martedì 13 agosto 2013

L'idea della moneta comune fa proseliti

L'idea di sostituire alla valuta unica di stampo Hayekiano una valuta comune di stampo Keynesiano continua a fare proseliti. Ecco un intervento del sociologo Frederic Lordon, apparso sul Le Monde Diplomatique, che perora tale soluzione. Oltre alla proposta, interessante è l'analisi delle deficienze delle sinistre europee, così come il ragionamento (familiare agli utenti del blog) per cui spostare il conflitto a livello sovranazionale significa regalare un immenso vantaggio strategico alle forze del capitale. Segue il testo. Solo una breve notazione. Su questo sito la proposta di Lordon viene derubricata, né più né meno, all'idea di resuscitare lo SME. Sembra tuttavia dubbio che queste siano le intenzioni del sociologo. Quel che è certo è che il meccanismo del fu SME non ha nulla a che fare con la moneta comune proposta qui, ad esempio. I due punti cardine del nuovo sistema monetario dovrebbero essere il controllo (se non il blocco) dei movimenti di capitale e soprattutto l'istituzione di una camera di compensazione degli scambi commerciali intra-europei, che costringa in paesi in surplus ad adottare politiche fiscali espansive (proposta che, a ben guardare, non ha nulla di nuovo)
 Non facciamoci ingannare dalle formule, dunque. Non si tratta di approdare ad una versione soft dell'euro, ma di costruire un sistema monetario alternativo e, sotto certi aspetti, concretamente rivoluzionario. (C.M.)

Una moneta comune per uscire dall'euro

Già oggi in Europa le stesse banconote non hanno più lo stesso valore che hanno in Grecia o in Germania. È cominciata forse l’esplosione della moneta unica? Di fronte a uno scenario di caos è possibile costruire un’uscita dall’euro concertata e ben organizzata.


Molti, specialmente a sinistra, continuano a credere che l’euro verrà modificato. Che passeremo dall’attuale euro austeritario a un euro finalmente rinnovato, progressista e sociale. Questo non succederà. Basta pensare all’assenza di qualsiasi leva politica nell’attuale immobilismo dell’unione monetaria europea per farsene una prima ragione. Ma questa impossibilità poggia soprattutto su un argomento molto più forte, che può essere espresso con un sillogismo.

Premessa maggiore: l’attuale euro è il risultato di una costruzione che, anche intenzionalmente, ha avuto come effetto quello di dare tutte le soddisfazioni possibili ai mercati dei capitali e strutturare la loro ingerenza sulle politiche economiche europee. Premessa minore: qualsiasi progetto di trasformazione significativa dell’euro è ipso facto un progetto di smantellamento del potere dei mercati finanziari e di espulsione degli investitori internazionali dal campo dell’elaborazione delle politiche pubbliche. Ergo, conclusioni: 1) i mercati non lasceranno mai che si concepisca, sotto i loro occhi, un progetto la cui finalità evidente è quella di sottrarre loro il potere disciplinare; 2) appena un siffatto progetto cominciasse ad acquisire un briciolo di consistenza politica e qualche probabilità di essere attuato, si scatenerebbero una speculazione e una crisi di mercato acuta che non lascerebbero il tempo di istituzionalizzare una costruzione monetaria alternativa, e il solo esito possibile, a caldo, sarebbe il ritorno alle monete nazionali.

A quella sinistra «che ancora ci crede», non resta che scegliere tra l’impotenza indefinita… oppure l’avvento di quel che pretende di voler evitare (il ritorno alle monete nazionali), non appena il suo progetto di ndetrasformazione dell’euro cominciasse a esser preso sul serio! Bisogna poi chiarire cosa intendiamo in questa sede per «la sinistra»: certamente non il Partito socialista (Ps) in Francia, che oramai con la sinistra intrattiene esclusivamente rapporti di inerzia nominale, né la massa indifferenziata degli europeisti, che, silenziosa o beata per due decenni, scopre solo ora le tare del suo oggetto prediletto e realizza, con sgomento, che potrebbe andare in frantumi. Ma un così lungo periodo di beato torpore intellettuale non si recupera in un batter d’occhio. E così, la corsa alle ancore di salvezza è cominciata con la dolcezza di un risveglio in piena notte, in un miscuglio di leggero panico e totale impreparazione.


Contro la moneta unica

In verità, le scarne idee a cui l’europeismo aggrappa le sue ultime speranze sono diventate parole vuote: titoli di stato europeo (o eurobond), «governo economico», o ancora meglio il «balzo in avanti democratico» di François Hollande – Angela Merkel, sentiamo fin da qui l’inno alla gioia -, soluzioni deboli per un pensiero degno della corazzata Potëmkin che, non avendo mai voluto approfondire nulla, rischia di non capire mai niente. Può darsi, d’altronde, che si tratti non tanto di comprendere quanto di ammettere. Ammettere finalmente la singolarità della costruzione europea, che è stata una gigantesca operazione di sottrazione politica.

Ma cosa c’era da sottrarre esattamente? Né più né meno che la sovranità popolare. La sinistra di destra, diventata come per caso europeista forsennata, si riconosce, tra l’altro, per come le si drizzano i capelli in testa quando sente la parola sovranità, immediatamente ridotta a «ismo»: sovranismo. La cosa strana è che a questa «sinistra qua» non viene in mente neanche per un attimo che «sovranità», intesa innanzi tutto come sovranità del popolo, è semplicemente un altro termine per indicare la democrazia stessa. Non è che, dicendo «democrazia» queste persone hanno tutt’altra cosa in testa?

In una sorta di confessione involontaria, in ogni caso, il rifiuto della sovranità equivale a un rifiuto della democrazia in Europa. Il «ripiegamento nazionale» diventa allora lo spauracchio destinato a far dimenticare questa piccola mancanza. Si fa un gran clamore per un Front national al 25%, ma senza mai chiedersi se questa percentuale – che in effetti è allarmante! – non ha per caso qualcosa a che fare, addirittura molto a che fare, con la distruzione della sovranità, non intesa come esaltazione mistica della nazione, ma come capacità dei popoli di determinare il loro destino.

Cosa resta infatti di questa capacità in una costruzione che ha scelto deliberatamente di neutralizzare, per via costituzionale, le politiche economiche – di bilancio e monetarie – sottomettendole a delle regole di condotta automatica iscritte nei trattati? I difensori del «sì» al Trattato costituzionale europeo (Tce) del 2005 avevano finto di non vedere che l’argomento principale del «no» risiedeva nella parte III, certo acquisita dopo Maastricht (1992), Amsterdam (1997) e Nizza (2001), ma che ripeteva attraverso tutte queste conferme, lo scandalo intrinseco della sottrazione delle politiche pubbliche al criterio fondamentale della democrazia: l’esigenza di rimessa in gioco e di reversibilità permanenti.

Perché non c’è più niente da rimettere in gioco, neanche da rimettere in discussione, quando si è scelto di scrivere tutto e una volta per tutte in dei trattati inamovibili. Politica monetaria, uso dello strumento budgetario, livello di indebitamento pubblico, forme di finanziamento del deficit: tutte queste leve fondamentali sono state scolpite nel marmo.

Come si potrebbe discutere del livello di inflazione desiderato quando quest’ultimo è stato affidato a una Banca centrale indipendente e tagliata fuori da tutto? Come si potrebbe decidere una politica budgetaria quando il suo saldo strutturale è predeterminato («pareggio di bilancio») ed è fissato un tetto per il suo saldo corrente? Come decidere se ripudiare un debito quando gli Stati possono finanziarsi solo sui mercati di capitali?

Lungi dal fornire la benché minima risposta a queste domande, anzi, con l’approvazione implicita che danno a questo stato di cose costituzionale, le trovate da concorso per le migliori invenzioni europeiste sono votate a passare sistematicamente accanto al nocciolo del problema.


La bolla di sapone

Ci si domanda così quale senso potrebbe avere l’idea di «governo economico» dell’eurozona, questa bolla di sapone, che il Ps propone, quando non c’è proprio più niente da governare, dal momento che tutta la materia governabile è stata sottratta a qualsiasi processo decisionale per essere blindata in dei trattati.

Come semplice esercizio intellettuale, ammettiamo pure l’ipotesi di una democrazia federale europea in piena regola, con un potere legislativo europeo degno di questo nome, ovviamente bicamerale, dotato di tutte le sue prerogative, eletto a suffragio universale, come l’esecutivo europeo (di cui comunque non si prevede quale forma potrebbe prendere). La domanda che si porrebbe a tutti coloro che sognano così di «cambiare l’Europa per superare la crisi» sarebbe la seguente: riescono a immaginare la Germania che si piega alla legge della maggioranza europea se per caso il Parlamento sovrano decidesse di riprendere in mano la Banca centrale, di rendere possibile un finanziamento monetario degli Stati o il superamento del tetto del deficit di bilancio?

Dato il carattere generale dell’argomento, aggiungeremo che la risposta – ovviamente negativa – sarebbe la stessa, in questo caso lo speriamo!, se questa stessa legge della maggioranza europea imponesse alla Francia la privatizzazione integrale della Sicurezza sociale. A proposito, chissà come avrebbero reagito gli altri paesi se la Francia avesse imposto all’Europa la propria forma di protezione sociale, come la Germania ha fatto con l’ordine monetario, e se, come quest’ultima, ne avesse fatto una condizione imprescindibile…

Bisognerà dunque che gli architetti del federalismo finiscano per accorgersi che le istituzioni formali della democrazia non esauriscono affatto il concetto, e che non c’è democrazia vivente, né possibile, senza uno sfondo di sentimenti collettivi, unico capace di far acconsentire le minoranze alla legge della maggioranza; poiché in fin dei conti, la democrazia è questo: la deliberazione più la legge della maggioranza. Ma questo è proprio il genere di cose che gli alti funzionari – o gli economisti – sprovvisti di qualsiasi cultura politica, e che però formano l’essenziale della rappresentanza politica nazionale ed europea, sono incapaci di vedere. Questa povertà intellettuale ci porta regolarmente ad avere questi mostri istituzionali che ignorano il principio di sovranità, e il «balzo in avanti democratico» si annuncia già incapace di comprendere come questo comune sentire democratico sia una condizione essenziale e di come sia difficile soddisfarla in un contesto plurinazionale.


Il controllo dei capitali

Una volta ricordato che il ritorno alle monete nazionali permetterebbe di soddisfare questa condizione, ed è tecnicamente praticabile, basta che sia accompagnato da alcune semplici misure ad hoc (in particolare il controllo sui capitali) e saremo in grado di non abbandonare completamente l’idea di fare qualcosa in Europa.

Non una moneta unica, poiché questa presuppone una costruzione politica autentica, per il momento fuori dalla nostra portata. Ma una moneta comune, questo sarebbe fattibile! Tanto più che gli argomenti validi a sostegno di una forma di europeizzazione restano, a patto ovviamente che gli inconvenienti non superino i vantaggi…

L’equilibrio si ritrova se, invece di una moneta unica, si pensa a una moneta comune, ossia un euro dotato di rappresentanti nazionali: degli euro-franchi, delle euro-pesetas, ecc. Immaginiamo questo nuovo contesto in cui le denominazioni nazionali dell’euro non sono direttamente convertibili verso l’esterno (in dollari, yuan, ecc.) né tra loro. Tutte le convertibilità, esterne e interne, passano per una nuova Banca centrale europea, che funge in qualche modo da ufficio cambi, ma è privata di ogni potere di politica monetaria. Quest’ultimo è restituito a delle banche centrali nazionali e saranno i governi a decidere se riprendere il controllo su di esse o meno.

