martedì 27 maggio 2014

It's All About Italy

L'ufficio studi della Jp Morgan, di cui abbiamo già potuto apprezzare le analisi, è convinto che la vittoria di Matteo Renzi renda l'Italia più forte a livello europeo, e più stabile l'Unione nel suo complesso. Cerchiamo di capire perché.

Occorre sottolineare che il PD di Renzi è stato il soggetto politico più votato in Europa, in termini assoluti (11 milioni e centomila suffragi contro i 10 milioni e trecentomila della portaerei di Angela Merkel, la CDU-CSU); in termini percentuali è superato solo dal Fidesz di Viktor Orbàn, dominatore incontrastato dell'Ungheria (51%). Ma Fidesz non è certo quel che si definirebbe una forza europeista; invece il PD di Renzi lo è, entusiasticamente. Questo partito, pur sommando due caratteristiche che in questi anni non hanno certo giovato dal punto di vista elettorale, e cioè l'europeismo e il trovarsi al governo, stravince nelle urne, in assoluta controtendenza rispetto allo scenario europeo. 

Preme rammentarlo: le forze politiche "sistemiche", in primo luogo quelle riconducibili alle famiglie del PSE e del PPE, sono naufragate in molti importanti contesti nazionali. Esse si trovano sotto shock, se non apertamente in rotta, in Grecia, in Francia, nel Regno Unito, in Spagna. E ovunque raccolgono consenso liste, se non anti-euro, perlomeno eurocritiche. 

Apparentemente si è trattato di una generale debacle dei partiti socialisti- e il desolante risultato elettorale del PS di Hollande sembra eloquente in tal senso. Eppure, ad un occhio più attento, queste giornate di fine maggio potrebbero rivelarsi una grande vittoria della socialdemocrazia europea e del suo programma politico.  
È abbastanza evidente che, in questi mesi, si sia creato un asse tra la socialdemocrazia tedesca e il nuovo PD renziano. Il 27 febbraio di quest'anno, cinque giorni dopo la nomina a Palazzo Chigi, Matteo Renzi ricevette in visita ufficiale il Presidente del Parlamento Europeo, nonché leader de facto della SPD, Martin Schulz. I due si sarebbero reincontrati il primo marzo, in occasione del Congresso del PSE, celebratosi a Roma. Per quanto possa apparire paradossale, si deve a Renzi, un democristiano, l'ingresso del PD nella compagine dei socialisti europei.
Entrambi i soggetti avevano e hanno una reciproca convenienza a collaborare. Martin Schulz contava molto sul successo elettorale del PD per ottenere un buon risultato del PSE all'Europarlamento; a Renzi serviva un alleato a Berlino per assicurarsi che la Germania avrebbe dato il proprio consenso ad un allentamento dei parametri europei. Tutti e due condividevano il medesimo progetto politico: salvare l'euro e l'Unione Europea mediante un progressivo smantellamento dell'austerità sul piano continentale, e proseguire lungo il percorso dell'accentramento di poteri e competenze presso le istituzioni europee (essenzialmente Commissione e BCE).
E ora hanno vinto. 
Lo scenario complessivo è già stato descritto qui, qui e anche qui

Già nel corso del 2011-2012 il ceto politico-tecnocratico italiano, con Draghi e Monti, riuscì nell'impresa di salvare l'eurozona dalla dissoluzione. Facendo sudare sangue agli italiani, questo ceto riuscì a imporre una propria leadership nello scenario europeo. L'esito delle elezioni del 2013 mandò all'aria molti piani, e per circa un anno l'Italia non ha preso iniziative importanti in ambito UE. Dopo le elezioni europee, considerando che Londra ha già un piede fuori dall'Unione, e Hollande li ha entrambi nell'immondezzaio della storia, il timone europeo torna nelle mani degli italiani, ovviamente col consenso tedesco: c'è già chi parla di nuovo asse Roma-Berlino. Il presidente della BCE già promette una svolta monetaria espansiva e anti-deflazione. Il rilancio dell'Unione e della moneta unica sarà suggellato, e non solo a livello simbolico, dal semestre di presidenza italiano.

