domenica 31 marzo 2013

Decrescita/2

Continuo la ripubblicazione di testi di qualche tempo fa. Questo articolo è stato scritto prima che la crisi partita dagli Stati Uniti cominciasse a colpire in profondità i paesi europei ponendo la questione dell'euro come tema fondamentale. In esso quindi non è trattata tale questione e non si discute della necessità per l'Italia di uscire dall'euro né dei rapporti fra tali tematiche e quelle della decrescita. Abbiamo iniziato, con Fabrizio Tringali, a prendere in esame questi temi nelle pagine finali de "La trappola dell'euro".
(M.B.)


Alla prima parte                                                                      Alla terza parte


Una politica economica per la decrescita

(Marino Badiale, Massimo Bontempelli)

La principale questione che si pone a chi voglia dare spessore concreto al pensiero della decrescita è quella della transizione dalla attuale società della crescita ad una società, appunto, della decrescita. Per prima cosa occorre precisare che ragionando su società della crescita e società della decrescita, si stabilisce una comparazione (che certo è necessaria) tra termini eterogenei. Società della decrescita significa società svincolata dall'obbligo della crescita del prodotto interno lordo, cioè della produzione rivolta al mercato, che è tipico del capitalismo. Ma poiché tutte le società precapitalistiche sono state immuni da questo obbligo alla crescita (il che non significa, ovviamente, che non siano cresciute, in un senso o nell'altro, per periodi più o meno lunghi, come, ad esempio, nei secoli XI, XII e XIII dell'Occidente feudale), l'espressione “società della decrescita” non indica una configurazione definita di rapporti sociali di produzione, cioè (usando il linguaggio marxiano molto appropriato in questo contesto) non indica una formazione sociale specifica. I fautori della decrescita non possono, allora, avere un modello determinato di società, nel senso di cui si è detto, al quale fare riferimento.

giovedì 28 marzo 2013

L'idea di Democrazia che muove l'Unione Europea



Che le opinioni del popolo, quando siano ragionevoli e mature, debbano dirigere la condotta di coloro a cui ha affidato i suoi affari, è ciò che risulta naturalmente dallo stabilimento di una Costituzione repubblicana; ma i principi repubblicani non esigono affatto che ci si lasci impressionare dal minimo vento delle passioni popolari, né che si debba obbedire a tutti gli impulsi momentanei che la massa può ricevere dalla mano artificiosa di coloro che ne accarezzano i pregiudiziper tradirne gli interessi. Il popolo generalmente non desidera altro che il bene pubblico, questo è vero; ma sbaglia spesso nel cercarlo. (…)
Quando i veri interessi del popolo sono contrari ai suoi desideri, il dovere di quelli che esso ha posto alla guida dei suoi interessi è di combattere l'errore di cui esso è momentaneamente vittima, per dargli tempo di riconoscersi e di vedere le cose a sangue freddo. Ed è avvenuto più di una volta che il popolo, salvato così dalle fatali conseguenze dei suoi errori, abbia voluto elevare monumenti a uomini che avevano avuto il coraggio di dispiacergli per servirlo.

Alexander Hamilton, Federalist Paper n. 71. Citato in La Democrazia in Europa, di Monti e Goulard, a pp. 38. (C.M.)

Crisi euro: El Pais censura un articolo perché troppo "antitedesco"

Riprendiamo un articolo di molto significativo:


"La Germania contro l'Europa", poi El Pais fa marcia indietro e mette invece un articolo pro-Germania. Non si mettono le birbe alla berlina...

