lunedì 24 febbraio 2014

Il Ministro delle Equazioni (nel governo di Peppa Pig)



La composizione del nuovo governo non ha suscitato grandi entusiasmi, neanche tra i renzini più affezionati. È di tutta evidenza che si tratta di un'accozzaglia di "mezze figure", alcune delle quali  della statura necessaria per far parte di un Governo; ed è altrettanto evidente che lo scarso peso dei "nomi" ministeriali fa da pendant alla centralità assoluta e preponderante del premier, sulle cui esili spalle graverà tutto il peso dell'azione dell'esecutivo.
La complessiva marginalità delle figure che guidano i dicasteri è inoltre confermata da un dettaglio: il governo è stato formato trascurando qualsiasi criterio di rappresentanza dei territori. In un consesso di diciotto poltrone siedono cinque emiliani e due liguri, ma nessun veneto, o piemontese, o campano, o pugliese. Se queste persone contassero davvero qualcosa non sarebbe così.

Vorrei richiamare l'attenzione su un aspetto, che forse non tutti hanno notato, ma che pure è rivelatore. Uno dei due ministri liguri è lo spezzino Orlando, che è appena passato dall'Ambiente alla Giustizia. Il punto è che Orlando ha, come unico titolo di studio, la maturità scientifica. Per il resto ha sempre e solo fatto politica; la sua professione risulta essere quella di "dirigente di partito". Ricordiamo, di passata, che il Ministro della Giustizia è l'unico membro del Governo, a parte il Presidente del Consiglio, a venire menzionato in Costituzione. Questo per dire della importanza cardinale di questo ruolo. Si tratta, palesemente, di un ruolo di enorme responsabilità, che presuppone un alto livello di competenza. Se non altro, per permettere al Guardasigilli di valutare la bontà delle varie soluzioni, dei vari progetti di riforma.
Un discorso abbastanza simile, peraltro, lo si potrebbe fare per Beatrice Lorenzin, confermata al Ministero della Salute... con la maturità classica. E così come Orlando non potrebbe fare il cancelliere di tribunale (se non per le mansioni più semplici), Lorenzin non potrebbe fare l'infermiera.

Mi si risponderà: il capo di un dicastero non deve essere uno scienziato o un intellettuale. Deve essere in grado di dirigere una macchina burocratica; e nulla più dell'esperienza di partito è formativo in questo senso. E poi attorno ai ministri ci sono fior di capi di gabinetto, alti funzionari, consiglieri di ogni sorta, ecc. Io stesso sono personalmente a conoscenza delle persone che, dall'alto delle loro cattedre universitarie, “scrivono i testi” di Orlando. Dunque le competenze, negli uffici del Ministro, in un modo o nell'altro ci sono. 

Ma ora facciamo un esperimento mentale. Immaginiamo che al Ministero dell'Economia fosse andato, non un super-tecnico FMI-OCSE-ISTAT come Pier Carlo Padoan, ma un soggetto con un diploma di ragioneria. Cosa sarebbe accaduto? È facile immaginarlo: sgomento e terrore si sarebbero impadroniti delle redazioni dei giornali e telegiornali, nazionali ed esteri. Alla Giustizia può andare uno con il CV (e la faccia) di Orlando, ma l'Economia non può certo essere gestita da chi non ha gestito almeno una docenza in atenei internazionali.


Questo fatto è talmente ovvio da risultare stupefacente. E costringe e tornare con la memoria al passato, scoprendo che per trovare gli ultimi ministri “politici” all'Economia e affini (Tesoro, Finanze, Bilancio), se si esclude l'ibrida figura di Tremonti, bisogna risalire ai tempi di Rino Formica e Giovanni Goria. Come mai?
Ritengo che le ragioni siano due, entrambe piuttosto importanti, ma la seconda di più.
  1. l'Economia è al centro della nostra società; o meglio non l'economia, ma un suo aspetto, e cioè la crescita. La crescita è considerata dalle classi dominanti (e quindi dall'intera società) il valore più importante; anzi la premessa e il presupposto di tutti i valori. Per essere chiari, le garanzie e i diritti di cui godiamo in quanto cittadini sono variabili dipendenti della crescita del PIL: devono esserle sacrificati quando è necessario, e possono essere riconosciuti solo a condizione che l'economia e la produzione si espandano. Se così stanno le cose, allora le figure veramente decisive nel Governo sono solo quelle del premier e quello del Ministro dell'Economia. Gli altri personaggi che vi gravitano attorno sono, appunto, solo dei personaggi. Non è indispensabile che siano così competenti.
  2. A guidare ministeri come Salute e Giustizia possono andare dei politici “puri”. Ma a quello dell'Economia devono esserci dei tecnici. Questo è un punto essenziale. Se presso i media mainstream (ma non solo) è completamente assurdo pensare a un non economista in quel dicastero è perché quella economica viene considerata una scienza esatta. In un simile ambito la discrezionalità politica è ridotta al minimo, così come lo sarebbe in una operazione chirurgica: non saranno certo le scelte politico-ideologiche del medico a determinare l'esito dell'operazione. E così anche le scelte di politica economica sono frutto di valutazioni scientifiche obiettive; anzi a ben guardare non sono nemmeno delle vere e proprie scelte, dato che sono determinate dalla necessità della scienza. Dunque a sorvegliarne l'esecuzione non possono che essere degli scienziati, dei tecnici: Dini Ciampi Siniscalco Grilli Saccomanni Padoa Schioppa... Anzi, dato che l'economia determina tutto il resto (vedi punto 1), è sensato che siano degli economisti a ricoprire direttamente l'ufficio del Primo Ministro, come nel caso di Monti. 
     