Il ceto politico italiano è intimamente convinto di non poter esercitare alcuna influenza, a livello globale, al di fuori del perimetro del progetto europeista. Questa è la grande differenza con gli establishment degli altri paesi dell'Europa Occidentale. Questa convinzione è condivisa dalla maggioranza (sia pur relativa) degli italiani, che hanno votato di conseguenza. Del resto le idee dominanti sono quelle della classe dominante. (C.M.)


Appendice 

Il 15 maggio, chiedendoci perché, secondo alcuni sondaggi, il consenso degli italiani alla UE fosse crollato, scrivevamo:

 è molto probabile il disgusto per la classe politica, che in Italia ha raggiunto picchi inusitati, abbia trascinato con sé anche l'atteggiamento nei confronti dell'Europa. (...)

Negli altri paesi il discredito per la classe politica non ha ancora superato i livelli di guardia: il sistema ancora "tiene". Conseguentemente, "tengono", presso l'opinione pubblica, tutte le componenti del blocco dominante, istitutuzioni europee incluse. 

Va da sé che si tratta di mere ipotesi. Tuttavia, se si dimostrassero veritiere, lo scenario che si aprirebbe davanti a noi sarebbe molto interessante; vorrebbe dire che, attualmente, il vero punto debole dell'Unione Europea è il ceto politico italiano, che esso è l'unica autentica falla che sembra essersi aperta in quella che altrimenti appare come una fortissima corazzata.

Le ipotesi sono formulate per l'eventualità che vengano smentite dai fatti. I fatti ci dicono che la corazzata europea trova in Italia il proprio bacino di carenaggio

Tuttavia, ritengo che l'analisi appena richiamata avesse un suo fondo di ragionevolezza: in nessun paese europeo il ceto politico nel suo complesso soffre di una particolare condizione di debolezza che invece registriamo in Italia, ossia la dipendenza strutturale di quel ceto dalle sorti di una sola persona: Matteo Renzi. Se Renzi fosse risultato sconfitto alle urne il ceto politico sarebbe rimasto decapitato, diffondendo il caos nelle file della classe politica, minando alle fondamenta il complesso dell'euro. Fino a poche ore fa era aperta, in Italia, una finestra d'opportunità per sbarazzarsi del ceto politico; ora questa finestra si è bruscamente chiusa.
L'Europa si trovava dunque ad un bivio, il 25 maggio: in Italia avrebbe trovato il proprio rilancio o la propria crisi. Sappiamo come è andata.

18 commenti:

  1. Siamo sicuri che la bce possa gestire la crisi? Il problema degli squilibri rimane.
    La fed ha inondato di soldi gli usa e pur con un deficit al 10% l'inflazione non si è vista e la crisi è ritornata dopo essere stata tenuta sotto controllo per un certo periodo.
    Gli USA hanno una politica centrale e di redistribuzione che l'Europa non ha.
    I tedeschi sono disposti a tirar fuori 200 mld di € l'anno?
    Riccardo.

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  2. Quindi grazie al Pd ci sarà l'Europa dei popoli.
    Spero sia così ma non ci credo nemmeno un po'. La mia interpretazione - e credo anche quella della maggioranza dei lettori di questo blog - è sostanzialmente l'opposta: tranne qualche operazione cosmetica, non ci sarà nessun smantellamento dell'austerità continentale. Da quando in qua il Pd lavora per il popolo e non per i desiderata dei mercati?