La convertibilità esterna, riservata all’euro, si effettua classicamente sui mercati di cambio internazionali, quindi a tassi fluttuanti, ma attraverso la Banca centrale europea (Bce), che è il solo organismo delegato per conto degli agenti (pubblici e privati) europei. Di contro, la convertibilità interna, quella dei rappresentanti nazionali dell’euro tra loro, si effettua solo allo sportello della Bce, e a delle parità fisse, decise a livello politico.

Ci sbarazziamo così dei mercati di cambio intraeuropei, che erano il focolaio di crisi monetarie ricorrenti all’epoca del Sistema monetario europeo, e al tempo stesso siamo protetti dai mercati di cambio extraeuropei per l’intermediario del nuovo euro. E’ questa doppia caratteristica che fa la forza della moneta comune.

83 commenti:

  1. L'idea è tecnicamente carina, politicamente un suicidio.
    Lordon propone: "la convertibilità interna, quella dei rappresentanti nazionali dell’euro tra loro, si effettua solo allo sportello della Bce, e a delle parità fisse, decise a livello politico."
    Si ripropone così il problemino dei rapporti di forza tra nazioni all'interno delle istituzioni comunitarie europee, che ha mandato in vacca il progetto UE. Se non si è riusciti a trovare una composizione equa degli interessi quando gli Stati la sovranità politica ce l'avevano sul serio, vuoi che riusciamo a trovarla adesso che non ce l'hanno più? No, il progetto UE è sbagliato nel nucleo, e va disarticolato con un fatto traumatico, cioè con l'uscita di un paese. Sarebbe bello se l'uscita fosse concertata, ma francamente non ci credo proprio. Ecco, forse se tutto il personale UE affittasse qualche pullman e andasse in ritiro a Lourdes, forse...

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    1. Sinceramente non ho capito perché la proposta sarebbe addirittura "suicida" dal punto di vista politico. Me lo spieghi?

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    2. Sono stato un po' frettoloso, scusa. Suicida, o se preferisci impraticabile, perché dà per scontato che si possa trovare un accordo equo fra interessi confliggenti. Ma quando mai? Se si potesse, lo si sarebbe trovato già da un pezzo: nei trattati UE è già previsto che le politiche economiche siano concordate fra gli Stati. Poi però tutti gli Stati sono uguali, ma qualcuno è più uguale degli altri. Banale, ma è così.

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    3. Ah, ho afferrato. La quantificazione iniziale del tasso di cambio è un problema del tutto secondario (anche qui conta la dinamica, meno i dati assoluti). Più seria è la questione della realizzabilità del progetto. In fondo si propone una collaborazione tra paesi diversi: chi ci assicura che acconsentiranno in termini ragionevoli, e che sopratutto rispetteranno le condizioni dell'accordo? La risposta è semplice, e l'avevo gia indicata nel post Una proposta pratica per andare oltre l'euro. Nessun risultato è raggiungibile se non si è disposti a uscire dall'euro (e dal mercato unico, come acutamente nota Brancaccio) unilateralmente. L'uscita è la nostra carta al tavolo dei negoziati. Se non ci stanno usciamo, e creiamo lo spazio di cooperazione isolando la Germania. Vedrai che si convincono.

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    4. Certo. Anche se ti dirò che a mio avviso, visto il capitale politico investito nell'euro, chiunque riesca a cristallizzare la forza politica per uscire deve farlo, e basta. La trattativa serve solo per guadagnare il moral high ground, ma se viene presa sul serio serve solo a impaludarsi in mille ipotesi tecniche.

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    5. Non sono d'accordo. La sostituzione della moneta unica con la moneta comune è una soluzione molto migliore della semplice abolizione dell'euro. La prima consente di cogliere molte opportunità che la seconda lascia in ombra; la seconda comporta alcune difficoltà che invece non riguardano la prima. Insomma, la moneta comune è un obiettivo desiderabile in sé, ma bisogna essere pronti a rinunciare alla moneta unica per arrivarvi. Nello stesso modo si possono raggiungere altri risultati molto importanti- il ridimensionamento degli organi UE, la loro democratizzazione, il controllo dei movimenti di capitali, la possibilità da parte degli stati di attuare politiche economiche protezioniste e di intervento pubblico, e così via.

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    6. Tranne la prima frase della tua replica ("non sono d'accordo") posso sottoscrivere tutto il resto.
      E' verissimo che una riforma concordata della UE e dell'euro sono molto più desiderabili di un pesante scontro e di una disarticolazione conflittuale della UE. Ho qualche dubbio che la moneta comune sia "desiderabile in sé", ma non sono un tecnico, e non mi diffondo sul tema.
      Divergiamo nella valutazione di possibilità, non su quella di desiderabilità. La proposta di Lordon sostanzialmente precisa e arricchisce la proposta di uscita concordata dall'euro formulata, ad esempio, da Sapir.
      Semplicemente, io non ritengo che sia possibile uscire dall'euro per mezzo di una trattativa. Ragioni:
      1) divergenza di interessi troppo forte tra paesi Euronord ed Eurosud
      2) impossibilità politica, da parte delle classi dirigenti politiche proUE, di smentirsi dopo trent'anni di propaganda senza contraccolpi devastanti
      3) chi ha interesse a uscire deve farlo in condizione di debolezza e inferiorità relativa, chi ha interesse a restare lo fa in condizioni di forza e superiorità: lo squilibrio di forze continuerebbe anche nel corso della trattativa
      4) quindi, l'unica arma vera e propria di chi ha interesse a uscire è la minaccia di farlo. Le minacce hanno effetto una volta sola: "se non fai A, io faccio B". Dopo di che, se non dai corso immediato alla minaccia perdi credibilità e forza contrattuale.
      5) per concludere: secondo me, Lordon sottovaluta seriamente la forza degli interessi costituiti che si oppongono a una riforma strutturale della UE e dell'euro. Qui c'è inimicizia, non semplicemente diversità di linea politica.

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    7. Aggiungo: la Germania sa dominare, ma non sa guidare.
      Se la Germania avesse le capacità culturali e politiche di guidare l'Europa, la proposta di Lordon sarebbe praticabile, perché la Germania potrebbe proporsi come autentico federatore d'Europa, mostrandosi generosa e imperialmente cordiale; prima ti sconfigge, poi ti invita a fare qualcosa di grande insieme a lei, e ti mostra una prospettiva comune praticabile e dignitosa.
      Purtroppo, come la storia tedesca ha mostrato, fin da subito dopo l'unificazione (si pensi al catastrofico errore dell'annessione dell'Alsazia-Lorena), la Germania è incapace di intendere che l'egemonia e il dominio sono due cose diverse.
      Per intenderci meglio.Gli USA, vinta la guerra, hanno discusso due politiche alternative per l'Europa occidentale e in particolare per la Germania: il piano Morgenthau, e il piano Marshall. Con il piano Morgenthau, la Germania sarebbe stata ridotta nelle condizioni attuali della Grecia (peggiorate dalla condizione di partenza di una nazione catastroficamente sconfitta). Gli USA hanno scelto il piano Marshall, e si sono guadagnati l'egemonia politica e culturale sull'Europa per tre generazioni almeno.
      La Germania di oggi sceglie l'equivalente del piano Morgenthau per chi cada sotto il suo dominio, e non ha neanche versato una goccia di sangue tedesco per convalidare il suo dominio.
      Come fai a metterti d'accordo con uno che ti vuole ridurre all'impotenza?

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    8. Qui non ci capiamo. La proposta della moneta comune nn va nel senso di una federazione europea o di un dominio tedesco del continente. Anzi, l'esatto contrario. Sull'atteggiamento imperialistico della Germania torneremo presto. Ma tu sei sicuro di aver compreso il senso della proposta? Mi sembra che tu la vedi come una variante riformista del più Europa, cioè come alternativa moderata ad una rottura rivoluzionaria. Invece la moneta comune è la vera rottura rivoluzionaria...

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    9. Guarda che ho capito. Trovo che la proposta di Lordon, in sè desiderabile, non sia realizzabile per i motivi suesposti, tra i quali l'atteggiamento tradizionale tedesco. Se i tedeschi fossero capaci di egemonia, si potrebbe sperare, con una forte azione concertata, di portarli a una riforma/transazione come quella proposta da Lordon. Però, il loro atteggiamento, da un paio di secoli, contraddice questa speranza.
      Certo che è meglio un accordo di una rottura, che avrebbe conseguenze non prevedibili sul piano politico. Tout simplèment, non credo che sia una via praticabile.
      A me sembra anche che Lordon sottovaluti l'opposizione che si trova di fronte, e che si faccia soverchi problemi per il 25% al FN. Piaccia o meno, il FN è un alleato, se vuoi uscire dall'euro/UE, e non solo è un alleato, ma è la principale forza politica europea che si sia espressa seriamente e ufficialmente contro l'euro e per il recupero delle sovranità nazionali, e che abbia una possibilità di esprimere un presidente francese in grado di fare sul serio una politica sovranista. Se si ha l'intenzione di raggiungere questi obiettivi, bisogna essere contenti che il FN abbia il 25% e sperare che raggiunga il 51%. Altrimenti, bisogna essere in grado di costruire una forza politica di sinistra che cristallizzando forze paragonabili, sia in grado di allearsi con il FN imponendogli parte del suo programma. La vedo dura. Se poi invece si dice che la collaborazione con il FN è inaccettabile perché sono fascisti, si può anche chiudere bottega e parlare di ping pong,, invece che di euro, sovranità, UE.

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    10. Temo che il suo ragionamento sia un esempio dei rischi che si corrono a considerare l'euro come la questione centrale, se non l'unica, dimenticando tutto il resto. Per quanto mi riguarda quella antifascista rimane la discriminante fondamentale. Noi continueremo a parlare di euro, sovranità e UE pur ritenendo inaccettabile l'idea di collaborare con soggetti simili al FN, se non le dispiace troppo.
      Saluti.

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    11. Cos'è, adesso mi dà del lei perché sono un fascista e non si vuole contaminare? Ma non vede l'assurdità? A parte che il FN non è fascista, non sono per niente fascista neanche io. Se vuole una certificazione, fra qualche giorno telefona a Costanzo Preve, che è appena tornato dall'ospedale, e gli chiede chi sono, come la penso e se sono radioattivo. Se vuole, in privato le do il suo numero. Già che c'è gli chieda anche come la pensa lui sul FN, che Preve conosce bene. Poi, se lo reputa opportuno riprendiamo il discorso.

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    12. Non ci crederà, ma dispongo già adesso del numero di telefono di Preve. E se comunque volessi procurarmelo lo chiederei a Rodolfo Monacelli, che lo conosce bene. Ma in definitiva le certificazioni di Preve non mi interessano- e in fondo nemmeno le opinioni, che non condivido. Che lei sia fascista se lo è appena detto da solo, io questo non lo so e fondamentalmente è un problema suo. Le ho dato del lei per distrazione, non per marcare una lontananza, e posso tornare a darti del tu, come preferisci.

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    13. Bene, Claudio, mi fa piacere che abbiamo un amico in comune.
      Mi farebbe piacere anche capire come fai a dire che "mi sono dato da solo del fascista". Più che altro, mi farebbe piacere discutere senza pregiudizi, ma qui sia tu sia Monacelli evidentemente siete appassionati di segnaletica vintage: no questo perché è fascista, no quello perché è interclassista. E gli interventisti, esclusi anche loro? I contrari alla cittadinanza agli italici?
      Complimenti, una politica delle alleanze che ha un grande futuro. D'altronde, uno come te ha dietro le spalle trent'anni di vittorie trionfali, è maggioritario e culturalmente egemone nella società, ha faticosamente costruito il partito rivoluzionario con un largo seguito di massa, e fra poco prenderà il potere e farà la rivoluzione socialista; dunque, che gliene frega delle alleanze?
      C'è un proverbio russo che si attaglia al tuo caso: "Non dimenticano niente, non imparano niente".