    Insomma, Pier Carlo Padoan è un soggetto iper-competente, padrone di una scienza esatta quanto la matematica: è il Ministro delle Equazioni. Risolvere le equazioni non è questione di opzioni politiche, ma di competenza tecnica. La soluzione dei problemi è unica, è quella esatta. È evidente, è necessario, che si privatizzi, che si licenzi, che si tagli lo stato sociale. Lo dice la scienza. Non ci sono alternative.(C.M.)



38 commenti:

  1. Infatti si vede che bel risultato.
    Se "le scelte di politica economica sono frutto di valutazioni scientifiche obiettive" non avremmo neanche adottato l'euro.
    L'economia è una scienza, ma non una scienza esatta. Una scienza esatta (come la matematica o la fisica) ha anche il requisito della ripetitibilità: cosa che in economia non esiste.

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  2. Cacciari non avrebbe saputo spiegarlo meglio, potreste chiedere a la7 di diventare i nuovi filosofi politici di riferimento. Sempre che non vi smaschieriate per quei terribili socialisti pieni d'invidia e sentimenti di rivalsa che siete.

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    1. Cacciari ripone molte speranze in Renzi. È troppo più intelligente di noi.

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  3. non sarei così convinto che la crescita sia considerata un bene primario.

    direi piuttosto che la recessione è ora quasi volutamente cercata per poter aver la scusa per abbattere lo stato sociale.

    sul resto sono d'accordo...ma questa cosa non è il fare la punta allo spillo.

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    1. Io ho parlato di "valore" dominante: i valori sono entità della sfera ideologica. Parlando 25 ore al giorno di crescita, o no? Poi uno dice: ma producono recessione, non crescita. Su questo ci andrei cauto. Per due ragioni:

      1)Noi non sappiamo se le politiche keynesiane possano produrre la crescita infinita a cui alludono i sostenitori di quella corrente del pensiero economico. Il keynesismo produsse benessere diffuso e... stagnazione. Gli storici del domani potrebbero scoprire che le strategie di distruzione creatrice interpretate dal neoliberismo erano effettivamente l'unico modo per forzare la crescita del PIL.

      2) Quando parliamo di classi dominanti non ci riferiamo ad unica grande Mente Collettiva. La classe dominante è divisa in fazioni; a livello internazionale, la lotta tra fazioni nazionali produce guerre valutarie, corse alla competitività, ecc. Sono soggetti che cercano di farsi costantemente le scarpe tra loro. Nulla di pù facile che questa lotta costante produca, come effetto non voluto, la recessione della maggior parte degli attori che vi partecipano.

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  4. "Immaginiamo che al Ministero dell'Economia fosse andato, non un super-tecnico FMI-OCSE-ISTAT come Pier Carlo Padoan, ma un soggetto con un diploma di ragioneria. Cosa sarebbe accaduto?"
    Niente. Non sarebbe accaduto niente.
    Anzi, un ragioniere sarebbe meglio.
    Perché col Pareggio di Bilancio, l'unica cosa che c'è rimasta è la ragioneria spicciola. Mi serve un miliardo per l'alluvione? Aumento le accise sulla benzina. 5 miliardi per il cuneo fiscale? Bene, con l'IMU o come diavolo si chiama adesso...
    Provincia dell'impero. Dobbiamo abituarci a questa dimensione.

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  5. è evidente che l'unica competenza richiesta a questi """ministri""" è solo quella di sapere scrivere il proprio nome in calce ad un decreto, che verrà redatto dall'unico ministro che conta, cioè quello dell'Economia. Il primo ministro in questo caso serve solo a distribuire gli ordini ai vari dicasteri, ordini scritti al di fuori della sfera istituzionale e, oramai è evidente, anche al di fuori dei confini nazionali. Insomma, questo governo ha le competenze minime richieste (saper scrivere) per poter operare tagli orizzontali a tutte le strutture statali e a procedere allo smantellamento finale del welfare italiano, compensato solo con qualche punto percentuale in più in busta paga e forse con solo qualche spicciolo di sussidio di disoccupazione (che per ora sono solo vaghe promesse). Siamo ridotti a colonia.

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  6. Una risposta agli ultimi due commenti: non sono d'accordo. Non siamo nè colonia né provincia. Siamo un paese cardine e colonna dell'ordine europeo (e occidentale). E le malefatte che il nostro ceto politico compie non sono ordinate dall'estero, ma da esso volute.