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  3. Renzi ha già confermato che le regole di bilancio europee non saranno riviste.

    non so da cosa derivi la vostra sicurezza nell'affermare che l'austerità verrà allentata.
    sarà un limite mio ma non riesco proprio a capirlo.

    non l'hanno allentata sotto elezioni - gli stessi 80 euro non sono stati spesi a deficit....non vedo proprio perchè dovrebbero dopo.

    del resto allentando l'austerità verrebbe meno la condizione di crisi permanente che gli consente di procede nell'opera di distruzione. dunque.....chi glielo fa fare? per ora vincono le elezioni pure affermando in diretta tv che vogliono l'austerità. avanti così.

    lo scoglio italiano è superato. per ora. ma gli scogli francese e inglese restano. ci sarà da divertirsi da qui al 2017 perchè dai destini della francia dipenderà quello del continente.

    come in passato patto d'acciaio roma-berlino contro francia-inghilterra. e noi siamo come al solito dalla parte sbagliata.

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    1. "non so da cosa derivi la vostra sicurezza nell'affermare che l'austerità verrà allentata"

      Più che nostra, direi mia. Le considerazioni sopra svolta impegnano soltanto lo scrivente.

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    2. «l’Italia c’è. Ha tutte le condizioni per cambiare, e per invitare l’Europa a cambiare». Renzi chiarisce: «Non chiediamo di cambiare le regole di bilancio dell’Unione Europea»


      quindi secondo te ora sta prendendo in giro i giornalisti a Bruxelles?
      davvero vorrei capire da cosa trai la tua convinzione...dal momento che lo stesso Renzi dice altro.
      l'unica eventuale forma di alleggerimento dell'austerità sarà al limite una politica monetaria, via draghi, accomodante. ma di politica fiscale non ne vedremo mai. dunque, sapendo bene come funzionano le cose, non avremo mai alcuna ripresa nè alcuna crescita del PIL.

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    3. Ti ringrazio per lo stimolo. Risponderti è semplicissimo:

      http://www.ansa.it/sito/notizie/speciali/elezioni/2014/05/27/renzi-a-bruxelles-cambiare-per-salvare-leuropa_31e15f68-57c0-41e6-8000-bd352c8dd35f.html

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    4. ma scusa dove leggi che si vorrebbe far eun pò di politica fiscale?

      lo sappiamo tutti che finchè non si dice chiaro e tondo che il fiscal compact è carta straccia....non da rivedere....ma proprio carta straccia.....l'austerità non avrà fine.

      cosa cambia scorporare gli investimenti dal 3% del deficit ad esempio quando questo deficit sarà al max 0,5% fra due anni?

      anche se si facesse il più europa. cosa cambia? se non si fa politica fiscale....e stando a quanto per bocca loro gli stessi leader europei dicono di questa opzione non se ne parla neanche per sbaglio.....se non si fa politica fiscale la crisi in europa rimarrà sine die.

      qui si sta dimenticando che Renzi crede che veramente tagliando la spesa pubblica, e abbassando parimenti le tasse, ci possa essere crescita. si sveglierà in un mondo ben diverso da quello che lui immagina.

      il patto d'acciaio serve a trovare il modo per proseguire queste politiche liberiste. non per attenuarle. se no non lo farebbe con la Merkel. se no si cercherebbe davvero l'alleanza mediterranea.

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    5. Mi dispiace di non essere riuscito a convincerti, e ancor più di non riuscire a convincermi della giustezza delle tue parole.

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    6. allo stato questa convinzione tua non è però suffragata da alcun fatto. almeno questo lo ammetterai?

      hai sentito l'ultimo Schauble?

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    7. Credimi,posso ammettere tutto quello che vuoi, se ti fa piacere.

      Ma la mia ammissione non cancella la rivalutazione che sta avendo luogo in Germania; non cancella gli atti già posti in essere dal governo italiano; non cancella il significato politico di queste elezioni, né le importanti dichiarazioni di Matteo Renzi che ti ho segnalato, né il nuovo corso che sta per instaurarsi a Bruxelles, che fungerà da retroterra politico alle prossime manovre di Draghi (che non si può certo muovere nel vuoto, e necessita di sostegno politico per fare quello che fa). Non cancella, in definitiva, nessuno dei fati che suffragano la mia convinzione.

      Altro non ti so dire, mi dispiace.

      Grazie per la segnalazione di Schauble (mi riferisco a quella sul FN, era quella?): la condivido pienamente.