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    14. Sei tu che hai detto "adesso perché sono fascista non si vuole contaminare". Io se sei fascista non lo so e non me ne importa nulla. Non mi sembri granché antifascista, mi permetto di dire, e quanto al "FN non fascista" è una tua scoperta che ti consiglio di divulgare, sono sicuro che convincerai tutti.

      Insomma, non so se sei fascista. So che le tu squallide e vuote provocazioni non mi spingeranno a dire che sei uno sfigato col cervello fuso da troppo internet che è pronto a battere le mani per le nuove costituende larghe intese rosso-brune; e per questo non lo dirò.

      Sapessi quante volte ho letto "riflessioni" simili alle tue. Fino a qualche tempo fa i rossobruni (che sono moderni, e non vintage) sostenevano Berlusconi. Poi per un po' la passione si è raffreddata, ma sono convinto che lì torneranno (tornerete). E appena lui fischierà qualcosa contro l'euro, scatteranno (scatterete) sull'attenti, entusiasti.

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    15. Ma bravo, come sei coraggioso, con gli insulti anonimi e a distanza di sicurezza! Complimenti, ti fai un bell'autoritratto da giocatore di ping pong. Divertiti.

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    16. Insulti anonimi? Boh... Comunque trovo che il Ping-pong sia uno sport nobilissimo, che accentua i riflessi e il colpo d'occhio. Sempre meglio che scrivere belinate fascistoidi sul web :)

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  2. "... di contro la convertibilità interna, quella dei rappresentanti nazionali dell’euro tra loro, si effettua solo allo sportello della Bce, e a delle parità fisse, decise a livello politico".
    Mi pare che qui ci sia un problema.
    Le parità intra-euro fissate a livello politico presuppongono che interessi confliggenti vengano in qualche modo risolti, e la soluzione dipenderà da rapporti di forza.
    Così come il rapporto di forza si ripresenterà allorché nel tempo l'eventuale (?) divergere delle economie riproporrà la necessità di stabilire nuove parità.
    Dato che i rapporti di forza, allo stato delle cose, sono tutti a vantaggio dei paesi core e tali prevedibilmente rimarranno, forse è per questo che Roberto Buffagni giudica la proposta un suicidio politico.

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  3. E menomale che andavate in vacanza fino a settembre! :-)

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  4. Intervengo brevemente :)

    Concordo con Claudio e se l'alternativa è giocare a ping pong o allearmi con la Le Pen scendo subito a comprarmi il tavolo. Non per un "fanatismo" antifascista da estrema sinistra, ma proprio per una questione politica. ll fatto in sé che il Front National abbia un’etichettatura storica “di destra sociale” e che sia stato a lungo, in passato, il luogo politico dove ha prosperato una parte del neo-fascismo francese, pur trattandosi di un dato incontestabile e già di per sé eloquente, non è neanche il punto essenziale.
    ll programma di LePen spiega tutto. Anche se nel suo libro potrà aver scritto cose senza dubbio interessanti in merito ad una critica radicale della globalizzazione capitalistica e della mercificazione nel proprio programma il Front National esprime, in termini di politica economica, una decisa opposizione all’indiscriminata apertura globale del capitalismo nazionale, a partire da una critica forte dell’Unione Europea, causa prima (formale) della perdita di sovranità degli Stati, della loro deindustrializzazione forzata, delle delocalizzazioni produttive e dell’impoverimento di larghi strati di popolazione che includono lavoro salariato e, più in generali i ceti più deboli. Un’analisi di per sé totalmente condivisibile.
    Ma, fronte di una critica radicale dell’indiscriminata apertura del sistema socio-economico nazionale, il programma del partito non pone in alcun modo la questione sociale sul piano interno, se non in termini di eccessivo strapotere delle grandi imprese, in questo mostrando una vocazione puramente nazionalistica. L’unico conflitto più volte evocato nelle righe del programma è quello tra le grandi imprese contro il tessuto produttivo delle medie e piccole imprese. Naturalmente tale conflitto esiste, ma, se estraniato dai rapporti sociali capitalistici intesi in tutta la loro complessa e gerarchica perde totalmente di interesse in senso emancipativo. Il Front National non parla di un blocco sociale del lavoro (ivi compresa parte del lavoro autonomo, professionista e della piccola imprenditoria lavoratrice) contrapposto ad un blocco del capitale. Se lo facesse perderebbe la sua natura interclassista.
    La politica economica interna del programma del Front National è inoltre del tutto priva di una seria rivalutazione del ruolo dello Stato come attore economico. Lo Stato sarebbe limitato esclusivamente a supervisionare il processo economico privato regolandone l’andamento, oltre che con dosi di protezionismo verso l’esterno, con sussidi all’agricoltura, alle imprese nazionali a maggior vocazione occupazionale e a maggior grado di innovazione tecnologica. Nessun programma di nazionalizzazione in nessun settore (neanche finanziario, bancario, assicurativo, energetico) o di ritorno dell’impresa pubblica spodestata da anni di privatizzazioni selvagge.
    Nessuna seria considerazione del problema distributivo; nessuna seria considerazione della sfera della produzione come sfera di riacquisizione della sovranità popolare effettiva e di graduale sottrazione di terreno al capitale privato. Nessuna esplicita previsione di divieto di determinati tipi di produzione privata particolarmente odiosa ed immorale; nessuna vera de-mercificazione della vita socio-economica.
    Un programma quindi assai debole in politica economica e sociale, condito da proclami (giusti in sé) alla direzione dello Stato dell’economia non suffragati però da alcun elemento programmatico esplicito.
    Si dovrebbe poi parlare della politica estera e, ancora peggio, della politica migratoria che resta, nonostante il moderatismo verbale, razzista e xenofoba.

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    1. http://www.join2buy.it/16mm-indoor-ping-pong-table.html?gclid=CK_tzumZ_bgCFYWN3god1xkAXQ

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    2. Suggerimento agli appassionati del tennis tavolo. Perché non vi leggete o rileggete questo articolo, e su queste basi ricominciamo la discussione? Buon Ferragosto.


      http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=43120

      Se fossi francese
      di Costanzo Preve - 18/04/2012


      Quanto scrivo qui probabilmente aumenterà il gossip e l'antipatia in rete nei miei confronti. Ma siccome ho anche alcuni estimatori convinti (ad occhio e croce più di dieci e meno di cinquanta) a loro, e solo a loro, devo la sincerità e la parrhesia (in greco, parlare chiaro). In Francia il 22-4-2012 ci sarà il primo turno delle elezioni presidenziali, ed il 6-5-2012 il secondo turno fra i primi due rimasti. Se fossi francese andrei a votare in entrambi i turni. Al primo turno (scandalo! orrore!) voterei Marine Le Pen, ed anche al secondo turno, se fosse ancora in corsa.

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  5. Ho letto e conosco molto bene l'articolo nonché il suo autore. E nonostante la stima, come gli ho detto anche privatamente, non condivido, proprio per i motivi che ho cercato di spiegare sopra. Quindi non si tratta semplicemente di "antifà", ma della natura del Front National che non mi permette di considerarlo un "compagno" di strada. Vado a comprare le racchette.

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  6. Come, parlo ovviamente a titolo personale, non considero compagni di strada nessuno che persegua l'"ipocrisia interclassista" (E. Brancaccio)

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  7. Caro Monacelli,
    io invitavo a riprendere la discussione, non a chiuderla. Vedo che lei preferisce chiudere. Se si trattasse solo di lei e di me, il problema sarebbe assai piccolo: lei gioca a ping pong, io a tennis, e morta lì.
    Purtroppo, il problema è più serio di così. Se una persona evidentemente istruita, intelligente e onesta come lei risulta essere da quanto scrive, mette queste pregiudiziali non solo all'azione politica, ma addirittura al dibattito, siamo messi decisamente male.
    Per farla corta, le segnalo che anche nella resistenza antifascista, alla quale immagino lei sia affezionato, c'era un'infinità di posizioni politiche, a volte abbastanza lontane da spararsi addosso; eppure, avendo un obiettivo e un nemico comune, ci si alleava; perché se non ci si allea quando si ha un nemico e un obiettivo comune, si perde.
    Se oggi lei ritiene che il suo nemico principale siano i fascisti e gli interclassisti, si sbaglia di grosso, combatte una guerra finita settant'anni fa, si fa fregare, lavora per il suo nemico vero, perde lei e fa perdere tutti, purtroppo non solo a ping pong.

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    1. Invece se ci si allea con i fascisti di strada se ne fa tanta. E in quanto all'interclassismo, non ti rendi conto che è esattamente l'ideologia del ceto dominante pro-euro?

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  8. non avrò il vostro livello di cultura, ma non concepisco come si possa ancora perdere tempo e dividerci dietro al discorso interclassista sì-no quando è ormai chiaro a tutti che la guerra portata avanti dall'elite europea non è più quella del capitale, ma quella della rendita contro il lavoro.

    e finchè non rimuoviamo questi vincoli nessun discorso di sinistra avrà mai spazio.

    per cui possiamo continuare a dividerci o provare a unirci contro il nemico comune. perchè la rendita è nemica dei piccoli-medi capitalisti come dei lavoratori.

    non pretendo che chi è attivo in partiti di sinistra capisca, ma pretendo che lo facciano gli elettori. se la destra offre l'unica possibilità di iniziare a mettere i bastoni tra le ruote di questo progetto di restaurazione, va votata.

    poi, ma solo poi, si riprenderà il "nostro" vecchio discorso.

    Maastricht sta uccidendo lavoratori come piccoli imprenditori. ammettetelo.

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    1. Caro Luca, per avere il livello di cultura mio e di Buffagni non ci vuole granché, fidati. Qui l'unico che spicca in quel senso è Rodolfo :)

      A me sembra che abbiamo tutti chiara in testa una cosa, sorvolando i giudizi di valore. E cioè che attorno alla battaglia per l'uscita dall'euro si sta condensando un'area politicamente di destra. I segnali ci sono tutti, non nascondiamocelo. Tu stesso ammetti di essere pronto a votare a destra, solo per la questione euro. Ora, quello in cui credo io (ma non son solo, anzi) è che la questione euro è importante, ma non è l'unica! Ce ne sono altre, c'è vita oltre i cambi flessibili... E ciò mi (ci) impedisce di votare a destra, anche se non ci impone di votare a sinistra (qui abbiamo votato, o stavamo per votare, M5S). Noi rispettiamo il vostro punto di vista. Per favore provate a rispettare il nostro. Sinsta creando un clima per cui chi non è disposto comunque a votare Le Pen o il Silvio anti-euro è un traditore. Così, ammetterai, non va bene.

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    2. Cerco di introdurmi nella discussione. Io in Italia non voterei mai Casapound o Forza Nuova in nome dell' uscita dall' euro, così per chiarirci subito. Queste forze usano argomenti irrazionali ( signoraggio, finanza "mondialista",ecc ) come cavallo di battaglia per la riconquista della sovranità e non riconoscono la Costituzione del '48. Quindi il discorso "di classe" non c'è, non lo usano, hanno solo una lente complottistica e irrazionale.