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    1. Capisco il senso della risposta. In prima battuta mi verrebbe da dire che sono d'accordo. Però dobbiamo considerare l'asse dei tempi. Cioè, si può dire che le politiche italiane abbiamo contribuito a creare l'ordine europeo per come lo vediamo oggi. Questo è vero, basti pensare a Carli, Ciampi, Prodi, Andreatta. Il trasferimento di sovranità (limitata, l'Italia ha avuto sempre una sovranità limitata) è avvenuto. Sono fermamente convinto che, con Maastricht, con Lisbona, col MES, col Fiscal Compact, con tutti i trattati sottoscritti, i margini di manovra dei nostri governi siano oramai nulli. Che sia Letta, Renzi o un monocolore di Grillo, se non cambiano questi trattati, provincia siamo e provincia resteremo.

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    2. L'Italia è senz'altro "un paese cardine e colonna dell'ordine europeo (e occidentale)", ma viene trattato come una colonia a causa di una classe dirigente (politica e non solo) che oltre ad eseguire le operazioni criminali ordinate dall'estero, ne aggiunge di sue.
      Concludendo: il pesce puzza dalla testa.

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  7. Sono d'accordo con Claudio quando dice che un ragioniere all'Economia avrebbe provocato sgomentate e indignate reazioni da parte dei paludati commentatori mainstream. Sono d'accordo con Francesco che un ragioniere non potrebbe fare niente di peggio e niente di diverso.
    Draghi non ha fatto una battuta quando parlava di "pilota automatico". Il ruolo del tecnico serve a conferire alle scelte di politica economica un'aurea di oggettività e ineluttabilità: una rappresentazione per cui le leggi "naturali" - e perciò oggettive - di domanda, offerta, libero scambio, sono in contrapposizione ai "principi" - quelli della Costituzione - che in quanto convenzionali sono solo variabili dipendenti, molto dipendenti, dalla contingenza economica. La quale, a ben vedere, tanto contingente non è...
    Il tecnico all'Economia risponde all'esigenza di raccogliere consenso intorno a tale rappresentazione. Trattandosi di tecnici, è chiaro che sono perfettamente consapevoli e consenzienti del gioco manipolatorio a cui si prestano. Chi, se non una persona omologata al sistema, accetterebbe un qualunque incarico alla cui importanza formale non corrisponde alcuna sostanziale libertà d'azione?

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  8. Stanno brancolando nel buio e visto il curriculum dei ministri il governo non ha la più pallida idea di come uscire dalla crisi economica italiana, sono veri dilettanti allo sbaraglio , o peggio esecutori materiali di ordini superiori che prevedono la riduzione salariale , l'aumento dell'imposizione fiscale ed i tagli del Welfare , non so come faranno a racimolare 74 miliardi di euro previsti per la legge finanziaria compresi gli interessi sul debito, ci sarà il diluvio universale e poi la fuga !

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  9. Ancora sull'Italia provincia, o sui margini di manovra nulli.

    Io sono fermamente convinto che nulla costringa i governi a fare quello che fanno; e che non sia vero che chiunque vada al governo ripeterà la condotta degli esecutivi visti fin qui, poiché i trattati glielo impongono: fino ad arrivare all'estremo di dire che è indifferente chi occupi le poltrone governative. Credo che non sia affatto così. L'Europa non impone un bel nulla alla nostra classe politica: l'Europa (le istituzioni UE) sono emanazione della nostra classe politica. L'unica istituzione dal carattere (un po') sovranazionale è il parlamento europeo, guarda caso l'istituzione meno entusiasta dell'austerità. Le altre istituzioni sono formate direttamente dagli esecutivi nazionali. I nostri governi sono vincolati nell'azione nella misura in cui accettano di vincolarsi. Si tratta dunque di autolimitazione.
    E comunque, anche se i trattati davvero costituissero un autentico vincolo, essi possono essere stracciati domattina. Ci sono solidissime basi giuridiche che consentono di liberarsi dall'UE domani, senza colpo ferire. Il punto è che il ceto politico non ha alcuna intenzione di ritirarsi dall'Ue, o di disobbedirgli, pur avendone il potere. Se domani l'Italia mandasse a quel paese Olli Rehn, l'Unione si sgretolerebbe in poche ore.
    Nossignori, il ceto politico fa quel che fa perché è convinto. Ed è convinto in virtù del proprio interesse di classe: esso infatti costituisce la camera di compensazione, e di coordinamento, delle classi dominanti nazionali.
    Ecco perché il nostro non è un problema di sovranità. La sovranità italiana, concetto di diritto internazionale, è assolutamente intatta. Il nostro è un problema di democrazia e di rapporti di forza tra le classi. Ecco perché è vano sperare di convincere il ceto politico a tornare sui propri passi. L'unica cosa da fare è mandarli a casa.