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    8. 27 maggio - BERLINO - Sarebbe disastroso pensare che l'Eurozona sia uscita dal tunnel della crisi''. Lo ha detto il Ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, oggi a Berlino, sottolineando che i ''Paesi devono continuare con le riforme e il rigore e non nascondersi dietro la politica monetaria'' della Bce perche' ''far affidamento sulla Bce potrebbe far perdere ai Paesi l'appetito per le riforme''. Infine, secondo il potente ministro tedesco, ''l'euro non e' troppo forte''.


      si vede che tu pensi che Schauble stia facendo scena. io invece penso che la stia facendo Renzi. e dei due sappiamo sia io che te quale è il più potente e il più credibile.

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    9. e cmq lo stesso Renzi, cosa che tu continui a far finta di niente, dice per bocca sua non mia che "Non chiediamo di cambiare le regole di bilancio europee".

      dunque anche se quello credibile fosse renzi.....non vedo proprio quali fatti surroghino la tua analisi.

      ripeto: solo aiuti monetari. e con gli aiuti monetari ci spazziamo là dietro.

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  4. Già, da quando ?
    Claudio.

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  5. Le politiche europee vengono fatte a berlino è poi delegate a bruexelle, e Schulz a berlino conta come un due di picche.
    Chi crede che le politiche europee cambieranno perchè il PD a avuto il 40% dei voti, mi sembra che abbia davanti a gli occhi ancore delle grandi fette di salame., le politiche europee non cambieranno di una virgola.
    l'italia è sempre quella che corre dietro ciecamente al APPARENTE piu forte, come 70 anni fà, per poi essere presa a calci in culo da tutti.
    ancora una volta saranno la francia e l'ingilterra a salvare l'europa, come 70 anni fà.
    l'elettore italiano a votato per più suicidi, per piu disocupatione, per piu imprese che chiudono, per piu austerità, per piu Tasse, da dove deriva tutto questo masochismo italiano sinceramente non lo sò, robe per un psychiatra.

    Paolo

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    1. La ringrazio per avermi fatto dono delle fette di salame! Cerco di ricambiare con una suggestione: lei è davvero convinto che "Schulz a berlino conta come un due di picche"? Si ricorderà certamente quali partiti sostengono il governo tedesco...

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  6. Matteo Renzi e la “riforma keynesiana”

    Pubblicato da keynesblog il 28 maggio 2014

    Non può che far piacere ascoltare dal capo del governo un aggettivo – keynesiano – che tra i suoi amici liberisti suscita l’orticaria. Il vantaggio (potenziale) della democrazia rispetto alla tecnocrazia è che la prima elegge dei politici, i quali devono tener conto dei desideri e delle aspettative degli elettori se desiderano essere rieletti, mentre la seconda è sempre preda della “moda” teorica del momento o, peggio, degli interessi del mondo da cui i tecnocrati stessi provengono: raramente coincidenti con il benessere dei lavoratori e della classe media, molto più spesso esattamente opposti, come abbiamo visto proprio nel caso dell’Unione Europea.

    Renzi è un politico e sa bene – anche se non può dirlo – che le regole che i tecnocrati hanno elaborato, e i politici del centroeuropa imposte ai paesi periferici, sono inapplicabili, sia per motivi economici (la conseguente depressione-deflazione che si aggiungerebbe a quella già in atto), sia politici (la crescita dei partiti antieuropeisti in molto paesi). Renzi sa anche che questa volta gli è andata bene, molto bene, oltre ogni aspettativa. Ma nulla vieta che, se le speranze che l’elettorato ha riposto in lui dovessero venire deluse, anche l’Italia potrebbe spostarsi tra i paesi più euroscettici.

    Il voto di domenica ha quindi dato forza al leader del PD ma lo ha anche caricato di una responsabilità gravosa. Le prime parole pronunciate dopo la vittoria sono ben auguranti. Tra queste, la proposta di una riforma delle regole europee per scomputare gli investimenti dal deficit e consentire così uno stimolo di 150 miliardi in 5 anni. Una cifra significativa.

