giovedì 26 luglio 2012

Qualcosa si muove/5

Ho intitolato questo post "qualcosa si muove/5" per collegarlo ai post precedenti sullo stesso argomento, ma ormai bisognerebbe cambiare il titolo in "sta diventando una valanga". In effetti i dubbi sulla permanenza nell'euro si stanno diffondendo nell'intero arco sociale e culturale del paese.
Sfogliando alcuni quotidiani di questi giorni, ci siamo imbattuti nei seguenti articoli:

martedì 24 luglio 2012

Euro e Mercato Unico: il dibattito


L'economista Emiliano Brancaccio ha scritto un interessante articolo in cui tratta i temi dell'Euro, della UE e dell'atteggiamento degli "intellettuali di sinistra" rispetto alla crisi di queste due istituzioni. Alberto Bagnai lo ha ripreso sul suo blog e discusso con molto impegno (e molta brillantezza, come al suo solito). Rimandiamo i nostri lettori al suo efficace intervento, che chiarisce diversi punti della discussione. Noi aggiungiamo a quanto scrive Alberto una breve riflessione su un'ottima intuizione espressa da Brancaccio: la principale minaccia alle sorti dell'economia nazionale è rappresentata dalla presenza, sancita dai Trattati, del Mercato Unico Europeo.

 Questo punto è spesso lasciato ai margini nelle analisi che criticano l'euro e le politiche di austerità: emergono sempre più spesso, oramai, le contraddizioni della moneta unica e le inevitabili, prevedibili e terribili conseguenze della sua adozione per i Paesi mediterranei, ma altrettanto spesso manca, in queste analisi critiche, la capacità di cogliere il nesso fra l'euro, l'austerità ed il resto della struttura dell'Unione Europea, la cui colonna portante è il Mercato Unico. Alla base di questo pilastro della costruzione europea stanno le cosiddette "Quattro Libertà Fondamentali": libera circolazione dei capitali, delle merci, dei servizi e delle persone (cioè dei lavoratori). In seguito, su questo blog, ci dedicheremo all'analisi del dettaglio delle norme che fondano questo stato di cose, ma già da subito possiamo affermare che l'ordinamento sovranazionale UE è improntato al più rigoroso liberoscambismo, e come tale rappresenta un ostacolo a qualsiasi tentativo di costruire un sistema economico che non produca bolle speculative, diseguaglianze, spinte al ribasso delle condizioni di vita e di lavoro, crisi e recessioni (basta pensare agli effetti nefasti della mobilità internazionale dei capitali).

 Il contributo di Brancaccio è quindi prezioso, perché ci richiama a considerare l'importanza di un "meccanismo perverso", concepito su misura dei Paesi maggiormente competitivi, e di cui l'euro rappresenta l'elemento più importante (per i Paesi che lo hanno adottato), ma non l'unico. Il limite dell'analisi di Brancaccio ci sembra speculare a quello che egli critica nei "fautori di un’uscita dall’euro in condizioni di libera circolazione dei capitali e delle merci", come li chiama: egli sembra cioè mettere la sordina alla critica all'euro per dare risalto a quella contro il Mercato Unico. Mentre occorre mettere a fuoco che l'Unione Europea è un sistema integrato, le cui parti formano un insieme del tutto coerente, che ha come finalità la difesa intransigente degli interessi del ceto economico-finanziario che l'ha costruita e modellata in base ai propri scopi, e che ne tira le redini. E che mira, attualmente con ottime probabilità di successo, alla progressiva eliminazione dei diritti sociali, civili e politici dei cittadini europei. 