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    1. Certo! Se abrograssimo il pareggio di bilancio dalla costituzione, se respingessimo il trattato di Lisbona, se rifiutassimo il MES... Io sono d'accordo su un aspetto, una cosa è avere un vincolo esterno, altra cosa è chiedere che sia imposto. La nostra grande industria, il capitalismo nostrano, l'ha chiesto il vincolo esterno. "Ce lo chiede l'Europa" è stato formidabile per mettere la museruola a lavoratori e sindacati. Resta il fatto che questi trattati ci sono e sono sottoscritti. Non sono certo queste forze politiche che li metteranno in discussione, di questo siamo tutti convinti. L'ipotesi di Claudio presuppone che al potere arrivino altri, antagonisti a questi schieramenti. Sono anch'io d'accordo che se facessimo la rivoluzione...ma intanto ci tocca questo schifo.

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    2. Non c'è bisogno della rivoluzione per mettere in discussione i trattati. Basta votare M5S. Non sto scherzando.

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    3. Molto interessante. E' la domanda più urgente: può la classe politica "sbagliata" (diciamo non rappresentativa degli interessi della stragrande maggior parte dei cittadini) che ha scelto e continua a scegliere di esserlo, ne sono convinta, fare la scelta "giusta", uscire da UE e euro? Improbabile, a meno che l'euro non crolli da sé. Per riposizionarsi.
      E perchè il m5s, che vuol mandarli tutti a casa in nome di una reale rappresentanza degli interessi del popolo (destinato a appiattirsi in un'unica classe sociale), non esprime chiaramente il suo essere diverso, ripudiando euro e UE e tutto l'armamentario di tagli alla spesa distruttivi in questa fase?

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  10. Non capisco l'oggetto della diatriba.
    Qui, mi pare che nessuno dica che i nostri governanti siano vittime di un ordine internazionale che li obbliga a fare certe cose rispetto ad altre.
    Qui, si sta dicendo che i nostri governanti perseguono deliberatamente una politica di spoliazione di sovranità nazionale. Lo fanno perchè sopno componenti più o meno importanti di un establishment finanziario globale, a cui aderiscono volontariamente. Tuttavia, tolto il fattore soggettivo volontario, rimane il fatto oggettivo che essi sono esecutori di un piano globale, condotto per interessi di soggetti internazionali.
    Insomma, non è che se un poliziotto spara volontariamente sulla folla, ciò implica che lo fa per una sua personale volontà, la volontà sta nel fare il poliziotto in maniera acritica, ma il piano di sparare viene da più in alto di lui.

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    1. La ringrazio per il commento, che mi dà l'opportunità di dimostrare quanto sia sbagliato l'atteggiamento che qui critico. In cosa, le illustrerò chiaramente la portata della discussione (non "diatriba").
      Voglio prendere sul serio l'esempio da lei proposto, e che consiste in una analogia tra il nostro ceto politico e un poliziotto che esegue un ordine. Naturalmente nel caso del ceto politico i superiori sarebbero le istituzioni sovranazionali. Sorvoliamo sul fatto che le istituzioni sovranazionali sono emanazioni degli esecutivi nazionali (in particolare quelle europee), il che basterebbe per dichiarare non pertinente il suo esempio. Ma andiamo alla sostanza.
      Riproduco il testo dell'art 51 Codice Penale:

      L'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità, esclude la punibilità.
      Se un fatto costituente reato è commesso per ordine dell'autorità, del reato risponde sempre il pubblico ufficiale che ha dato l'ordine.
      Risponde del reato altresì chi ha eseguito l'ordine, salvo che, per errore di fatto abbia ritenuto di obbedire a un ordine legittimo.
      Non è punibile chi esegue l'ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimità dell'ordine.

      Chiaro? I soggetti che, a norma di legge, devono obbedire ai comandi superiori, sono penalmente irresponsabili, perché non possono sindacare la legittimità dell'ordine, e quindi disobbedire, salvo il limite estremo dell'ordine manifestamente criminoso.
      Quando lei paragona il ceto politico al poliziotto sparatore, sta (inconsapevolmente?) perorando l'assoluzione di esso. Il mero esecutore è per definzione irresponsabile.
      La realtà che io vedo (ma magari dovrei cambiare occhiali) è del tutto opposta. Non è l'Europa a dare ordini agli esecutivi nazionali: sono questi ultimi a coordinarsi tra loro attraverso di essa, che è poco più di uno strumento al loro servizio. La responsabilità delle operazioni politiche ed economiche degli ultimi anni ricade tutta intera sui singoli ceti politici. I quali agiscono per conseguire il proprio interesse di classe, il quale spesso non coincide con il mitico interesse nazionale (il quale non interferisce molto con le scelte politiche fondamentali, per la buona ragione che non esiste).


      Qual è la portata di questa discussione? Cosa c'è in ballo?
      Credere che il ceto politico sia esecutore di ordini dall'estero ha due funzioni: una consolatoria e l'altra quietista. È molto difficile accettare l'idea che i nostri rappresentanti siano nostri nemici di classe. È più comodo credere che si stiano sbagliando, che siano un po' ingnoranti, che siano ostaggio del potere di qualcun'altro. Inoltre, pensare che il ceto politico si comporti così in virtù di interferenze esterne risparmia la fatica di cercare di comprendere quali sono le ragioni strutturali che portano ogni ceto politico a comportarsi così.

