. Certo, due indizi non fanno una prova, e ci sarebbe bisogno di approfondite ricerche empiriche per sapere se e quanto questi due esempi rispecchino il comune sentire. Ma il fatto che sei o sette anni della più grave crisi economica del dopoguerra, con il suo seguito di disoccupazione, impoverimento e disperazione, non abbiano ancora portato al coagularsi di una seria forza di opposizione politica, sembra indicare che le difficoltà ideologiche da superare sono assai serie. La cosa più inquietante è la considerazione che, se lo stato d'animo esemplificato dai due casi riportati fosse davvero quello comune, allora la crisi economica non porterebbe in nessun modo ad una sollevazione antisistemica. Se davvero la maggioranza dei cittadini condivide le opinioni nelle quali siamo incappati io e il lettore di Bagnai, il peggioramento economico, individuale e collettivo, si tradurrà in violenza reciproca, non certo in solidarietà di classe o di gruppo. Ci sbraneremo gli uni con gli altri, mentre i Caini che ci governano continueranno a rilasciare interviste.
(M.B.)
Non sono proprio in pochi a pensarla così. Recentemente sono stati pubblicati su Tuttoscuola i dati relative alle assenze degli insegnanti. Un maestro che scrive su un blog FQ li ha riportati, a mio avviso, in maniera del tutto acritica. Non erano più dati sulle assenze ma sono diventati i dati dell'assenteismo tout court, con i calabresi in prima posizione. Si è scatenato il putiferio contro gli insegnanti. Ignoranti, fannulloni, truffaldini come tutti quelli del Sud. Un commentatore diceva che le malattie devono essere dimostrabili (es. Gamba rotta). Non bastavano le decurtazioni brunettiane. Ma il concetto che si affermava era quello di una paradossale uguaglianza. I lavoratori del privato non pretendevano gli stessi giusti diritti (quel poco che ancora resiste) di chi lavora nel pubblico. Erano quelli del pubblico a dover essere penalizzati. Dovevano diventare uguali a loro. I diritti sono privilegi. Toglierli un'azione giusta, di uguaglianza. L'asportazione di democrazia di Renzi&Co è veramente di precisione chirurgica.
RispondiEliminaSì, è questa la cosa impressionante. Il fatto che un altro abbia dei diritti che io non ho si traduce non nella richiesta che anch'io abbia quei diritti, ma nella richiesta che lui perda i suoi. È di questo che parlavo nel post citato all'inizio. È stato interiorizzato l'assioma che nessuno ha più diritti, e quelli che ancora ce li hanno sono i veri nemici. Gli oppressi si sbranano fra loro. Tutto questo ci mostra la profondità della vittoria del pensiero dominante.
RispondiEliminain un articolo di La Pira degli anni 50 dal titolo " La Povera gente" contenuto in una raccolta di scritti di Federico Caffè ho scoperto una osservazione interessante in cui si afferma che "Non si può chiedere alla popolazione la virtù (intellettuale) in mancanza di un certo grado di benessere"; ora non siamo ai livelli di povertà degli anni 50 ma le condizioni economiche stanno velocemente peggiorando e vengono avvertite dalla popolazione; in questo clima ovviamente le contraddizioni e le segmentazioni semprte esistire tra pubblico e privato vengono a galla e si fanno sentire; la questione comunque non è se tifare o no per la soppressione dei diritti di alcune fasce di popolazione ma risolvere la diseguaglianza mai superata tra i vari settori del mondo del lavoro a cui ne la sinistra storica ne il sindacato hanno mai cercato di porre fine uniformando i contratti al rialzo, quindi non siate ingenui, i nodi non risolti stanno venendo al pettine ma la responsabilità non è della popolazione che reagisce con poca virtù, presa dalla durezza del vivere, ma di quelle forze che avrebbero dovuto fare gli interessi dei ceti subalterni e invece non li hanno fatti, anzi ci hanno abbandonato in un paese che sta crollando , per ripartire dovremo prima rileggere quell'articolo e porre l'accento sui costi sociali della disoccupazione ed avere come obbiettivo soltanto il pieno impiego
Elimina“se uno ha l'influenza non ha il diritto di stare a casa"
RispondiEliminaLe signore in questione non sanno evidentemente che, parlo per il pubblico impiego, è già così. Se sto a casa un paio di giorni perché sto male, mi tagliano lo stipendio (grazie a Brunetta), per cui ammalarsi è diventato un lusso. E siccome di lussi non me ne posso permettere, se sto in piedi vado al lavoro lo stesso; e pazienza se questo significa lavorare peggio, prolungare la malattia e rischiare di contagiare qualcuno.