E' tempo che sorga, in Italia come in altri Paesi, un movimento d'opinione che non si limiti a criticare questo o quell'aspetto del sistema-UE, ma che li consideri tutti nella loro importanza: dal libero scambio alla BCE, dalla valuta unica al ruolo della Commissione. Ci auguriamo che personalità come Emiliano Brancaccio possano contribuire alla nascita di un simile movimento.
                                                              
                                                         main-stream.it

AGGIORNAMENTO: ulteriori interventi di Emiliano Brancaccio:


lunedì 23 luglio 2012

Trattativa Stato-mafia, da Salvo Lima a Napolitano

Invitiamo i lettori ad ascoltare questa lunga ricostruzione delle vicende relative alla trattativa fra Stato e mafia, culminate nel recente conflitto di attribuzioni sollevato da Napolitano contro la procura di Palermo.
Con questo gesto vergognoso, il peggior presidente della Repubblica della storia d'Italia cerca di ottenere la distruzione dei nastri su cui sono state registrate le sue conversazioni con Nicola Mancino.
Unendo i diversi tasselli di questa agghiacciante vicenda, Travaglio mostra lo stato di degenerazione a cui è giunto l'intero ceto politico italiano.
                                                                                                                  (F.T.)

Prima parte

Seconda parte

Terza parte

Quarta parte

Quinta e ultima parte




venerdì 20 luglio 2012

Napolitano ha torto, ma sul conflitto di attribuzioni la Consulta gli darà ragione

di Fabrizio Tringali

Il coro del mainstream è quasi unanime: sulla vicenda delle intercettazioni da parte della procura di Palermo, Napolitano ha ragione.
Solo Il Fatto Quotidiano esce dal coro e dice quel che in realtà tutti sanno: il peggior presidente della Repubblica della storia d'Italia ha torto marcio. Il suo gesto è vergognoso, e sconfessa il lavoro di una delle procure più attive contro la mafia, come quella di Palermo, al solo fine di difendere il presidente stesso e lo stuolo di notabili con cui ha avuto a che fare. Evidentemente in quelle intercettazioni c'è qualcosa che noi non dobbiamo sapere. 

Tuttavia non è necessario essere costituzionalisti per sapere che in Italia, almeno formalmente, la legge è uguale per tutti, non "uguale per tutti tranne uno", sia esso Berlusconi o Napolitano.
E che quindi la procura di Palermo si è mossa nel pieno rispetto della legalità.
Così per difendere l'indifendibile peggior presidente della Repubblica della storia d'Italia, il mainstream offre il meglio di sé nel tentativo di mostrare che il terribile gesto di Napolitano sia effettivamente giustificato dalle leggi vigenti.


Il capolavoro lo fa "la stampa", che cita il testo del decreto con cui Napolitano solleva il conflitto di attribuzioni come se fosse il dettato della legge.
Nell'articolo, infatti, sembra che la frase "le intercettazioni di conversazioni cui partecipa il Presidente della Repubblica, ancorché indirette od occasionali, sono invece da considerarsi assolutamente vietate e non possono quindi essere in alcun modo valutate, utilizzate e trascritte e di esse il pubblico ministero deve immediatamente chiedere al giudice ladistruzione" sia una citazione della normativa sulle intercettazioni. Invece la legge non dice assolutamente nulla sulle intercettazioni indirette (qui c'è il testo)

Tuttavia, se Napolitano ha fatto questa mossa, probabilmente è perché sa già di avere dalla sua la maggioranza della Corte Costituzionale. Che troverà il modo di dargli ragione, sostenendo che la Costituzione e l'articolo 7 della legge del 1989 sanciscono un divieto assoluto (che quindi ricomprende anche le intercettazioni indirette), e che tale divieto è applicabile in via esclusiva al solo Capo dello Stato, escludendo quindi i parlamentari e i membri del governo, per evitare polemiche con la corte berlusconiana, che in ogni caso si sta già sfregando le mani, visto che il gesto di Napolitano, dal punto di vista politico, apre un'autostrada a coloro che vogliono introdurre limitazioni all'uso delle intercettazioni al fine di privare la magistratura di uno dei pochi efficaci strumenti di lotta alla corruzione.

giovedì 19 luglio 2012

Cade Assad? Gli USA sono nel panico

Il ministro della difesa USA è molto preoccupato per la piega che potrebbero prendere gli eventi in siria dopo il colpo mortale subito dal regime di Assad.

Allo stesso tempo il ministro degli esteri britannico, William Hague, condanna l'attentato di Damasco.