      Viceversa, afferrare il fatto che il ceto politico, senza che nulla e nessuno lo costringesse, ha deciso di dichiararci guerra, è il preludio dell'attività rivoluzionaria. Non ha senso interloquire con i membri di quel ceto, come a svelargli la "verità" sull'euro. Non ha senso trasformarsi in loro consulenti economici. Ha senso mobilitarsi per distruggerli. Chi ha orecchie da intendere, intenda.

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    2. Anche il suo esempio è illuminante, lei richiama una norma del codice, e quindi immagina il rapporto tra i nostri governanti e un ordine sovranazionale come discendente da un vincolo legislativo. La cosa ovviamente non sta in questi termini, ed è fuori di qualsiasi ragionevole dubbio che la loro adesione a questo establishment mondiale sia del tutto volontaria. Viene quindi esclusa, esattamente all'opposto da quanto lei sostenuto, una loro mancanza di responsabilità.
      Qui insomma, non è in discussione la responsabilità, quanto piuttosto la natura delle scelte, che per il loro merito, non possono essere giustificate sulla base di un interesse nazionale, ma al contrario come contrarie all'interesse nazionale.
      Di questo, del resto, io sono profondamente convinto, questa è la lotta finale contro le sovranità nazionali, e mi pare utile richiamare dove stia la sede reale delle scelte che poi i singoli governi stanno compiendo.
      Davvero, non riesco a capire perchè se io dico che un certo governante è in realtà un agente di un'entità sovranazionale, lo stia giustificando. Al contrario, credo che si tratti dell'accusa più terribile che gli possa contestare.

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    3. No, mi dispiace, ma l'esempio del poliziotto sparatore lo ha fatto lei. Ed è evidente che se descrivo la condotta di qualcuno come di mera esecuzione, io sto deresponsabilizzando quel soggetto. La responsabilità si sposta così dal ceto politico nazionale alle istituzioni UE. Molte, troppe persone credono al quadro appena tratteggiato; conseguentemente, e in modo del tutto ovvio, queste persone credono di poter risolvere il problema mediante un appello alla nostra classe politica: rinsavite! Smettete di eseguire gli ordini!
      Strategia inane come poche, visto che le scelte di politica economica dei paesi europei vengono prese, in realtà, nelle capitali degli stessi paesi; le quali scelgono i membri delle istituzioni sovra-nazionali in qualità di loro agenti.
      Da dove nasce questa "cantonata"? Ecco, ho la netta impressione che sia frutto dell'assrobimento, anche da parte di molti militanti dell'"anti-sistema", dei canoni fondamentali dell'ideologia dominante. Rivelatore, in questo senso, il suo ennesimo richiamo all'interesse nazionale. Io le avevo scritto: "l'interesse nazionalenon interferisce molto con le scelte politiche fondamentali, per la buona ragione che non esiste". E lei mi ribadisce che il ceto politico sarebbe colpevole di tradire l'interesse nazionale!
      Ripeto, non esiste l'interesse della nazione: esiste quello delle classi. Il ceto politico persegue il proprio interesse di classe, che coincide con quello di ciò che potremmo continuare a definire "borghesia". Nel far questo sacrifica gli interessi della classe lavoratrice. Né gli uni nè l' altro possono essere definiti come gli interessi dell'intera società. Quando si parla di interesse nazionale, si sta assumendo il punto di vista (ideologico) del ceto dominante, che rappresenta sé stesso come espressione dell'intero corpo sociale. E così si spera che il ceto dominante torni a coltivare l'interesse nazionale, e cioè il suo VERO interesse. Follia! L'interesse dei ceti dominanti è schiacciarci ed espandere il proprio potere. Per far questo usano oggi le istituzioni europee; domani useranno la svalutazione e il protezionismo.

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    4. Bene, almeno adesso risulta chiara la differenza.
      Non è che ci sia chi giustifichi i nostri governanti di fronte ad altri che li accusano, ma il problema si sposta sul punto che riguarda quanto la sovranità nazionale sia un valore o non lo sia.
      Per me, lo è perchè storicamente è il luogo dove è stato possibile costruire, pur con tutti i loro limiti, istituzioni democratiche.
      D'altra parte, il punto di vista di classe, che presuppone un'adesione più ideologica, può benissimo convivere con un punto di vista nazionale. Anzi, lo ritengo una necessità in un tempo dove di internazionalismo proletario non si sente neanche l'odore. Non mancano neanche esempi storici di sistemi che si ispiravano al marxismo e nello stesso tempo non disdegnavano di avere un punto di vista nazionale.
      Oggi a me pare che il vero internazionalismo stia proprio nel sostenere il sovranismo, il che implica proporre una soluzione nazionale per tutti, praticarlo nel proprio paese come un esempio da offrire a tutti i popoli. Niente a che vedere quindi, come si comprende, col nazionalismo sciovinista delle destre.

