Questo interessante articolo fa luce su un
fatto non molto conosciuto dal grande pubblico, e cioè che la crescita
turca ha molto probabilmente i piedi di argilla, e che questo potrebbe
non essere del tutto estraneo a quanto sta avvenendo in questi giorni nelle strade di quel paese.
Come argutamente sostiene l'articolista, in Turchia si è creata
un'impressionante bolla immobiliare, che include anche il complesso che
dovrebbe prendere il posto del parco di Gezi. Ma noi sappiamo che le
bolle immobiliari sono un ottimo indizio dell'afflusso di capitali dall'estero; e che i capitali affluiscono nei paesi che ne hanno
bisogno, cioè nei paesi che hanno una bilancia dei pagamenti in
disavanzo.
E infatti...
Andamento delle partite correnti turche:
Per superare la cronica crisi della lira turca, Erdogan ha adottato il
cambio fisso col dollaro. Questo ha aumentato il potere d'acquisto dei
turchi, e ha di fatto sostenuto la crescita, ma al prezzo di accumulare
un debito estero di proporzioni inquietanti.
La rivalutazione della lira turca:
Il debito estero turco:
Prima o poi i capitali smetteranno di affluire (forse lo faranno già
partire dai prossimi giorni, sulla scorta delle proteste), e allora per
l'economia turca si troverà di fronte al dilemma cruciale: svalutare la
moneta o deflazionare?
Questa sommaria analisi non deve però farci dimenticare due cose:
1) la Turchia sta uscendo, e in parte è già uscita, da una situazione di
grave sottosviluppo; e da quello stato l'ha tirata fuori l'AKP, il
partito di Erdogan.
2) la Turchia comunque una scelta ce l'ha, perché il suo tasso di cambio
non è irrimediabilmente fisso come quello dei membri dell'eurozona. E
qui è istruttivo confrontare la Turchia con la Grecia: il debito estero
turco è arrivato ad un livello persino più alto, eppure non ha
attraversato una crisi economica e finanziaria paragonabile a quella
greca.
Chissà perché? (C.M)
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