Sta facendo scalpore nella Rete spagnola quanto accaduto ieri su uno dei più importanti quotidiani di Spagna, tradizionalmente vicino alla sinistra, cioè El Pais.
Un giornalista pubblica un articolo dal titolo "La Germania contro l'Europa", in cui racconta cosa è accaduto tra banche tedesche e banche dell'Eurozona e le responsabilità tedesche in questa crisi nonché prossima disgregazione dell'euro. L'articolo, oltre ad una disamina con dati e numeri, contiene anche accuse un po' forti di questo tenore:
La Merkel, come Hitler, ha dichiarato guerra al resto d'Europa per garantirsi il suo spazio vitale economico. Noi veniamo puniti per proteggere le sue grandi imprese, le sue banche e anche per nascondere ai suoi elettori la vergogna di un modello economico che ha reso il loro livello di povertà il più alto degli ultimi 20 anni, e che il 20% dei tedeschi guadagna meno di 9,5 euro l'ora. (...) La tragedia è la collusione massiccia tra gli interessi finanziari paneuropei che dominano il nostro governo, e costoro, che invece di difenderci con patriottismo e dignità, ci tradiscono agendo come semplici comparse della Merkel.
Apriti cielo e spalancati terra: l'articolo su El Pais dura poche ore, e viene subito censurato per essere sostituito non con delle scuse, ma addirittura con un messaggio in cui si lamenta "un errore di supervisione" e in cui si ribadisce che si trattava solo delle "opinioni dell'autore". Trovate il messaggio allo stesso link dove si trovava l'articolo, cioè qui. A colmare il ridicolo con cui si sta coprendo il giornale, oggi in home page si trova un breve post di riparazione dal titolo inequivocabile: "La colpa non è dei tedeschi". Non oso immaginare le telefonate furibonde arrivate in redazione da politici e governo, per correre ai ripari così precipitosamente. Che bella la stampa libera, eh?
L'articolo originale è stato per fortuna salvato da un twittatore, e sono riuscita a trovarlo qui, unico link in rete. Consiglio gli economisti che conoscono lo spagnolo di dargli una scorsa, perché non mi pare affatto dica sciocchezze. Qui invece la replica, fresca di un'ora fa, del povero giornalista depennato dall'illustre testata per aver messo le birbe alla berlina.

Pubblicato Domenica 24 Marzo 2013 su crisis.blogosfere.it. Link alla fonte: http://crisis.blogosfere.it/2013/03/crisi-euro-el-pais-censura-un-articolo-perche-troppo-antitedesco.html

mercoledì 27 marzo 2013

Articoli su Cipro

Segnaliamo gli articoli di alcuni economisti sul caso di Cipro, ultimo esempio della fragilità dell'euro: si tratta di Bagnai, Brancaccio e Sapir.
(M.B.)
PS Aggiungiamo Krugman.
PPS E un altro articolo di Sapir (per chi legge il francese; ma adesso anche in italiano, grazie a voci dall'estero).

martedì 26 marzo 2013

Decrescita/1

Il post sul reddito minimo garantito ha suscitato dei commenti interessanti, che riguardavano però, più che il tema citato, quello della decrescita. Vorrei rispondere alle varie osservazioni, ma ho pensato che sia bene, prima di far questo, portare all'attenzione dei lettori alcuni testi sulla decrescita, così che ci si possa confrontare sulle tesi effettivamente sostenute. I testi che vi proporrò sono, quasi tutti, scritti da me in collaborazione con Massimo Bontempelli, sono già reperibili in rete e risalgono a due o tre anni fa.
(M.B.)



La decrescita non è l'impoverimento

(Marino Badiale, Massimo Bontempelli)

L’idea (o slogan) della decrescita è una componente essenziale di un pensiero critico capace di confrontarsi con la situazione del mondo contemporaneo, e di interagire con una possibile nuova pratica politica adeguata ai gravissimi problemi attuali. Il punto di partenza del pensiero della decrescita è la ritrovata consapevolezza, annullata nel senso comune da qualche secolo di capitalismo, che i concetti di bene economico e di merce non sono identici: beni (intesi anche come servizi) sono i prodotti del lavoro umano che soddisfano determinati bisogni e necessità, merci sono, tra quei beni, quelli inseriti in un mercato monetario con un prezzo di vendita, ed acquisibili, quindi, soltanto pagando quel prezzo. In termini logici, sono due concetti interconnessi, ma non coestensivi. La distinzione chiaramente riecheggia quella, introdotta dagli economisti classici e ripresa da Marx, fra valore d’uso e valore di scambio. Quando si parla di crescita si intende la crescita della sfera della circolazione di merci, quindi della sfera di compravendita di beni e servizi dotati di un prezzo. Quando si parla di decrescita si intende la diminuzione del raggio di questa sfera.

lunedì 25 marzo 2013

Tutto ovvio da vent'anni

C'è da ringraziare ecodellarete per aver ritrovato questa notevole lezione di Augusto Graziani, economista e teorico del circuito monetario. Siamo nel 1994 e Graziani illustra per filo e per segno la svalutazione competitiva della Germania, attuata non nell'euro ma nel Sistema Monetario Europeo. Chi si ritrova smarrito di fronte alla combinazione delle parole "svalutazione competitiva" e "Germania" è pregato di studiare, o al limite di guardarsi il video.
Solo un appunto. Nel finale si dice che la svalutazione (nominale e difensiva) attuata dall'Italia dopo la crisi del '92 ha un effetto collaterale negativo: indurre gli imprenditori a competere basandosi non sulla qualità dei prodotti, ma appunto sulla svalutazione. Ci sono due cose da dire: innanzitutto noi dovremmo aver capito che bisogna andare verso un mondo dove non si compete; e in secondo luogo che è ovvio che è preferibile, se bisogna competere, competere sulla tecnologia e non sulle variabili "di prezzo". Ma per ottenere sviluppo tecnologico ci vogliono investimenti, e per avere investimenti occorrono risorse finanziarie e aspettative favorevoli. L'una e l'altra cosa sono negate nell'Euro. (C.M.)