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  11. Non vorrei che il mio commento precedente fosse stato frainteso. Sono d'accordo che la sovranità è un problema di volontà politica, ovvero dal ceto politico in grado di esprimerla. Il problema è che il ceto politico che ci governa esprime il contrario, e la sudditanza nei confronti dell'euroTeismo è manifesta. D'altra parte chi ha provato in questi anni anche solo timidamente a opporvisi è saltato come un birillo, e le ultime vicende ucraine fanno sorgere più di un dubbio sulla vocazione democratica del progetto europeo.
    L'unica cosa da fare è mandarli a casa, certo. Ma mi chiedo:
    1) come fare?
    2) ammesso che ci si riesca, siamo sicuri che l'Europa ci permetterebbe di uscire?
    Io comincio a dubitarne seriamente. La vicenda ucraina è stata fatta passare come una spontanea sollevazione del popolo che aspira alla democrazia e alla civiltà europea, eppure il puzzo di golpe si avverte anche da lontano...

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    1. 1) e come potrebbe impedircelo? Ragazzi, siamo seri ;) chi parla di Italia colonia-Italia protettorato dovrebbe vivere per qualche mese in un paese sotto occupazione militare. Allora diventa più chiaro cosa significhi "subordinazione". Noi non siamo colonia di nessuno. Noi siamo la colonna portante dell'UE, e dal punto di vista economico facciamo parte dei paesi del Centro. Non voliamo troppo con la fantasia.

      2) La Germania sta già lavorando per isolare Yulia Timoshenko e la dirigenza della rivolta ucraina, e lo fare anche l'Italia se non fosse di mezzo al cambio di governo. Yanukovich è scappato dopo che Putin e Obama hanno avuto un colloquio ritenuto da entrambi "positivo". È di piena evidenza che la rivolta degli ucraini etnici era spontanea: c'erano già stati mille precedenti. Ed è altrettanto evidente che le cancellerie occidentali stanno già lavorando per conservare l'Ucraina alla Russia. Faranno la classica operazione gattopardesca. Nulla che abbia a che fare con le vicende di casa nostra.

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    2. Ho una visione un tantino più pessimistica della tua. Sia per quanto riguarda la possibilità dell'Italia di decidere autonomamente, sia per quanto riguarda la spontaneità della rivolta ucraina.
      http://www.contropiano.org/interventi/item/22381-in-ucraina-l-occidente-apre-un-vaso-di-pandora
      Proprio perché siamo una colonna portante dell'Unione dubito che ci lasceranno uscire graziosamente. Berlusconi - secondo 3 testimonianze non di secondo piano - è stato fatto saltare dopo che aveva provato a minacciare l'uscita dall'euro (trovandosi probabilmente nell'impossibilità politica di obbedire ai diktat comunitari). A meno che non si creda davvero che è successo perché "impresentabile": gli unici impresentabili, in politica e in geopolitica, sono i personaggi scomodi.
      Papandreu in Grecia aveva ipotizzato un referendum...
      Non sottovaluterei le possibilità che hanno per impedirci di uscire. "Noi non compriamo i vs titoli per due mesi e voi andate in fallimento":
      http://www.youtube.com/watch?v=vKJMmZP4p38

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    3. 1) Si, lo so che molti """""comunisti""""" stanno ripetendo da giorni che quelli che sono morti lottando contro le forze del regimetto ucraino in realtà erano degli automi pagati da Soros/Merkel/Obama ecc ecc. È sempre così per gli antimperialisti: i popoli che si possono ribellare sono solo quelli che vivono in paesi dominanti da forze politiche antipatiche agli antimperialisti. Ma se per caso sono nato in un paese dominato da un regime che i nostri definiscono come antimperialista, allora non ho scelta: devo obbedire al mio padrone, e se mi ribello sono un servo di Sion e degli USA. Tipico.

      2) Bini Smaghi può dire quel che vuole, ma la lettere di Draghi l'ha scritta Brunetta; ed è stato il governo Berlusconi a mettersi in testa di anticipare il pareggio di bilancio. Quando gli è andata male, si è accordato con Napolitano per farsi sostituire da un uomo a lui vicino (Monti), in modo da scansare elezioni anticipate che avrebbero annullato il PDL. Non male come complotto.

      3) Papandreu? Telefonare a Evangelios Venizelos.

      4) stare nell'euro rende piuttosto fragile la posizione italiana, il che rende (quasi) plausibile l'ipotesi dei "due mesi". Ma fuori dall'euro questa sarebbe un'arma spuntata, visto la possibilità di monetizzare il proprio debito.

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  12. Temo di aver cannato qualcosa con l'ultima risposta al commento di Claudio perché non la ritrovo. La ripeto qui di seguito:

    11) Ma com'è che le manifestazioni di piazza altrui, pacifiche o violente che siano, sono sempre espressione dell'anelito popolare alla libertà e alla democrazia, mentre quelle di piazza propria (TAV, Forconi...) esprimono sempre un populismo antidemocratico con derive fascio-comuniste? Anche questo è tipico.

