di Fabrizio Tringali
Le frasi pronunciate dal Presidente del Consiglio e dal Presidente della Repubblica in occasione del 25 Aprile sono delle vere e proprie bestemmie contro la Resistenza, la lotta di Liberazione nazionale e la Costituzione della Repubblica che ne è scaturita.
Mario Monti si produce in un parallelismo fra la liberazione dal nazifascismo e quella che lui considera la necessaria liberazione da “alcuni modi di pensare e di vivere che le hanno finora impedito di pensare al futuro”.
Il capo del governo non si riferisce al malaffare, alle ruberie compiute dagli stessi partiti che lo sostengono, al circolo vizioso generato dall'intreccio fra politica ed affari, alla mostruosa evasione fiscale, al potere delle mafie. No, niente di tutto questo.
Monti se la prende coi lavoratori che si aggrappano al loro diritto di non essere licenziati. A quanti non accettano di piegare la testa di fronte alle esigenze della produzione. A tutti coloro che pensano che il sistema economico debba essere al servizio dei cittadini e non il contrario.
Le parole del premier sono uno sfregio allo spirito della Costituzione Italiana, incentrata sulla supremazia dei valori sociali rispetto a quelli economici (l'impresa privata è libera, ma non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, e deve essere orientata a fini sociali).
Napolitano, dal canto suo, invita sibillinamente le forze politiche a “confrontandosi fattivamente con il governo fino alla conclusione naturale della legislatura”. E si permette quindi di ostacolarne, per l'ennesima volta, la possibile fine anticipata, invadendo la sovranità del Parlamento.
Questo ceto politico e finanziario maleodorante celebra il 25 Aprile, e finge di onorare la Resistenza, ma sa che la Costituzione è l'ultimo baluardo rimasto in piedi contro i suoi meschini disegni. Per questo la stanno abbattendo.
La follia del pareggio di bilancio, le previste "riforme istituzionali", le proposte di modifica all'articolo 41, rappresentano il definitivo colpo di grazia contro le ultime speranze di impedire lo sgretolamento del tessuto sociale del Paese.
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