venerdì 22 marzo 2013

AltreMenti festival 2013 - Rimini



Domenica mattina apro la discussione del Forum delle Associazioni all'AltreMenti festival di Rimini.
Fabrizio



AltreMenti Festival 2013
TRASFORMAZIONI
Rimini 22-23-24 marzo
AltreMenti è un festival culturale, giunto alla sua IV edizione, che si articola in conferenze, dibattiti e spettacoli a cura di intellettuali e artisti di riconosciuto spessore, critici e alternativi rispetto al paradigma economico-sociale dominante. Nell'edizione passata ha vantato nomi di fama internazionale come Serge Latouche, Marc Augé e tanti altri. E non solo. Oltre alle lectio magistralis sono presenti attività collaterali come mostre, mercatini, caffè filosofici, scambi e vendita di libri.
Quest'anno il tema del festival ha come titolo "Trasformazioni".

giovedì 21 marzo 2013

Negrismi/2 (Toni Negri spiegato ai ragazzini)

Continuiamo la pubblicazione di materiale su Negri e il pensiero che a lui si ispira. Quanto segue è una mia riflessione, che ha già circolato in rete, ispirata dalla lettura del libro di memorie della figlia di Negri.
(M.B.)




Qui alla prima parte

Queste riflessioni prendono spunto dal libro di Anna Negri “Con un piede impigliato nella storia” (Feltrinelli 2009). Anna Negri è la figlia di Toni Negri e nel libro racconta le sue vicissitudini di bambina e poi ragazza negli anni ‘60 e ‘70, alle prese con le realtà storiche di quegli anni e con il coinvolgimento diretto in esse dei suoi genitori.

martedì 19 marzo 2013

Il reddito di cittadinanza, due anni dopo, è ancora una pessima idea!

Due anni fa, in questo stesso periodo, veniva pubblicato da vari siti web il seguente articolo, "Sul Salario di Cittadinanza", a firma di Badiale e Bontempelli. Rileggere è importante quanto leggere, e invitiamo tutti a rileggere con attenzione questo intervento, tenendo bene a mente che proprio il reddito di cittadinanza è il punto principale del programma di Beppe Grillo. Alle critiche qui riportate non mi sembra di dover aggiungere molto, se non questo: come dimostrano notizie come queste, la proposta di istituire un reddito di cittadinanza non va affatto in contrasto con lo smantellamento dei diritti dei lavoratori, anzi ci va a pennello. Non è un caso che il modello di Grillo, la Danimarca, che effettivamente conosce una forma avanzata di reddito di cittadinanza, sia anche il paese europeo dove è più facile licenziare; che le riforme Hartz in Germania prevedessero un'ampia rete di sussidi; che personaggi come Elsa Fornero si dicano favorevoli alla proposta.
 Il reddito di cittadinanza è il necessario complemento del programma della "flessicurezza", ossia sgravare le imprese da ogni obbligo verso la stabilità del rapporto di lavoro subordinato e porre i costi di questa scelta (come le indennità di licenziamento) a carico della fiscalità generale, cioè, in larga parte, degli stessi lavoratori. Non si tratterebbe dunque di una misura volta a contrastare le logiche dell'attuale capitalismo, come sperano i suoi sostenitori "radicali" criticati da Badiale e Bontempelli, ma di una mancetta assistenziale per "stare buoni", dunque; un'idea sbagliata, da attuare per di più in un paese che deve rispettare precisi (quanto folli) parametri di bilancio e in un'Unione Europea dove, grazie alla libera circolazione dei capitali e al dumping fiscale le tasse le pagano solo quelli che non riescono a mobilizzare il proprio peculio (lavoratori dipendenti e piccoli imprenditori).
Buona lettura. (C.M.)


di Marino Badiale e Massimo Bontempelli

La richiesta del salario di cittadinanza, o salario minimo garantito, circola da tempo negli ambienti della sinistra radicale. In questo breve articolo sviluppiamo alcune considerazioni critiche, per mostrare come le istanze secondo noi corrette che stanno dietro a questa richiesta siano meglio soddisfatte da una diversa proposta politico-economica.
Per capire quali siano queste istanze, occorre riflettere sulle caratteristiche fondamentali della fase attuale, quella del capitalismo “neoliberista” e “globalizzato”.

domenica 17 marzo 2013

Se il M5S si spacca le conseguenze le traggano Grillo e Casaleggio


di Fabrizio Tringali

Scrivevo lo scorso 26 febbraio, all'indomani delle elezioni politiche che hanno sancito la mancanza di una chiara maggioranza di centrosinistra al Senato: “cercheranno di imbarcare il M5S. Non tutto, ovviamente, ma proveranno a spaccarlo e a tirar dentro 20 senatori a sostegno di un governo pro-euro supino di fronte ai diktat di Bruxelles e Francoforte.