    2) La lettera l'avrà pure scritta Brunetta. Ricordo che in quel periodo, in una conferenza stampa con non ricordo se Barroso o Van Rompuy, Berlusconi disse a proposito della riforma pensionistica "mandatemi una lettera e io la faccio". Ci sta tutto: l'uomo non chiedeva altro che poter affermare "l'ho fatto ma non è colpa mia". Secondo me la sua posizione è diventata precaria quando i fatti hanno dimostrato che non avrebbe mai avuto la forza politica per realizzare i memoranda, lettera o non lettera, ma non volendo mollare le redini ha provato a sbattere i pugni sul tavolo minacciando l'uscita dall'euro. Su questo è saltato (cfr BiniSmaghi, ma anche Werner Sinn e Zapatero), ma la sua sorte era segnata comunque. Resta il fatto innegabile che la sua defenestrazione è stata decisa a livello UE, e che da allora i tre governi che si sono succeduti non sono stati di gradimento popolare ma di gradimento UE; quello Monti, in particolare, difficilmente avrebbe potuto insediarsi in quei termini se si fosse andati a elezioni anticipate, e credo che in questo senso Napolitano abbia ascoltato più l'Europa che Berlusconi.

    3) Non intendo certo mitizzare la figura di Papandreu, come non intendo difendere Berlusconi. Dico solo che questo signore è saltato dopo avere ipotizzato un referendum popolare sui memoranda. In precedenza lo avevano minacciato di non mollare i finanziamenti se non confermava le commesse di acquisto per i sottomarini tedeschi e i tank francesi, che Papandreu aveva pensato bene sospendere vista la situazione economica del paese (Corsera, 13/2/2012 "Quelle pressioni di Merkel e Sarkozy per ottenere commesse militari).
    A parte questo, non ho il numero di Venizelos. Potresti precisare meglio il tuo punto i vista?

    4) Fuori dall'euro il ricatto finanziario sarà pure un'arma spuntata, ma occorrerebbe prima uscire e necessariamente dovrebbe essere fatto dall'oggi all'indomani. (Non certo previo referendum come preconizzato dai cinquestelle, un iter di mesi che ci metterebbe alla mercé di chiunque. Stupisce che Grillo non lo capisca e insista su questa soluzione: siamo sicuri che è questo che vuole?).
    Spuntata o no, non trovo banale il fatto che abbiano minacciato di farci fallire. Significa che sono disposti a tutto per farci fare quello che loro ritengono vada fatto. Scusate se è poco.

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    1. 1) "Ma com'è che le manifestazioni di piazza altrui, pacifiche o violente che siano, sono sempre espressione dell'anelito popolare alla libertà e alla democrazia, mentre quelle di piazza propria (TAV, Forconi...) esprimono sempre un populismo antidemocratico con derive fascio-comuniste?"

      Questo non è certo un addebito che devi muovere a me. Io ritengo che quella no-Tav, e per certi versi anche quella del 9 dicembre, siano state e siano lotte di libertà. Esattamente come le sollevazioni nei paesi dell secondo o terzo mondo.

      2) che la defenestrazione di Berlusconi sia stata decisa a livello UE lo dice Brunetta, e lo dice per cercare di giustificare il disastro immane che ha combinato insieme al suo padrone. Tutto il casino che è esploso nell'estate del 2011 ha come perno la lotta furibonda tra Tremonti (dunque Bossi), che non voleva fare le famose riforme, e il duo dei nani malvagi. Berlusconi ha cercato di spuntarla muovendosi in concerto con la BCE, fino al punto di promuovere (e ottenere) la nomina di Draghi. Quando ha capito che non si cavava un ragno dal buco, si è accordato con Napolitano per Monti.

      3) analoghe lotte intestine hanno segnato la fine di Papandreu. I marinai si sono azzuffati per conquistare il timone della nave che affondava. Capita; ma si è trattata di una faccenda greca, non europea. Altrimenti bisognerebbe spiegare come l'Europa avrebbe "fatto saltare" Papandreu.

      4) stupisce che non si capisca come, se si indisse un referendum, la conseguente fuga di capitale costringerebbe l'Italia a uscire dall'euro, conseguendo il risultato che in teoria il fronte no euro dovrebbe voler conseguire. La litania contro il referendum mi fa pensare, sinceramente, che molte persone che si dicono anti-euro lo siano soltanto a parole.

      5) gli investitori internazionali non hanno un cervello collettivo, e non concordano le loro mosse. Hanno lo stesso livello di solidarietà di uno stormo di gabbiani quando incrocia un banco di acciughe. Immaginare che ci sia qualcuno che manovri le mosse degli speculatori per ottenere risultati politici è alquanto complottista. Scusa la franchezza.

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    2. Poi magari si scopre il modo con cui avrebbero fatto saltare Papandreu. Ma stiamo sempre parlando della Grecia, non dell'Italia...

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    3. Mi spiace Claudio, non leggo nel tuo stesso modo i fatti del 2011, che tendo a considerare come eterodiretti (ciò che non implica, dal mio punto di vista, un'assoluzione del nostro ceto dirigente, anzi è un'aggravante). Se questo fa di me un complottista... tant pis. Nemmeno condivido la tua approvazione della strategia referendaria pentastellata; è innegabile che c'è una parte del movimento fieramente anti-euro, ma le posizioni di Grillo e Casaleggio, che finora sono quelle che contano, mi continuano a sembrare piuttosto ambigue.
      Sarà interessante alla prima occasione discuterne di persona, anche perché confesso che mi piacerebbe arrivare all'appuntamento elettorale di maggio con qualche certezza in più sul da farsi.
      Nel frattempo non voglio rubare ulteriore spazio.
      Mi interessava però la tua opinione sulle dichiarazioni di Garavaglia. A me ha stupito che siano passate sotto silenzio, e che lo stesso Garavaglia ne abbia parlato in un convegno abbastanza marginale e poi più, come se l'episodio testimoniato fosse tutto sommato irrilevante, quando personalmente lo trovo di gravità inaudita.