Se è questo quello che vogliono...
Secondo la mia esperienza si tratta di persone che generalmente non riescono a portare le proprie ragioni davanti al "padrone" a causa di limiti caratteriali quali pavidità, insicurezza ed anche meschinità. Non a caso l'attacco che generalmente portano è riferito ai "non padroni", a coloro che come loro hanno poco peso e quindi una pericolosità molto minore di quella del "padrone". Questo atteggiamento serve ad alcuni per dissimulare la loro inettitudine che viene trasformata in una specie di regola morale a cui ovviamente gli altri si dovrebbero adeguare fosse non altro per non farli apparire i lombrichi che sono e per altri per elevarsi dalla loro strutturale pochezza e nutrire il proprio ego di una vanagloria che alla fine gli farà fare la fine che meritano che generalmente si "materializza" con la frase: "Ma stai zitto/a coglione/a!!!"
RispondiEliminaStarsene a casa per l'influenza è più un dovere che un diritto. Le epidemie si contrastano, non si favoriscono.
RispondiEliminaForse è anche questo il discorso che andrebbe fatto.
Non c'è di che meravigliarsi. E' universalmente risaputo che la democrazia, quando ancora dice qualcosa, balbetta sempre l'ideologia dominante. Presso un'umanità mediatizzata la complessione fabulatoria ("ideologica" è aggettivo troppo pregiato) del gregge è determinata dai media e questi sono interamente asserviti al regime plutocratico.
RispondiEliminaSe i media volessero nell'arco di pochi mesi sarebbero in grado di riportare in auge il sacrificio umano o il cannibalismo. L'essere umano medio è una semplice macchina calibrata per replicare i comportamenti che avverte prevalere nell'ambiente circostante.
a mio parere questa realtà è già tale da anni. anzi, se dovessi dire la mia, penso che oggi più di ieri sia presente una cospicua parte del paese che dissente da questa idea della giustizia come rimozione dei diritti. mentre 10 anni fa, con la crisi che mordeva meno, era a mio parere un'idea più radicata.
RispondiEliminaora la distruzione dei diritti lascia le vittime e i loro cari spesso cambiano idea sul sistema. non capiscono perchè ma capiscono che non è giusto che un licenziato con finta giusta causa perda la casa a seguito della cosa.
quando la crisi mordeva meno questo non c'era. ulteriore prova il crollo verticale dell'affluenza...segno che sempre più persone non credono più a questa rappresentazione della realtà.
del resto se davvero gli italiani fossero tutti di partiti che predicano la rimozione dei diritti ce ne sono a bizzeffe no?
il punto è piuttosto il nostro scoramento. nostro intendo dei consapevoli della situazione...che ci rende insofferenti e dunque notiamo maggiormente fenomeni di questo tipo. posizioni del genere. che cmq stridono ancora di più oggi perchè contornate dall'evidenza del disastro cui hanno portato....
la realtà è che il problema è l'assenza di opposizione politica.
in Italia, come solito, stiamo particolarmente male da questo punto di vista per due motivi:
- il M5S quando ha avuto la possibilità di far saltare il sistema (rielezione di Napolitano) ha preferito disperdere la piazza e diventare un partito sostanzialmente inutile che si basa su persone poco competenti e dunque inconcludenti. il problema della cosa è che l'elettorato di idee antisistema è in parte (perchè sta anche qui confluendo nell'astensione) bloccato dal tappo che il movimento, magari in buona fede, è diventato.
dunque la via dal basso, come in Spagna, è preclusa fino alla disgregazione finale del movimento.
- la via dall'alto è ugualmente preclusa, perchè i partiti già esistenti e strutturati che potrebbero e parrebbero più affini per tradizione a un opposizione all'esistente sono tutti stati parte della sinistra acritica pro-UE italiana....in vari modi ma hanno TUTTI portato la bandiera della UE. cosa che in altri paese non è successo. a mio parere perchè il capitale agì tirando dalla sua le socialdemocrazie...in Italia la socialdemocrazia non c'era....c'era il PCI....che si spostò infatti da partito con referenze a Mosca a partito di dialogo con gli USA. e chiunque sia stato compagno di viaggio di quella Storia è per forza di cose oggi impresentabile al grande pubblico, anche quello consapevole, come alternativa.
anche le forze che vorrebbero opporsi....non sanno come farlo praticamente. una volta fatto terra bruciata ai solo da ricercare l'appoggio dell'oligarchia. perchè il popolo ti ha disconosciuto.