E proprio quando i giorni del regime siriano siano ormai contati, per la prima volta si parla di ricorrere alle regole del Capitolo VII dello Statuto dell'Onu (quelle che consentono gli interventi "umanitari", per capirci).

Alle 16 ora italiana il Consiglio di Sicurezza si esprimerà- e noi ne daremo conto.

Ma già adesso possiamo tirare le somme. Qual è l'unica spiegazione plausibile dello "strano" comportamento occidentale nei confronti della Siria?

L'unica spiegazione plausibile è quella che abbiamo sempre avanzato: per varie e decisive ragioni (per le quali rimandiamo sia ai post già pubblicati, sia a quelli che scriveremo a breve) gli USA non vorrebbero un cambio di regime a Damasco, men che meno un cambio in senso democratico e rappresentativo del popolo siriano: e se la situazione dovesse precipitare, sono pronti a iniziative estemporanee pur di "dirottare" la rivoluzione siriana.

AGGIORNAMENTO: Oggi (giovedì 19 luglio) il Consiglio di Sicurezza ha bocciato una proposta di risoluzione che prevedeva nuove sanzioni al regime di Damasco. Probabilmente gli USA volevano salvare l'attuale assetto di potere in Siria, sacrificando Assad (mediante esilio dorato). L'oltranzismo russo glielo ha impedito. Quando il regime cadrà, cadrà in tutti i suoi elementi. La situazione è sfuggita di mano agli USA. Hanno sottovalutato i siriani.

venerdì 13 luglio 2012

Perché cambieranno la legge elettorale

di Fabrizio Tringali
Il peggior Presidente della Repubblica della storia d'Italia continua a fare pressione sul mondo politico perché si cambi la legge elettorale.
Il porcellum è da tutti considerato come un sistema da superare, e quindi si potrebbe pensare che Napolitano sia animato da buone intenzioni. Tuttavia l'obiettivo del peggior Presidente della Repubblica della storia d'Italia non è quello di consentire agli italiani di scegliere i propri rappresentanti tramite un sistema maggiormente trasparente e democratico, bensì quello di garantirsi che il risultato delle elezioni sia quello da lui auspicato: un nuovo governo di larghe intese.
I motivi li abbiamo già spiegati qui e qui.
Nessun governo di centrodestra o di centrosinistra, infatti, potrà realizzare quanto imposto dalla UE senza subire una caduta verticale del proprio consenso elettorale, tantomeno dopo che l'Italia finirà nelle grinfie del fondo "salva-Stati" (che bisognerebbe chiamare "affossa-Stati") e della Troika, come la Grecia. Cosa che inevitabilmente accadrà se restiamo nell'euro.
Quindi, finché non entreranno in vigore le modifiche ai trattati UE che consentono il sostanziale commissariamento degli Stati, Napolitano continuerà a costruire governi di larghe intese.
Se resta in piedi il porcellum, però, la cose per lui si complicano. La schifosa legge elettorale partorita da Calderoli, infatti, regala una larga maggioranza di seggi alla Camera alla lista che prende più voti. Per avere un governo di larghe intese, quindi, i partiti che sostengono Monti dovrebbero presentarsi insieme alle elezioni. Senza la certezza di vincerle, dato che una mossa del genere farebbe venire il vomito anche a quei pochi cittadini che ancora li votano.
Ecco perché Napolitano, che ha sentito benone il recente boom elettorale del Movimento 5 Stelle, spinge tanto affinché si cambi la legge elettorale: perché vuole eliminare il premio di maggioranza. In questo modo i partiti potranno presentarsi alle elezioni senza coalizioni, facendo finta di combattersi e di essere alternativi, nella speranza di motivare i propri elettorati di riferimento. Dopo il voto, poi, ci penserà il Capo dello Stato a richiamarli alla "responsabilità" ed alla necessità di dar vita a un governo unitario..... perché ce chiede l'Europa, per salvare l'euro.