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    4. Non speravo di convincerti; e non rubi spazio. Ma mi devi linkare l'intervento di Garavaglia (massimo?), perché non ne so nulla.

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    5. L'avevo linkato in un precedente commento. Rieccolo:
      http://www.youtube.com/watch?v=vKJMmZP4p38

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    6. Ah sì scusa, me l'ero perso. Dunque secondo Garavaglia Mario Draghi, en passant messo lì da Berlusconi, avrebbe rischiato di distruggere la moneta unica solo per sostituire Berlusconi con Monti. La BCE non fa ricatti (se non cin Cipro), perché non sega il ramo su cui è seduta. Non so se mi spiego.

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    7. Quindi secondo te Garavaglia sta mentendo?

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    8. Ehm ehm, cosa ci sarebbe di così strano?

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  13. Ecco un'ottima epitome dell'atteggiamento che critico. Vittorio Feltri:

    Il guaio è che i politici nazionali, forse in buona fede, forse per ignoranza, forse per stupidità, collaborano alacremente da anni con i loro carcerieri. Li ossequiano. Ne hanno soggezione, cercano di compiacerli nella speranza che li uccidano lentamente, magari per ultimi.

    Laddove i carcerieri sarebbero gli eurocrati. Si vede benissimo, qui, l'intento giustificazionista: poveri politici, si sono comportati così perché sono stupidotti. Ma ora li correggiamo: basta che leggano gli editoriali giusti, i blog giusti.

    Notate come questo atteggiamento sia diffuso sopratutto dalle parti della destra. Non è affatto strano: è Berlusconi il primo che ha interesse a che queste idee si diffondano. Lui è il primo responsabile del disastro nel quale ci troviamo. Conviene dunque che si intorbidino le acque, e che si immaginino complotti anti-italiani orditi chissà da dove.

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  14. Interessante discussione de gratia et libero arbitrio. Aggiungo il mio parere teologico, liofilizzato:
    1. Negare che esista l'interesse nazionale è un po' frettoloso. Certo nessuna nazione è composta da unanimi e concordi, e certo esistono gli interessi di classe (e di ceto, di regione, etc.). Però quando la tua nazione perde, di solito perdono qualcosa di importante tutti o quasi tutti i suoi abitanti, tranne forse quelli che si schierano con il vincitore (dico forse perchè ci sarebbero anche l'onore e la dignità, ma non tutti concordano).
    2. Il ceto dominante italiano è giuridicamente in grado di intendere e di volere, e non è sottoposto a pericolo di di morte immediata, quindi non si trova in stato di necessità ed è effettivamente libero. Però, se uno o più suoi membri sgarrano su questioni di fondo senza essersi organizzati una seria protezione politica, rischiano a) di perdere il posto, per esempio in seguito a rivelazione di illeciti (veri o falsi importa poco, di solito veri). Maestoso l'esempio di Mani Pulite. Tutti i cittadini italiani sopra i sei anni sapevano da anni che i politici prendevano mazzette su tutto. I giornali solo rarissimamente ne perlavano, e le inchieste giudiziarie sistematicamente si arenavano (spesso costando la carriera all'imprudente iniziatore). Poi, un bel giorno, di colpo l'inchiesta su "un mariuolo" (Craxi dixit) trovò il semaforo verde, e a forza di inchieste fu spazzato via un intero ceto politico, e venduti due terzi dell'IRI a prezzi di saldo. In un incontro pubblico chiesi a Gherardo Colombo che raccontava quanto ho sintetizzato sopra: "Si è chiesto come mai?" Rispose di no. Ecco, forse sarebbe il caso di chiederselo. b) se sgarrano su questioni veramente importanti, tipo gli schieramenti internazionali, rischiano effettivamente la pelle (v. Mattei, Moro; in Olanda, Pym Fortuyn fu fatto fuori subito dopo la vittoria elettorale perchè non voleva comprare gli F35). Morale: chi il coraggio non ce l'ha, non se lo può dare.
    [segue]

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    1. Non pubblico la seconda parte del commento, perché ha come esclusivo argomento l'Ucraina, che non è il topic di questo articolo. Presto scriveremo due cosette anche sull'Ucraina, e allora pubblicherò, in quella sede, il commento.

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  15. I ministri del Governo Renzi sono più social di quelli del Governo Letta: a dirlo, la classifica Oboscore che monitora l'andamento degli incaricati su Facebook, Twitter e Instagram. Il nuovo Governo (compreso il Premier) ha catalizzato 162.981 persone, mentre quello di Letta ne raggiunge appena 65.908

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