in Francia ad esempio, il FN non è mai stato compromesso col sistema e dunque sta riuscendo nella sua operazione di normalizzarsi diluendo le sue radici fasciste agli occhi dei francesi. questa cosa non è possibile per i partiti potenzialmente anti-sistema italiani. dunque anche la via dall'alto è preclusa.
rimane l'intervento esterno. il clima politico cambia, Tsipras ha l'appoggio addirittura di Obama (!) e questo indica che a breve ci sarà un rivolgimento continentale. questo potrebbe creare gli spazi per la nascita di una forza politica davvero socialista e anti-liberista....l'importante è che chi potrebbe farne parte e dare contributo alla causa capisca che è FONDAMENTALE staccarsi dai residuati delle varie frattaglie della sinistra che fu. mi viene in mente un Brancaccio, che a mio parere ha molto potenziale politico e di opinion leader, che però resta troppo attaccato a un mondo che non ha alcun futuro.
si potrà tornare a parlare di comunismo in italia....di partito comunista venendo presi sul serio...forse tra 10 anni. questo è anche l'effetto della terra bruciata fatta intorno dalla fu sinistra.
Davvero impressionante la capacità di interiorizzazione individuale. Ma interiorizzazione di che? Del pensiero dominante, non è forse sempre stato così nella storia dell'umanità, è sul piano ideologico che si combatte la battaglia decisiva.
RispondiEliminaIn questo caso, si è interiorizzato come valore supremo la competitività in economia, e per questo ho deciso nel mio piccolo di fare controinformazione proprio su questo aspetto.
Non direi quindi che il punto siano i diritti, sono certo che ognuno si ritiene soggetto che ha dei diritti e li saprebbe ben sostenere, d esempio nel campo delel sue preferenze sessuali. Non è quindi la capitolazione complessiva del concetto di cittadino come tale portatore di diritti, ma specificamente la venerazione della competitività.
Possiamo però davvero dire che esiste una forza politica che abbia sino in fondo fatto i conti con le conseguenze della competitività, che abbia davvero condotto una battaglia per rimettere al centro l'uomo, i suoi ritmi di vita, la concezione del tempo di lavoro come tempo del dipendente e non del suo padrone?
Temo di no, alla fine anche nella sinistra più sinistra si continua a parlare di investimenti per rendere il sistema italia più competitivo, si finisce insomma per sposare la logica dell'avversario, a cui si concede il campo su cui la battaglia va combattuta.
Se insomma si cede all'ideologia dominante, non v'è poi speranza di vincere nessuna battaglia, è proprio nei fondamentali, in ciò che per essere stato da noi interiorizzato, non vagliamo più criticamente, che dobbiamo batterci, ed è per questa impresa complicata che serve un partito leninista o se preferite gramsciano, non i movimenti spontanei e spontaneisti improvvisati, tutti immersi anche loro nell'ideologia dominante.
quanto hai ragione.
EliminaConosco diversi Marxisti che parlano ancora di come "rilanciare la la competitività del sistema paese tramite nazionalizzazioni e investimenti pubblici".
e non si rendono conto che parlano col linguaggio del nemico.
a che pro continuare con questa impostazione? quando è chiaro che facendolo è come lottare contro tyson?
Tyson lo devi sfidare a scacchi....non a pugni.
Vorrei aggiungere una cosa che mi pare abbastanza importante per capire come certi ragionamenti facciano breccia. Mi pare che la pressione della quale un lavoratore/rice e' spesso vittima e il relativo volume di lavoro (sempre maggiore per ogni singola unita', come tendenza generale delle scelte padronali) a cui lo/a stesso/a e' sottoposto/a sia una decisiva chiave di lettura. Se si e' costretti individualmente a lavorare ancora di piu' di quanto gia' non si faccia quotidianamente nel caso in cui altri si "assentino" (anche per i motivi piu' giustificati e condivisibili) allora si capisce bene che i malumori (incanalati certamente dalla forma mentis inculcata quotidianamente, che fa perdere di vista le scelte prese dall'"alto") siano mirati alle altre vittime. Vittime che ci vengono presentate, come in fondo si diceva nell'articolo e nei commenti precedenti, infallibilmente dal discorso dominante se non come i carnefici, almeno come parte sostanziale del problema. La piu' semplice messa in patica del dividi et impera.
RispondiEliminaScarsella
I miserabili - perchè questi sono miserabili, non poveri - sono anche stupidi. E' sempre stato così. Terribile, ma vero.
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