mercoledì 11 luglio 2012

Congetture e confutazioni/3

Il Movimento 5 stelle rappresenta, in questo momento, l'unica significativa novità nel quadro politico italiano.
Senza dubbio sia Beppe Grillo che il suo movimento hanno grandi meriti, e di fronte al disgustoso spettacolo offerto dal mondo della politica si può essere spinti a vedere il M5S come l'unica speranza a cui aggrapparsi, specie da parte di chi abbia capito come tutto l'arco delle forze politiche sia complice di uno spaventoso attacco ai diritti e ai livelli di vita della stragrande maggioranza della popolazione.
Proprio per questo è importante chiarire, subito, quali siano i pericoli cui il M5S va incontro, se non interviene un cambio radicale nella sua organizzazione interna.

martedì 10 luglio 2012

Un articolo di Paolo Becchi

Pubblichiamo di seguito un intervento di Paolo Becchi, ordinario di Filosofia del Diritto all'Università di Genova. Ci sembra necessario diffondere il più possibile la consapevolezza del carattere compiutamente negativo, e da contrastare in ogni modo, dell'azione di Giorgio Napolitano.
(M.B.)



 Tutti conoscono o dovrebbero conoscere i nomi di quegli intellettuali, quei professori, quei giornalisti che, a partire dall’entrata in carica del Governo Monti, hanno subìto una vera e propria “mutazione genetica”. Dietro teorie “neutrali” e “scientifiche”, una schiera numerosissima di “chierici” difende strenuamente gli interessi politici del Governo, rispetto al quale si è organicamente “allineata”. Non può essere spiegato altrimenti, del resto, il silenzio terrificante che ha accompagnato l’ inquietante vicenda del coinvolgimento del Presidente della Repubblica nella “trattativa Stato-Mafia”. Alcuni giuristi si sono persino spinti a dichiarare che il Presidente della Repubblica sarebbe il “più alto giudice italiano”, giudice supremo. Prima d’ora, soltanto Carl Schmitt era giunto a tal punto, quando, per giustificare l’epurazione della notte dei lunghi coltelli tra il 30 giugno e il 2 luglio 1934, definì Hitler “giudice supremo” (Oberster Gerichtsherr): «il vero Führer è sempre anche giudice. La giurisdizione fluisce dall’essere-Führer (Führertum)».

lunedì 9 luglio 2012

Un libro di Serge Latouche

Serge Latouche, Per un'abbondanza frugale, Bollati Boringhieri 2012.


La diffusione delle idee legate alla decrescita ha suscitato, come è naturale, discussioni e controversie, che molto spesso nascono da preconcetti indipendenti da quanto effettivamente sostengono coloro che stanno delineando i tratti di questo nuovo filone di pensiero.  Ha fatto molto bene Serge Latouche, che della decrescita è probabilmente l'esponente internazionalmente più noto, a raccogliere in un volume, breve e denso, e soprattutto di grande chiarezza espositiva, alcuni dei malintesi più comuni che ruotano attorno al concetto di “decrescita”, discutendoli e cercando di dissipare la confusione.
Il primo e più importante di tali malintesi è quello che confonde  “decrescita” e “recessione”:

domenica 8 luglio 2012

La Grande Illusione Europea

Regaliamo ai lettori del nostro blog la traduzione di questo articolo di Paul Krugman, premio Nobel per l'economia, pubblicato sul New York Times del primo Giugno scorso:


La Grande Illusione Europea - di Paul Krugman

Negli ultimi mesi ho letto una serie di valutazioni ottimistiche sulle prospettive per l'Europa. Stranamente, però, nessuna di queste valutazioni sostiene che la formula tedesca, imposta all'Europa, di riscatto attraverso la sofferenza, abbia qualche possibilità di essere efficace.
Invece, il motivo dell'ottimismo è che il fallimento - cioè la dissoluzione dell'euro - sarebbe un disastro per tutti, anche per i tedeschi, e che, alla fin fine, questa prospettiva può indurre i leader europei a fare tutto il possibile per salvare la situazione.

venerdì 6 luglio 2012

Ancora una volta. Prendiamone atto.