Detto e fatto. La votazione di ieri per la presidenza del Senato può essere il prologo alla formazione di un governo europeista ancora più distruttivo dell'esecutivo guidato da Monti.
Vediamo perché: per governare, il centrosinistra non ha problemi alla Camera, grazie alla colossale maggioranza regalatagli dalla legge elettorale “porcata”, ma non raggiunge la maggioranza al Senato. Per averla, occorrono circa 160 senatori, ma Bersani ne ha solo 123, ai quali può facilmente aggiungere i 19 della lista Monti, arrivando così a 142.
Ne mancano altri 15-20, appunto quelli cui facevamo riferimento nel nostro precedente articolo.
Questa era la situazione fino a ieri.

venerdì 15 marzo 2013

Storie di ordinaria impunità

Claudio Martini

Nella scorsa settimana sono accaduti due fatti interessanti, i quali coinvolgono diverse categorie del diritto e costituiscono allo stesso tempo dirimenti questioni politiche. Si tratta del caso dei due fucilieri che avrebbero dovuto essere processati in india, e non lo saranno, e della manifestazione al tribunale di Milano dei deputati PdL a difesa del loro capo.

Il primo caso consiste una una complessa controversia internazionale, di cui non è evidente la necessaria disciplina giuridica. Chi scrive, pur studente di giurisprudenza, ammette la sua ignoranza. L'unica cosa che mi viene in mente è il patto di Londra del 51, che consente ai militari NATO di essere processati, per i delitti commessi in territorio italiano, soltanto da corti militari dei paesi d'appartenenza. È ben possibile che che la giurisdizione sia contendibile tra più stati, quando un delitto è commesso in territorio neutro; e può darsi che il personale militare all'estero goda di una qualche forma di immunità. Restano i seguenti fatti: l'Italia si è resa colpevole di un grave sgarbo diplomatico; due pescatori indiani sono stati assassinati.
Rispetto al primo fatto c'è poco da dire: da un lato dimostriamo,ancora una volta, di non essere un paese granché affidabile, dato che i due militari ci erano stati riconsegnati dietro "promessa di restituzione"; dall'altro sembra abbastanza evidente che dietro alla mancata riconsegna ci sia una qualche forma di accordo con le autorità indiane. Almeno, questa è l'opinione dei cittadini del Kerala che protestano dando alle fiamme la foto del premier indiano Manmohan Singh.

mercoledì 13 marzo 2013

Negrismi/1

Iniziamo la pubblicazione di alcuni interventi, vecchi e nuovi, sull'area culturale e politica che in modo molto generico possiamo definire “negriana”, nel senso che essa fa sostanziale riferimento al pensiero di Antonio (“Toni”) Negri. E' un'area che va dai centri sociali al “Manifesto” (almeno in molte sue pagine), sicuramente minoritaria nel paese ma capace di influire sul dibattito culturale e politico. Le tesi che sosteniamo in questo blog sono tutte, più o meno, in contrasto con le posizioni di quest'area, e riteniamo che un “confronto diretto” possa quindi essere interessante. Cominceremo col pubblicare materiale di qualche tempo fa. Oggi vi proponiamo alcuni brani estratti da una recensione scritta da me e pubblicata sulla rivista “Koiné” (CRT editore, Pistoia) nel numero di luglio-dicembre 1998. Fa riferimento a due testi usciti in quel periodo: F. Berardi, La nefasta utopia di Potere Operaio, Castelvecchi 1998; A. Negri, I libri del rogo, Castelvecchi 1997.
Il primo è una storia del gruppo “Potere Operaio” e delle evoluzioni di quel pensiero. Il secondo raccoglie una serie di testi del Negri degli anni Settanta.
(M.B.)


martedì 12 marzo 2013

Finalmente un TG onesto e credibile


Il Partito Unico dell'Euro si è dotato di un nuovo mezzo di informazione. Non che non ne avesse, ma questo non teme confronti in termini di professionalità ed efficacia. Ecco una piccola antologia del TG PUDE.