      Detto questo però, voglio approfondire il discorso sull' uscita da sinistra. Ammettiamo che qui abbia ragione Brancaccio e non Bagnai: ci sono modi e modi di uscire dall' euro. Giustissimo. Ma perché il piccolo imprenditore sarebbe una " metastasi"? Il piccolo imprenditore è necessariamente un leghista brutto ignorante e sfruttatore? Io non credo, in alcuni casi si, in altri no. Tanti piccoli imprenditori urlano "statoladro" perché sono anche loro disinformati così come tanti operai, precari e disoccupati. Ma io credo che in un discorso di uscita da sinistra essi possano essere tirati dalla nostra parte a certe condizioni. E' da stolti pensare un' Italia dove si sfavorisca la rendita finanziaria, si impediscano le fughe di capitale, si stabilisca un controllo pubblico o una nazionalizzazione dei settori strategici, ma si lascino le pmi respirare a patto di maggiori tutele salariari ad esempio?

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  9. Caro Tonelli,
    niente da fare. So' de coccio. Vogliono fare la rivoluzione proletaria e non sono neanche capaci di discutere senza insultare e senza ostracizzare. E infatti, la rivoluzione proletaria mai l'hanno fatta e mai la faranno. Chiacchiere, però, tante.

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    1. Ora non fare la vittima che hai cominciato tu!

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    2. Caro Claudio,
      fare la vittima non è mia abitudine. Ho anche smesso di dire "hai cominciato tu" circa quarantacinque anni fa.
      Se vuoi proseguire la conversazione, ne sarò ben lieto, a patto che la pianti di a) darmi del fascista o del coglione b) tirare fuori premesse metodologiche tipo "con i fascisti o con gli interclassisti come te non c'è dialogo possibile".
      Contestazioni e obiezioni anche asperrime non mi danno problemi, siamo qui per questo. Se invece preferisci continuare sulla stessa linea di prima, te la canti e te la suoni da solo. Ciao.

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    3. Ma vuoi che mi impegni in una defatigante e inutile logomachia internettiana con te? Ma figuriamoci. Ho una vita, io. Quel che avevo da dire l'ho detto. E anche tu. Vai, vai e iscriviti al FN, o al suo equivalente italiano. Quando avrai salvato il paese mandaci una cartolina. Prenditi l'ultima parola se la vuoi. Ciao.

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  10. Caro Buffagni (o Roberto? Come preferisce) non volevo assolutamente chiudere il discorso. Poi ho detto per caso che i miei nemici sono, oggi, quei quattro scemi che si definiscono "fascisti" (la tragedia si ripete sempre in forma di farsa, aveva ragione ancora una volta Marx)? No e per questo la mia analisi che ho fatto del FN è stata di natura meramente politica. Nessun parossismo antifà, mi sembra. Per il resto, concordo con Claudio, l'ideologia interclassista è quella del ceto dominante. Che poi si possano fare alleanze temporanee, stile CLN, contro un nemico comune potrei essere ancora d'accordo. Questo, però, escludendo i razzisti e, soprattutto, siamo attualmente nelle condizioni di poterlo fare? Chi ne avrebbe l'egemonia? Sarebbe un'alleanza paritaria o no? A me non sembra che ci siano le condizioni per ciò che tu/lei auspichi.

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  11. Un ultimo piccolo appunto. Votiamo la destra (che poi in Italia vuol dire PDL o Lega, inutile girarci intorno) e quindi una bella uscita da "destra", con l'appoggio di un settore di Confindustria. Il che vorrebbe dire fare pagare l'uscita (che sarebbe certo meglio che rimanerci, ma l'uscità da qualcuno sarà pagata, bisogna vedere chi) ai lavoratori (e in questo blocco sociale comprendo ovviamente il piccolo imprenditore e in generale in ceto medio). Io continuo a condividere quest'articolo: http://www.emilianobrancaccio.it/2013/07/03/uscire-dalleuro-ce-modo-e-modo-3/

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    1. questo è vero. però se l'uscita da sinistra non la vuole fare nessuno? lo so che siamo messi male.

      non sarei poi così sicuro che eventualmente berlusconi voglia distruggere il suo consenso in quel modo. per sopravvivere ai suoi processi ha bisogno di essere popolare. il che implica che una qualche protezione per il ceto medio vada inserita.

      poi questo discorso (che un cittadino francese può già fare tranquillamente) per l'Italia è prematuro, la destra non ha ancora preso posizione in maniera netta: ma fra qualche mese la questione si porrà.

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    2. Caro Monacelli,
      meglio così, scusa se ho frainteso. In pillole, la mia posizione:

      1) La discriminante antifascista (che Claudio afferma primaria, tu, mi sembra, no, o non con altrettanta forza) mi pare fuorviante, perché a) il fascismo non è un pericolo, a meno che per "fascismo" non si intenda tutto ciò che è "di destra", "autoritario" o semplicemente brutto e antipatico: e allora usiamo un'altra parola. b) accettando la discriminante antifascista che succede? Che dopo aver lanciato parole d'ordine dirompenti e rivoluzionarie, alla fine della fiera ci si schiera sempre con le principali forze antifasciste realmente esistenti e che tali si proclamano, cioè a dire, nel mondo gli Stati Uniti, in Europa i partiti di sinistra di governo. E' una buona idea? Secondo me, no.
      Comunque, per intenderci, io condivido l'analisi del clivage destra/sinistra e della funzione diversiva dell'antifascismo elaborata dal comune amico Preve.

      2) Uscita da destra o da sinistra dall'euro. In Italia, non esistono forze politiche organizzate rilevanti che si pronuncino per l'uscita dall'euro e/o per la ridefinizione strutturale, o la disarticolazione della UE. Quindi, qui il problema proprio non si pone, e mi pare che il dibattito sull'uscita da destra o da sinistra risulti, soprattutto, in un aiuto a restare fermi. Quando si presentasse qualche benemerito che questa forza politica la crea, io sarò ben lieto di dargli la mia adesione, a meno che non proponga, al punto 2 del programma, lo sterminio di massa di qualche categoria sociale, razziale, religiosa, etc. Morale: chi ha filo tesse, gli altri vedano un po' loro.
      [segue]

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    3. [segue dal post precedente]

      3) In Francia, e per la verità in tutta Europa, c'è un'unica forza politica che risponda alle caratteristiche esposte al punto precedente, ed è il Front National. Magari sarebbe più desiderabile che al posto del FN ci fosse un partito di sinistra, però non c'è, e non solo non c'è, ma sembra proprio inverisimile che ci sia anche in un prevedibile futuro; in buona parte proprio perché i partiti di sinistra anche estremi, come le formazioni trotzkyste, cascano sempre a piè pari nella trappola della pregiudiziale antifascista di cui sopra.
      Ora, per quel che vedo io, nel FN è in corso, da qualche anno, una la trasformazione dell’identità e della strategia. Il FN è nato da una coalizione delle forze pétainiste e fasciste e delle forze cristallizzatesi intorno alla rivolta algerina dell’OAS: gente che aveva per nemico principale De Gaulle e il gaullismo, e che ha tentato seriamente, in più occasioni, di fare fuori fisicamente il generale; andandoci anche molto vicino, per la precisione di sei o sette centimetri.
      Oggi, sotto la pressione della realtà politica, il FN sta abbandonando la sua identità tradizionale, ha intrapreso una politica sovranista chiaramente gaulliana, e lo dichiara apertis verbis; tant’è vero che raccoglie consensi e attivi sostegni anche tra i gaullisti e i sovranisti, di sinistra e di destra. E' un trucco, una manovra di disinformazione e doppia verità abilmente manovrata dal fascismo ideale eterno? Io non credo, ma tutto è possibile.
      Resta il fatto che se uno si vieta ogni collaborazione con l'unica forza europea rilevante che punti al suo obiettivo politico strategico, secondo me dovrebbe o cambiare atteggiamento, o cambiare obiettivo (o tirare fuori dal cilindro un coniglio di sinistra altrettanto grosso).

      4) Interclassismo. L'interclassismo è l'ideologia di tutti i partiti di governo, tranne quelli che governavano i paesi del patto di Varsavia o la Corea del Nord odierna. Motivo: se vogliono legittimarsi elettoralmente, presentarsi come partiti di classe (qualsiasi classe) implica confinarsi a percentuali ridicole. Quanto ai partiti "di classe" nel senso che questa espressione prese nella storia del movimento comunista e socialista, le formazioni maggiori hanno avuto la trasformazione che sai, e non ne parliamo. Le formazioni minori, o eretiche, se si richiamano apertamente al comunismo o succedanei si suicidano elettoralmente perché, per motivi ben noti e alquanto solidi, l'attuale proletariato al comunismo non solo non ci crede più, ma se glielo proponi ti manda a scopare il mare, provare per credere.
      L'interclassismo in quanto tale non mi sembra si raccomandi né al ludibrio né all'esaltazione: bisogna vedere che cosa ci metti dentro. Il discorso "siamo nella stessa barca" suscita da sempre giustificate resistenze in chi lavora (o vorrebbe lavorare ma non può) in sala macchine, il quale ci sente sotto l'ennesima fregatura alla Menenio Agrippa. Ci sono però anche le situazioni in cui si può, e se si può si deve, formare un'alleanza tra ceti sociali in vista di un comune obiettivo. Dico "si deve" perché senza un'alleanza fra ceti e classi, si perde (a meno che tu non mi voglia proporre la presa del potere per mezzo di una rivoluzione armata di tipo bolscevico, il che non mi pare). I ceti che compongono l'alleanza cercheranno ciascuno di tirare l'acqua al suo mulino? Poco ma sicuro. Embè? Anche qui, chi ha più filo tesserà, e nella formazione dell'alleanza si dovrà trovare un compromesso fra interessi e ideologie.
      Per trovare un compromesso, tuttavia, bisognerà anzitutto rispettarsi, legittimarsi e parlarsi reciprocamente. Se ci si ostracizza reciprocamente a colpi di "fascista", "comunista", e via insultando, il compromesso non si può fare, e vincono gli altri.
      E qui concludo, per ora, rimandandoti anche a una discussione analoga a questa in corso qui: http://www.leparoleelecose.it/?p=11616#comment-106526
      che penso ti possa interessare.

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  12. comunque il parallelo partigiani comunisti e cattolici uniti contro il nazifascismo mi piace.

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  13. Si ma il problema è chi sarebbero i cattolici. I piccoli imprenditori? Va bene. Il ceto medio impoverito? Ok. Confindustria e il Fn? No. Quella è la questione.

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    1. la Le Pen (che ad oggi basa parte del suo programma economico sui lavori di gente keynesiana come Sapir) è ad oggi l'unica politica di rilievo in europa ad essersi espressa chiaramente contro Maastricht.

      questo è il fatto.

      e io dovrei sentirmi in colpa perchè l'appoggerei?

      io dico che a sentirsi in colpa dovrebbero essere i politici di sinistra, non certo gli elettori, che ci hanno venduti tutti alla macelleria sociale per un tozzo di pane.

      io voglio che quest'incubo finisca. posso accettare di lottare contro confindustria, contro montezemolo e berlusconi. non posso più tollerare di avere a che fare col vincolo esterno. non voglio più che questa classe politica possa nascondervisi dietro. non voglio più sentire Rehn o la Merkel dire una parola sul mio paese.

      se a sinistra non offrono possibilità di uscita, ogni persona che abbia caro questo paese dovrebbe iniziare a guardare dall'altra parte.

      non finiremo sotto dittatura per aver votato per una volta molto a destra. ma probabilmente ci finiremo se non rompiamo la macchina infernale di Maastricht.

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    2. Secondo me stiamo dimenticando una cosa essenziale che se parliamo di fascismo il nostro bersaglio deve essere l'unione europea, la BCE e l'euro, queste tre entità rappresentano il nazifascismo del XXI secolo. Quindi sicuramente il FN sarà ceramente un'espressione della destra estrema, ma ripeto il nostro vero nemico sono i burocrati di Brussels.