E così il peggior governo nella storia della Repubblica Italiana ha portato a termine anche la cosiddetta “riforma del lavoro” cioè, senza virgolette, la sistematica distruzione dei diritti del lavoro, la riduzione del lavoratore ad una condizione di tipo ottocentesco. Un altro durissimo colpo alla civiltà del nostro paese, un altro passo verso l'imbarbarimento, che è l'unico progetto che hanno in mente i ceti dirigenti di questo disgraziato paese. È stupefacente come nessuno sembri più ricordare che quando si attaccano i diritti del lavoro si stanno attaccando i diritti di tutti, e che, di conseguenza, un arretramento su questo piano è un arretramento per tutti. Pagheremo tutti il prezzo di questo imbarbarimento. Tutti, s'intende, tranne uno strato sottilissimo di privilegiati.
Per capire il senso di quanto è successo, segnaliamo questo articolo di Piergiovanni Alleva e quest'altro di Giorgio Cremaschi.

mercoledì 4 luglio 2012

L'euro sopravviverebbe all'uscita della Grecia?

di Fabrizio Tringali
Si moltiplicano le voci e gli interventi che descrivono come inevitabile l'uscita della Grecia dall'euro. In Germania (e non solo) non sono in pochi a pensarlo.
Chi affronta questo argomento solitamente si concentra sui "rischi di contagio" e sui contraccolpi che gli altri Paesi subirebbero. 
Ma tutti sembrano dare per scontato che la moneta unica potrebbe sopravvivere anche se Atene lasciasse l'eurozona. 
Certamente gli effetti dell'uscita della Grecia non sembrano paragonabili a quelli relativi all'abbandono della moneta unica da parte di Paesi più grandi, come il Portogallo o la Spagna, o addirittura l'Italia, tuttavia esiste un problema che è indipendente dalle dimensioni del Paese "in uscita": la credibilità.
Ormai è chiaro al Mondo intero che l'architettura dell'euro è fragile, e che gli squilibri interni fra le economie dei Paesi membri sono notevoli. Probabilmente quindi, ciò che tiene ancora (affannosamente) in vita la moneta unica europea è il fatto che essa viene descritta come una scelta "irreversibile", e come tale la considerano i mercati.
Ecco perché i governanti nostrani ed europei continuano a ripetere che non si può tornare indietro: se un Paese qualsiasi, compresa la Grecia, lasciasse l'eurozona, a tutto il Mondo sarebbe chiaro che l'euro non è affatto "irreversibile", e che è assolutamente possibile tornare alle monete nazionali. 
A quel punto chi acquisterebbe più i titoli spagnoli o italiani denominati in euro, ben sapendo che questi Paesi convivono con una moneta che non si addice alle loro economie, e che hanno la possibilità di liberarsene? 
E' molto probabile, quindi, che la moneta unica non sopravviva all'abbandono da parte di un qualsiasi Paese, indipendentemente dalle sue dimensioni, ed è anche per questo che ci auguriamo un'uscita della Grecia dall'euro.

lunedì 2 luglio 2012

Timidamente, Il Sole 24 Ore....

di Fabrizio Tringali
Timidamente, con questo articolo, Il Sole 24 Ore fa un piccolo passo fuori dal coro unanime del mainstream, che festeggia la "vittoria" di Monti al recente vertice di Bruxelles.
Il pezzo non è un gran che, ma almeno spiega qualcuno dei motivi per cui a cantare vittoria è Berlino e non Roma (né Parigi).
Per quanto riguarda il secondo punto indicato nell'articolo, è falso che la condizionalità non ci sia. Quello che non c'è, per il momento, è il coinvolgimento del FMI, ma la condizionalità c'è eccome, altrimenti non avrebbero scritto nell'accordo che il Paese che accede al fondo deve firmare e rispettare un "memorandum". Inoltre le regole di accesso ai fondi FESF/MES sono congegnate in modo tale che è il fondo stesso a poter imporre quel che vuole....
Vedremo le decisioni che verranno prese all'Eurogruppo del prossimo 9 luglio, dove è probabile che la vittoria della Merkel sarà resa ancor più evidente.

P.s. in questo periodo siamo molto indaffarati, tutti e tre per lavoro, studio e famiglia, Marino ed io anche per finire il nostro prossimo saggio, che uscirà presto. Probabilmente diraderemo un po' le pubblicazioni sul blog.