di Fabrizio Tringali
L'Unione Europea canta vittoria, per ora. Gli USA, ovviamente, si uniscono al coro.Le elezioni greche si sono concluse con la vittoria del fronte pro-euro e si prospetta la formazione di un governo fedele ai diktat della UE, che infatti non ha perso un attimo per mostrarsi apparentemente indulgente, tendere la mano ai vincitori, e offrire "più tempo" alla Grecia per "rispettare i patti" (cioè eseguire gli ordini).
Nel frattempo l'euro si impenna, come la Lira del mitico Carcarlo Pravettoni.
C'è però da dubitare sul fatto che l'euforia duri..... a ben vedere, la situazione politica greca è ben lungi dall'aver raggiunto la stabilità. Vediamo perché.
Il partito di centrodestra pro-euro Nea Dimokratia ha ottenuto il generoso premio di ben 50 seggi (su 300) che la legge elettorale attribuisce al primo classificato, ma nonostante ciò non può governare da solo. Dovrà allearsi coi socialisti del Pasok, e non a caso, il loro leader Venizelos ha già dichiarato che vorrebbe un governo di larghe intese, aperto alla collaborazione della sinistra di Syriza, che ha sfiorato il 30%.
Syriza ha ovviamente rifiutato, tenendosi ben stretto il ruolo di opposizione al prossimo governo prono verso la Troika (UE, BCE e FMI) e distruttore degli ultimi brandelli di tessuto sociale ancora vivi in territorio ellenico. Il Pasok ha subito una notevole emorragia di voti, e governando con ND rischierà di sparire. Ma allo stato delle cose, non può rifiutarsi di dar vita ad un esecutivo che presto sarà odiato dalla stragrande maggioranza dei greci, e che si troverà quindi a dover fare i conti con le forze sociali che tenteranno di resistere allo sfacelo imposto dai difensori dell'euro e da una ampia opposizione parlamentare, che comprenderà, oltre Syriza, anche l'estrema destra e i comunisti.
La situazione quindi appare tutt'altro che stabile. L'astensione sfiora il 40% e l'alleanza ND-Pasok potrà dar vita ad un governo solo grazie al corposo premio di maggioranza attribuito dalla legge elettorale, non perché sia maggioranza nel Paese. Il quadro sembra confermare quanto diciamo da tempo, e che probabilmente presto si paleserà in tutta evidenza: l'euro e la UE sono oramai incompatibili con la democrazia. Nessun governo democratico, infatti, potrà realizzare quando indicato dalla Troika perché alla lunga, tutti si rendono conto che quelle terribili imposizioni non fanno altro che peggiorare, drammaticamente, le cose. E che esse servono alle élite della UE, non certo ai ceti medi e popolari, i quali starebbero cento volte meglio se avessero, ciascuno, la propria moneta, la propria politica economica, la propria sovranità.
Se un governo democratico si prostra di fronte alla Troika, vede, giustamente, volatilizzarsi il consenso popolare, ed i partiti che lo sostengono rischiano il tracollo o la sparizione. Alla lunga, l'euro potrà essere imposto ai popoli sono spogliandoli della sovranità e della democrazia. Le scelte politiche ed economiche dovranno andare in capo ad entità autorizzate a decidere senza consenso.
Questo è il senso del "Fiscal compact", e delle forme di "Unione politica" di cui si parla.
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