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    3. Che dire? Votate estrema destra. Fate pure. Avete il coraggio di dirlo apertamente, e ciò è un merito. Noi avremo la cura di non venire da voi a dirvi che vi avevamo avvisato, quando vi sarete pentiti (a meno che non siate fascisti convinti, sia ben chiaro. Ma se è così potete anche togliervi dalle scatole, grazie).

      Un appunto a Luca. Il FN è la più grande (non l'unica) forza politica europea che chiede il ritorno ai cambi flessibili. Contro il trattato di Maastricht invece si sono schierati legioni di partiti, partitini e partitoni. La maggior parte dei quali di sinistra. Rifondazione manifestò contro Maastricht fin dal '93. Non ci dimentichiamo poi che il referendum sulla costituzione europea del 2005 è stato perduto dai francesi grazie al contributo fondamentale della sinistra francese. E ancor oggi sono solo di sinistra (da Lafontaine fino a Lordon) che chiedono l'instaurazione di una moneta comune. Quindi, "contro Maastricht" si son espressi in tanti. Ricordiamocelo.

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    4. il punto è sempre quello: per "salvarci" qualcuno dei nostri democraticamente eletti dovrà portare avanti la causa.

      se quelli di "sinistra" non vogliono farlo, le possibilità che abbiamo sono due:

      1 - prendere i forconi e andare al quirinale

      2 - allearci PER IL MOMENTO con chiunque si presti all'obiettivo (momentaneo) comune.



      PS per Claudio: mi spiace ma Lafontaine ha posizioni antieuriste non anti-UE. la Le Pen dice le cose come stanno sul tema fino in fondo.
      come dici tu, l'unico problema non è l'euro. questa UE va demolita, e non si farà certo grazie a mezze ammissioni stile Lafontaine.
      concordo con l'idea che UE e BCE (e la loro longa manus bankitalia qui da noi) rappresentino il nazifascismo del 31esimo secolo. loro sono i fascisti contro cui dobbiamo combattere. poi penseremo agli altri.

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    5. ovviamente il 31esimo secolo era un errore :D 1000 anni di UE...brrrr e gli europei diventerebbero il popolo più povero del mondo esclusi gli africani.

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    6. Non ho detto che voterei FN, ho voluto solo rimarcare quel'è il nostro nemico più grande, quello contro di cui dobbiamo unirci per combatterlo aspramente.E' vero che ci sono partitini di sinistra che si sono espressi contro Maastricht, ma purtroppo nessuno ha detto chiaro e tondo che la UE è il problema e secondo me la sinistra in generale non riesce a dirlo perchè è affezionata all'idea dell'internazionalismo è l'unione europea la vede come un'unione dei popoli europei ed in particolare dei ceti meno abbienti che possono trarre da questa unione una maggior forza contro il capitalismo. Tutto molto comprensibile ma oggi occorre avere una visione più lungimirante proprio per difendere quei ceti che sono completamente in balia di questa tempesta perfetta.

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    7. Chi critica solo l'euro senza coinvolgere la UE è Alberto Bagnai con il su manifesto per la solidarietà europea. Immagino che tu gli avrai già mosso i rilievi che ora riservi a Lafontaine...
      Quest'ultimo, invece, è il primo uomo politico di livello europeo che affronta finalmente il nodo della moneta comune (che tra l'altro sarebbe l'argomento del post...). Insomma, non si tratta di mezze ammissioni, ma di importanti aperture verso scenari concretamente realizzabili di cambiamento del contesto politico ed economico.

      I punti in questione sono due:

      1) molti anti-euro in Italia hanno scommesso su una caduta dell'euro in tempi brevi, essendo questa inevitabile e (date le condizioni) imminente. Io non ne sono più tanto sicuro. Comincio a pensare che dovremmo prepararci ad una lotta di lunga durata, e sopratutto a immaginare che sarà il consenso dei cittadini a farci uscire, e non l'emergenza spread (con ritorno alla lira a mezzanotte del 31 dicembre). Se è così bisogna elaborare una proposta che raccolga il consenso dei cittadini. La moneta comune è in grado di farlo. Il semplice ritorno alla lira no. Provare per credere.

      2) quando ho detto che il problema nn è solo l'euro, intendevo che lo è anche il capitalismo, non che lo è anche l'UE. Componente fondamentale del capitalismo è la competizione economica. La moneta comune ha un profilo anti-capitalista, perché abolisce la competizione econmca tra le nazioni. Tornare a competere con i cambi flessibili, dopo aver preso atto che non riusciamo a competere col cambio fisso non ha alcunché di anti-capitalista, e ci riproporrebbe gli stessi guai in cui siamo oggi dopo qualche anno.

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    8. guarda sul punto uno potrei anche concordare.

      ma sul punto due assolutamente no. non vedo come tu possa dire che i cambi flessibili ci riporterebbero agli stessi problemi di oggi. sarebbe così se non si questionasse l'intero paradigma di indipendenza delle banche centrali. ma è proprio quello il punto su cui dobbiamo giocarci le nostre possibilità di ritorno al keynesismo.

      poi non capisco come tu faccia a non vedere la strettissima connessione tra capitalismo senza limiti di potere e UE attuale. è alla luce del sole. liberalizzazioni, svendite, abolizione delle tutele...tutto è stato fatto lungo il percorso di integrazione europea (l'europa sociale come no). in nome del vincolo esterno.

      finchè non smembriamo la UE non interromperemo questa deriva. certo possiamo sempre prendere i forconi...tra l'altro qualcuno in grecia lo farà molto presto non appena si accorgerà che a settembre in germania non cambierà nulla.

      la deindustrializzazione italiana va avanti a velocità preoccupante. sarebbe bello organizzare un'uscita concertata, da sinistra eccetera...ma se non ci diamo una mossa non avremo proprio più nulla da salvare. purtroppo la realtà è questa, per quanto possa non piacerci.

      Certo poi può rimanerci la "soddisfazione" di aver contribuito ad affossare il capitalismo italiano. ma usando una citazione dico che "si vincerebbe la partita facendo saltare per aria lo stadio dell'economia italiana".

      per carità rispetto tutte le posizioni...però tenderei ancora a preferire il non arrivare a dover lottare per un pezzo di pane nel corso dei prossimi anni.
      scenario al quale stiamo andando incontro a spron battuto.

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    9. No, non ci credo. Mi sembrava di aver letto che io "non vedo la strettissima connessione tra capitalismo senza limiti di potere e UE". Ma tu non puoi aver scritto una cosa del genere, vero? Perché significherebbe che non hai letto niente di quello che hai scritto, e se lo hai letto non lo hai capito. Per favore, dimmi che non è così.

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    10. Per quanto riguarda Bagnai parlano il suo blog ed il suo libro, se si contrario all'euro è ovvio che questo riguarda anche la BCE e la UE anche perchè l'euro non si materializzato da un buco nero dell'universo. Quando più sopra ho nominato la UE la BCE e l'euro era per enfatizzare il mio pensiero ma potevo benissimo dire euro e sarebbe stata la stessa cosa. Personalmente non ho nessuna critica da muovere a Bagnai ma solo gratitudine per aver fatto un lavoro che nessun altro economista si è preso la briga di fare: insegnare la maroeconomia a perfetti sconosciuti che utilizzano il web. Se poi ti riferisci al manifesto di solidarietà europea Bagnai ha spiegato con il primo commento perchè lo ha firmato poi tu sei libero di criticarlo io di dargli fiducia. Questioni di punti di vista. Per quanto riguarda il tuo primo punto sono d'accordo, per il secondo è chiaro che il problema è il capitalismo, ma preferisco prima combattere per riavere la nostra sovranità poi mi dedicherò a combattere il capitalismo. Lavoro in un ufficio pubblico e non può capire quanto è difficile spiegare queste cose a chi vive di tv e di qualche giornale e basta, se poi ci metto anche il capitalismo allora non mi si filano più. Abito in una città di 120.000 abitanti be i discorsi che si fanno qui non riesco a trovarli da nessuna parte. Nella mia città, Terni c'è stato tempo fa una manifestazione per la nostra più grande industria: l'acciaieria, ti avrei fatto sentire quello che dicevano, ha partecipato pure D'Alema a nessuno è venuto in mente di fischiarlo, che sarebbe stato il minimo, figurati se oltre all'euro mi metto a parlare di capitalismo. Ci ho provato anche con i ragazzi del centro sociale, sul capitalismo sfondi una porta aperta, ma sull'euro hanno posizioni da Enrico Letta, incredibile. Bisogna fare i conti con la realtà che c'è e quindi ribadisco che per ora la mia battaglia sarà l'euro. Ultima cosa che il cambio flessibile non ci aiuterebbe non sono d'accordo parlano gli anni 70 e 80 ed inultimo il 92. Chiaramente non solo quello ma una banca d'Italia che ritorni a lavorare con il Tesoro, un'economia che dia più spazio ai prodotti nazionali valorizzando i prodotti locali, la difesa dei salari ed uno stato che si organizzi per l'attuazione di politiche che siano vicini all'idea di decrescita, la quale questa si può minare il capitalismo.

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    11. Scusa aggiungo una piccola cosa sono d'accordo sul punto uno eccetto "La moneta comune è in grado di farlo. Il semplice ritorno alla lira no. Provare per credere." Non ho nessuna intenzione di sperimentare un'altra cosa che non va al nocciolo del problema. Il ritorno alle valute nazionali è per me la soluzione. Non capisco perchè ci si ostini "a fare qualcosa in Europa". Se cerchiamo di costringere i paesi europei ad essere quello che per la loro storia non sono, facciamo solo del male a chi vive in queste latitudini. In definitiva poi leggendo l'idea di Lordon mi sembra uguale ad avere ognuno la propria moneta, cosa cambierebbe, che saremmo protetti dai mercati di cambio extraeuropei per l’intermediario del nuovo euro. Quale protezione scusa se il mio euro sarebbe diverso dall'euro spagnolo o francese? Che senso ha una BCE che funge da ufficio cambi tanto vale non averla. L'unica cosa sensata è un governo che riprenda il controllo sulla banca 'Italia e che ogni paese torni alle propie valute.

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    12. Bagnai dice di voler salvare l'euro facendo uscire la Germania, è tutto nero su bianco. E non mi sembra meno moderato di quel che dice Lafontaine.

      Nel merito: cosa distingue la proposta della moneta comune da quella della semplice disgregazione dell'euro? Te lo riassumo. La proposta della European Clearing Union prevede un'area di monete legate da un cambio fisso ma aggiustabile, stretto controllo dei movimenti di capitale, ma sopratutto un meccanismo di compensazione degli squilibri commerciali tra le nazioni. Il cuore del meccanismo sono le "sanzioni" previste per i paesi in avanzo commerciale, come la Germania: essi sono costretti a... ad alzare stipendi e pensioni! Così la loro domanda aumenta, diventano meno "competitivi" e lo squilibrio rientra. Con la differenza che i tedeschi stanno meglio di prima, e dopo un po' anche gli italiani (che ritornano a esportare in Germania). Il miglioramento rispetto ad un non-sistema di cambi flessibili mi sembra solare. Aggiungo che se un'area come l'attuale unione europea , che fa quasi un quarto del pil del mondo, adottasse un simile sistema, ciò diventerebbe immediatamente un possibile modello per tutto il mondo. In altre parole la European Clearing Union è una tappa fondamentale per arrivare ad una World Clearing Union, che è l'unico sistema monetario che potrebbe realisticamente rimpiazzare il dollaro.

