Non manca, nei media più noti, qualche segnale di presa di coscienza dei problemi che stanno al fondo dell'attuale crisi dell'euro. Segnaliamo per esempio questo articolo di Galli della Loggia, sul Corriere della Sera del 12 agosto.
Galli della Loggia coglie uno degli aspetti fondamentali dell'attuale crisi. Occorre infatti partire dalla coscienza che non esistono “soluzioni tranquille”. Ogni possibile “soluzione” presenta dei costi e dei rischi, che oltretutto, a seconda delle diverse possibili scelte politiche, graveranno in misura diversa sui diversi Stati (e, aggiungiamo noi, sulle diverse classi sociali). Tutto questo non può che generare tensioni, conflitti, spinte centrifughe. Per arginare queste tensioni e impedire che esse abbiano effetti distruttivi sulla tenuta dell'Unione Europea, sono necessari vari elementi, ed uno di tali elementi è, inevitabilmente, la nascita, in tutti i cittadini UE, di un forte sentimento di appartenenza alla stessa nazione. Solo una autentica Nazione Europea può resistere a crisi come l'attuale.
Fin qui Galli della Loggia. Ci sembra difficile contestare le tesi del suo articolo. È chiaro che Galli della Loggia mantiene una posizione favorevole all'UE, e il suo articolo cerca di indicare possibili soluzioni alla sua crisi attuale. Il punto è che, sviluppando il suo ragionamento, si arriva facilmente a conclusioni opposte a quelle che immaginiamo a lui gradite. Basta infatti rilevare, come abbiamo fatto nei testi scritti assieme a Tringali (si vedano: il breve saggio pubblicato nel 2011, il libro attualmente in libreria e anche questo stesso blog ) che in questo momento non esiste nessuna Nazione Europea, e che il lavoro di creazione di una tale nazione appare un progetto impossibile da realizzare nel breve periodo e destinato eventualmente a tempi molto lunghi.
Ma poiché la crisi è adesso e poiché per risolvere veramente la crisi occorre una solidarietà nazionale europea della quale non si vede l'ombra, la conclusione è inevitabile: la crisi economica e politica attuale continuerà e porterà a tali tensioni e scontri da far crollare sia l'euro sia, probabilmente, la stessa UE.
(M.B.)
Non sono europeista. Non desidero diluire la mia nazionalità in un più grande contesto di nazioni, diverse come lingua, storia, tradizioni e cultura, e che si sono combattute per millenni. Non lo vorrei neppure se fosse quell’utopia postulata nel manifesto di Ventotene, figuriamoci in quest’unione di interessi bancari e mercantili che sta depauperando i popoli ed erodendo le conquiste sociali degli ultimi settant’anni.
RispondiEliminaNon sono affatto convinto che vivere in una nazione più grande sia meglio che in un piccolo paese. Così come non credo che democrazia e diritti siano direttamente proporzionali alle dimensioni dello stato, anzi, probabilmente è vero l’opposto.
Persino l’Italia è ancora una nazione incompiuta ad un secolo e mezzo dalla sua nascita forzata e violenta, con enormi divari tra nord e sud, figuriamoci quanto possa esserlo l’Europa.
Sono disposto ad emigrare in Svizzera, in Islanda o in Uruguay, se questo mostruoso progetto di aggregazione fosse portato a termine sopra le teste dei cittadini da una classe politica corrotta e traditrice degli interessi popolari.
Rivendico il sacrosanto diritto di oppormi con tutte le mie forze ad una scelta in cui non credo, che reputo nociva per il bene comune, per la libertà dei cittadini e per il rispetto delle tradizioni e della cultura di ciascun popolo. Scelta perpetrata da pochi ai danni dei più, con l’appoggio del capitale transnazionale e di un’informazione da questo fortemente condizionata.
Amo e ammiro gli altri popoli d’Europa, e desidero che conservino a lungo le proprie peculiarità, essendo convinto nel valore delle differenze reciproche, che con tutti i pregi e i difetti di ciascuno, costituiscono la vera ricchezza culturale del continente, da valorizzare piuttosto che da omogenizzare in un immenso mercato, utile solo al capitalismo globalizzato.
Auspico la disgregazione ineluttabile della moneta comune, che tante sofferenze sta infliggendo ai più deboli, pronto a festeggiare, il giorno che avverrà, la restituzione della nostra sovranità scippata.