Le conseguenze dell'uscita dall'Euro

 



                                              Sconvolgenti rivelazioni



Edizione straordinaria sulle dimissioni di Oscar Giannino




sabato 9 marzo 2013

Una modesta proposta ai militanti e ai dirigenti di Rifondazione Comunista

Abbiamo già scritto un commento rapido sui risultati elettorali della lista “Rivoluzione civile”, cioè sull'ultimo tentativo dei rientrare in Parlamento da parte della “sinistra radicale” (alla quale si era aggiunta l'IdV). Vogliamo adesso tentare una riflessione più approfondita, che speriamo possa essere utile a tutte le persone che continuano a riconoscersi nella storia e nelle sigle della “sinistra radicale” (ci riferiamo qui essenzialmente a Rifondazione Comunista). La tesi che intendiamo sostenere è che in questa storia c'è un errore di fondo, che ha prodotto fin dall'inizio significative storture rispetto alle importanti e condivisibili istanze a cui la nascita di Rifondazione voleva dare espressione politca.

giovedì 7 marzo 2013

Tommaso Padoa Euro, ovvero come fosse tutto chiaro sin dal principio


Claudio Martini

“I giovani italiani sono bamboccioni”, “le tasse sono bellissime”. Queste amenità, pronunciate durante il secondo Governo Prodi, di cui Tommaso Padoa Schioppa era ministro dell'Economia, sono probabilmente l'unico lascito alla memoria collettiva di uno degli ideatori della moneta unica. Oltre a questo, poco rimane; qualche convegno alla memoria tra economisti iniziati, e l'impressione che il personaggio fosse una brava persona colpita da un'avversa sorte (è morto all'improvviso alla fine del 2010).

Eppure Padoa Schioppa era ben altro. Era questo.

Un articolo sensazionale, nel senso che dopo che l'hai letto hai la sensazione che tutto fosse sempre stato chiaro, e che certi personaggi avrebbero dovuto essere combattuti, e non votati (l'ultima frase vale solo per gli elettori di sinistra). Cogliamo fior da fiore.

mercoledì 6 marzo 2013

Quando il Nobel è dalla tua



Leggere l'ultimo articolo di Paul Krugman regala strane sensazioni. In particolare dà l'impressione di essere prigionieri in una galera dove i secondini sono matti: una sorta di manicomio criminale all'incontrario. Tutto ciò che ci viene presentato come ovvietà (il problema sono i deficit eccessivi, l'austerità è indispensabile, la svalutazione è MALE, il commercio internazionale è un bene in sé) viene sbriciolato di riga in riga. Mostri stupidi come Olli Rehn e Mario Monti ci tengono incatenati, mentre l'intellighenzia internazionale, ben incarnata da Paul Krugman, sorride di fronte alla stravaganza del fenomeno. Un bel crepuscolo per la civiltà europea. (C.M.)

martedì 5 marzo 2013

Grandi scoperte scientifiche

A quanto pare, praticare politiche di austerità durante una recessione economica peggiora l'economia  e impoverisce le famiglie.  Chi l'avrebbe mai detto? Per esempio, Stiglitz.

(M.B.)

lunedì 4 marzo 2013

Que se lixe a troika!

Ovvero, "che si fotta la troika", espresso nel dolcissimo idioma portoghese. E' lo slogan di un movimento che portato in piazza centinaia di migliaia di persone in tutto il Portogallo, sabato scorso, per protestare contro l'austerità, la troika che la impone, il governo portoghese che la accetta. Qui trovate il loro sito. Ovviamente qui le TV non ce li hanno mostrati, tuttavia non solo a Lisbona o ad Atene, ma anche a Berlino e Londra, crescono i fronti di opposizione all'euro e all'Unione Europea. Ha dovuto prenderne atto anche il Corriere della Sera.

(M.B.)

venerdì 1 marzo 2013

Liberarsi dei luoghi comuni/2


Claudio Martini

C'è un paese in Europa che ha sofferto, negli ultimi anni, di una vera e propria sindrome da bassa crescita. Un paese nel quale gli stipendi stagnano, quando non si riducono, e sopratutto perdono terreno rispetto alla produttività del lavoro. Un paese dove i lavoratori e i pensionati sono stati costretti a rinunciare a molto di quello che avevano conquistato. Un paese dove le disuguaglianze non fanno che aumentare, i ricchi sono sempre più ricchi e la povertà dilaga. Un paese sfortunato, il cui nome inizia per G.
Avete indovinato qual è?
Ma certo, era ovvio: si tratta della Germania!
Invito tutti a fare un piccolo esperimento.
Digitare su google parole come "poverty", "income distribution", social disparities" e aggiungetevi "in Germany".