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    13. Bagnai ha firmato il manifesto di solidarietà europea che prevede quello che tu riporti ben sapendo che non è il massimo ma che da qualche parte bisogna cominciare soprattutto a nominare l'innominabile: l'euro, come ti ho detto sopra leggiti il primo commento al post del manifesto che Bagnai ha fatto sul suo sito. Tornare alle proprie valute mi sembra ancora più democratico ognuno nel suo paese deciderà quello che sarà più adatto alla propria economia senza costringere nessuno. Che poi questo sarà un modello per tutto il mondo ci andrei piano, ripeto i modelli non mi convincono ogni paese dovrebbe decidere in autonomia ciò che può migliorare la vita dei propri cittadini. E' come per una medicina quello che fa bene a te potrebbe essere letale per me.

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    14. Riposto qui un commento che ho scritto sopra. Aggiungo solo che il problema non è se votare o no Le Pen perché siamo in Italia non in Francia.

      sopra ho scritto:

      " Cerco di introdurmi nella discussione. Io in Italia non voterei mai Casapound o Forza Nuova in nome dell' uscita dall' euro, così per chiarirci subito. Queste forze usano argomenti irrazionali ( signoraggio, finanza "mondialista",ecc ) come cavallo di battaglia per la riconquista della sovranità e non riconoscono la Costituzione del '48. Quindi il discorso "di classe" non c'è, non lo usano, hanno solo una lente complottistica e irrazionale.

      Detto questo però, voglio approfondire il discorso sull' uscita da sinistra. Ammettiamo che qui abbia ragione Brancaccio e non Bagnai: ci sono modi e modi di uscire dall' euro. Giustissimo. Ma perché il piccolo imprenditore sarebbe una " metastasi"? Il piccolo imprenditore è necessariamente un leghista brutto ignorante e sfruttatore? Io non credo, in alcuni casi si, in altri no. Tanti piccoli imprenditori urlano "statoladro" perché sono anche loro disinformati così come tanti operai, precari e disoccupati. Ma io credo che in un discorso di uscita da sinistra essi possano essere tirati dalla nostra parte a certe condizioni. E' da stolti pensare un' Italia dove si sfavorisca la rendita finanziaria, si impediscano le fughe di capitale, si stabilisca un controllo pubblico o una nazionalizzazione dei settori strategici, ma si lascino le pmi respirare a patto di maggiori tutele salariari ad esempio?"

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    15. Non penso sia da stolti pensare ad un'Italia come l'hai descritta tu, anzi! Ma poi scusa adesso in rete va di moda dire come uscire dall'euro, da ds (Bagnai). o da sn.(Brancaccio) secondo me è una forzatura rispetto a Bagnai perchè nel suo blog e nel suo libro ha descritto le ipotesi di uscita e non mi sono sembrate - di destra - perchè ha parlato anche lui di favorire i salariati ritronendo ad un'indicizzazione. sfavorendo la rendita finanziaria e stabilendo controlli pubblici. Brancaccio è vero che dice sempre che la prima cosa sarebbe salvare i ceti più deboli contestando a Bagnai l'interclassismo, ma se ne guarda bene di dire chiaro e tondo senza tanti ma e senza tanti se, usciamo che è la cosa più sensata. Un interclassismo come lo vedi tu non mi sembra una tragedia, la tragedia è quello che stiamo vivendo.

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    16. Il libro di Bagnai l' ho letto anch' io e sono d' accordo con te che quella che propone lui NEL SUO LIBRO non è un' uscita da destra. Bagnai è stato anche il primo a dire che l' euro è uno strumento di lotta di classe. Rendita finanziaria vs lavoro. Grandi imprenditori/rentiers vs piccoli imprenditori/salariati. Secondo me possiamo mettere nella parte i primi nell' uscita a destra e i secondi nell' uscita a sinistra... o comunque diciamo che la piccola imprenditoria può oscillare, o farsi " affascinare" da ambo le parti... ed è per questo che non trovo una gran mossa definire questa categoria " una metastasi". Questi vanno appunto tirati dalla nostra parte.

      Io condivido le precisazioni che Brancaccio fa a Bagnai tranne la questione della " metastasi" appunto. Il problema è che secondo me manca un soggetto politico che sposi quanto ho scritto. La lega e berlusconi possono proporre di uscire all' euro ma odiano l' impianto repubblicano e costituzionale ( e la fondazione dell' italia sul " lavoro " ), casapound/ e forza nuova usano argomenti complottisti. La sinistra, che vorrei votare, che dovrebbe difendere la categorie prima elencate è un disastro: un PD che "morirebbe" per l' euro, una sinistra radicale che propone una strategia definita irrealizzabile dallo stesso brancaccio ( disobbedire ai trattati dentro l' eu ), e personaggi della fiom che elogiano il modello tedesco.

      Quindi non so se la colpa è di bagnai che non contribuirebbe a costruire un soggetto che sposi ciò che è scritto nel suo libro, o se la colpa è di una sinistra totalmente sorda di fronte agli avvertimenti dei tecnici di sinistra ( Brancaccio è praticamente inascoltato ). Vediamo cosa viene fuori da questo "asimetrie"... che avrà anche elementi "de destra" ma ha pure giacché al suo interno. Su questo ancora non so esprimermi, vediamo cosa viene fuori.

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    17. Ho contribuito con una donazione ad asimmetrie e adesso vediamo come dici tu cosa ne viene fuori.

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  14. Stavo leggendo i commenti su voci dall'estero riguardanti il nuovo Comitato scientifico A/Simmetrie creato da Bagnai.I commenti vertevano tutti o quasi sulla partecipazione di Giorgio La Malfa a questo comitato.C'è stata una critica spietata a questa scelta,addirittura qualcuno diceva che avrebbe imbarcato volentieri anche d'alema se questi si fosse dichiarato contro l'euro.Vengo qua e trovo questo pò pò di discussione.Ieri una mia amica mi chiesto di non citare "troppo" napolitano e padoa schioppa,in un piccolo spettacolo divulgativo che vorrei fare,perchè altrimenti quelli di sinistra credono che tu sia diventato di destra e quelli di destra credono che tu sia di destra.Sono andato a dormire.La notte porta consiglio!Grazie. Claudio.

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  15. In Grecia vediamo chi sta già (ora, in questo momento) pagando il prezzo della permanenza. E questo è un fatto. Rispetto al quale la posizione corretta è quella espressa anche da Rodolfo e cioè, se non ho capito male: uscire è comunque il male minore.
    Personalmente sono di questa idea, espressa chiaramente anche da Marino Badiale su questo Blog.

    Dopo di che si pone il problema di come si esce, cioè quello dell'egemonia del movimento anti euro/EU. Questo non è un problema "teorico" ma di rapporti di forza. Chi è dentro acquista il diritto di far pesare il suo punto di vista. Chi non c'è ha perso in partenza. E' così difficile capirlo? L'interclassismo non è l'ideologia del movimento ma solo la fotografia della composizione sociale delle forze che si dispongono alla lotta.
    Dire che la destra è prevalente è dire che la sinistra è latitante, che non ne vuole sapere.
    Quello di Brancaccio è il caso triste di una profezia che rischia di realizzare se stessa. La posizione corretta, per come la vedo io è: si vuole uscire a sinistra? Bene allora la sinistra deve essere all'interno di questa lotta, accettare eventuali compagni sgradevoli (cioè chi ci sta del PDL, della Lega, del PD nel caso italiano) e far pesare il proprio punto di vista quando si deciderà chi dovrà pagare il prezzo dell'uscita.

    Antonino

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    1. Concordo punto per punto. Volevo spiegare ad Anonimo delle ore 8:35 il perchè ho nominato D'Alema commentando un post di Voci dll'estero. Era per assurdo se per caso D'alema avesse espresso posizioni contro l'euro cosa avremmo fatto, lo avremmo snobbato? Considerate che D'Alema è il politico che disistimo di più (e ci sono andata leggera) però se dovesse farlo penso che accetterei la sua posizione chiarendo che a cose ultimate, cioè ripresa la sovranità da parte del nostro Paese, sarebbe il primo che manderei a calci in c..o a casa, così come con La Malfa, i vecchi politici dovranno per forza andare tutti a casa, ma per adesso questi abbiamo e con questi ci dobbiamo confrontare.

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    2. Certo che avevo capito il tuo intervento su d'alema.Il mio voleva solo essere un commento ironico a questa,secondo me,accellerazione in atto.Leggevo su un altro blog l'intervento critico che gli autori facevano,in maniere molto forte,alla legge che il m5s aveva presentato contro l'obiezione di coscienza dei medici per l'interruzione di gravidanza,questo sito è antieurista e di sinistra(almeno così dicono).Insomma grande è la confusione sotto il cielo ...etc.etc.Claudio.

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  16. E' stato un piacere leggere tutta la discussione (e sono felice che la vacanza del blog sia durata poco :) vi leggo sempre volentieri), in quanto è un tema davvero importante che sta caratterizzando il momento attuale di strutturazione delle forze in campo.

    Vorrei però chiedervi di dirmi dove sbaglio, perché mi pare che entrambe le posizioni che qui sono state espresse portano a conclusioni che non mi sembrano convenienti.

    A livello politico, se davvero arriveremo alla disgregazione dell'area euro (sia essa organizzata, disorganizzata, dall'alto o dal basso) questa sarà una sorta di collo di bottiglia entro il quale passare per raggiungere un nuovo equilibrio successivo. Le forze che si sobbarcheranno il tema e quindi guideranno la transizione passando per il collo di bottiglia, oltre ad avere voce in capitolo sull'uscita (da destra o da sinistra), si assicureranno un grosso credito elettorale per il "dopo". Chi non ce la farà si troverà in grave ritardo.

    Ora, siccome lo scenario di disgregazione dell'EZ potrebbe presentarsi in tempi relativamente rapidi, tutto ciò che sappiamo di sicuro è che qualcuno cavalcherà l'onda e al momento nel "mondo del visibile" abbiamo solo forze di destra. Di conseguenza il rischio è quello di lasciare il campo totalmente libero alle destre, non riuscendo ad esprimere voci diverse all'interno del comune tema di uscita.

    Quindi abbiamo una scelta: o allearsi con chi già è sul tema e mantenere vivi dei distinguo importanti rendendo più complesso e articolato il fronte "uscita", oppure rischiare di dire cose importanti ma essere irrilevanti. Detto in altre parole: dal collo di bottiglia o passerà un pezzo di destra o passerà un pezzo di destra con un pezzo di sinistra. Ma la destra passerà, questo mi sembra indubbio.

    Il vero problema è un'altro: esiste una forza di sinistra in Italia, che non sia irrilevante nel "mondo del visibile"? Questo è il guaio. Perché un voto dato a B. che dice di voler uscire, è comunque un voto dato alla destra.

    Di conseguenza, semplificando, la posizione di Claudio porta alla non incisività, mentre la posizione di Roberto porta ad allargare il consenso della destra.

    Se quindi dovessi scegliere la meno peggio, mi pare sia l'idea di Roberto (ritengo prioritario uscire, rispetto al modo di uscita), però vorrei capire se mi sfugge qualcosa nel ragionamento di Claudio e Rodolfo, che possa aiutarmi a capire, anche, che tipo di scenario vi immaginate si presenti di qui a breve.

    Una precisazione: concordo, come dice Rodolfo, che i cambi fissi/flessibili sono solo una parte del discorso, però mi sono concentrato su questo perché a) a livello simbolico-mediatico sarà il punto più importante di svolta che creerà il collo di bottiglia; b) è nel momento in cui si esce che si prendono le decisioni sul tipo di uscita.

    Grazie in anticipo a chiunque abbia voglia di rispondere.

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    1. Contesto radicalmente la mia posizione porti alla non incisività. La mia (che non è così originale) idea può essere sbagliata, ma non puoi dire che sia non incisiva. Per una semplice ragione: dato che la proposta non è altro che l'implementazione di una concreta strategia anti-capitalista, e che tale strategia non è stata attuata da nessuno in Europa, non puoi dire che non sia stata incisiva. Semplicemente non c'è stata. E infatti la gente sta male. Le due cose sono correlate.