    Il problema è, ovviamente, quello delle coperture. Se i 150 miliardi fossero reperiti con tagli alla spesa o maggiori tasse, l’effetto netto potrebbe essere da piccolo a nullo. Più efficaci sarebbero dei trasferimenti cospicui dai paesi ricchi a quelli in difficoltà, qualcosa che gli elettori dei primi hanno già fatto capire chiaramente che non accetterebbero.

    L’Europa, insomma, è ancora in grandi difficoltà e l’allarme deflazione lanciato da Draghi ne è la conferma. Servirebbe una svolta radicale, ma non sarà possibile visti i risultati che hanno premiato i popolari da una parte e gli euroscettici dall’altra. In questa forbice Renzi ha delle carte da giocare, essendo uno dei pochi capi di governo e l’unico leader progressista premiato dal voto, l’unico ad aver sconfitto il tanto temuto “populismo” (con una dose uguale e contraria di populismo, si potrebbe malignamente aggiungere).

    Se il dibattito europeo nei prossimi mesi fosse uno scontro Merkel-Renzi, che conducesse almeno ad una ridefinizione sostanziale delle regole fiscali più controproducenti e all’abbandono di fatto dell’austerità, sarebbe già un grande miracolo. Anche se si realizzasse, tuttavia, gli squilibri esterni, finanziari e commerciali, che hanno determinato la crisi dell’euro non verrebbero sanati, ma rischierebbero di tornare a farsi vivi. Se si vuole salvare l’Europa – e soprattutto salvare gli europei – serve molto altro ancora.



    L'ultimo capoverso è per me quello più significativo.

    I tedeschi scuciranno i soldi?

    Riccardo.

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  7. Non ci sarà nessun allentamento dei vincoli, lo disse Barroso, lo ha ripetuto lo stesso Renzi. Il Pd vuole fare dell'Italia una colonia tedesca (e finora ci sta riuscendo) al pari di Schulz. E la Germania è ostinatamente ferma sui trattati, soprattutto nei riguardi dell'Italia.
    E comunque questo grande successo del PD non c'è stato, visto che ha avuto meno voti del 2008 quando Veltroni si dichiarò sconfitto, c'è stata solo una mobilitazione degli elettori del PD che hanno portato una tenuta stentata.
    Vedremo quando questo governo imporrà ancora più austerità all'Italia per obbedire ai diktat della Troika se questo consenso effettivamente reggerà (cosa che non escluso) o si scioglierà come neve al sole.

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  8. Non mi sento così pessimista. In fondo queste erano elezioni europee e non politiche. L'europarlamento sappiamo che ha sempre contato pochissimo, ora forse un po' di più, ma quello eletto sarà molto meno monolitico del precedente.

    L'Italia è stata da sempre la nazione più euro-entusiasta, sia nelle percentuali di votanti che nelle convinzioni popolari. Le cose hanno iniziato a cambiare da poco, cosa ci aspettavamo, un generale ribaltamento d'opinione dopo decenni di certezze propagandate e condivise? Anche troppo bene è andata! L'euro-entusiasmo residuo s'è naturalmente riversato sul partito più filo europeo, ma il fronte euro-critico porta a casa un buon risultato, impensabile alle precedenti elezioni.

    Stupiti che Renzi (ovvio che al vecchio PD sarebbe stato impossibile) abbia raggiunto il 40%? Eppure a me sembra chiaro che la trasformazione personalistica della politica sia ora pienamente compiuta. La maggioranza del popolo vota istericamente per il leader percepito quale migliore comunicatore, salvo deludersi in fretta e voltarsi repentinamente verso un nuovo salvatore della patria ("tanto abbiamo fatto governà a tutti, provamo pure quest'altro, hai visto mai"). Purtroppo la patria, invece d'essere salvata, va di male in peggio e quando capiremo che la salvezza non sta nelle urne, sarà sempre troppo tardi.

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