      Soprattutto non puoi dire che non sia incisiva basandoti sulla comparazione con l'idea di fare da portatori d'acqua della destra, meglio se estrema. Rossobruni, berlusconiani di ritorno, fascisti autentici, cosa hanno ottenuto esattamente in questi anni? Se nella lotta contro l'euro la sinistra è stata fallimentare e lacunosa, lo stesso (come minimo si può dire della destra).

      Certo, c'è il risultato elettorale di Le Pen, che viene ripetuto tipo mantra. È curioso che soggetti che in genere ripongono scarsissima fiducia nelle parole dei politici dimostrino una simile, candida fiducia nelle parole della bionda Marine. E chi ve lo dice che manterrà le sue promesse? È forse immune dagli inciuci? E perché?

      Ma andiamo al cuore del problema. Il nostro problema è il capitalismo. Se non l'hai capito pazienza, puoi smettere di leggere. Se l'hai capito, ricordati che "capitalismo" è un'astrazione concettuale, che nessuno ha mai visto e incontrato, ma con cui ci relazionammo attraverso le sue determinazioni concrete. L'euro è una di queste determinazioni. Una volta un vecchio trozkista mi disse "il problema non è l'euro, ma il capitalismo", e io gli risi sonoramente in faccia. Ma a questa atteggiamento non si risponde affermando che il problema è l'euro e NON il capitalismo. Bisogna dire che il problema è il capitalismo, E DUNQUE l'euro (Naturalemente ci sono anche quelli che dicono che il problema non sono né l'euro né il capitalismo. Sono gli elettori di Giannino).

      Se il problema è il capitalismo, sostenere Le Pen non ha semplicemente senso. Rodolfo ti ha dimostrato che il FN è un partito che non ha nulla di anti-capitalista (oltre a essere razzista, sa va san dir). E poi, chiariamo finalmente una cosa. "noi", per esere incisivi, dovremmo allearci "con loro"? Loro sappiamo chi sono; ma noi? Noi saremmo un soggetto organizzato? Ma se siamo in grandi di organizzarci in un partito di sinistra, allora che bisogno abbiamo di allearci con i fascisti per contare? E se invece (come è) fossimo semplicemente singoli elettori, sostenere la destra ci renderebbe "incivisivi"? Cioè, se Le Pen e Berlusconi disponessero, tra i loro voti, di un 5% di elettori di sinistra delusi, ciò ci permetterebbe di contare? È questa l'idea? Ma meglio la castrazione!

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    2. Gentile Claudio ora sarò più serio.A 15 anni combattevo con tutta la mia forza ideologica il pci erano anni incredibili ,in periferia a torpignattara a Roma studiavamo Marx,incredibile vero?La vita non era facile,da una parte i fascisti,dall'altra i fascisti del pci.I decreti delegati erano combattuti a forza di sprangate!Lama era stato cacciato a calci in culo dall'università occupata appositamente da 3 giorni dagli operai della cgil perchè i fascisti eravamo noi!E' stata dura ma alla fine cel'abbiamo fatta!Le conseguenze di quel gesto ,e non solo,furono devastanti.Il compromesso storico fu fatto!Non racconterò mai dei morti sul campo , i suicidi e i morti di eroina in quegli anni,sono orgoglioso!Ma il gioco era fatto le Multinazionali dovevano penetrare il territorio e devastare i diritti.Basta con la politica mi dissi!Ora grazie a voi lentamente sto comprendendo questa nuova fase del capitale.E so'per esperienza che saranno micidiali,senza pietà alcuna!Ora sono molto preoccupato per il futuro del paese e della Terra!Cosa stiamo lasciando ai nostri figli?Un cazzo!E' ovvio ci dobbiamo organizzare,ma come?Io non lo so,credo in una presa di coscienza generale che sconquassi le elìte una volta per tutte,ma so che questo, in questo preciso istante non è possibile.Hanno decimato le nostre menti!Apatia volevano, Apatia hanno ottenuto.Perciò io continuerò a parlare con le persone,così farete voi,tutti.Tutto giusto tutto onesto,ma vi posso assicurare che "loro"sono talmente potenti che fanno dell'effetto la causa,non facendoci comprendere nè il gioco nè il campo di gioco e neanche i giocatori.Sono daccordo con Claudio! Grazie.Claudio(claudio io eh!)

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    3. Sono contento che siamo, oltre che omonimi, anche omodossi (abbiamo la stessa opinione). Luciano Lama è l'archetipo di tutti i piddini. Rappresenta bene la disgrazia di quel partito, passato dal marxismo all'ideologia perniciosa dell'interclassismo. A chi ne voglia un assaggio (ma forse è ben più di un assaggio) suggerisco la lettura attenta di questa fondamentale presa di posizione:

      http://www.qdrmagazine.it/2011/10/25/33_lama-(1).aspx

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    4. qui nessuno dice che la Le Pen sia una santa. ma ripeto non puoi sfuggire al fatto che è l'unica che si esprime anche contro la UE come è diventata oggi. che non limita la critica al discorso monetario.

      se lo fa per interessi personali poco importa. non mi interessa. se ha smesso le tematiche da destra becera del padre (perchè checchè ne diciate lo sta facendo pian piano) solo perchè ha visto la possibilità di vincere davvero le elezioni del 2017 (cosa che se l'euro perdura farà senza alcun dubbio in una francia allo stremo) è un discorso.

      ma il fatto resta che al momento è l'unica che individua apertamente l'incarnazione pura del capitalismo neoliberista in europa: la UE.

      questi sono i fatti: cosa facciamo?

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    5. preciso: la le Pen non usa certo le mie parole e non è certo mossa dai miei ideali. ma è l'unica finora che punta il dito contro quello che è sempre stato (e voi dovreste saperlo bene) lo strumento con cui i governanti nostri ci hanno tolto anni di conquiste e diritti: il vincolo esterno.

      che famo? le pulci al cane? voi pensate sia possibile un futuro peggio di quello che ci viene prospettato dentro maastricht?

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    6. la verità è che il vincolo esterno è lo strumento per eccellenza con cui si perpetuano e attuano le politiche neoliberiste in italia: senza quello avremmo molta più forza per lottare.

      e questo dentro di voi lo sapete e bisogna prenderne atto.

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    7. Scusa, Luca, ma stai scherzando? L'unica che si esprime anche contro la UE di Maastricht? Se non santa, certo in odore. "Per ricontrattati [sic. Ovviamente: ricontrattare] i trattati bisogna violarli e per cambiare l’Europa bisogna rompere questa Europa neoliberista." Questo, come ognun può verificare (http://www2.rifondazione.it/primapagina/?p=5850), è Paolo Ferrero, esponente di un partito che è contro Maastricht dal '93, quando, credo, il FN era in altre faccende affacendato. Poi io ho ben scarso apprezzamento per il Ferrero in questione, ma trovo preoccupante che il fervore lepenista conduca a una tale mancanza di rispetto per la realtà dei fatti.
      Aggiungo un piccolo fatterello che pare sparito dalla discussione: la Le Pen non è candidata in Italia, quindi di che stiamo parlando? Qui un soggetto chiaramente e inequivocabilmente antieuro deve ancora saltar fuori; nel frattempo vorrei sapere in base a quale proprietà transitiva la destra italiana (quale, poi?) dovrebbe essere un candidato più credibile al ruolo.

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    8. Vedi, il problema è questo. Rifondazione si esprime contro Maastricht. Ottimo. Poi va al governo con il PD (che è pro Maastricht) e non vota contro Maastricht perché altrimenti va al potere Berlusconi, il babau. Né vota contro le missioni militari italiane per lo stesso motivo (ed espelle Turigliatto perché ha votato contro il rifinanziamento della missione in Afghanistan facendo cadere Prodi).
      Quanto alle alleanze antieuro. Nessuno suggerisce di votare insieme a un partito antieuro che al punto due del programma ha "sterminiamo tizio e caio" o "reintroduciamo la schiavitù." Il punto politico è (quale che sia l'alleanza): l'uscita dall'euro è l'obiettivo strategico immediato, sì o no? Se sì, se ne traggono le conseguenze, cioè ci si prova sul serio con chi ci sta. Se invece detto obiettivo è, per dire, sconfiggere Berlusconi e tutta la sua progenie, allora si fa una politica diversa, e anche se il nipote di Silvio ha una conversione sulla via di Damasco antieuro tu gli voti sempre contro, perché sulla tattica si transige, sulla strategia no.
      Non è carino, invece, fare entrambe le cose: cioè dire che il tuo obiettivo principale all'odg è uscire dall'euro, e poi, quando si presentasse la possibilità di raggiungerlo insieme a qualche forza politica che ti sta antipatica, dire no grazie, insieme a te non esco, preferisco restare nell'euro che mi fa meno schifo di te.
      Non parlo dell'obiettivo strategico di lungo periodo paramillenaristico, che per uno può essere il comunismo, per un altro l'instaurazione del feudalesimo, etc.
      Dico il discrimine politico immediato e decisivo, come quando devi votare in parlamento pro o contro i crediti di guerra. Ecco, in casi come questo la scelta "né aderire né sabotare" non paga. Non paga neanche dire "sto con te fino a quando tu dici cose di sinistra" o "sto con te fino a quando dici cose di destra". Così non solo si perde la partita, ma non si comincia neanche a giocare.

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    9. Caro Roberto, non è certo a me che devi spiegare il miserabile cabotaggio politico di Rifondazione: ne sono ben consapevole.
      Quanto alle possibili alleanze, sinceramente mi pare che manchino riferimenti nella realtà empirica. A parte la clausola ostativa che concedi evidentemente come puro espediente retorico perché nemmeno nel programma del NSDAP venivano annunciati genocidi o lavori forzati, questa famosa possibilità di un'indigesta alleanza antieuro che il realismo politico impone io ancora non la vedo: dove starebbe? Non stiamo parlando di qualche transitorio borbottio di quello del milione di posti di lavoro, vero? Se e quando da una parte che non è la mia verrà fuori qualcosa ti prometto che, per quanto mi è possibile, valuterò laicamente; fino ad allora il mio impegno, per quel niente che può valere, intendo indirizzarlo altrove. Oppure si sta teorizzando "intanto stai con me che poi magari dirò qualcosa contro l'euro"? No, perché arrivati a questo punto farmi pure rifilare la sòla da Berlusconi travalicherebbe i pur ampi limiti del proverbiale masochismo di sinistra.

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    10. @Arturo
      Purtroppo ancora non si vedono forze rilevanti schierate contro l'euro né a destra né a sinistra.

      Quello del milione di posti di lavoro ogni tanto tenta un sondaggio dell'opinione pubblica, così come Grillo.

      Comunque, per intenderci, dai un'occhiata al comitato scientifico del sito asimmetrie.org che è il "think tank" voluto da Bagnai (e non solo): Bagnai, Borghi, Savona, La Malfa, Giacché, Barra Caracciolo. E' un esempio di aggregazione di persone politicamente distanti ma tutte critiche verso l'euro (e per l'uscita).

      Ora forzando un po' la mano, perché non siamo di fronte a un partito politico, puoi fare il tuo esperimento intellettuale: daresti il tuo appoggio a un'esperienza del genere?
      Personalmente l'ho fatto e siccome non c'è modo di tenere insieme idee così diverse se non su un obiettivo limitato è inutile aggiungere che è appunto l'obiettivo che mi interessa.

      Antonino

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    11. Be', ma un think-tank non dovrebbe portare a ricadute politiche immediate, dovrebbe essere un organo scientifico; e davanti al metodo scientifico non c'è destra o sinistra che tenga.

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    12. Caro Arturo,
      sto solo sottolineando una cosa a mio parere molto importante, anche se non ha ricadute politiche immediate perché in Italia, rilevanti forze politiche antieuro non esistono.
      Sottolineo questo: che in una alleanza culturale e politica volta a "rinazionalizzare" l'Italia quale è quella antieuro, non si possono introdurre le pregiudiziali antifasciste/anticomuniste, né orientare la linea politica in base al paradigma destra/sinistra.
      La mia battuta sul punto 2 del programma = sterminio è, appunto, una battuta, e vuole dire solo questo: che le discriminanti compatibili con una alleanza di questo tipo sono discriminanti di civiltà; ergo, uno che propugna sterminio e/ razzismo (razzismo vero, sterminio vero, non battute infelici e deprecabili) deve restare fuori.
      Uno che viene da una tradizione politica che gli stermini li ha fatti sul serio (cioè tutti: comunisti, fascisti, liberali, cattolici, in questo campo il più pulito cià la rogna, come dicono a Roma) a patto che non si proponga di rifarli può starci dentro, senza bisogno che gli si chiedano abiure, etc.: sennò allora le abiure le facciamo tutti, magari organizzando una bella ascesa collettiva in ginocchio della scalinata del Santuario di S. Luca a Bologna.
      Se dalla battuta vogliamo passare a una formulazione più seria, allora ti dirà che a mio avviso la discriminante/pregiudiziale unica di questo tipo di alleanza culturale/politica a base nazionale deve essere l'accettazione della democrazia, nel senso sostanziale (nella nazione, fonte della sovranità legittima è il popolo e solo il popolo) e nel senso formale (il popolo esprime la sua sovranità nelle forme dettate dalla legge fondamentale dello Stato nazionale).
      Se hai letto il saggio di Jacques Sapir che riprende in esame il concetto di legittimità politica in Carl Schmitt per rifondarlo non più sulla trascendenza, ma sulla democrazia, intendi a perfezione quel che voglio dire (e se non lo hai ancora letto te ne consiglio caldamente la lettura).
      Ritengo che sia molto importante, nonostante la mancanza di ricadute politiche immediate, perché viviamo "tempi interessanti"; e la costruzione di un discorso coerente e di una alleanza culturalmente solida sono precondizioni di qualunque azione politica futura. Prima la cultura politica, poi la linea, poi, se si presenta la possibilità, l'azione.

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    13. Una pregiudiziale sull' impianto costituzionale la metterei invece.

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    14. Caro Roberto,
      sono senz'altro d'accordo che il discorso non ha ricadute politiche immediate: questo può forse consigliare una riduzione del pathos e dell'urgenza che hanno serpeggiato su queste larghe bande.
      Detto questo, non lo so mica se la vediamo poi così allo stesso modo. Innanzittuto, come osserva giustamente Lordon, proporre il pugno duro con l'immigrazione da un lato facendo proprio il modello neoclassico (per cui a un aumento dell'offerta di lavoro il salario diminuirebbe) dall'altro creando un esercito di sans papiers che, guarda un po', realizza esattamente la profezia che si intendeva scongiurare, non lo so se me la sentirei di derubricarlo alla voce "battute infelici". Anche l'esame del rapporto tra motivi e dinamiche della violenza ho i miei dubbi che giustifichi un giudizio di sostanziale equivalenza omicida tra tutte le tradizioni politiche. Ma andiamo veramente al sodo partendo dal fondo del ragionamento: concordiamo senz'altro sull'accettazione della democrazia come requisito fondamentale per una piattaforma di possibile, più o meno durevole o transitoria, alleanza (ho letto Sapir e l'interessante serie di articoli a cui fai riferimento, in cui propone una solida fondazione nella teoria economica eterodossa e in quella politica realista della democrazia ma rispetto a una discussione in cui diamo senz'altro per assodata la centralità assiologica della sovranità democratica non mi sembra aggiungere molto); la democrazia in Italia, però, piaccia o meno e trovo sempre singolare quando mi capita di doverlo ricordare a chi tira in ballo la storia a ogni piè sospinto, si è incarnata nella Costituzione del '48, rispetto a cui la pregiudiziale fascista/antifascista ha avuto, sempre sul piano storico, qualcosa di più di una vaga rilevanza (ne ha invece avuta meno una destra/sinistra visto che anche forze di destra hanno collaborato alla sua nascita ma "non pregiudizialità" non equivale evidentemente a "non distinzione": se è vero, come mi pare vero, che rispetto a un'uscita dall'euro esiste, o può esistere, un "overlapping consensus", come dice Rawls (e come sostiene Bovero, secondo me giustamente, vi sia stato all'origine della Costituzione), alleanza eventualmente sì, distinzione però pure). E qui arriviamo al punto. Renditi conto infatti che tu un'abiura la stai chiedendo, cioè l'abiura dell'antifascismo; perché mai non chiedere invece agli altri, quando sia, l'abiura del rifiuto dell'antifascismo? Mi pare ci sia un'asimmetria, che non vedo come possa presentarsi come razionale rispetto allo scopo (anzi) se quest'ultimo è la riattivazione della Costituzione del '48 che della tradizione democratica dell'antifascismo è figlia. E allora, son sicuro che lo capisci anche tu, nascono i sospetti e le diffidenze.

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  17. Riporto parte di un intervento di Eros Barone in una discussione su tema analogo che si sta svolgendo qui:
    http://www.leparoleelecose.it/?p=11616#comment-106800

    Eros Barone
    16 agosto 2013 alle 14:27

    Se vi è un dato, quanto mai preoccupante, di cui occorre tenere conto in questo dibattito (un dato di cui devono farsi carico, in primo luogo, coloro che sostengono la necessità e la possibilità della fuoriuscita dall’euro, nonché la prospettiva strategica della “rinazionalizzazione”), è quello che ci dice, ponendo a confronto ciclo elettorale e ciclo neoliberista, che vasti strati delle classi lavoratrici – soprattutto quelli costituiti dai lavoratori con minori tutele, che operano, prevalentemente con mansioni esecutive, nel settore della piccola e media impresa – hanno da tempo abbandonato i partiti socialisti e comunisti, cioè i partiti che si rifanno alla tradizione del movimento operaio, e hanno orientato sempre di più il loro voto verso le destre, in particolare verso le destre populiste. Si tratta di una tendenza che è in atto in Europa e in Italia da quasi trent’anni e che, lungi dall’arrestarsi, sembra addirittura rafforzarsi. Orbene, questi lavoratori si dimostrano così sensibili alle rivendicazioni incentrate sulla difesa degli interessi territoriali e nazionali, che è possibile affermare che nella loro ottica il conflitto di classe finisce con l’essere sostituito dal conflitto territoriale. Basta considerare che il movimento operaio, come già sosteneva trent’anni fa il sociologo Serge Latouche, si organizza nei ‘luoghi’, mentre il capitale prende il controllo degli ‘spazi’, per capire che un simile spostamento delle rivendicazioni operaie dalla classe al territorio si realizza, sì, in modo istintivo, ma non è affatto né casuale né irrazionale. In sostanza, questi lavoratori si rendono conto che la liberalizzazione degli scambi e la crescente circolazione mondiale dei capitali, delle merci e, in parte, anche dei lavoratori – in una parola la cosiddetta “globalizzazione capitalistica” – ha generato una conflittualità sempre più aspra tra i lavoratori, la quale, peggiorando le condizioni di lavoro, intensificando lo sfruttamento, comprimendo i salari e destrutturando lo Stato sociale, è una potente concausa della crisi economica. È chiaro che, per difendersi dalle conseguenze sempre più pesanti che il controllo capitalistico del mercato, della dislocazione e della organizzazione del lavoro comporta, i lavoratori hanno cercato risposte politiche, e occorre riconoscere che, almeno finora, essi hanno trovato risposte soltanto a destra. Sono state infatti le destre (non solo quelle populiste e xenofobe, ma anche quelle tradizionalmente conservatrici) che hanno manifestato i loro propositi di difesa dei capitali nazionali, si sono espresse a favore del protezionismo commerciale e hanno individuato nel blocco dell’immigrazione la risposta più valida al conflitto tra i lavoratori che viene oggettivamente alimentato dalla globalizzazione" [segue al link suindicato]

    "

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  18. Allora ricapitolando,darò il sostegno a a/simmetrie,nonostante la malfa,non darò il voto a marina berlusconi se entrando in campo imiterà la Le Pen,perchè so perfettamente quello che farà subito dopo,stringerò i denti se entrassero antiabortisti,qualche xenofobo,quelli che hanno votato e poi sono rimasti delusi dal fiscal compact, qualche fascista,non parlerò male di Napolitano e Padoa Schioppa, così la mia amica piddina sarà felice.Non credo di essere capace a fare di più.Claudio.

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  19. Penso anch'io che la discussione sia utile e interessante. Vorrei però ricordare agli estimatori del FN che fino a non tanto tempo fa l'armamentario teorico in materia economica del suddetto partito era sostanzialmente liberista e vicino alla destra c.d. "repubblicana", come fa giustamente notare Lordon in altri articoli meritevoli di lettura (http://blog.mondediplo.net/2011-06-13-Qui-a-peur-de-la-demondialisation ; http://blog.mondediplo.net/2013-07-08-Ce-que-l-extreme-droite-ne-nous-prendra-pas).
    Non mi è nemmeno molto chiaro quali sarebbero le risposte reali, non simboliche, che le destre avrebbero offerto ai lavoratori italiani: oltre a creare un vasto esercito industriale di riserva, per dirla col tale, di irregolari, quali buoni frutti ne avrebbero ricavato? Anche la Lega, per dire, ha fatto, fino a tempi relativamente recenti, un discorso in materia economica che più liberista è difficile immaginarlo (fino a dare spazio a teorici dell'anarcocapitalismo). Infatti se guardiamo alle norme in materia di rapporti di lavoro, che rappresentano un banco di prova piuttosto significativo, non sarà difficile accorgersi che la strada è stata sicuramente aperta dalla sinistra ma la destra l'ha raggiunta e superata con entusiasmo (vedi per il quadro fino al 2010: http://temi.repubblica.it/micromega-online/lavoratori-senza-diritti/). Un po' di sana diffidenza mi pare più che giustificata.

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    1. Lo penso anch'io :)
      Un ottimo esempio è anche Viktor Orban, che recentemente è assurto a punto di riferimento di molto rossobruni anti-euro che circolano dalle nostre parti. La sua legislazione sul lavoro è terrificante, tutta basata sullo strapotere dell'imprenditore. E se non lo sostieni (ti dicono i rossobruni di cui sopra) sei un traditore, un velleitario, vetero-marxista, duro e puro...

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    2. su Orban sono ignorante quindi non mi esprimo.

      ma davvero Claudio tu pensi ci sia un argine "morale" al livello cui arriveremo sotto la giustificazione del vincolo esterno?

      perchè è evidente che nel giro di 30 anni saremo tornati nel 1800 a colpi di spread e crisi perenni.

      quindi non riesco proprio a capire cosa hai paura possa succedere di peggio: la guerra? quella è probabile che arrivi, nel caso, come conseguenza del "balzo indietro" di 200 anni che stiamo facendo.

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  20. Una massima assai antica della scienza politica è che si può scegliere il nemico (quando non è il nemico a scegliere te), ma non si possono scegliere gli alleati.
    Il Cardinale Richelieu, fine teologo e principe della Chiesa, nel corso della Guerra dei Trent'anni, per fare gli interessi vitali della Francia si alleò con a) i protestanti b) l'Impero Ottomano.

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